Ricerca per Volume

TERZA SERIE

AVVERTENZA

1. Il presente volume, terzo della III Serie dei Documenti Diplomatici Italiani, abbraccia il periodo dal 24 giugno 1898 al 29 luglio 1900. Esso termina cioè con l'uccisione di Re Umberto.

I documenti raccolti e pubblicati provengono da: l) Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri. Fondi: a) telegrammi in partenza; b) telegrammi in arrivo; c) serie politica; d) archivio riservato de·l Segretario Generale e del Gabinetto; e) carte eredità Nigra. 2) Archivio Gentrale dello Stato, Carte Martini. 3) Archivio Visconti Venosta, Sallltena. Quakhe notizia complementare si è trovata nelle Carte Luzzatti, conservate a Roma nell'Archivio Centrale dello Stato. Si riferisce al periodo compreso nel presente volumE'; il Libro Verde n. 97, presenta:to allla Camera il 29 novembre 1898 e relativo alla questione di Creta. Altri documenti erano già precedentemente editi in:

E. SERRA, L'Intesa Mediterranea del 1902, Milano, 1957;

M. PASTORE, Una questione di fondo nel riavvicinamento itala-francese: l'hinte1·land tripolino, in «Rivista di studi politici internazionali», anno XXVII, n.. 2.

Un documento (il n. 269) era già edito, in traduzione francese, inDie Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 1871-1914.

Il Serra ha parzialmente sfruttato alcuni documenti anche nel suo volume su Camille Barrère e l'intesa itala-francese, Milano, 1950.

2. Purtroppo la documentazione ritnvenuta sulla questione fondamentale delle conversazioni italo-francesi per la Tripolitania e il Marocco è assai scarsa; sicchè essa non aggiunge molto a quanto già pubblicato dagli studiosi italiani e alla documentazione, ben più ampia, di parte francese, edita nei Documents Diplomatiques Français.

Sui motivi di questa scarsità possiamo avanzare solo alcune ipotesi. Le conversazioni non hanno ·lasciato traccia nel carteggio ufficiale del Ministero, dato il loro carattere riservato confidenz~atl.e. D'altra parte, come è noto, esse si svolsero essenzialmente, nel periodo decisivo, tra il Viscont1i Venosta e il Bar•rère, lasciando in secondo piano i1l nostro amba·sciatore a Parigi, Tornielli. Questo può spiegare perchè ·la fonte principale a nostra disposiZJione, cioè quella parte de'l carteggio confidenziale Visconti Venosta-TornieHi che si conserva nell'Archivio dei primo, pres·enta così gravi lacune. Stupisce peraltro, e resta senza rispos·ta, il fatto che non si sia rinvenuto quasi niente, neppure un appunto, relativo al periodo decisivo delle conversazioni nè nell'Archivio di Visconti Venosta nè in quello riservato del Ministero.

3. Su altri problemi, invece, la scarsità del'la documenta:z:ione è dovuta a motivi diversi. Per !imitarci ad un solo esempio, i documentù. relativi alla questione di Creta sono assai scarsi perchè sulla quest,ione stessa esisteva già il dtato Libro Verde n. 97; nè, d'altra parte, si sono rinvenuti in misura cospicua documenti inediti capaci di gettare nuova !luce sull'azione dip,lomatica della Consu[ta.

Riteniamo tuttavia che, a partire dari prossimo volume, la scelta dei documenti potrà essere fatta in modo più ampio, anche tenendo conto che, col secoio nuovo, si entra in un periodo maggiormente legato ai problemi contemporanei e a quelli inerenti alle origini della prima guerra mondia[e.

4. Nel licenziare il volume sento il dovere di ringraziare H prof. Mario Toscano e il prof. Luigi SalvatoreUi che lo hanno rivisto sulle bozze, insieme ai collaboratori della Segreteria, che ·ne hanno compilato gld indici e corretto refusi di stampa.

GIACOMO PERTICONE


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI IN EUROPA

T. 1552. Roma, 30 giugno 1898, ore 17,45.

Nel Gabinetto costituito sotto la presidenza del generale Luigi Pelloux mi fu affidato da S. M. il Ministero degli Affari Esteri.

Assumo oggi l'ufficio con fermo proposito mantenere immutata la politica esteriore del R. Governo. Faccio ampio assegnamento sulla cooperazione di

V. E.

2

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. CONFIDENZIALE 2205/477. Vienna, 2 luglio 1898.

Ringrazio per le comunicazioni dei rapporti del R. Console a Janina del 18 e del 15 giugno scorso (1). Mi pare che il Cavaliere Millelire osservi le cose con una lente un po' grande. Mi affretto però a soggiungere che è meglio osservarle cosi che non osservarle affatto. Il Governo Austro-Ungarico ha interesse a mantenere nell'Albania, come nelle altre località della sua frontiera del Sud-Est dei vi~ili osservatori, importandogli d'impedire che tra le popolazioni irrequiete, soggette alla Turchia, nascano complicazioni e turbamenti, i quali possano ripercuotersi in casa propria. È naturale che provveda per avervi una forte rappresentanza consolare. È anche naturale, ed è anzi suo dovere di sviluppare il commercio dell'Impero dovunque possa, valendosi anche di quel potente mezzo d'azione che è il Lloyd A:ustriaco. Ma il Conte Kalnoki prima, e H Conte Goluchowski poi hanno dichiarato esplicitamente, quest'ultimo Ministro anche verbalmente al Marchese Visconti Venosta: l) che il Governo Austro-Ungarico non pensa ad annettersi in nessun caso l'Albania, n è ad esercitarvi un'azione esclusiva, contentandosi di pretendere che ogni altra Potenza pensi ed agisca nel medesimo senso; 2) che il Governo Austro-Ungarico ha ben presente i patti della sua alleanza con l'Italia, ai quali intende tenersi fedele. Non posso mettere in dubbio la sincerità di tali dichiarazioni. E non dubito nemmeno, ·che se l'Italia volesse farsi rappresentere da Agenti Consolari anche a Berat, il Governo Austro-Ungarico non vi porrebbe ostacolo. Io suppongo però, che se il R. Ministero avesse dei fondi per creare nuovi Consolati, li riserverebbe per posti più proficui.

Mi riferisco del resto ai miei precedenti rapporti su questo soggetto, non volendo abusare del tempo di V. E. col ripetere le stesse osservazioni.

l

(l) Non pubblicati.

3

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 639. Parigi, 6 luglio 1898.

II 24 giugno ultimo, alla partenza dell'ordinario ·corriere di Gabinetto, io scriveva a codesto R. Ministero come il Signor Méline fosse stato condotto a dimettersi insieme al gabinetto da lui presieduto e come, in omaggio ai principii costituzionali della Repubblica, la nuova combinazione ministeriale avrebbe dovuto formarsi intorno ad un programma accettabile da una sufficiente maggioranza della Camera recentemente eletta. Si annunziava, in quel giorno, che al Signor Peytral, coadiuvato dal Signor De Freycinet e da altri, stesse per riuscire l'opera di concentrazione necessaria per raggiungere l'anzidetto intento; ma invece il Signor Peytral dovette il dì seguente rinunziare al mandato di comporre la nuova amministrazione. In una assemblea nella quale le prime votazioni aveano rivelato l'esistenza di una divisione quasi per giusta metà fra i moderati ed i radicali, riusciva impossibile che i primi costituissero una maggioranza sufficiente senza introdurre nel loro programma le concessioni indispensabili per raccogliere i voti di una frazione di qualche importanza dell'altra parte della Camera. I radicali invece potevano, con il semplice aggiornamento di una porzione del loro programma, trovare agevolmente nel centro destro dell'assemblea il contingente col quale avrebbero costituito una maggioranza, non certamente molto omogenea, ma numerosa abbastanza per governare il paese. Il Signor Brisson, adottando questo concetto, riuscì a riunire per il suo gabinetto una maggioranza che, nella votazione, con cui fu chiusa la discussione sovra il programma del governo, risultò di ottantasei voti. La crisi si è così risolta nel senso strettamente costituzionale. Parecchi degli uomini che entrarono a formare parte del gabinetto e forse lo stesso Signor Brisson, ebbero la saggezza politica di dichiarare che del loro programma personale non cercherebbero di attuare quelle parti che, nella presente assemblea legislativa, non troverebbero un sufficiente numero di suffragi favorevoli e la loro moderazione, sia pure soltanto temporanea ed inspirata da considerazioni di opportunità, ha permesso di vincere delle difficoltà che sulle prime sembravano insuperabili. Nelle ultime votazioni che precedettero la dimissione del gabinetto Méline, la Camera avea manifestato, in una forma di cui la singolarità non escludeva la chiarezza del significato, che essa non tollerava che il Governo repubblicano dovesse essere sorretto da una maggioranza parlamentare a formare la quale era indispensabile il concorso dei voti della frazione di destra professante principi e tendenze anti-costituzionali. Il .Principio che la Repubblica deve essere governata dai soli Repubblicani trovò nel Ministero Brisson una sincera applicazione. Ma è nell'indole delle cose che ad una amministrazione la quale deve e può, per ora almeno, far conto dei voti di tutte le frazioni della sinistra

per conservarsi al potere, sarà lecito inserire nel programma del primo giorno il rinvio ad altro momento di certe parti delle riforme politiche e sociali che non sembrano ancora mature, ma ciò soltanto a condizione di imprimere all'azienda pubblica un indirizzo che la spinga nella via la più diretta per raggiungere gli ideali ai quali mirano le frazioni più avanzate dell'opinione radicale del paese. Nel nuovo ministero si trovano persone che hanno già fatto esperienza propria nell'esercizio di funzioni ministeriali ed altre che vi si accingono invece per la prima volta. Non furono mai ministri prima d'ora i Signori Maruéjouls, Trouillot e Tillaye ai quali furono rispettivamente affidati gli importanti portafogli del Commercio, delle Colonie, e dei Lavori pubblici. Hanno invece figurato in precedenti combinazioni ministeriali i Signori Brisson, Bourgeois Léon, Peytral, Sarrien, Cavaignac, Lokroy, Viger e Delcassé ai quali furono devoluti i ministeri dell'Interno, della Istruzione pubblica, delle Finanze, della Giustizia, della Guerra, della Marina, dell'Agricoltura e degli Affari Esteri.

Fra tutti, questi il personaggio che porta nel gabinetto il maggior peso è certamente il Signor Léon Bourgeois, sia perchè egli ebbe la presidenza dell'ultimo ministero radicale, sia perchè con lui entrano nella attuale amministrazione i Signori, Sarrien, Cavaignac, Lockroy e Viger che di quel ministero fecero parte, il primo come ministro dell'Interno, gli altri tre con gli stessi portafogli che ora hanno ripigliato. L'autorità personale del Signor Brisson ha permesso al Signor L. Bourgeois di accettare a fianco di lui una posizione meno in vista. Egli stesso mi disse che, la sua entrata nel gabinetto essendo sembrata necessaria per risolvere la crisi ministeriale, egli vi avea consentito alla condizione di rifugiarsi nel dipartimento della pubblica istruzione, nel quale egli avea esordito come ministro, conservando sempre particolare predilezione per gli studi che hanno attinenza con quel ramo della pubblica amministrazione. Con ciò egli avea voluto rendere ancora più manifesta la parte secondaria che intendeva pigliare nella direzione politica del gabinetto di cui avea consentito a fare parte. Ma alla modestia di questo sentimento personale faranno molto probabilmente contrasto nello svolgimento naturale delle cose, sia le qualità naturali dell'uomo, sia la posizione che gli hanno acquistato nella frazione radicale la costante azione parlamentare di capo-partito, e la indefessa propaganda che con la facile e persuasiva parola egli ha fatto in tutta la Francia durante l'ultimo periodo elettorale.

Il nostro paese non avrà da dolersi della influenza legittima del Signor

L. Bourgeois nel presente gabinetto se come, fino a prova contraria, è dato di credere, le simpatie più volte da lui professate per l'Italia, sono sincere.

Però durante l'ultimo suo ministero, mentre egli teneva la presidenza del Consiglio e, negli ultimi tempi quando ebbe insieme alla presidenza anche il portafoglio degli affari esteri, più di una volta mi dovetti accorgere che se nel programma suo figurano vivaci simpatie per la nazione latina, sorella della Francia, nell'animo del ministro albergavano mal dissimulate diffidenze inspirategli dalle tendenze permanenti della politica estera del governo italiano. Non solamente lo far parte della Triplice alleanza, sembrava allora al Signor Bourgeois motivo sufficiente per tenerci in sospetto, ma egli non celava che

l'amicizia intima dell'Italia con l'Inghilterra gli era causa di sfiducia a nostro riguardo. Nel febbraio 1897 il Signor Bourgeois fece un viaggio in Italia e durante il suo soggiorno a Roma egli ebbe l'occasione di abboccarsi con i principali ministri di quel tempo. Le sue impressioni furono delle migliori. Giova sperare che esse siano durevoli.

Ho letto nei giornali italiani che la presidenza del Comitato franco-italiano costituito in Roma ha indirizzato al Signor Lockroy un telegramma per esprimere la fiducia che il nuovo ministero francese abbia a dare novello impulso agli interessi comuni ed alla amicizia delle due nazioni. I Signori Peytral e Sarrien sono in quel telegramma designati come membri aderenti del Comitato e le vive simpatie che per l'opera del medesimo furono spesse volte manifestate dal Signor Leone Bourgeois vi sono pure ricordate. Non ebbi occasione di conoscere quali aderenze abbiano i Signori Peytral e Sarrien con gli statisti del nostro paese e questa circostanza m'induce a credere che, atteso il carattere assai spinto delle idee politiche e sociali professate dal Signor Sarrien le sue personali relazioni abbiano ad essere in ispecial modo stabilite con persone che in Italia professano analoghi principii. Questa stessa osservazione è applicabile al Signor Lockroy.

Non ho motivo di credere che le simpatie del Signor Cavaignac per l1talia siano morlto virvaci. Ad ogni modo nè con me, nè con altri, che io sappia, egli ne fece professione. Durante il Ministero che il Signor Bourgeois presiedeva nel 1896 la influenza del Signor Cavaignac in talune circostanze parve si esercitasse in un senso a noi poco benevolo. Nè la parte che egli ha preso nello svolgimento dell'affare Dreyfus mi consentirebbe di modificare le impressioni che io ebbi allora sul conto suo.

Nel Signor Viger noi incontreremo un accanito protezionista della agricoltura francese. Allievo del Signor Méline egli reca nella professione degli stessi principii economici una intransigenza che la pratica di governo ha da parecchio tempo fatto abbandonare al maestro. Il signor Maruéjouls che tiene il portafoglio del Commercio ha per il nostro paese le simpatie che si radicano nei ricordi della giovinezza trascorsa per ragione di studi in Roma ed in altre parti d'Italia. Egli collaborò col dotto Ampère e fra le opere sue si cita un libro sulla Sicilia intitolato Agrigento e Girgenti. I suoi viaggi in Italia furono frequenti anche dopo di essere entrato nella vita politica. In un primo abboccamento che ebbi con lui in questi giorni, egli mi professò i più affettuosi sentimenti per il nostro paese. Analoghe espressioni adoperarono con me il Signor Trouillot, nuovo Ministro delle Colonie ed il Signor Delcassé presentemente investito dell'ufficio di Ministro degli affari esteri. Tanto l'uno che l'altro fanno parte della falange dei giovani statisti francesi .ed in essa tengono un posto distinto. Se avessimo da riprendere le pratiche per il regolamento delle vertenze relative alle delimitazioni africane, la presenza nel Ministero delle Colonie di una persona amica del nostro paese potrebbe riuscirei utile.

Del Signor Delcassé Teofilo poco ho da aggiungere alle indicazioni che ho fornite 'con il mio telegramma delli 28 Giugno ultimo (1). Egli si occupò in modo speciale delle questioni di politica estera scrivendo nei giornali La République française ed il Paris in un tempo nel quale fra il suo ed il nostro paese esisteva la tensione di rapporti che è venuta fortunatamente a modificarsi gra

(ll Non pubblicato.

datamente e quasi a scomparire negli ultimi tempi. Uomo di ingegno pronto egli si renderà probabilmente conto con facilità del felice mutamento avvenuto ed è sperabile che egli saprà applicarsi a consolidare l'opera alla quale il Signor Hanotaux portava nei Gabinetti dei quali faceva parte, tutto il peso della riconosciutagli sua competenza.

Ma nel Signor Delcassé che ha pubblicamente professato principii di esagerato protezionismo agricolo, chiedendo disgravi di imposte fondiarie e rialzo di dazi doganali principalmente sovra l'importazione del bestiame, non troveremo come nel Signor Hanotaux uno spirito spregiudicato ed inclinato a favorire le libertà degli scambi come una delle basi fondamentali della reciproca amicizia dei popoli.

Se dopo questa esposizione di osservazioni disgiunte che ho raccolte sui nomi delle persone che formano la nuova amministrazione in Francia, dovessi esprimere un concetto che riassuma il mio pensiero intorno ad essa, dovrei dire che il nostro paese troverà forse nei componenti del Ministero attuale una maggiore somma di personali simpatie, ma che il R. Governo trovava nel Gabinetto del Signor Méline sicurezza maggiore e facilità per la trattazione degli affari pendenti che per ora almeno apparisce diminuita.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA (l)

(Ed. in LV 97, p. 73)

T. 1625. Roma, 7 luglio 1898, ore 20.

L'Ambasciatore di Turchia mi comunica la sostanza di una circolare del suo Governo relativa alle istruzioni impartite ai quattro ammiragli in Creta. La Sublime Porta contesta legalità dell'attuale assemblea cretese, che qualifica riunione di capi insorti. Affidare al comitato eletto da quell'assemblea il Governo dell'isola sarebbe cosa contraria all'equità per riguardo ai musulmani nonchè ai diritti sovrani ed alla integrità territoriale dell'impero. La Sublime Porta insiste per una sistemazione della questione cretese, ma non può ammettere

la situazione che sarebbe creata dalla decisione delle quattro potenze e declina la responsabilità delle conseguenze.

* (Per Parigi, Londra e Pietroburgo). * Pur avendo, per conto mio, qualche dubbio sul carattere pratico del modus procedendi per cui le quattro potenze si sono oramai avviate intendo nulla fare che contrasti al nostro costante principio di assecondare, nella questione cretese, gli sforzi delle potenze che desiderano promuovere una conveniente soluzione. Intanto, e per quanto concerne il passo attuale della Sublime Porta desidererei sapere se e quale risposta codesto Gabinetto intenda di fare.

* (Per gli altri). Quanto precede è solo per sua informazione. *

(l) In LV il telegramma risulta inviato solo a Londra, Parigi e Pietroburgo.

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 1626. Roma, 7 luglio 1898, ore 20,10.

Partecipando Menelik avere io assunto portafoglio esteri nel nuovo ministero presieduto dal generale Pelloux voglia ossequiarlo nostro nome assicu

randolo che entrambi rivolgeremo particolare pensiero al maggiore sviluppo e consolidamento pacifici e amichevoli rapporti tra i due paesi.

6

IL CONSOLE GENERALE NERAZZINI ALL'IMPERATORE MENELIK

T. 1626 bis. Roma, 7 luglio 1898, ore 20,10.

Mi affretto farle sapere essere succeduto al marchese Rudinì come presidente del consiglio generale Pelloux, uno dei tre ministri che controfirmarono trattati da me stipulati. Il ministero esteri è affidato al conte Canevaro, ammiraglio della flotta italiana, che fu mio comandante quando molti anni or sono venni in Assab la prima volta e da allora in poi mi ha sempre onorato della sua particolare benevolenza. V. M. stia perfettamente tranquillo circa gli inten

dimenti dell'attuale Governo. Intanto io rimango a Roma al mio posto e per qualunque cosa mi scriva o telegrafi direttamente com& faceva prima.

7

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1895. Parigi, 8 luglio 1898, ore 0,40.

Ecco il testo delle parole pronunciate dal ministro della guerra e che debbono essere prese in esame in relazione colle formali ed esplicite dichiarazioni del segretario di stato germanico e del sotto-segretario di stato per gli affari esteri italiano portate pochi mesi or sono alla tribuna parlamentare dei due paesi. « Je demande d'abord à la chambre de ne apporter entre Ies faits que je vais apporter içi, et ce qui a été dit au dehors, aucun Hen: nous sommes maitres de traiter nos affaires chez nous, camme nous l'entendons; si nous avons à respecter vis à vis des autres les convenances internationales, les autres ont aussi le devoir de les respecter envers nous; au reste, rien de ce que j'ai à dire ne concerne les gouvernements étrangers ». Ciò detto il ministro ha affermato che l'ufficio delle informazioni del ministero della guerra ha riunito durante sei anni più di mille documenti di corrispondenza originali di persone che si occupano di spionaggio; poi ha prodotto, leggendone il testo, tre lettere, senza dire da chi fossero scritte, od a chi fossero indirizzate, ma esprimendosi

così: «Les deux prémieres sont échangées entre certaines personnes dont on a parlé et une personne qui est designée par son initiale D. ». Queste due

lettere sono in data marzo e aprile 1894, s'indovina facilmente che sono scambiate tra gli addetti militari germanico e italiano. Nella terza lettera il ministro ha affermato che il nome di Dreyfus esiste in intero, e questa sarebbe quella di ottobre o novembre 1896, di cui fu già fatto uso dai generali nel processo Zola e che è un falso manifesto. Credo che mai una più categorica smentita sia stata data alle dichiarazioni oneste da due Governi portate davanti ai loro rispettivi parlamenti, nè i nomi degli autori dei tre documenti, nè la indicazione della loro nazionalità è però stata fatta.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 1650. Roma, 9 luglio 1898, ore 23.

Il ministro degli affari esteri di Spagna mi fa conoscere essere stato prevenuto segretamente che gli Stati Uniti hanno intenzione di fare di Tangeri la loro base di operazione contro la Spagna. Egli teme che il Marocco non si opponga, e desidererebbe che i Governi europei si interpongano presso il medesimo acciocchè non violi le leggi della neutralità. (Meno Londra). Una comuntcazione analoga deve essere pervenuta a codesto Governo. Prego telegrafarmi che se ne pensa costi e qual seguito codesto Governo intenda dare alla cosa. (Per Londra). Ho ragione di credere che analoga comunicazione non sia stata rivolta a codesto gabinetto.

Prego quindi V. E. di parlare della cosa come di una semplice eventualità per farmi conoscere in proposito il pensiero di codesto Governo.

9

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!, ALL'AGENTE DIPLOMATICO AL CAIRO, TUGINI

(ACS, Carte Martini, b. 2)

N. 475. Asmara, 9 luglio 1898.

S. E. il Ministro degli Affari Esteri con suo recente telegramma (l) mi avverte dell'opportunità di risolvere insieme le due questioni dei pascoli dei Rasceida [sic] e del confine tra Ras Kasar e il Barca; opportunità sulla quale fu primo ad insistere il Colonnello Parsons nel colloquio che egli ebbe meco nel maggio decorso. S. E. il Ministro soggiunge che dove ciò non sia possibile, importa che la questione del confine rimanga assolutamente impregiudicata

Ho risposto che la prima questione può ormai considerarsi come risoluta; che le riserve fatte da Lord Cromer intorno alla seconda non concernono la

sostanza della questione stessa; la soluzione è riservata, cioè rima11;data, ad accordi ulteriori; e così mi pare debbano interpretarsi i telegrammi ed i rapporti che Ella si compiacque dirigermi; e però mi pare possa sicuramente affermarsi che la questione del confine rimane assolutamente impregiudicata.

Ad ogni modo, poichè converrà dar forma meglio concreta ai patti concordati circa ai pascoli, stimo che in tale occasione sarebbe utile veramente il definire anche l'altra vertenza da troppo lungo tempo sospesa. Credo gioverebbe ch'Ella si adoperasse a tal fine presso Lord Cromer. Del rimanente io pregherò S. E. il Ministro degli Affari Esteri di darle intorno a questo argomento precise istruzioni.

Colgo questa occasione per annunziarle che col 13 del corrente mese partirò per l'Italia a fruirvi di regolare cong·edo, lasciando l'interim al Colonnello Troya comandante le RR. truppe.

Ma poichè riservai a me la prosecuzione delle trattative col Governo angloegiziano per quanto si riferisce alle due predette questioni prego V. S., ove occorra, di inviare le sue comunicazioni su tale proposito, al Ministero degli Affari Esteri.

(l) Tel. n. 1617, del 7 luglio, ore 12,45, non pubblicato.

10

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1956. Berlino, 11 luglio 1898, ore 7,32.

Governo imperiale, anche per notizie avute indirettamente da Londra, ritiene priva di fondamento notizia intenzione Stati Uniti di fare di Tangeri base d'operazione contro la Spagna e non crede, in conseguenza, doversi fare passo alcuno presso il sultano Marocco. Governo imperiale non si rivolse direttamente al gabinetto di Londra sapendo che il ministro affari esteri a Madrid non ha fatto all'ambasciatore d'Inghilterra la comunicazione fatta agli altri ambasciatori colà, ma non divide punto parere Gabinetto spagnolo che Stati Uniti troverebbero appoggio Inghilterra per occupare Tangeri, qualora ne avessero intenzione.

11

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2247. Addis Abeba, 11 luglio 1898 (1).

Era preveduto pericolo percw mio rapporto n. 22 (2) ac,cenna costituzione forza armata indispensabile delegati ras Maconen per opporre temporanea resistenza a ras Mangascià in attesa sollecita avanzata forza imperiale. Mio telegramma n. 17 (3) notifica preparativi per invadere Tigrè, primo segnale ribellione. Aggiungo altre dichiarazioni Menelik. Ras Micael, Ras Oliè, Uascium

Guangul, hanno avuto ordine avanzare appena hanno notizia raccolta armati nel Tigrè. Già molti capi tigrini sono in rapporti con Menelik, pronti ad abbandonare Ras Mangascià se ribelle. Inoltre Menelik ha partecipato Mangascià invio delegati, motivandolo col voler subito sottrarre da noi territorio in attesa sua venuta per prendere accordi. Non vede pericolo ma confida che simili dimostrazioni condurranno Mangascià a più miti consigli. Ad ogni modo ritenend0 che desiderio V. E. attendere venuta Mangascià o arrivo Tigrè ras Maconen, voglia intendere dilazionare soluzione, ho fatto sospendere partenza delegati, ho disposto in modo temporeggiare senza mutare convenzione fatta. È necessario di considerare che se Menelik suppone voluta da parte nostra dilazione soluzione finora in tutti i modi .sollecitata, potrà sospettare mutato nostro consiglio. Certo per noi attendere poteva giovare·, ma ora dopo tante soLlecitazioni se può scorgere cambiata condotta nasceranno diffidenze, perciò io agisc.o cautamente. Menelik non può inviare ras Maconen Tigrè senza aperte riserve di

Mangascià. Attendere Mangascià ammette sottomissione che potrebbe modificare disegni Menelik, specialmente riguardo nostri capi. Dimostrata necessità circondare subito suo delegato con nucleo armati, mi fece ottenere loro riconoscimento. Mangascià d'accordo con Menelik non potrà accettare tale riconoscimento. Questi sono miei dubbi ma spero evitare mutamento disegni Menelik mantenere concessioni avute che molto lavoro mi costarono per quanto possano sembrare insignificanti ma che qui hanno diverso valore. Attendo ordini.

(l) -Il documento fu trasmesso telegraficamente da Aden, il 5 agosto. (2) -Non rinvenuto. (3) -Non rinvenuto.
12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1675. Roma, 12 luglio 1898, ore 13,15.

Pienamente approvo la risposta di lei al signor Subercaseaux. Noi non possiamo appoggiare presso il Governo argentino la proposta cilena d'arbitrato senza uscire da quell'atteggiamento di scrupolosa neutralità che siamo ben risoluti di mantenere (1). Una rigorosa correttezza è per noi tanto più indispensa

bile in quanto che essa è la più efficace smentita alle false voci che si fanno correre circa i nostri veri intendimenti.

13

IL VICE CONSOLE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 2877l 454. Tunisi, 12 luglio 1898.

Reputo mio dovere di porre V. E. al corrente d'una situazione di fatto che a me sembra costituire una evidente infrazione della Convenzione Consolare e di stabilimento italo-tunisina del 28 settembre 1896.

Come all'E. V. è già noto in seguito a precedenti rapporti di questo R. Ufficio, fu in data 13 aprile u.s. emanato un decreto col quale si stabiliva:

l) che gli stranieri che vogliano stabilire la loro residenza in Tunisi, debbono entro cinque giorni del loro arrivo farne dichiarazione all'autorità di polizia, presentare documenti che giustifichino della loro identità e ritirare un certificato d'iscrizione da presentarsi a ogni richiesta degli agenti di polizia;

2) che alla stessa formalità sono sottoposti gli stranieri già stabiliti in Tunisia alla data del decreto, salvo che per essi la dilazione accordata fu di due mesi, poi di tre, cioè dal l o maggio al 31 luglio corrente.

Lascio da parte altre disposizioni oltremodo vessatorie che accompagnano il decreto, e ogni sorta di considerazioni che la lettura di questo capolavoro d'insipienza e d'ogni senso d'opportunità può suggerire.

Mi limito semplicemente a sottoporre a V. E. questo quesito. In base all'articolo I della Convenzione consolare del 28 settembre 1896 gl'italiani in Tunisia debbono essere ricevuti e trattati «relativement à leurs personnes et à leur biens, sur le meme pied et de la meme manière que les nationaux et les français ».

All'articolo II poi è detto « ... Ils pourront librement voyager, séjourner, s'établir etc... ; Et pour l'exercice de tous ou de l'un quelconque de ces droits et pour toutes ou quelques unes, de ces opérations, il ne seront pas assujettés à des obligations ou à des formalités autres ou plus onéreuses etc... que les nationaux eux memes ou que les non-nationaux qui jouiraient d'un régime plus favorable encore ».

È evidente dunque che nessun regolamento di polizia può concernere gli Italiani che non concerna in pari tempo i sudditi beilicali e i Francesi. Ora risulta dal testo stesso del decreto 13 aprile su menzionato che i sudditi beilicali non sono sottoposti all'obbligo dell'iscrizione negli Uffici di polizia. Dunque, in base all'art. I della Convenzione 28 settembre 1896, non dovrebbero esservi sottoposti nemmeno gl'Italiani. Può sembrare che si sarebbe dovuto fare quest'ohbiezione appena pubblicato il decreto e che ora sia un po' tardi: ma non mi sembra che sia così, perchè si poteva e si doveva credere che agli stessi obblighi verrebbero sottoposti con successivo decreto gl'indigeni. A ogni modo esiste la quistione dei Francesi. I Francesi in Tunisia (non ho bisogno di dilungarmi a dimostrarlo altrimenti potrei addurre copia d'argomenti e prove convincentissime) sono, dal punto di vista legale, altrettanto stranieri che gl'Italiani, gli Austriaci, i Maltesi e via dicendo. E anche non si voglia insistere su queste qualità di stranieri nei Francesi, resta sempre il fatto che noi, in base ai succitati articoli, abbiamo diritto a parità di trattamento coi Francesi siano poi questi da considerarsi o no come stranieri. Del resto, quando il decreto venne emanato, non fu minimamente posto in dubbio che anche i Francesi vi fossero compr:esi. Ora però mi sono assicurato che di fatto ai Francesi non si applica il decreto: essi non fanno dichiarazione di sorta agli uffici di polizia, non presentano documenti, non ritirano permesso di soggiorno. Per essi il decreto è completamente lettera morta. La Residenza ha creduto che la cosa passerebbe inosservata, che questo strappo alla Convenzione del 1896 non solleverebbe obbiezioni. Ma a me sembra che a noi non convenga lasciar correre un fatto che è sommamente lesivo dei nostri interessi: sarebbe ciò un pericoloso precedente per l'avvenire. Colla Convenzione del '96 soppresse le capitolazioni, riconosciuto il protettorato francese in Tunisia, a noi non resta altra arma di difesa che invocare l'uguaglianza di trattamento coi Francesi, sancita dalla Convenzione. Se il governo tunisino v-errà nel convincimento che noi non siamo parati a sostenere validamente questo principio, sarà reso impossibile agli Italiani vivere in Tunisia: oggi li si sottopone a formalità odiose e vessatorie, domani si vieterà loro perfino di sbarcare nella Reggenza.

Nel caso present-e la non applicabilità del decreto agl'Italiani, se non si applica contemporaneamente ai Francesi, è evidente. Non si tratta di una di quelle quistioni, come per lo più sogliano essere, in cui tra il torto e la ragione non si può fare un taglio così netto, che non ci sia, da una parte e dall'altra, un po' di torto e un po' di ragione: qui il nostro diritto è chiaro, indiscutibile. Stimo utile aggiungere che il malumore e l'esasperazione della colonia per questo decreto 13 aprile, che la espone ad umiliazioni e vessazioni d'ogni sorta vanno sempre aumentando, soprattutto pel fatto che, contro ogni ragione ed ogni promessa, si vede che i Francesi non sono obbligati a conformarsi al decreto. Credo opportuno ch-e sia il caso di protestare prima qui e poi, occorrendo, a Parigi contro questa violazione della Convenzione italo-tunisina del 28 settembre 1896.

Voglia l'E. V. favorirmi quelle istruzioni che nella sua alta saggezza cred·erà siano del caso. In attesa però di precise istruzioni, sarebbe bene che V. E. mi informasse telegraficamente circa la linea di condotta che deve adottare questo R. Ufficio; per ora tirerei innanzi cercando di evitare, come ho fatto insino a qui, ogni diretta opposizione al decreto.

(l) Allude alla controversia tra l'Argentina e il Cile per la delimitazione dei confin1.

14

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1982. Londra, 13 luglio 1898, ore 19,11.

Mi riferisco telegramma di V. E. 10 corrente (1). Oggi ho scandagliato pensiero lord Salisbury rispetto ipotesi contenuta nel telegramma citato. Egli ha dichiarato che non ritiene probabile, da parte degli Stati Uniti d'America, la violazione della neutralità del Marocco, perchè essi non ignorano le conseguenze di tale atto. Salisbury soggiunse che una dimostrazione delle potenze o di parte di esse sarebbe inevitabile.

15

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO CANDIANI, A CARTAGENA

T. 1698. Roma, 14 luglio 1898, ore 12,15 (2).

La Colombia ha invocato buoni uffici degli Stati Uniti. Questo passo non può oramai modificare nostre risoluzioni; però consiglia particolare cautela. In conseguenza, mentre la prego dare seguito alle avute istruzioni, aggiungo le s-e

guenti avvertenze: l) In luogo del pegno di due milioni che potrebbe costituire difficoltà materiale, ella per ora deve chiedere impegno di far cessare entro tre mesi ogni molestia dei creditori contro Cerruti conformemente al lodo; 2) Ella dovrà tener d'occhio le eventuali mosse di navi ed agenti degli Stati Uniti; 3) Nostro scopo essendo arrivare, al più presto, ad una soluzione, le do facoltà di adoperare eventualmente invece del blocco od insieme col blocco, quell'altro mezzo di coazione che stimerà più opportuno. Ella ha la nostra piena fiducia ed avrà con la responsabilità il merito del successo. La prego telegrafarmi ricevuta e tenermi indi telegraficamente al corrente di ogni cosa.

(l) -Cfr. n 8. (2) -Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Cartagena.
16

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 1699. Roma, 14 luglio 1898, ore 12,20.

Dopo sedici mesi di inutile aspettazione abbiamo risoluto di affidare all'ammiraglio comandante la divisione navale di America l'incarico di presentare al Governo colombiano una ingiunzione di riconoscere ed eseguire integralmente il lodo Cerruti. Il Governo colombiano, avvertito da questo suo ministro, a cui ne diedi amichevole avviso, acciocchè il suo Governo potesse prendere in tempo una spontanea risoluzione, si è invece rivolto a codesto Governo denunciandogli, contro verità, avere noi notificato l'intenzione di appoggiare con atti ostili le nostre domande ed invocandone i buoni uffici. Una nota di questo incaricato d'affari degli Stati Uniti mi espone quanto precede con la speranza che si possa trovare altra via di soluzione. Ho risposto all'incaricato d'affari rettificando e concludendo che le proposte del nostro ammiraglio si compendiano nella esecuzione integrale e prontamente assicurata del lodo, e che saremmo lieti se i buoni offici di codesto Governo si spiegassero nel senso di indurre la Colombia ad accettare senz'altro le proposte del nostro ammiraglio. Aggiungo, per norma di Lei e del suo linguaggio che l'ammiraglio con quattro navi già deve trovarsi davanti a Cartagena, che, forti del nostro buon diritto, non vogliamo nè possiamo indietreggiare, salvo che si faccia ragione alle nostre legittime e moderate domande, e che confidiamo nella leale imparzialità e benevolenza di codesto Governo, a cui deve pur stare a cuore che non si faccia offesa al lodo del Presi

dente. La prego, in ogni modo, di tenermi al corrente degli intendimenti di codesto Governo e dell'eventuale movimento della pubblica opinione.

17

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. CONFIDENZIALE 1989. Vienna, 14 luglio 1898, ore 12,15 (per. ore 13,35).

Conte Welsserheimb mi comunica quanto segue: conte Goluchowski ha

telegrafato all'ambasciatore d'Austria-Ungheria a Madrid che i timori del Governo spagnolo circa Tangeri non sono abbastanza fondati per potere provocare un'azione diplomatica presso il Marocco; che, però, se il gabinetto spagnolo venisse in possesso di indicazioni più attendibili al riguardo, Governo austroungarico sarebbe disposto a intendersi colle altre potenze per un'eventuale azione comune.

18

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1998. Washington, ... luglio 1898 (per. ore 11 del 15).

Segretario di stato, al quale ho comunicato sostanza telegramma di V. E. (1), mi ha dato lettura di un telegramma di codesto incaricato d'affari degli Stati Uniti contenente le medesime dichiarazioni a lui fatte da V. E. riguardo ai nostri intendimenti ed alla missione dell'ammiraglio Candiani. Esprimendomene la sua soddisfazione, segretario di stato mi ha incaricato assicurare che questo Governo si adopererà ad indurre Colombia ad intendersi col Governo italiano, che informerà, a suo tempo, per mezzo mio, del risultato di questi suoi suggerimenti. A me è intanto noto che, essendosi qui sparsa la voce che il nostro ammiraglio dovrà impadronirsi della dogana di Cartagena, fino a integrale pagamento somma Cerruti, tre case bancarie americane hanno già reclamato intervento Governo degli Stati Uniti per fare, eventualmente, tutelare interessi che essi hanno nella dogana medesima. Malgrado ciò opinione pubblica e stampa americana si esprimono favorevolmente alla nostra dimostrazione navale. Sarei infine riconoscente a V. E. se volesse comunicarmi, per mia norma strettamente riservata, istruzioni date al nostro ammiraglio per il caso in cui Colombia si ostinasse; malgrado i consigli degli Stati Uniti.

19

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO CANDIANI, A CARTAGENA

T. 1721. Roma, 16 luglio 1898, ore 12 (2).

Governo Stati Uniti assume atteggiamento per noi benevolo consigliando Colombia cedere alle nostre domande. In tale stato di cose credo opportuno, se ella non ha ancora presentato intimazione, che vi si includa, oltre l'accettazione integrale del lodo e l'impegno di far cessare entro tre mesi ogni molestia dei creditori, anche l'immediato versamento di ventimila sterline per il duplice titolo indicato nelle istruzioni. Qualora invece l'intimazione fosse già stata presentata ella dovrà aspettare la risposta colombiana, e, se questa è affermativa, chiedere

nel prenderne atto l'immediato versamento di dieci mila sterline per l'anzidetto titolo

(l) -Cfr. n. 16. (2) -n telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Cartagena.
20

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1735. Roma, 17 luglio 1898, ore 12,30.

Il decreto tunisino del 13 aprile scorso, applicato in modo manifestamente contrario alla recente convenzione consolare, suscita grave agitazione nella colonia italiana (1).

Le scrivo, oggi stesso, un dispaccio con ogni particolare (2). Sarà bene che, avendone occasione, ella predisponga l'animo di codesto ministro degli affari esteri, persuadendolo della necessità somma di evitare, in Tunisia, ogni ragione di dissidio o complicazione.

21

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 1736. Roma, 17 luglio 1898, ore 13.

Ricevo suo telegramma (3) di ieri circa affare Cerruti. Approvo suo linguaggio col segretario di stato. Allo stato delle cose creato dalle tergiversazioni della Colombia, noi non possiamo indietreggiare nè ritirare le navi fin tanto che non siano accolte le nostre legittime e moderate domande. Confidiamo che il Governo colombiano si arrenda agli amichevoli consigli del Governo federale, il quale, nella presente vertenza, ha doppiamente titolo per far sentire a Bogotà la sua giusta influenza.

22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL VICE CONSOLE A TUNISI, CARLETTI

T. 1739. Roma, 17 luglio 1898.

Ricevo rapporti 12 e 13 luglio (4). Approvo quanto ella fece per mantenere in calma la nostra colonia. Scrivo tosto al R. ambasciatore a Parigi (5), acciocchè, fondandosi sopra le esplicite disposizioni della convenzione consolare, ottenga pronta soddisfacente soluzione della controversia. Intanto è sommamente importante che costì si eviti ogni pretesto a maggiori complicazioni. Raccomandi ai nostri notabili necessità contegno tranquillo prudente.

(l) -Cfr. n. 13. (2) -Cfr. d. 26546 del 17 luglio, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 23. (4) -Per il primo cfr. n. 13. Il secondo è il r. 2900/469, non pubblicato. (5) -Si riferisce al dispaccio n. 26546 del 17 luglio, non pubblicato.
23

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2024. Washington, 17 luglio 1898, ore ... (per. ore 7,15).

Ringrazio l'E. V. del telegramma di ieri (l) e non ho mancato di esprimere al segretario di stato il di lei compiacimento. Egli mi ha assicurato di aver comunicato subito a questo incaricato d'affari di Colombia contenuto telegrammi in data 14 corrente (2) di V. E. e di codesto incaricato d'affari relativi nostre intenzioni circa missione nostro ammiraglio. Mi ha dato poi lettura, in linea informativa, di un telegramma giuntagli dal ministro degli Stati Uniti a Bogotà concepito come segue: « Apprendo che la flotta italiana è arrivata a Cartagena e che presidente della Colombia è assai ansioso che essa venga ritirata per dargli tempo di sottomettere affare Cerruti al congresso che si riunisce fra sei giorni. Temo che presenza flotta italiana possa dar luogo a gravi torbidi intestini in Colombia ».

Ho risposto al Segretario di Stato che, a titolo di semplice informazione, avrei comunicato a V. E. il telegramma del Ministro degli Stati Uniti a Bogotà, ma che io nutriva la convinzione, tutta personale, che gli amichevoli suggerimenti degli Stati Uniti intesi ad indurre Colombia ad eseguire lodo arbitrale, eliminerebbero ogni complicazione interna. V. E. vedrà ora che sia il caso di mandarmi un telegramma col quale, riferendosi a questa mia comunicazione officiosa, Ella mi facess·e di nuovo osservare che, allo stato delle cose creato dalle tergiversazioni della Colombia, ci è ormai impossibile indietreggiare, salvo che la Colombia eseguisca integralmente il lodo arbitrale.

24

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2050. Parigi, 19 luglio 1898, ore 16,25.

Mi è pervenuto questa mattina il dispaccio (3) di V. E., relativo al decreto tunisino del 13 aprile. Domani ne parlerò ministro affari esteri, ed insisterò per la proroga del termine, onde poter esaminare pacatamente la questione di interpretazione della nostra convenzione. Bisogna aspettarsi a due ordini di obiezioni: la prima nascente dal fatto che le clausole analoghe che assicurano il trattamento nazionale alle persone e la loro libertà di muoversi e soggiornare, le quali non sono insolite, non furono mai intese nel senso d'impedire alle autorità locali di prescrivere le norme che permettono l'accertamento della identità personale e della qualità di cittadino appartenente allo stato che ha stipulato la convenzione. La seconda obiezione appoggerà al fatto che, alla parte tranquilla laboriosa e stabile della colonia italiana, va frammista un'altra parte composta di elementi torbidi facinorosi che cercano nelle facilità che offre lo

sbarco ed il soggiorno in Tunisia il mezzo di sfuggire alle leggi punitive e di sorveglianza del nostro paese. Mi rendo conto perfettamente del movimento che si è manifestato nelle colonie dopo tre mesi dalla emanazione del decreto; ma appunto perchè le cause di tale agitazione non sono da ric-ercarsi soltanto nelle disposizioni di quel decreto. Ritengo che il R. Governo debba andare cauto nell'impegnarsi in una discussione di massima dalla quale non dovesse ricavare la soddisfazione sua completa (1).

(l) -Te!. n. 1717, del 15 luglio, ore 17,30, non publicato; ma cfr. n. 19. (2) -Cfr. n. 16. (3) -Ctr. !J. 14, nota 2.
25

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2068. Parigi, 20 luglio 1898, ore 20.

Ho esposto verbalmente stato della questione relativa alla esatta applicazione che invochiamo daH'art. l convenzione consolare con Tunisi. Ho messo in evidenza convenienza reciproca di trovare un componimento e di evitare una ancora maggiore emozione nella colonia nostra. Ho proposto che intanto si proroghi termine scadente alla fine di luglio. Ministro affari esteri mi ha promesso di esaminare subito la cosa con animo di trovare componimento soddisfacente. Il residente genera~e Tunisi è aspettato qui fra uno o due giorni. Mi terrò in eontatto con questo ministro degli affari esteri per comporre il meglio che sarà possibile queste difficoltà.

26

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BOGOTA, CODAZZI

T. 1779. Roma, 21 luglio 1898, ore 17.

Disapprovo che ella abbia telegrafato all'ammiraglio di soprassedere (2). Questi è esclusivamente incaricato della trattazione con Colombia ed ella deve assolutamente astenersene salvo che abbia opportunità esortare codesto Governo cedere alle nostre giuste domande. Codesta colonia deve comprendere che, ben !ungi abbandonarla, R. Governo con suo risoluto atteggiamento difende nel miglior modo anche i suoi interessi.

27

L'INCARICATO D'AFFARI A BOGOTA, CODAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2070. Bogotà, ... luglio 1898 (per. ore 6,30 del 21).

Colonia Bogotà, visto abbandono, almeno apparente in cui travasi per parte di codesto R. Governo, supplica tenga conto sua situazione difficile e fin dove dignità nazionale permetta accogliere proposta fatta oggi dal governo colombiano tendente risolvere amichevolmente vertenza attuale. Autentico.

(l) -Con il rapporto risèrvato n. 709, in data 22 luglio, non pubblicato, Tornielli esponeva più ampiamente i termini della questione relativa al decreto emanato a Tunisi per regolàre il soggiorno degli stranieri nella reggenza. (2) -Con il tel. n. 2071, senza data, pervenuto il 21 luglio, ore 0,15, Codazzi comunicava :ii aver telegrafato a Candiani di attendere ulteriori istruzioni del R. Governo, in seguito ~ll'annuncio del Presidente della Colombia di aver chiesto anticipatamente istruzioni al Congresso per eseguire il punto 5 del lodo Cleveland nella controversia fra la ditta Cerruti e il governo colombiano.
28

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2074. Washington, ... luglio 1898 (per. ore 7,55 del 21).

Al ricevimento telegramma V. E. 17 corr. (l) preferii ad ogni buon fine, rimettere personalmente a questo Segretario di Stato mia lettera particolare per segnalargli negli identici termini adoperati da V. E. incomprensibile silenzio del nostro ammiraglio da Cartagena. Oggi ho proceduto collo stesso metodo per dargli comunicazione contenuto telegramma V. E. di iersera (2) che mi notifica continuazione silenzio del nostro ammiraglio. Segretario di Stato mi ha risposto che, benchè egli avesse espresso a questo Incaricato d'Affari di Colombia speranza che il suo Governo andrebbe a comporre sollecitamente vertenza con l'Italia, nessuna risposta ne aveva ricevuta fino ad ora. Allora gli ho detto sembrarmi evidente che il Governo colombiano pospone con raggiri questo componimento, sperando che un intervento ufficioso degli Stati Uniti induca Governo italiano a ritirare squadra e che era perciò a desiderarsi che il Governo federale non intrattenesse più a lungo simile speranza, facendo sentire alla Colombia che nessun intervento di nessuna natura potrebbe farci indietreggiare e posporre così indefinitamente esecuzione integrale del lodo arbitrale. V. E. vedrà se, allo stato d·elle cose, non sarebbe opportuno di far trasmettere a Washington questa stessa dichiarazione per mezzo di codesto Incaricato d'affari degli Stati Uniti. ll momento è assai propizio per noi di agire e se al nostro ammiraglio venissero impartite istruzioni meno dilatorie e più vigorose, la controversia sarebbe composta subito come fu composta dall'Inghilterra quell~ di Corinto senza che vi fosse un lodo arbitrale. Ho tentato mettermi in comunicazione col nostro Ammiraglio sia per mezzo di questi miei colleghi, ma questi ultimi non hanno cifrari coi loro agenti consolari a Cartagena, e le linee telegrafiche di .Colombia sono tutte nelle mani del Governo.

29

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 1831. Roma, 27 luglio 1898, ore 11,15.

Per notizia di lei e norma di linguaggio, qui riproduco una nota d'oggi a questo incaricato d'affari degli Stati Uniti. «Con nota in data di ieri la S. V. mi fa conoscere in nome del Suo governo, essere a questo pervenuto da Bogotà l'assicurazione dell'intenzione del Presidente e del congresso di Colombia di eseguire il lodo Cerruti se è ritirata la flotta italiana e tolta cosi l'apparenza di una coercizione. Il Governo federale spera che, essendosi esercitati i suoi buoni uffici nel senso da me desiderato, il suggerimento possa essere assecondato.

La S. V. non ignora come, prima ancora che le nostre navi apparissero nelle acque colombiane, io avessi fornito al Governo di Bogotà il modo di dare

carattere libero e spontaneo alla decisione sua di ottemperare integralmente ed

entro giusto termine, al lodo del presidente Cleveland.

Oggi, mentre da molti giorni le nostre navi sono a Cartagena, e l'ammiraglio

Candiani incaricato del negoziato, ha dovuto, già verso il 20 di questo mese,

far pervenire al Governo di Bogotà una ingiunzione, conforme bensl alle sue

istruzioni, ma di cui, per il difettoso servizio del telegrafo colombiano, noi

stessi ignoriamo il preciso tenore, è necessario che la risposta del governo di

Bogotà, a cui fu concesso un termine di 20 giorni, sia fatta all'ammiraglio in

correlazione con la ingiunzione sua. Un diverso procedimento, da parte nostra,

nè sarebbe cauto, mentre non ci sono noti i termini testuali dell'ingiunzione del

l'ammiraglio, nè sarebbe compatibile con la nostra dignità.

Il Governo degli Stati Uniti, al quale siamo vivamente riconoscenti per gli

amichevoli suoi buoni uffici, acquisterà nuovo titolo alla nostra gratitudine

se vorrà, con l'autorevole sua influenza, indurre il governo di Bogotà ad acce

dere puramente e semplicemente alle moderate domande del nostro ammi

raglio».

(l) -Tel. n. 1737, del 17 marzo, ore 13,15, non pubblicato. (2) -Tel. n. 1763, del 19 luglio, ere 22,45, non pubblicato.
30

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 228. Londra, ... (1).

Gli avvenimenti che afflissero la nostra Patria negli ultimi tre mesi hanno attirato l'attenzione della parte radicale del pubblico inglese e dato luogo ad alcuni meetings e manifestazioni che a rigore potrebbero considerarsi come inopportuni. Ma a vero dire tali manifestazioni non meritarono finora di essere prese in considerazione per il genere di gente radicale ed anarchica che le aveva fatte. Un poco più significativa è stata la costituzione di un «comitato di soccorso a favore dei carcerati politici italiani», i cui scopi e le cui motivazioni risultano dagli annessi stampati. Tali manifestazioni sono deplorate dal Governo, ma autorizzate dalle leggi, e nulla potrebbe farsi contro di esse. Ma se si pensa che le medesime sono l'opera di una piccola minoranza di persone esaltate non vi è ragione per preoccuparsene. Importa invece farsi una idea del sentimento generale del paese ed a questo intento è molto opportuna la pubblicazione, da parte del Times odierno, di un articolo di fondo intitolato « Italian Politica! Prisoners ». Non so se sarebbe opportuno che qualche giornale italiano accreditato facesse qualche allusione a questo intervento di stranieri nelle cose nostre, ma sempre però con la cortesia che meritano le buone intenzioni, anche quando sono scorrette.

L'articolo del Times può ritenersi come la espressione dei sentimenti della gran maggioranza degli inglesi rispetto alla crisi da noi attraversata.

di protocollo.

(l) Manca la data, ma il documento è del 26 o 27 luglio 1898, come risulta dal numero

31

IL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA, AL MÌNISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2161. Washington, 28 luglio 1898 (per. ore 10 del 29).

Ricevo suoi due telegrammi d'oggi 28 (1). Dal momento che codesto incaricato d'affari d:egli Stati Uniti ha a V. E. espresso rincrescimento del suo Governo basato sui futili motivi di vedere frustrati i suoi buoni uffici presso la Colombia parmi chiaro che il Governo federale voglia lavarsene le mani e che non è più per noi il caso d'insistere perchè esso concorra con i suoi buoni uffici all'accoglienza delle domande del nostro ammiraglio. In questo stato di cose ogni dilazione ulteriore nell'adoperare mezzi coercitivi con la Colombia può esserci dannosa. La Colombia non cederà che a una pronta coercizione da parte nostra e noi non dobbiamo attendere che un'eventuale conclusione della pace con la Spagna venga a modificare attuale contegno riserva adottato dagli Stati Uniti. Comunicherò domani con lettera particolare al segretario di stato contenuto di questi due ultimi telegrammi di V. E. come gli comunicai contenuto di tutti gli altri dal 14 luglio in poi meno parte riservata telegramma 15 luglio (2) relativa alle istruzicni date ammiraglio fra le quali non mi venne fatto alcun cenno della richiesta di un pegno di ventimila sterline, di cui V. E. non mi parla che con secondo telegramma di questa sera (1).

32

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO CANDIANI, A CARTAGENA

T. 1900. Roma, 4 agosto 1898, ore 12,55.

Non debbo nasconderle che indugio ci reca sempre più gravi imbarazzi. Il Governo colombiano, mentre lusinga lei pur continuando a far subire ai nostri telegrammi enormi ritardi, intriga a Washington ed ha ottenuto che Governo federale appoggi presso di noi certe sue proposte assolutamente inaccettabili. In tale stato di cose noi dobbiamo tener ferme le nostre domande 'confidando che gli Stati Uniti nella loro equità si astengano dal crearci moleste complicazioni. Intanto, salvo contrario mio ordine, se, alla scadenza del termine le nostre domande non saranno formalmente accettate, ella dovrà senza la menoma esitazione e risoluzione procedere alle occorrenti misure coercitive.

33

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, FERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 1898. Roma, 4 agosto 1898, ore 13,30.

La Colombia persiste nelle sue tergiversazioni. Fa votare dal congresso leggi che, pur fornendogli i mezzi, non lo vincolano punto alla esecuzione effet

(l} Tell. n. 1849, del 28 luglio, ore 20 e n. 1850, del 28 luglio, ore 23,55, non pubblicati.

tiva del lodo; tiene a bada il nostro ammiraglio !asciandogli sperare una soluzione pienamente soddisfacente; ed intanto, mentre continua a far subire enormi ritardi ai suoi telegrammi rendendo impossibile un regolare carteggio, ci fa pervenire per mezzo degli Stati Uniti proposizioni assolutamente inaccettabili ed anche contrarie alla nostra dignità. Noi confidiamo che gli Stati Uniti manterranno, di fronte all'evidente nostro buon diritto, un atteggiamento imparziale e per noi amichevole. Potendo però avvenire che gli intrighi della Colombia inducano il Governo federale ad assumere una posizione diversa, ci sarebbe es1:.enzialmente utile di conoscere fin da ora in qual modo una tale contingenza sarebbe consid·erata da codesto Governo, e precisamente come sarebbe giustificato cc..stì il tentativo, da parte degli Stati Uniti, di intromettersi tra il R. Governo forte del suo evidente diritto e la Columbia che vorrebbe eluderlo. La prego di indagare con molta cautela l'eventuale pensiero di codesto Governo.

(A Berlino e Vienna). Non dubitiamo menomamente che in tal caso non ci farebbe difetto l'appoggio morale dei nostri alleati.

(2) Tel. n. 1717, del 15 luglio, ore 17 ,30, non pubblicato.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 1911. Roma, 5 agosto 1898, ore 15,30.

Mi affido all'abilità ed al tatto di lei acciocchè codesto Governo sia efficacemente a convincersi, sia della piena ragione che ci assiste, sia dell'evidente comune convenienza di eliminare anche solo l'apparenza di un dissidio tra i Governi di Roma e di Washington che furono e saranno costantemente cordiali amici. Intanto aLla lettera 3 agosto del signor Day (l) V. E. vorrà rispondere riproducendo la seguente mia comunicazione: «Il Governo del re non potrebbe rispondere alla cortese comunicazione contenuta nella lettera del segretario di stato in data del 3 agosto scorso. senza richiamare anzitutto l'attenziOne amichevole del Governo federale sui singolari procedimenti del Governo colombiano. Il nostro ammiraglio incaricato di ottenere una conveniente soluzione dell'affare Cerruti da oltre 20 giorni travasi a Cartagena; e malgrado le nostre ripetute doglianze, malgrado le formali promesse dello stesso presidente, i telegrammi scambiati con esso sulle linee colombiane, che pur funzionano regolarmente per aitri servizii, subiscono così enormi ritardi da rendere impossibile ogni regolare carteggio per quella via. Fin dal 23 dello scorso luglio il nostro ammiraglio rimise al governatore locale le nostre domande conclusive, che nel giorno stesso furono telegrafate al Governo di Bogotà, e quel Governo lascia credere alla legazione di Colombia, come sta scritto nella lettera del segretario di stato, che fino a sabato scorso, 30 luglio, la comunicazione dell'ammiraglio non gli era pervenuta. Il Governo colombiano si loda con l'ammiraglio del suo conciliante contegno, e nel tempo stesso denuncia la :presenza delle navi italiane come se fosse un atto di violenza. Infine le autorità colombiane lasciano, col loro linguaggio,

concepire all'ammiraglio la fondata lusinga che le sue domande saranno accolte, mentre invece il Governo colombiano coi suoi adoperamenti presso il Governo

federale evidentemente mira ad escludere l'azione dell'ammiraglio e a mettere innanzi proposizioni essenzialmente diverse. Siffatti metodi consigliano un grande riserbo non solo al R. Governo che ha stretto dovere di preservare il suo buon diritto, ma anche allo stesso Governo federale al quale deve premere che i suoi buoni offici non vadano a svantaggio di una giusta causa.

Ciò premesso per ben chiarire la situazione, il governo del re non esita a dich~arare assolutamente inaccettabili le proposizioni che il Governo di Colombia vorrebbe farci pervenire per mezzo del Governo federale. Se fossero da noi accettate, esse creerebbero in 'primo luogo tra il R. Governo ed i creditori della ditta Cerruti rapporti non contemplati dal lodo Cleveland e nei quali noi non vogliamo impigliarci, la nostra azione dovendo esercitarsi non già a prò di quei creùitori sibbene a prò del nostro concittadino e per l'obbligo che il R. Governo ho. di far rispettare ogni legittima ragione dei suoi nazionali. Le proposizioni colombiane avrebbero inoltre altro risultato di gran lunga più grave; quello, ciLè, di riaprire una discussione sopra una questione nella quale il lodo Cleveland è per noi l'ultima parola, e di far dipendere da un ulteriore giudizio diritti td obblighi che quel lodo ha in modo definitivo stabilito ed accertato. Esse farebb!òro infine, con una intollerabile diversione di parti, apparire il ritiro delle nostre navi come una condizione imposta e conseguita dalla Colombia prima di indursi a farci una concessione qualsiasi.

Noi abbiamo .fiducia che il Governo federale vorrà riconoscere il valore delle considerazioni qui esposte le quali assolutamente ci vietano di inoltrarci sul terreno ove il Governo colombiano vorrebbe condurci. Noi conosciamo ora le precise domande del nostro ammiraglio le quali si riassumono in questi tre punti: accettazione integrale del lodo, cessazione di ogni molestia da parte dei creditori entro tre mesi, deposito di ventimila lire sterline. Il signor Day stimando che le guarentiglie offerte dalla Colombia sono maggiori di quelle chieste dall'ammiraglio, implicitamente ammette la ragionevolezza e moderazione delle nostre. Epperò non vogliamo rinunziare alla speranza che i buoni uffici ciel Governo federale ne promuovano ed assicurino, da parte del Governo colombiano, l'accettazione integrale. Questa e non altra è la via che può, con soddisfazione ed onore di tutti, portarci ad equo e definitivo componimento.

(l) Non rinvenuta.

35

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2236. Parigi, 5 agosto 1898, ore 0,10.

Questo ministro degli affari esteri, col quale ho parlato oggi a titolo ufficioso e confidenziale delle eventualità di una intervenzione degli Stati Uniti nella vertenza nostra colla Colombia, non si trovò in grado di manifestarmi il suo giudizio in proposito, e mi ha detto che La questione era tanto grave da richiedere riflessione. Lo rivedrò probabilmente domani. Le forze navali degli Stati Uniti hanno catturato due transatlantici francesi; e la stampa di qui eccita

il Governo della repubblica ad agire con energia a Washington per la liberazione immediata. La Spagna non ha ancora mandato la sua risposta alle condizioni di pace. Questo ministro affari esteri la aspetta domani ed in tal caso essa sarà comunicata a Washington sabato. Tutte le informazioni circa le trattative dell'ambasciatore di Francia col presidente della confederazione sono dichiarate da questo ministro degli affari esteri di pura fantasia.

36

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1933. Roma, 6 agosto 1898, ore 18,55.

Grandemente apprezzo le considerazioni svolte nel suo telegramma (l) e v.;vamente ne la ringrazio. Rimettere tutto in questione, come la Colombia vorrebbe, con la :pretes~ altresì che anzitutto si ritirino le nostre navi, sarebbe cosa troppo contraria alla nostra dignità e fatale per i nostri futuri rapporti con gli Stati Uniti americani del Nord dove abbiamo oltre due milioni di connazionali. Le nostre domande sono moderatissime: che, cioè, il lodo Cleveland sia integralmente eseguito entro congruo termine, e con un pegno di ventimila sterline. Gli Stati Uniti non possono non riconoscere il nostro buon diritto nè finora si ha indizio che vogliano impedirci di farlo valere. Il mio telegramma (2) non r.ìferivasi che ad eventualità puramente ipotetica, in vista della quale del resto, noi chiederemo solo ai nostri alleati l'appoggio morale nascente da un benevolo atteggiamento e dal riconoscimento della evidente ragione nostra. V.

E. non può dubitare che regola costante della nostra politica sarà sempre l'evitare maggiori complicazioni.

37

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 22fi7. Vienna, 6 agosto 1898, ore 11,50.

Il telegramma (2) che V. E. mi ha mandato sugli affari della Colombia mi imper:sierisce assai. Io pensavo che l'invio della nostra squadra era fatto, se non col consenso, almeno col non dissenso del Governo degli Stati Uniti. È certo che questo si crede in diritto di intervenire, ed io non vedo come lo si potrà impedire senza venire alle ostilità all'infuori dei Casus foederis, specificatamente contemvlati nel trattato di alleanza, l'Italia non può contare sopra alcuno aiuto degli alleati, come questi non contano sopra il nostro. In casi simili ce lo hanno ripetuto a sazietà a Berlino come a Vienna quando si trattava dell'Africa, dove eravamo andati, come ora in America, senza il loro consiglio. Questo è un punto che non deve essere dimenticato. Quanto ad un appoggio morale, anche quando fosse concesso, il che è più che dubbio, segnatamente quello dell'Austria Ungheria che non è benevisa n è temuta alla Casa Bianca, ci farebbe nessun bene e molto male. Avrò cura di scandagliare conte Goluchowski ora di ritorno, ma credo di rendere servizio al mio paese e all'E. V. non !asciandole

alcuna illusione sulla efficacia di un appoggio morale austro-ungarico. La mia impressione si è che se i rappresentanti germanico ed austro-ungarico diranno una parola sola in nostro favore alla Casa Bianca, solleveranno contro l'Italia e gli italiani non solo il governo degli Stati Uniti, ma quello che è peggio, l'opinione pubblica americana; la supplico di pensarci bene; e mi permetto di consigliarla di rimettere l'affare nelle mani del presidente degli Stati Uniti se si può fare onorevolmente.

(l) -Cfr. n. 37. (2) -Cfr. n. 33.
38

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2264. Londra, 6 agosto 1898, ore 19.

Salisbury travasi ad Osborne dalla Regina, e non si potrà conferire con lui prima di lunedì o martedì. Avvicinandosi intanto la scadenza delle intimazioni dell'ammiraglio Candiani, a mio rispettoso parere, non vi è tempo da perdere. La via più breve e più naturale sarebbe quella di rispondere (Per mezzo degli Stati Uniti che furono intermediari della Colombia. Essi non possono sostenere una causa evidentemente cattiva e giudicata da un loro presidente. Si potrà così ottenere la mano libera onde agire eventualmente colla forza oppure concordare collo stesso Governo di Washington una soluzione pronta e conforme alla nostra dignità. La Gran Bretagna ha mostrato nella questione di Venezuela e nella presente guerra Ispano-Americana un grande scrupolo di non spiacere agli Stati Uniti. È difficile dunque che Salisbury, quando ne sia ufficiato da noi, si induca ad intromettersi tra noi e la Colombia, passando sopra agli Stati Uniti.

Questa sarebbe, a mio avviso, la risposta che senza dubbio ci farebbe il nobile Lord.

39

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL COMANDANTE DELLA NAVE «PIEMONTE », GIULIANI, A BARBADOS

T. 1947. Roma, 8 agosto 1898, ore 0,10.

Ella deve partire subito per Cartagena in modo di poter consegnare al più tardi nel giorno dodici corrente all'ammiraglio Candiani il seguente telegramma cifrato con la cifra del ministero degli affari esteri K. 5 : « Questo telegram:'lla in data 8 agosto conferma e riassume le istruzioni alle quali, salvo contraria ulteriore istruzione, ella dovrà attenersi: l) L.a risposta della Colombia, per essere soddisfacente, deve essere puramente e semplicemente affermativa sopra i tre singoli punti dell'ultimatum. Ella potrà tuttavia contentarsi se per Ja cessazione delle molestie dei creditori la Colombia chiederà quattro o cinque mesi invece di tre. 2) Spirati i venti giorni senza avere ricevuto risposta soddisfacente nel senso suespresso, ella procederà senza indugio agli atti coercitivi

di più sicuro e pronto risultato, escluso in ogni ipotesi il blocco per le ragioni indicate nel nostro telegramma del sei (1). 3) Dovendo procedere ad atti coercitivi

ella dovrà tosto avvisare l'« Etna » per via sollecita e sicura, dandogli opportune istruzioni. 4) Compiuta l'operazione, se ella ha ottenuto risultato desiderato e sia opportuno rimanere in codeste acque serberà contegno amichevole, in caso diverso concentri le sue forze a Barbados per evitare intromissioni od insidie altrui. 5) Raccomandiamo telegrafarci sovente e diligentemente.

(l) Tel. n. 1924, del 6 agosto, ore 13, non pubblicato.

40

IL CONSOLE A SCUTARI, LEONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 184/92. Scutari, 10 agosto 1898.

Le previsioni che ebbi in occasione di fare nel mio rapporto del lo marzo

u. s. n. 50/27 (l) circa alle conseguenze della nomina del Padre Zubac a superiore di tutta la missione Francescana nell'alta e bassa Albania non hanno mancato di verificarsi.

La posizione infatti dei Francescani Italiani da quell'epoca è venuta facendosi più difficile perchè è chiara ed evidente la intenzione che si ha di allontanarli a poco a poco, e già non pochi furono allontanati, ed altri preferiscono andarsene piuttostochè sopportare pressioni alle quali non intendono sottomettersi, e alle quali non hanno mezzo di poter resistere. Dopo aver tenuto per lungo tempo un prudente riserbo non pochi finirono per espormi la situazione divenuta per loro insostenibile e formularono come un reclamo per il fatto di trovarsi alla dipendenza non della legale autorità ecclesiastica che su ciò non trovavano niente a ridire, ma dell'Autorità Austriaca della quale sentivano di non dipendere. Non pochi s'indirizzarono a me per una protezione, nè mancarono di espormi come si fosse arrivato al punto da proibir loro di recarsi per qualsiasi ragione dal Console Italiano.

È certo che la ragione era da parte loro perchè altro è culto altro è persona, e la protezione del primo spettando per consuetudine all'Austria, non ne deriva che la persona cambi di nazionalità per essere un membro del culto. È certo che i missionari Italiani come tali sfuggono anche contro la loro volontà a qualsiasi ingerenza per parte del loro Consolato, e si servono di passaporti austriaci, e per tutto quanto si riferisce alla loro persona è come se Italiani n{)n fossero.

Tutto ciò si riannoda ad una questione di ordine superiore di natura delicatissima e di soluzione difficile. Quindi è che io non posso che deplorare il fatto ma sono nell'impossibilità di escogitare un rimedio. È certo doloroso il vedere che si cerca in ogni modo e si riesce di far scomparire i nostri missionari, perchè le missioni Francescane in Albania sono gloria Italiana, e che in oggi mentre in fatto dovrebbero essere doppiamente protetti i poveri missionari non hanno protezione alcuna e si trovano o a dover ubbidire a chi li paga per i suoi fini, o ad andarsene. Ma pur troppo siamo senza difesa e non ci resta che ad assistere inattivi a quanto succede, cioè a vedere forzati cittadini nostri a lavorare a favore d'un'influenza alla nostra rivale, senza aver nessun mezzo

a disposizione per poter sostenere almeno quelli che a fare questa parte non si sentono punto disposti. È mio dovere però dopo averlo constatato il riferire il fatto.

D'altra parte la politica Ecclesiastica dell'Austria si va sempre facendo più attiva per ogni parte in Albania. L'idea della protezione del culto si va allargando, e dopo aver messo a stipendio dal più grande al più piccolo 'l ministri del culto, si cerca di comprendere nella protezione i Cattolici ossia una buona parte della popolazione. E ad onor del vero debbo dire che ad ottenere i risultati non si risparmiano nè lavoro, nè sopratatto spese. Una prova ne sia l'estendersi e lo sviluppo che venne dato ultimamente al servizio consolare Austriaco creando ed elevando i suoi uffici in tutti i centri dell'Albania, non certo per i sudditi o interessi austriaci che non esistono, ma per il lavoro necessario a fare per mezzo del Clero anche là dove l'elemento cattolico è in minoranza.

A questo proposito sono in grado di riferire che nella impossibilità di poter riuscire a qualcosa per mezzo del Clero sui mussulmani, si cerca ora di premere sugli ortodossi perchè si decidano a unirsi alla Chiesa Cattolica, e venire così a dipendere dal Clero che dall'Austria ripete le inspirazioni e lo stipendio. Ultimamente come l'E. V. saprà certamente dal R. Console in Monastir, un movimento in tal senso fu notato a Spat, dove non pochi villaggi avevano dato segno di voler abbandonare l'ortodossia per il Cattolicesimo, del. che com'è naturale la Russia si preoccupò. Fallito il tentativo almeno fin'ora, premeva alla Russia di constatare da chi provenisse la istigazione, e quantunque fossero state date all'ambasciatore russo a Costantinopoli assicurazioni che l'Austria non aveva in alcun modo influito nell'affare di Spat questo Vice Console Russo or sono pochi giorni partì da Scutari e andò a fare un viaggio nell'interno del Vilayet a Tirana, Croia, Cavoia e Durazzo dove appunto nei centri abitati l'elemento ortodosso supera quello Cattolico.

Ritornato, non nascose a nessuno a principiare dall'Autorità Locale di aver constatato indubbiamente sui luoghi che il lavorìo che in quel senso sta facendo l'Austria nel Vilayet è enorme. Non solo i ministri del culto Cattolico che sarebbero in carattere, ma gli stessi ufficiali Consolari Austriaci non mancano di fare propaganda per la conversione, chiaramente facendo rilevare ai notabili ortoJossi, che così come sono non godono protezione alcuna, mentrechè facendosi Cattolici potrebbero essere certi di essere protetti dall'Austria, che loro assicurerebbe più dignità di culto, sia fabbricando e r·estaurando Chiese, sia facendo loro godere di vantaggi materiali. Non vi ha dubbio che l'idea della protezione del culto si va come sopra dicevo non poco allargando. Credo non privo d'interesse il riferire che a Durazzo nel mese scorso per la prima volta si tenne a fE.steggiare un Santo che non è ben certo si debba considerare cattolico o anche ortodosso. A tale festeggiamento fu data la massima solennità di. funzioni e processioni, e per l'occasione convennero colà non pochi del Clero di Scutari e degli altri paesi circonvicini. In un banchetto che fu dato e al quale assistevano Cattolici e Ortodossi, il sacerdote che aveva l'incarico di presiederlo proclamò che gli Albanesi prima dell'invasione ottomana avevano la stessa religione e che era necessario che a quella si accostassero tutti per potersi tutti riunire sotto l'alta protezione di S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe. Tali parole non avrebbero avuta importanza alcuna, se al banchetto in questione non fosse stato presente in forma ufficiale l'I. R. Vice-Console Austriaco reggente l'ufficio Cvnsolare di Durazzo testè elevato a Consolato.

Tutto ciò, che riguarda più che altro gli interessi dell'ortodossia, è significativo per mostrare come sempre più si estenda il lavorio che l'Austria va facendo in queste regioni, cercando di attrarre nell'orbita della propria influenza tutte le popolazioni Cristiane, a tal uopo servendosi della cosi detta protezione del culto.

La quale protezione non è scevra di dissidi fra chi protegge ed è protetto. Ult~mamente a Prisrendi, premendo a quel Console d'Austria di sostituire con monache austriache alcune monache francesi che vi erano, fece allontanare queste, e le sostituì con monache Croate che senz'altro alloggiò nella casa del Vescovo.

Il Vescovo Monsignor Troksi che è albanese, e per niente ligio all'Austria si rivoltò, e lasciò la sua sede diretto prima a Vienna e poi a Roma. A Vienna e a Roma lo seguì quel Console d'Austria per sostenere in contradditorio le proprie ragioni. Ma il dissidio non è composto ancora, e Monsignor Troksi, che si rifiuta di tornare al suo posto, sta qui a Scutari in attesa di una soluzione. Da Roma pare che si dia ragione al Console d'Austria, ed in questi giorni mi viene riferito che i Cattolici a Prissrendi si riunirono nella Chiesa chiedendo che i diritti e la dignità del loro Vescovo siano rispettati, dichiarandosi sopra ogni altra cosa fedeli sudditi del Sultano. Un tal fatto come quello che ho sopra riferito dei Frati Francescani mostrerebbe che la protezione del Culto, talvolta anche a dispetto di quelli che si vogliono proteggere, sta prendendo un significato ben diverso da quello che per la lunga pratica che ho dell'oriente, so che ha e dovrebbe avere.

Il Turco lo capisce benissimo, ma in questa come in tante altre cose, crede buona politica il lasciar fare, soddisfatto come sempre, quando nel campo cristiano si verifichino antagonismi e discordie. Non gli mancherà l'occasione di avvedersi che avrebbe forse fatto meglio a curarsi di ciò che succede in casa sua, ma forse allora sarà un poco tardi, ed il seme gettato avrà prodotto i frutti che si speravano e che fin'ora sono di due specie:

l) Ottenere che le popolazioni Cristiane che in Albania contano, considerino l'Austria come loro protettrice, e verso quella sola volgono lo sguardo quando sorgesse il momento opportuno.

2) Scavare sempre più Drofondo l'abisso che esiste fra la razza slava e quell'albanese e paralizzare così qualsiasi avvicinamento da parte del vicino Montenegro, di cui si sospettano le tendenze e le aspirazioni.

Tutto ciò connettendo con la guerra aperta che contro le nostre scuole sta facendo questo Arcivescovo, e quella tacita che si fa all'elemento Italiano fra i Missionari, ritengo che anche per noi sia utile il seguire con attenzione, ed è perciò che non mancherò di riferire all'E. V. via via che se ne presenterà la occasione (1).

(l) Cfr. serie 3•, vol. III, n. 385.

(l) Allegata al rapporto vi è la seguente nota autografa del Canevaro: c Ringraziare Copia a Vienna per informazione allo ambasciatore, e facendo ben notare essere evidente che questo lavorio da parte dell'Austria-Ungheria, se pur nuoce alla influenza italiana, non potrebbe però dar luogo, da parte nostra, a fondate lagnanze •·

41

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO CANDIANI, A CARTAGENA

T. 1981. Roma. 11 agosto 1898, ore 12,15.

Ecco la mia risposta al suo telegramma dell'otto (1). Per l'onore della bandiera e del :;>aese non bastano dichiarazioni ed atti interni della Colombia ed occorre invece la risposta categorica alla nostra ingiunzione sia fatta a lei Ammiraglio comandante le forze navali. Osservo, del resto, che il semplice deposito di 65 mila lire sterline e la r>romessa di garantire Cerruti contro molestie creditori non hanno serio valore se non è Drefisso un termine per la cessazione di quelle molestie e se non ci si mette in grado di liberare la somma sequestrata a Cerruti. Per queste evidenti ragioni debbo confermarle precedenti istruzioni ed invitarla a misure coercitive se nel termine stabilito non le è consegnata la risposta ufficiale del Governo colombiano e se tale risposta non comprende i seguenti tre punti: I) Accettazione integrale del lodo; II) Impegno di far cessare entro otto mesi le molestie dei creditori; III) Consegna di ventimila lire sterline per il duplice titolo indicato nelle istruzioni Visconti Venosta del 28 maggio.

42

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, p. 76)

T. 2314. Pietroburgo, 11 agosto 18'98, ore 5,17.

Intorno alla questione dei :;lresidi ottomani in Creta Conte Murawieff ebbe ieri a farmi con preghiera di riferirne a V. E., dichiarazioni * che non sono che una ripetizione di quelle già antecedentemente riferite da questa ambasciata con rapporto n. 163 (2), e che trovansi * interamente conformi al linguaggio tenuto da V. E. a codesto rappresentante turco. Egli aggiunse avere seriamente richiamata la attenzione di questo ambasciatore di Turchia alla opportunità per parte della Sublime Porta di rassegnarsi (3) di proprio impulso a ritirare man mano le sue truppe da Creta, per non esporsi alla eventualità di esservi formalmente invitata dai quattro gabinetti.

43

L'AMMIRAGLIO CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2355. Cartagena ... (per. ore 4,30 del 16 agosto 1898).

Sono lieto annunziare vertenza finita com!)leta nostra soddisfazione. Colombia accettato integralmente nostre tre domande. Segue telegramma Colon (4).

(l) -Tel. n. 2300, redatto il gic.rno 8 a Cartagena, trasmesso da Colon e arrivato il giorno11, ore 6,50, non pubblicato: parere favorevole all'accoglimento dell'offerta del Governo colombiano di depositare 65 mila lire sterline e di garantire il Cerruti da ogni molestia dei creditori. (2) -Non rinvenuto. (3) -In LV: • prepararsi •. (4) -Il telegramma venne ritrasmesso dal Canevaro al presidente del consiglio e ministro dell'interno Pelloux, ed al ministro della real casa, Ponzio-Vaglia.
44

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 2183/794. Parigi, 16 agosto 1898.

Mi sono regolarmente :pervenuti i dispacci di codesto R. Ministero in data 30 maggio, 12 e 25 giugno, 11 luglio e 1° agosto (l) relativi al sospetto che dalla Francia si prepari una espansione nella Tripolitania allo scopo di tagliare le strade carovaniere che mettono capo al litorale trbolino. Nalut, Ghadames, Ghat sarebbero i punti che si avrebbero in mira. Le attente informazioni raccolte dai RR. Agenti più vicini a quei luoghi non contengono sostanzialmente ragioni per credere che si predispongano i mezzi di una prossima azione militare in quella direzione e se pure lo Scheik tunisino Mohamed-El-Segheir fosse andato a Ghadames con qualche missione segreta delle Autorità francesi, non pare che nelle circostanze a noi riferite circa il suo viaggio sianvi motivi per temere dell'esito felice della attribuitagli missione. Ciò :premesso mi pare cosa non superflua il soffermare alquanto la attenzione del R. Governo sovra la questione che nasce dalla incertezza in cui da anni viviamo circa le ::>ossibili espansioni della Francia nella Tri:politania. Naturalmente sono, a :parer mio, da escludersi, nello esame di questa questione, le ordinarie querele che nascono ogni anno, principalmente all'epoca della seminazione, fra le popolazioni quasi tutte nomadi delle località vicine al confine. Anche alcune razzie di animali ed invasioni di pascoli non potrebbero ragionevolmente avere importanza a meno che fosse dimostrato che da :parte della Francia si guati l'occasione di occupare militarmente i punti che nell'interno della Tripolitania la possono maggiormente interessare. Dal Signor Hanotaux, durante tutto il tempo in cui egli fu Ministro degli Affari Esteri, io ho avuto costanti dichiarazioni le quali escludono ogni sospetto elle il Governo francese abbia in animo di es!)andersi nella Tripolitania. Se egli avesse avuto qualche tendenza a ciò fare, il motivo e non soltanto il pretesto, gli si sarebbe offerto nella tragica fine del Marchese di Morés che suscitò in

Francia un movimento di opinione contro il quale il Governo ebbe qualche difficoltà a reagire.

V. E. sentirà con Diacere che, avendo io toccato in termini generali e senza precisare alcun fatto, questo tema di discorso col signor Delcassé, questo Ministro per gli Affari Esteri, allora da poche settimane entrato al Governo, mi ha spontaneamente dichiarato che la esperienza sua fatta durante il tempo in cui fu al Ministero delle Colonie, lo allontanava dal prestare orecchio a chiunque tendesse a spingere il Governo a nuove espansioni in Africa e che potevamo stare certi che egli non cercherebbe pretesti per tentare cosa alcuna nella direzione della Tripolitania.

Sono di parere che le dichiarazioni del signor Delcassé siano altrettanto sincere che quelle, avvalorate dai fatti, che ebbi a raccogliere dal signor Hanotaux. Ma le dichiarazioni dei Ministri hanno, a parer mio, un limitato valore.

Esse vogliono dire che eglino sapranno resistere alla spinta attuale che esercita senza posa il così detto partito coloniale nella stampa !)eriodica e nel Parlamento; ma escludono forse certe necessità di cose delle quali la previsione s'impone? Fra la zona settentrionale d'Africa che il Mediterraneo bagna e la zona di cui l'Inghilterra ha riconosciuto con atti internazionali successivi il possesso alla Francia e che costituisce la gran via di penetrazione dall'Atlantico allo Tchad, esiste un'altra zona intermedia quella nella quale scorrazzano i Tuaregs, minacciando le stazioni francesi al sud ed al Nord, intercettando le vie, massacrando le missioni esploratrici.

Che questi nemici dell'Europa si annidino nel Tuat, o si rifugino a Ghadames, essi costituiscono fin d'ora il solo impedimento allo stabilimento completo ed incontestato del grande dominio francese nell'Africa· settentrionale. È possibile che un siffatto ostacolo abbia ad essere tollerato lungamente?

A più riprese, dall'Inghilterra, mentre mi era affidata la missione di Londra, e poscia anche di qui, ho insistito sovra la gravità delle concessioni che il Gabinetto di Londra andava facendo alla Francia nell'Africa Occidentale e Centrale. L'occupazione francese al Sud della regione del Sahara deve, o prima,

o poi, consolidare potentemente la posizione della Francia nei paesi africani del Mediterraneo. Intenta oggi a spingersi innanzi come fa e con non poco successo, nelle regioni sovra le quali la sua influenza è riconosciuta dalla Gran Bretagna e dalla Germania, la Francia potrà temporeggiare alquanto prima di accingersi ad inseguire i Tuaregs nei loro covili. Ma se il problema africano così complesso e così fertile di sorprese continuerà a svolgersi per la Francia come negli ultimi anni decorsi, verrà presto il giorno in cui le scorrerie di quei !adroni del deserto diverranno intollerabili. Ormai all'est verso le oasi della Tripolitania e ad ovest verso quelle che appartengono al Marocco, una sola è la questione che si pone. Le une come le altre sono il luogo di sosta da dove partono le incursioni dei Tuaregs e nelle une come nelle altre il Governo che ha la sovranità non sembra in condizione di esercitarla per guisa da compiere il primo dei doveri internazionali, quello cioè di far rispettare il territorio dello Stato limitrofo. Io temo che nè il Sceriffo del Marocco sul Tuat, nè il Sultano di Turchia sulle oasi della Tripolitania siano in grado di reprimere e di impedire le scorrerie dei Tuaregs; eppure non è che a questa condizione che lin un avvenire più o meno prossimo potranno efficacemente opporsi alle pretensioni francesi.

Se non pochi con leggerezza istintiva spingono il Governo della Repubblica a non indugiare nell'impresa di sottomettere le tribù del deserto, e vorrebbero vedere le colonne dell'esercito regolare d'Africa lanciate in tutte le direzioni per inseguirle ad Oriente e ad Occidente, coloro che sentono la responsabilità misurando le difficoltà dell'impresa, servono fin qui di freno sufficiente per evitare una così incerta e costosa avventura. Appunto perchè oggi il problema africano si affaccia in modo assai più complesso degli anni passati, non mancano anche in Francia coloro che formano, sovra l'esito .finale degli odierni sforzi dell'E:uropa, previsioni tutt'altro che rassicuranti. Per certo esiste una palese contraddizione nel fatto che una nazione povera di popolazione si sia accinta all'impresa di formare un immenso Stato africano quando l'esperienza le dovrebbe avere dimostrato che nè la lunga durata d'anni, nè la spesa enorme ed ininterrotta bastarono a fare dell'Algeria un paese francese. Quale popolazione bianca colonizzatrice si spingerà nelle zone che ora rapidamente percorrono gli esploratori francesi con le numerose scorte senegalesi, nessuno può dire. In Al~eria, per naturale, spontanea selezione la Spagna ha fornito i coloni per Orano e l'Italia per Costantina. A Tunisi la popolazione italiana è in continuo sensibile aumento dopo che è avvenuta la occupazione francese. Con gli articoli di legg-e si naturalizzano gli stranieri, tuttavia la differenza fra la popolazione naturalizzata e quella oriunda francese non solamente si mantiene, ma si accentua ed insiem-e al fenomeno del rapido aumento delle popolazioni africane dove cessa la schiavitù, p-ermette già di prevedere per la Francia difficoltà nuove e forse maggiori di quelle con le quali ebbe finora a lottare.

Chiedo venia di avere gettato lo sguardo al di là del campo della attualità nella quale deve spiegarsi l'attività di questa R. Ambasciata. Lo feci perchè non vorrei figurare nel numero di coloro che nelle nuove imprese della Francia in Africa vedono unicamente il pericolo dell'ingrandimento territoriale francese a danno degli altri Stati del Mediterraneo. Però è prevedibile che le quistioni diplomatiche, alle quali possono dare causa le spedizioni francesi contro il Tuat

-o contro le oasi del deserto tripolino, arrivino allo stato acuto assai prima che :Iallo sviluppo naturale dei sovr'indicati fenomeni venga sostanzialmente modificata la faccia delle cose. V. -E. conosce le garanzie speciali che noi possediamo, in più di qu-elle risultanti dai comuni trattati che assicurano l'integrità dell'Imp-ero ottomano, per la conservazione dello statu quo nella Tripolitania. Di fronte a queste guarentigie speciali e come equivalente delle med-esime non potrebbe stare un accordo chiaramente e francamente stipulato con lo Stato che oggi occupa la Tunisia? È una questione assai delicata e che non può ess-ere esaminata da un solo punto di vista. Di qualche scambio d'idee, avutosi qui in epoca non lontana, l'E. V. troverà la narrazione n-ello ufficiale carteggio mio con il R. Ministro. In questo rapporto mi sono proposto di chiamare l'attenzione del Gov-erno di S. M. sovra le grandi linee entro le quali bisogna contemplare le questioni che chiamerei secondarie le quali sono fatalmente inchiuse in quella maggiore della espansione africana che gli accordi con l'Inghilterra e la Germania hanno consentito alla Francia.

Vi è nelle cose una inerente fatalità contro la quale non sono ostacoli insuperabili le combinazioni spicciole di note -e protocolli che invecchiano.

Ma di ciò l'E. V. ed il Governo del Re possono essere buoni giudici, l'opera mia essendo compiuta quando le questioni sono poste davanti agli occhi loro nei termini veri, od almeno in qu-elli ne' quali io le vedo.

(l) Non pubblicati.

45

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO CANDIANI, A CARTAGENA

T. 2056. Roma, 18 agosto 1898, ore 12.

R. Governo è lieto della soluzione pacifica con risultato da esso desiderato e manifesta sua soddisfazione a V. S. ed alla divisione navale di suo comando. Io sono dolente non essere in caso materialmente di tenere occulto a quali mezzi ha ceduto Colombia oramai tutto essendo nel dominio pubblico. Non trascurai nulla per evitare si arrivasse alle minaccie, ho quindi fede Governo colombiano riconoscerà nostro buon volere, in più maniere dimostrato, per raggiungere amichevole componimento, e che nulla devono soffrire nostre relazioni avvenire, nè relazioni colla colonia italiana, ritenendo che, prestigio codesta repubblica, non può essere menomato da un incidente isolato da essa risolto con lodevole saviezza in modo pacifico.

Attendo sempre suo telegramma annunziato da Colon.

46

LA COLONIA DI BOGOTA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2391. Bogotà, 19 agosto 1898.

R. Governo male inspirato minacciando immediata soluzione bellica vertenza Cerruti già amichevolmente risoluta Governo colombiano compromise leggermente vita italiani tutti residenti interno re:;mbblica danneggiò interessi commerciali Italia colonia completamente abbandonata protesta indignata riservandosi presentare memoriale sottoponendo giudizio Governo parlamento e stampa.

47

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, p. 78)

T. 2400. Pietroburgo, 20 agosto 1898, ore 6,56.

Ho veduto testè conte Murawieff, il quale aveva avuto (l) telegramma quasi identico a quello inviatomi (2) da V. E. (3). Dopo una prima conversazione in proposito, egli mi propose continuarla in presenza ambasciatori di Francia ed Inghilterra. Così fu fatto e si discusse lungamente circa stato attuale Creta essendovi accordo completo di vedute circa necessità avviare (4) il più presto possibile alla soluzione definitiva con che solo si potrà sollevare popolazioni di ambo confessioni dallo stato attuale miseria coll'arrivo (5) alla loro pacificazione, ammettendo pure che il modo migliore a raggiungere lo scopo sarebbe

• stato * di ottenere dalla Turchia ritiro graduale delle truppe; ma ciò parve a tutti assai difficile ad ottenere con trattative amichevoli. Lunga discussione portò conclusione seguente: Anzitutto, essendo constatato che ammiragli avuto dai loro Governi consenso percepire decime, si fu di unanime accordo, che per fornire a comitato esecutivo tutti i mezzi necessari per la costituzione indispensabile gendarmeria convenga poter addivenire al più presto conclusione prestito (6) ai nostri rispettivi Governi e nello stesso tempo pregarli voler far studiare

dai proprii ambasciatori a Costantinopoli le proposte ammiragli supponendo detti ambasciatori che si trovano sul luogo siano più al caso vedere (l) quanto possa domandarsi Sublime Porta con qualche probabilità di successo. Prego V.

E. volermi quindi telegrafare pensiero suo ond'io possa riferirlo questo ministro ~lffari esteri. Debbo aggiungere per informazione particolare di V. E. che l'ambasciatore d'Inghilterra non ha ricevuto fino ad ora nessuna comunicazione dal suo Governo circa questione attuale.

(l) -In LV qui aggiunto: • dall'ammiraglio russo •. (2) -In LV: c comunicatomi •· (3) -Tel. n. 2079, del 19 agosto, ore 19,40, non pubblicato. (4) -In LV qui aggiunto: • la questione •. (5) -In LV: • e provvedere •· (6) -In LV qui aggiunto: • già progettato, le sole decime non potendo bastare. Il col)te Muraviev ci invitò, pertanto a telegrafare, circa la questione del prestito •·
48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

(Ed. in LV 97, p. 79)

1'. 2093. Roma, 21 agosto 1898, ore 17.

Mi compiaccio di trovarmi, per Creta, in pieno accordo col conte Murawieff. Come corollario delle idee costì scambiate, questi sarebbero, a mio avviso, i punti concreti del quid agendum: l) Incaricare gli ambasciatori di studiare quali uffici siano da farsi presso la Porta in vista del graduale ritiro dei presidi ottomani; 2) Incaricare gli ammiragli di preparare, col concorso dei consoli, e d'accordo col comitato esecutivo, un progetto specifico di prestito con l'indicazione della somma strettamente occorrente delle guarentigie da assegnarsi e d'ogni altra modalità essenziale. Tostochè il conte Murawieff avrà raccolto, su questi due punti, l'assenso della Francia e dell'Inghilterra, impartirò l'occorrente autorizzazione tanto alla R. ambasciata a Costantinopoli quanto all'ammiraglio.

49

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. CANEVARO

T. 2421. Therapia, 24 agosto 1898, ore 0,35.

Mi riferisco al telegramma di V. E. di ieri sera (2). Cercherò verificare esattezza della notizia telegrafatami. Debbo però informare V. E. che avendo avuto occasione di parlare ieri mattina con l'ambasciatore di Francia appunto di tale argomento, egli si è mostrato meco incerto sull'eventuale contegno della Germania e dell'Austria Ungheria in codesta questione. Il signor Cambon mi disse poi categoricamente che riteneva, per ora, inopportuno fare qualunque passo presso la Porta per il ritiro delle truppe ottomane Creta; che il Sultano mai lo accorderebbe di buon grado e che, d'altronde non glielo poteva neppure chiedere prima che una gendarmeria locale fosse effettivamente in grado di

assicurare l'ordine. Egli aggiunse cile in tale senso aveva risposto in giornata ad un telegramma con il quale il suo governo, informandolo dei dissidii segnalati dagli ammiragli, gli chiedeva il suo parere sui passi da farsi a tale proposito Porta pel ritiro truppe e che così si era pure espresso col suo collega di Russia, che sembra di parere opposto.

(l) -In LV : • in grado di discernere •. (2) -Cfr. te!. 2098 del 22 agosto ore 16, a firma Malvano, non pubblicato, con cui veniva ritrasmesso il telegramma dell'ammiraglio Bettolo n. 2410 da Suda, in pari data, relativo alla notizia secondo cui la Germania sarebbe stata solidale con le altre potenze circa il ritiro delle truppe turche da Creta.
50

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2442. Parigi, 26 agosto 1898, ore 16,10.

Dai miei rapporti e principalmente da quello del 22 luglio (1), circa legge tunìsina che stabilisce per gli stranieri l'obbligo di iscrizione analoga a quella che esiste in Francia, risulta che non dobbiamo illuderci di far prevalere qui l'interpretazione che il trattamento nazionale in fatto di stabilimento limiti la facoltà di prendere verso gli stranieri le misure precauzionali di polizia stimate necessarie o che esso tolga il diritto di espellere gli individui ritenuti pericolosi, diritto che tutti i governi oggi esercitano senza contestazione. Mi sono adoperato e mi adopero ad attenuare con opportuna proroga e modalità di applicazione ciò che può riuscire soverchiamente molesto alla parte buona della colonia italiana; ma non posso esimermi dal far conoscere a V. E. che lo stato di irritazione che si rivela in questo affare, mi preoccupa assai, poichè esso è manifestamente l'effetto dell'atteggiamento che fu preso sul luogo; cosicchè di rimando alla mia domanda che si usi di spirito conciliativo, mi si può rispondere che non conveniva mettere in tal caso la questione sul terreno dell'assoluto diritto. Il mio rapporto del 21 agosto (2) metterà V. E. al corrente dello stato della questione.

• Trovai bensl nelle relazioni pervenute al R. Governo da Tunisi una tendenza che non vorrei qualificare troppo severamente, ma che mi fa temere che l'attuale reggentedell'uffizio consolare non abbia curato di seguire colà abbastanza attentamente la l~ea di condotta che, dopo gli accordi presi con la Francia è necessità logica di osservare. D<?PO che fu certa l'intenzione di tutti gli Stati Europei di assecondare la Francia nella !!Ua riforma includente l'abolizione completa delle capitolazioni a Tunisi, dopo che l'Austria Ungheria e l'Inghilterra ebbero preso in proposito formali impegni con il Gabinetto di Parigi,il Governo del Re ha stimato che il solo modo di guarentire ciò che vi poteva essere di veramimte sostanziale negli interessi italiani dopo la occupazione francese in Tunisia fosse quello al quale la Francia non si ricusava ed invece di mettersi in una situazione isolata che sarebbe riuscita ad inestricabili contrasti e conflitti d'ordine politico ed a sicuri danni ecopomici, ha preferito conchiudere le convenzioni alle quali però il Governo francese volle fosse assegnato la durata di un novennio. Nel loro complesso quelle convenzioni sono buone. Esse bastano certamente allo sviluppo normale della colonia italiana in Tunisia, la quale, ~ e giova ripeterlo benchè sia già stato osservato a più riprese -. si è fatta numericamente assai piùforte dopo che il protettorato della Francia si è esteso sulla Reggenza. Io penso, e lo scrissi più volte, che lo adoperarci a far sì che il sistema introdotto dalle Convenzioni ,abbia a sembrare alla Francia stessa abbastanza soddisfacente per desiderarne la continuazione anche dopo la scadeJlza del termine fissato per le medesime, dovrebbe essere la linea dirèttiva della condotta dei RR. Agenti in Tunisia. Non è possibile, e lo si comprende, di fronte alle esigenze individuali di coloni numerosi, imbevuti di idee diverse ed anche avvezzati a vivere in un paese dove esistevano le capitolazioni, evitare certi contrasti; ma l'opera dei RR. Agenti, quando in essi prevalga il concetto che ho qui sopra ricordato, ha un fecondo campo in cui esercitarsi adoperandosi ad attenuare le difficoltà, ad affrontarle, se occorre, ma sempre con l'animo intento a diminuire gli attriti e ad evitare che i rapporti della R. Agenzia éon la Residenza francese ne risultino inaspriti •.

(l) -R. 709, non pubblicato. (2) -R. 2233/811 di cui si pubblica il seguente brano:
51

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2468. Parigi, 29 agosto 1898, ore 18.

Pensiero di questo Ministro affari esteri si riassume in una lode incondizionata e senza riserva dell'idea generQsa ed umanitaria in nobilissime parole espressa nella circolare russa (1). Egli ritiene che l'idea sia assolutamente personale dell'imperatore di Russia, e crede che nessuno dei Governi del mondo intero rappresentato a Pietroburgo vorrà fare alla medesima accoglienza che non sia premurosamente favorevole. Fino ad ora la proposta non è stata esaminata in consiglio dei ministri, e però la risposta ufficiale della Francia non è stata ancora deliberata. Converrà idea dello Czar sia maturata, e lo svolgimento della opera preparatoria di una conferenza chiamata ad occuparsi di un tema così vasto, indicato ma non definito, non può essere cosa breve. La mia impressione è che la circolare imperiale non fu preceduta da particolare intesa con questo Governo, il quale se ne deve trovare assai disorientato, sopratutto in vista dell'imminente sviluppo del suo programma di armamento marittimo.

52

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2475. Vienna, 30 agosto 1898, ore 5,50 (per. ore, 18,50).

Conte Goluchowski ha fatto conoscere a questo incaricato d'affari di Russia, che venne ad interrogarlo, la sua prima impressione sulla circolare russa; egli disse a Budberg che il Governo austro-ungarico applaudiva alla generosa, nobile iniziativa dell'imperatore di Russia. Governo austro-ungarico non avrebbe certamente sollevato alcuna difficoltà alla riunione della conferenza. Esso si aspetta però che il Governo russo accompagni l'invito alla conferenza con una specie di programma contenente le basi della discussione. Budberg ha detto Czar aveva invocato pel successo della proposta anche il concorso del Papa.

53

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2477. Monsummano, 30 agosto 1898, ore 17,50 (per. ore 19,30).

Notizie circa confine Colonia contenute in telegramma da Aden alla Gazzetta del Popolo di Torino e dalla agenzia Havas in data del Cairo, mandate ai giornali francesi e svizzeri mi sembrano tali da produrre nel Negus il sospetto che questione confine si voglia risolvere da parte nostra anche senza contezza di

lui e senza amichevole accordo. Prego V. E. di considerare se non sia opportuno telegrafare, senza alcun ritardo, Ciccodicola che queste notizie, le quali giungeranno certamente ad Addis Abeba, non hanno fondamento, e che noi vogliamo in questa, come nelle altre questioni, procedere con tutta lealtà secondo nostre relazioni con impero Etiopia.

(l) Per indire una conferenza sulla pace e sul disanno. Per il testo della circolare. del 12 agosto, cfr. Die Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 1871-1914, XV, pp. 142-H3.

54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 2164. Roma, 31 agosto 1898, ore 16,45 (1).

Notizie da Aden e dal Cairo a giornali italiani e francesi contengono inesatte notizie e tendenziosi apprezzamenti circa trattative con Menelik per frontiera eritrea. Se Menelik ne terrà parola significativa, prego smentire aggiungendo che Governo in questa come in ogni altra questione intende procedere con tutta lealtà secondo amichevoli relazioni e impegni già presi con Etiopia.

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BOGOTA, CODAZZI

T. 2165. Roma, 31 agosto 1898, ore 18,50.

Codesto incaricato d'affari d'Inghilterra è stato autorizzato per telegrafo dal suo Governo assumere reggenza della nostra legazione. Prego confermargli tale nostro proposito con anticipati ringraziamenti. Per effettiva consegna mi riservo far pervenire ad entrambi opportune istruzioni.

56

L'AMBASCIATORE A PARIGI. TORNIELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, p. 85)

T. 2578. Parigi, 11 settembre 1898, ore 3,25.

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto che il Governo della repubblica aveva disposto invio di un battaglione a Candia * richiesto * dall'ammiraglio francese. Egli aveva (2) ricevuto le stesse mie informazioni, circa accordo stabilitosi fra gli ammiragli relativamente alle truppe turche. * Prima di me questo ministro affari esteri aveva ricevuto il mio collega inglese, il quale nulla sapeva della proposta degli ammiragli, nè della accoglienza fatta alla medesima. Secondo che mi riferisce l'ambasciatore inglese, parimenti il ministro ignorava il pensiero della Russia in proposito *. Il suo linguaggio (3) denotava molta perplessità; egli svolgeva le considerazioni che doveva (4) rendere caute le

potenze ad impegnare le loro scarse forze con quelle numericamente tanto superiori della Turchia e sembrava annettere speciale importanza al fatto che sull'animo del Sultano non esercita presentemente la sua morale influenza l'unanimità del concetto (l) di tutte le grandi potenze. In tale stato di cose il ministro riserva il suo definitivo giudizio circa proposte degli ammiragli, per il momento in cui gli sarebbero note (2) le disposizioni degli altri gabinetti, e ringraziavami di * avergli * intanto * fatto conoscere le nostre *... (3) delle quali prendeva nota.

(l) -n telegramma fu ti'asmesso tramite il consolato di Aden. (2) -In LV: • Dall'ammiraglio francese egli aveva...•. (3) -In LV: « Il linguaggio del ministro •· (4) -In LV: • dovevano •·
57

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, p. 85)

T. 2576. Pietroburgo, 11 settembre 1898, ore 6,27.

Conte Murawieff mi ha dichiarato che egli è d'accordo con Governo italiano nell'approvare pienamente proposte ammiragli per l'allontanamento deHe truppe turche lasciando ad essi la cura della esecuzione nel momento che giudicheranno più opportuno. Soggiunse inoltre che riteneva necessario che le quattro potenze si mettessero d'accordo per una nota identica alla Sublime Porta, circa l'impossibilità a continuare (4) senza grosso pericolo nella situazione attuale.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

(Ed. in LV 97, pp. 85-86)

T. 2274. Roma, 13 settembre 1898, ore 19,35.

Il R. Governo ha già dichiarato essere pronto ad approvare la proposta degli ammiragli per l'allontanamento delle truppe turche da Creta, e l'istruzione formale ne sarà telegrafata nostro ammiraglio tostochè consti dell'assenso degli altri tre governi. Intanto, però, per la mia esperienza personale delle cose cretesi, non posso dissimulare che la operazione, non difficile a Candia, donde oramai è uscita la popolazione cristiana, presenterà difficoltà seria a Canea, dove i musulmani, minacciati, vorranno trattenere quasi in ostaggio la popolazione cristiana, per sottrarsi alle conseguenze di un'azione militare. In tale stato di cose mi parrebbe cosa opportuna che i quattro gabinetti, prima di agire direttamente, facessero un ultimo passo decisivo presso la Sublime Porta, chiedendo formalmente che sia loro interamente affidata l'isola col ritiro delle autorità e delle

truppe turche, entro un certo termine, mentre esse, dal canto loro, assumereb

bero assoluta guerentigia, sia dell'alta sovranità del Sultano, sia dell'incolumità della popolazione musulmana nelle persone e negli averi. Il linguaggio degli ambasciatori dovrebbe essere tale da fare intendere alla Sublime Porta che quella è la sola via per cui si possa oramai giungere a conveniente soluzione della questione, mentre ogni altro ulteriore indugio può esporci a complicazioni sempre più gravi. La prego di presentare questa mia proposta a codesto Governo, cercando di attenerne, al più presto, una precisa risposta (1).

(l) -In LV: • concerto •· (2) -In LV qui aggiunto: "insieme alle nostre •. (3) -Gruppo mancante; in LV: • della fattagli comunicazione •. (4) -In LV: «di rimanere».
59

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 2285. Roma, 14 settembre 1898, ore 13,45.

Ho dichiarato a questo ministro di Colombia che rifiuto del suo Governo, contrario al diritto delle genti, implicherebbe cessazione immediata della sua missione. Prego informarne Foreign Office.

60

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, pp. 87-88)

T. 2627. Pietroburgo, 14 settembre 1898, ore 11.

Come telegrafai all'E. V. 1'11 (2), opportunità di una nota identica da presentarsi alJa Porta, già era sentita da questo Governo imperiale. Conte Lamsdorff, che surroga conte Mourawiew partito in licenza, approvò (3) pienamente, in massima, la proposta dell'E. V., pure riservandosi di parteciparla (4) all'imperatore, * tanto più che* (5) egli sarebbe di opinione che, anche l'Austria e la Germania fossero invitate ad unirsi alle altre quattro potenze per i passi da farsi a Costantinopoli. Egli riterrebbe opportuno che V. E., autore della proposta e grandemente competente delle cose cretesi (6), facesse invito a quei due gabinetti * ed agli altri tre, * ed è convinto che non potrebbero rifiutarsi ad una azione concordata, posto che, se, per ragioni speciali, si ritirarono dalle acque di Creta, dichiararono (7) di voler mantenersi nel concerto europeo; *ritiene che l'accordo deUe sei Potenze sarà assai più efficace *. (8) Si trattasse poi di atti coercitivi, questi naturalmente apparterrebbero soltanto alle quattro rimaste nell'isola. Lamsdorff mi disse che l'Inghilterra pareva decisa ad un'azione propria, se non si poteva concretarne una comune, il che renderebbe questa sempre più desiderabile. * Da ultimo, il mio interlocutore mi pareva dubitare sull'esito

della dimostraz~one diplomatica *. Dalle sue iParole dovrei concludere che riterrebbe come un grave passo fatto se gli ammiragli sotto la pressione del momento attuale trovassero modo di allontanare dalla isola tutte o gran parte delle truppe turche. Riassumendo, Governo Imperia•le approva (l) proposta, ma la vorrebbe estendere alle sei Potenze. Dubita dell'esito presso la Porta e desidera (2) che la nota arrLva:sse a Costantinopoli a fatto compiuto.

(l) -Il tel. fu comunicato anche a Costantinopoli. (2) -Cfr. n. 57. (3) -In LV: c approva •. (4) -In LV: • sottoporla •· (5) -In LV: c bensì •· (6) -In LV qui aggiunto: • ne •. (7) -In LV qui aggiunto: c però •. (8) -In LV qui aggiunto: « Se •.
61

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

(Ed in LV 97, pp. 88-89)

T. 2309. Roma, 15 settembre 1898, ore 23.

La situazione in Creta si è venuta talmente aggravando che un'azione militare potrebbe quando che sia imporsi come necessità assoluta alle quattro potenze a cui incombe presentemente la responsabilità di quanto accade nell'isola. Prima di affrontare così grave eventualità mi sembrerebbe opportuno di fare un ultimo tentativo presso la Porta per indurla a pacifica soluzione. Qui sotto riproduco telegramma che, a tale 1ntento ho spedito all'e R. ambasciate in Londra, Parigi e Pietroburgo. L'Austria Ungheria e la Germania pur richiamando le loro forze da Creta hanno dichiarato di non volersi disinteressare dalla questione. La loro cooperazione, puramente diplomatica avrebbe, nella presente circostanza non dubbia efficacia, solo lo atteggiamento concorde delle sei potenze, potendo probabilmente vincere la resistenza del Sultano e scongiurare complicazioni maggiori nelle quali l'Europa intera, e non solo le quattro potenze (3), potrebbe essere coinvolta. Non esito quindi a fare, per mezzo di V. E., un caldo e fidente appeno a ·codesto gabinetto a·ccioochè voglia autorizzare il suo ambasciatore ad associarsi ai suoi colleghi per un passo decisivo da farsi verso la * Sublime * Porta. Rimane bene inteso che, non riuscendo questo passo, spetterebbe alle sole quattro potenze di procedere a quella ulteriore azione che si chiarisse per tal modo indispensabile. * Ecco il testo del mio telegramma ai tre colleghi di lei: «Il R. Governo ha già dichiarato... ». V. Telegramma N. 2274 a Parigi, Londra e Pietroburgo * (4).

62

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

D. 44156/234. Roma, 15 settembre 1898.

Il nefando attentato di cui fu vittima l'imperatrice d'Austria-Ungheria ha richiamato, con dolorosa evidenza, l'attenzione del mondo civile sopra la situazione minacciosa che si viene sempre più aggravando in !svizzera. Gli ordina

menti legislativi del paese, e forse più ancora le consuetudini amministrative che sono ivi in vigore, hanno colà consentito e consentono, ai peggiori malfattori d'ogni nazione di riunirsi, di contarsi, di eccitarsi vicendevolmente a commettere i più abominevoli misfatti. Pubbliche riunioni si tengono nelle quali è glorificato il delitto, ed una stampa perversa ha cura di diffondere simili manifestazioni; è insomma una vera e propria propaganda, tollerata dalle autorità locali, mercè la quale si è venuto formando, segnatamente nei cantoni contigui alla Francia ed all'Italia, un ambiente propizio ad ogni più criminosa impresa.

Per l'Italia il pericolo è particolarmente grave sia perchè la vicinanza del Canton Ticino (dove è più intensa la attività anarchica), la comunanza della lingua ed i quotidiani rapporti d'ogni maniera escludono la possibilità di uno schermo efficace, sia anche perchè la velenosa propaganda trova più facile terreno fra le turbe ignoranti di operai italiani che emigrano oltre frontiera in cerca di più proficuo lavoro.

Già più di una volta abbiamo interposto amichevoli offici presso il consiglio federale acciocchè si rendesse conscio della propria responsabilità e cercasse gli opportuni rimedii. Il tragico avvenimento di Ginevra ci consiglia ora a rinnovare le nostre esortazioni con più stringente insistenza. Però, prima di accingerci a nuovi passi, desideriamo esporre le nostre preoccupazioni alle maggiori potenze di Europa per conoscere se, come hanno comune con noL la cura della quiete ed incolumità sociale, esse siano pur disposte ad unire alla nostra la loro voce per le opportune avvertenze e raccomandazioni da rivolgersi in termini cordiali, ma ben fermi, al Governo federale.

Mi sarà gradito un sollecito cenno di risposta.

(l) -In LV qui aggiunto: • la nostra •. (2) -In LV: c mi sembra però dubitare dell'esito d'un'azione diplomatica presso la Porta, e desidererebbe forse •. (3) -In LV: c e non le sole quattro potenze •. (4) -Cfr. n. 58. E cfr. anche Die Grosse Po!itik ecc., XII, parte II, pp. 502-503.
63

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 208/92. Monaco, 16 settembre 1898.

Ieri il barone di Crailsheim mi disse nel modo più confidenziale che la

S. Sede invitata dalla Russia al Congresso Internazionale pel Disarmo intendeva di sollevare la questione Romana, la cui soluzione a detta del Nunzio gioverebbe a dare all'Italia il partito conservatore vero di cui ha difetto.

Commentando quasi scherzando queste notizie con il Ministro degli affari esteri, ebbi a dirgli che se dinanzi all'eventuale non poteva esistere, come S. E. asseriva, per la Germania questione Alsaziana, non altrimenti avrebbe ammessa l'Italia una questione di Roma, la soluzione della stessa era da lungo tempo avvenuta e spettava alla S. Sede il conformarvisi anzichè fare una politica ostile quale l'odierna.

Dell'intento della S. Sede nel dubbio che non sia ancora noto all'E. V. credo mio dovere confidenzialmente informare il R. Governo per il caso che si dovesse realmente tenere il Congresso della pace universale.

64

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 2576/932. Parigi, 17 settembre 1898.

Dopo che ebbi l'onore di indirizzare a V. E. il mio rapporto delli 21 agosto

n. 2233/811 (l) relativo alla applicazione della legge tunisina che rende obbligatoria l'immatricolazione degli stranieri stabiliti nella Reggenza, lo scambio di comunicazioni telegrafiche seguito fra codesto R. Ministero e questa Ambasciata bastò per mettere in chiaro le cose in guisa che un accomodamento soddisfacente ha potuto aver luogo fra la R. Agenzia e Consolato generale in Tunisi e la Residenza francese colà stabilita. Non avrei pertanto motivo d( ritornare sovra un soggetto ormai esaurito se nel corso delle pratiche che feci qui non avessi dovuto, in conformità delle istruzioni ministeriali, occuparmi anche di taluni casi di espulsione di cittadini nostri ordinati dalle autorità di Tunisi. Il sistema risultante dalle Convenzioni del settembre 1896 non esclude per certo il diritto di espellere gli Italiani dalla Reggenza per motivi di sicurezza pubblica. Ma esso sembra, a mio avviso, temperato dal diritto nostro di chiedere la ragione per la quale tale provvedimento è adottato. Senza porre innanzi la questione di massima, mi limitai a parlare al signor Delcassé delle espulsioni segnalatemi da V. E. Egli nulla ne sapeva, ma con perfetta cortesia mi disse che ne chiederebbe pronta informazione. Infatti recentemente egli ritornò sovra questo soggetto spontaneamente e mi disse che le notizie che gli erano pervenute dimostravano che le persone che erano state allontanate dal territorio tunisino avevano i più tristi precedenti penali e che la politica era completamente estranea alla misura che le avea colpite. Siccome io non ebbi particolareggiate notizie dei singoli casi, così non mi trovai in grado di apprezzare da me l'esattezza di quelle informazioni. Resta però stabilito, almeno in questa circostanza, che non fu opposta alcuna preliminare abbiezione alla nostra domanda di informazioni sul motivo delle espulsioni.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO COMANDANTE LA SQUADRA IN CRETA, BETTOLO

T. 2348. Roma, 18 settembre 1898, ore 12,15 (2).

Ricevuto telegramma (3) ammiragli di ieri. Penetrato urgente necessità allontanamento autorità, truppe turche mi era già rivolto grandi potenze per indurle azione concorde, pronta, energica a Costantinopoli. Inghilterra è pronta unirsi quest'azione; Germania senza scostarsi riserva, si asterrà da qualunque atto, che dal Sultano potesse venire interpretato come incoraggiamento a resistere alle domande eventuali delle altre potenze nel senso mia proposta. Le comunico quanto precede per sua confidenziale informazione. Pur apprezzando

sua opinione circa eventuale ritiro dell'Italia, debbo farle considerare inopportunità di separarci dall'Inghilterra lasciando libero il campo all'azione della Russia e Francia in questa questione mediterranea per noi di così vitale importanza. Ad ogni modo, ella comprende che il ritirarsi in questo momento di pericolo è impossibile.

(l) -Non pubblicato, ma cfr. nota 2 al n. 50. (2) -Così il testo. Ma vi è, forse, un errore nel giorno o nell'ora (ore 0,15 del 19?), come si deduce dal telegramma di Bettola citato nel testo e dal successivo telegramma_ di risposta del Bettola stesso, n. 2683, del 19 settembre, ore 5,35, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 68.
66

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97. p. 90)

T. 2678. Berlino, 18 settembre 1898, ore 18.

Signor Derenthall è poco fa venuto personalmente a notificarmi risposta avuta da Biilow, che ieri ne conferi a Vienna coll'imperatore, alla domanda da noi fatta di * volere * autorizzare ambasciatore di Germania a Costantinopoli ad associarsi ai passi dei colleghi presso la Sublime Porta per ottenere ritiro autorità truppe turche da Creta. La risposta è negativa (l); Governo imperiale non può discostarsi riserva impostasi, ma si asterrà da qualunque atto che possa venire interpretato dal Sultano come un incoraggiamento a resistere alle domande che eventualmente gli venissero fatte dalle potenze nel senso della proposta di V. E.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

(Ed. in LV 97, p. 91)

T. 2347. Roma, 19 settembre 1898, ore 12.

Prego ringraziare Salisbury della fattale. comunicazione (2). Circa osservazione Salisbury per guarentigia beni dei musulmani può dichiarare che mio pensiero è conforme al suo poichè solo dopo che isola sarà interamente affidata alle quattro potenze si potrà assicurare protezione dei beni effettivamente rimasti ai musulmani. Intanto se Salisbury avesse qualche altra proposta per risolvere presenti difficoltà del'la situazione, la pregherei di comunicarmela * confidenzialmente, * Governo del re desiderando vivamente mantenersi d'accordo con quello della regina.

68

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

(Ed. in LV 97. p. 91)

T. 2349. Roma, 19 settembre 1898, ore 12,20.

Ammiraglio Bettola telegrafa in data di jeri (3): «Ammiragli, riferendosi loro ultimi telegrammi e vedendo sempre più imminente pericolo conflitto fra cristiani e truppe internazionali, sentono dovere esprimere loro opinione che le conseguenze morali di tale conflitto sarebbero ben più disastrose di quelle che

deriverebbero dal ritiro delle truppe internazionali. Se con ciò gli ammiragli non intendono proporre ritiro truppe, credono tuttavia segnalare suprema necessità di disposizioni che salvaguardino loro prestigio e quello delle potenze che rappresentano (l)».

Considerata situazione estremamente grave e pericolosa dell'isola prego

V. E. insistere vivamente affinchè codesto Governo si risolva senza indugio aderire proposta contenuta nel mio telegramma 13 corrente (2). * Solamente * azione concorde pronta energica grandi potenze potrà indurre sultano allontanamento autorità truppe turche da Creta condizione indispensabile per scongiurare eventualità conflitti e per stabilire ordine di cose che permetta addivenire assetto definitivo isola. Governo inglese è pronto unirsi all'azione da esercitarsi a Costantinopoli; Governo germanico, senza scostarsi riserva, si asterrà da qualunque atto che dal sultano potesse venire interpretato come incoraggiamento a resistere alJe domande eventuali delle altre potenze nel senso della mia proposta (3).

(l) -In LV: • La risposta non è affermativa •· (2) -Cfr. tel. da Londra n. 2672, del 18 settembre, ore 13,35, non pubblicato: adesione del Go>·erno inglese alle proposte italiane per un passo collettivo presso la Sublime Porta. (3) -Tel. n. 2675, del 18 settembre, ore 11,05.
69

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97. p. 92)

T. 2691. Parigi, 19 settembre 1898, ore 23,04.

Non meno di V. E. questo ministro degli affari esteri impensierito per le ultime informazioni trasmesse dagli ammiragli ed egli pure crede che bisogna ( 4) trovare il modo di risolvere le difficoltà cretesi. La riserva della Germania, ancorchè accompagnata dalla dichiarazione di cui parla il telegramma di V. E. (5), mantiene visibilmente in lui il dubbio circa l'esito dell'azione delle sole quattro potenze a Costantinopoli; prima di rispondere in modo definitivo in ordine a

* tale * azione immediata, alla quale in massima, è disposto, egli deve sentire il consiglio dei ministri, di cui aspettava la convocazione per domani. Ho procurato di fargli ben intendere che l'esasperazione dei cristiani cretesi nascendo dalla inazione delle potenze quando questa venga comunque a cessare la situazione nell'isola si modificherà; ma egli ripetevami che, dell'azione che si impegnerebbe a Costantinopoli, converrebbe di essere in grado di prevedere l'effetto e di misurare le conseguenze.

70

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2906/24. Addis Abeba, 19 settembre 1898 (6).

Mi si fa chiedere con molto riserbo, se Governo sarebbe disposto a trattare con Menelich circa cessione di Raheita, in cambio di un miglior accomodamento

riguardo nostra frontiera, sapendo che questo è stato suggerito da Wlasoff a Menelich, certo nello interesse della Russia.

Mia lettera n. 16 (l) ne fa cenno. Ho fatto mostra non dare importanza alla domanda, ma ho voluto soltanto conoscere se era intenzione Menelich cedere in seguito Raheita alla Russia. Mi si rispose che Menelich si obbligherebbe non dare quella località ad altra potenza, conservando a noi il diritto di riaverla, quando Etiopia non potrà o vorrà tenerla. Per mostrare mia completa indifferenza su tale proposta, ho risposto che, quanto mi si chiedeva, non era abbastanza concreto, ignorandosi su quale base Menelich intendeva trattare, quale cambio egli proponeva, per cui mi riusciva, per ora, difficile farne parola al mio Governo, trattandosi di una proposta così poco concreta. La questione è rimasta sospesa; ma dubito Menelich vorrà ritornarvi, per cui prego V. E. farmi conoscere quale dovrà essere la mia condotta a tale riguardo.

(l) -Il telegramma così proseguiva: c In questo ordine d'idee permettomi aggiungere mia personale opinione che, quando soluzione incontrasse difficoltà che la inceppassero, l'Italia avrebbe ora occasione ritirarsi nelle condizioni che stimo le più favorevoli •· (2) -Cfr. n. 58. (3) -Il telegramma fu comunicato, in pari data, anche a Londra, Berlino e Costantinopoli col n. 2350. (4) -In LV qui aggiunto: c affrettarsi a •· (5) -Cfr. n. 68. (6) -Il telegramma venne trasmesso da Aden il 7 ottobre.
71

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

(Ed. in LV 97, pp. 92-93)

T. 2365. Roma, 20 settembre 1898, ore 17.

La Germania e l'Austria hanno dichiarato che non intendono prendere parte ad un passo collettivo pr,esso la Porta relativamente alla questione cretese; assicurano però, che nulla faranno in opposizione alla azione delle altre quattro potenze. La situazione in Creta essendosi ancora aggravata, gli ammiragli insistono per immediata soluzione e qualora tale soluzione non possa attuarsi, non esitano a consigliare di ritirare le truppe internazionali. Io ritengo che, malgrado l'astensione della Germania e dell'Austria, sia opportuno, anzi indispensabile che le quattro potenze facciano al più presto dichiarare alla Sublime Porta che pel giorno 5 ottobre prossimo le autorità e truppe turche debbono cominciare a ritirarsi da Creta e l'isola deve essere affidata interamente alle quattro potenze, le quali garantirebbero l'alta sovranità del Sultano e stabilirebbero in Creta un ordine di cose conforme alle promesse fatte e che assicuri la vita e gli interessi dei cretesi tanto musulman:i che cristiani. In pari tempo dovrebbe farsi ben comprendere alla Porta che ove essa non si conformasse a questa ragionevole domanda che rende possibile l'unico modo di assicurare la pacificaz:i.one dell'isola già troppo lungamente ritardata, le quattro potenze avviserebbero ai mezzi di uscire dalle difficoltà prendendo quei provvedimenti che saranno imposti dalla circostanza. Mi rendo conto di tutta la gravità di tali eventual1i provvedimenti. Qualunque essa possa essere, ritengo però che l'affrontarla risolutamente coll'amichevole intesa delle quattro potenze offra minore pericolo che non il lasciare perdurare ed aggravare le attuali condizioni di Creta.

Sarei grato se V. E. mi potesse dare una sollecita l'i.sposta su questi argomenti da parte del Governo presso cui è accreditata.

(l) Non rinvenuta.

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 2367. Roma, 20 settembre 1898, ore 17,10.

Mi riferisco al telegramma di V. E. di ieri (1). Prego dichiarare Goluchowski che il Governo del re divide il pensiero dei due imperatori circa opportunità di una intesa tra le potenze diretta a fissare le misure da prendersi in comune contro gli anarchici. Il Governo del re non sarebbe alieno dal farsi iniziatore di una conferenza internazionale a tale scopo, ma prima di decidere in modo definitivo gli conviene attendere le risposte delle altre grandi potenze cui fu inviata circolare 15 settembre (2). Desidererei intanto sapere quali, secondo il pensiero del Conte, sarebbero gli Stati a cui nell'eventualità di riunire la conferenza, converrebbe rivolgere l'invito.

73

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2697. Londra, 20 settembre 1898, ore 16,45.

Telegramma incaricato d'affari britannico Bogotà annunzia avere presidente firmato un decreto col quale articolo l dichiaransi interrotte le relazioni coll'Italia; la legazione a Roma ritirata. Nessun agente diplomatico italiano ammesso a Bogotà e tolti ai consoli italiani gli exequatur; art. 2 -accordasi agli italiani residenti in Colombia, o che potrebbero recarvisi, la protezione che le leggi del paese consentono. Incaricato d'affari britannico ha dato istruzioni agli agenti consolari britannici di prendere, se a ciò richiesti, in deposito archivi consolari italiani.

74

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2702. Berlino, 20 settembre 1898, ore 23,50.

Risulta questo gabinetto che Sultano e sommo Pontefice hanno fatto risposta ufficiale a circolare russa relativa disarmo, esprimendo entrambi desiderio di conoscere programma. Gabinetto di Pietroburgo ha fatto, in via indiretta, indagare se gabinetto di Berlino non intendeva dare una risposta più categorica e ufficiale di quella generica già trasmessa. In seguito a ciò l'imp·eratore ha ordinato che quella risposta sia data, ma sempre solo con frasi generiche di adesione e senza entrare in particolari e fu dato incarico a principe Radolin redigerla come meglio credeva, !asciandogli eziando facoltà presentarla a viva voce o in iscritto. Appena che ne conoscerò testo lo comunicherò. N o n ho bisogno di aggiungere che qui non si crede punto a risultati pratici dell'iniziativa presa dallo Czar nè si prende molto sul serio la cosa.

(l) -Tel. n. 2686, del 19 settembre, ore 5,30, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 52.
75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 2381. Roma, 21 settembre 1898, ore 22,45.

Ammiraglio Bettola telegrafa quanto segue in data odierna (l): «Ammiraglio inglese, affermando che avvenimenti Candia offrono occasione opportuna per agire nel senso di risolvere definitivamente questione, propone al consiglio ammiragli immediato disarmo musulmani in tutta l'isola, ponendoli sotto la protezione forze internazionali. Egli crede che tale misura farà sì che i cristiani deporranno armi e che truppe turche saranno ritirate, non essendo loro presenza giustificata per protezione correligionari. Ammiragli ravvisando gravità tali proposte, che sono difformi dalla loro precedente decisione, comunicata a V. E. con telegramma 9 settembre (2), con cui richiedevasi anzitutto pronta partenza truppe autorità turche, manifestano all'ammiraglio inglese desiderio che grave questione sia discussa lui presente (3) ».

Dopo assicurazione data da lord Salisbury con cui aderì azione comune quattro grandi potenze a Costantinopoli (4), non so spiegarmi proposta ammiraglio inglese. Prego chiedere spiegazioni d'urgenza facendo rilevare come, allo stato in cui sono i negoziati per azione a Costantinopoli, converrebbe siano impartite istruzioni ammiraglio inglese perchè receda dalla sua proposta di disarmo, che non mi sembra realizzabile. Il disarmo dei musulmani di Candia ha potuto riuscire, perchè in città non vi erano se non soldati turchi e cretesi musulmani, minacciati dalle forze inglesi di terra e di mare. Ma tale operazione non riuscirebbe nè a Rettimo nè a Canea, se non dopo partenza truppe turche; anzi sarebbero a temersi colà ripetizioni dei fatti di Candia, che parrebbero essere stati provocati dalle autorità internazionali, mercè il tentativo di un disarmo in non favorevoli condizioni di attuabilità.

76

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, pp. 94-95)

T. 2717. Parigi, 21 settembre 1898, ore 5,15.

Governo francese che, dal canto suo, era pronto, fin da quanto gli fu fatta prima proposta di V. E. * relativa * all'azione collettiva a Costantinopoli, ad associarsi alla medesima, avrebbe preferito che tale azione si esercitasse dalle sei, invece che (5) dalle quattro potenze. Egli si trovò, a tale riguardo, in comunione d'idee col gabinetto di Pietroburgo, ma, essendosi accertata la persistenza della Germania (6) a mantenersi in disparte, egli prenderà parte (7) volentieri all'azione a quattro e darà al suo ambasciatore a Costantinopoli istru

zioni di concertarsi cogli altri tre suoi colleghi circa comunicazioni da farsi al sultano. Nell'ipotesi di un rifiuto da parte della Turchia, Governo francese si intenderà volentieri con gli altri tre Governi sul seguito da darsi a questa azione collettiva, ed aspetterà le nuove proposte che V. E. fosse (l) nel caso di fargli pervenire.

(l) -Tel. n. 2709, del 21 settembre, ore 14. (2) -Tel. n. 2563, del 9 settembre, ore 17,50, pervenuto alle ore 21,10, non pubblicato. (3) -n telegramma cosi proseguiva: • Pregherei V. E. delinearmi indirizzo cui conformarmi quando ammiraglio inglese persistesse sua proposta, dissentendo colleghi •. (4) -Cfr. nota 2 a pag. 41. (5) -In LV: c anzichè •· (6) -In LV qui aggiunto: • e dell'Austria-Ungheria •· (7) -In LV: • questo governo si associerà •·
77

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97. p. 95)

T. 2732. Londra, 22 settembre 1898, ore 6,45.

Salisbury mi informa che il Governo della regina accetta integralmente la proposta di V. E. circa Creta, quale è stata da lei formulata col suo telegramma (2) di ieri l'altro.

78

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 3631/950. Parigi, 22 settembre 1898.

Il giorno 15 corrente ho ricevuto il telegramma (3) con il quale V. E. mi

preannunciava i'invio del suo dispaccio (4) relatLvo ad una azione amichevole dei

vari Governi presso la Svizzera in vista dei pericoli nascenti daUa propaganda

anarchica. EUa aggiungeva, in quello stesso telegramma, che qualora il Ministro

degli affari esteri di Francia stimasse conveniente che fra i vari Governi s'ab

biano a prendere degli accordi circa provvedimenti di più diretta efficacia con

tro siffatta propaganda, io mi dovea ritenere autorizzato a dichiarare che da

parte nostra noi saremmo disposti a parteciparvi.

Due erano pertanto le questioni che venivano poste dal telegramma preci

tato: concerneva la prima le pratiche da farsi presso il Governo federale elvetico

per esortarlo a provvedere sul suo territorio; la seconda invece conteneva la

anticipata nostra adesione alla proposta di concertati provvedimenti che i vari

Governi stimassero opportuno di adottare per la difesa della Società contro

l'anarchia.

Il dispaccio preannunciatomi il dì 15 mi pervenne il 18 di questo mese e

lunedì 19 mi procurai con questo Ministro degli affari esteri Uf! colloquio durante

il quale gli ho esposto anzitutto le cose contenute nel dispaccio medesimo. Indi,

facendo ben notare la differenza che esisteva fra le due questioni, parlai della

convenienza da noi ammessa in massima che fra i vari Governi s'abbiano a

concertare dei provvedimenti tutelari contro l'anarchia.

Il Signor Delcassé che mi avea ascoltato con molta attenzione, dimostrò

nella sua risposta di avere perfettamente compreso le due questioni da me

postegli innanzi. Egli non era però preparato ad esaminarle subito in merito.

Esse doveano essere considerate sotto i vari loro aspetti e richiedevano seria riflessione. Si trattava inoltre di un soggetto sovra il quale la risposta del governo francese non potrebbe essere data senza che prima il Consiglio dei Ministri abbia deliberato in proposito. In conclusione questo Signor Ministro si riservava di rispondere alla mia comunicazione in un prossimo giorno. Questa prima risposta ufficiale non c'impedì di conversare alquanto sovra le facilità che offrono le consuetudini, forse più ancora che la legislazione dei Cantoni elvetici, per le riunioni e le cospirazioni dei sovvertitori dell'ordine che vi convengono da ogni paese. La Francia ben lo sapeva poichè era costretta a vigilare per il proprio interesse nelle parti della Svizzera più vicine ed in più facile comunicazione col suo territorio. Ma il Signor Delcassé soggiungeva che non meno pericolosa era per l'ordine pubblico della Francia l'agglomerazione che degli stessi elementi si faceva impunemente a Londra, sicchè quando dal Belgio o dalla Svizzera si operavano delle espulsioni di soggetti pericolosi, questi si ritiravano a Londra, dove non cessavano di essere ugualmente temibili. Le pratiche amichevoli dei vari Governi fatte a Berna sortirebbero probabilmente l'effetto di una più estesa ed immediata applicazione di quelle leggi che permettono anche alla Svizzera l'allontanamento delle persone di estera nazionalità ritenute pericolose. Da ciò la Francia ricaverebbe però assai mediocre vantaggio poichè gli espulsi dalla Svizzera, respinti da tutti gli altri Stati del continente, riparerebbero in Inghilterra. Condottavi poi da naturale associazione di idee, il Ministro proseguiva osservando che ben diversa sarebbe l'efficacia delle pratiche da farsi a Berna se il Gabinetto di Londra ne riconoscesse egli stesso la convenienza e la opportunità e vi si associasse. Si potrebbe allora sperare che egli sentirebbe la

necessità di mettere un freno in casa propria alla propaganda ed alla cospirazione dei peggiori agitatori che vi trovano non disturbato asilo.

Anche sovra la seconda delle questioni ·comprese nella mia comunicazione e nella risposta del Ministro, la conversazione si aggirò alquanto. Il bisogno di una comur:e difesa avea introdotto, osservava il Signor Delcassé, degli scambi vicendevoli di comunicazioni relative alle mene degli anarchici. Ne facevano prova le com1micazioni che avevamo ancora recentemente scambiato insieme. Certamente non si riusciva sempre ad avere informazioni sicure e preventive; si metteva però da tutti la migliore buona volontà a far conoscere le indicazioni che si aveano, acciocchè ognuno potesse valersene per tutelarsi.

Ieri ebbi un secondo colloquio con questo Signor Ministro degli affari esteri sovra le due questioni postegli nella conversazione del dì 19. Un Consiglio dei Ministri avea avuto luogo il giorno 20. Il Signor Delcassé era in grado di dirmi che egli era disposto ad associarsi all'azione amichevole verso il Governo federale elvetico per indurlo a prendere le misure occorrenti per frenare la propaganda anarchica che gli stranieri fanno sul suo territorio. Egli desiderava però accertarsi ere a tale azione diplomatica concorrerebbero almeno tutte le grandi Potenze e dovea rimanere ben inteso che la medesima conserverebbe il carattere anzidetto e che sarebbe esercitata in guisa da non urtare il sentimento del popolo elvetico facile ad adombrarsi quando si figura che i Governi esteri vogliono violentarlo nelle cose che toccano alle sue libertà interne. L'Ambasciata di Francia a BerM riceverebbe pertantG delle istruzioni per agire sotto queste due riserve.

Era dispiacente il Ministro che, a causa di una quantità di questioni che non ammettevano dilazione, delle quali il Consiglio si era dovuto occupare il dì innanzi, quella relativa ad accordi internazionali per frenare la propaganda anarchica avea potuto essere soltanto presentata, ma non discussa, nel Consiglio stesso. Sovra di essa egli non era dunque in grado di darmi ancora una risposta. Mi limitai a replicare che le istruzioni che io teneva da V. E. segnalavano la urgenza di prendere in proposito tutti gli opportuni concerti ed ho espresso perciò il desiderio che, anche sovra questa parte delle comunicazioni da me fatte per incarico del mio Governo, la risposta della Francia non avesse a troppo ritardare.

Ho segnalato la sostanza delle cose che venni fin qui esponendo con i miei telegrammi delli 19 e 21 ·corrente (1). Seppi che, simultaneamente aHe comunicazioni mie, questo Governo ha ricevuto dalla Germania un invito a partecipare ad un accordo internazionale relativo alle mene anarchiche. Il Signor Delcassé non me ne disse parola alcuna. Ma forse la simultaneità della nostra comunicazione con quella del Governo imperiale tedesco può aver influito sulle deliberazioni dei Ministri francesi e consigliato un indugio che servirà probabilmente per eseguire indagini circa le disposizioni di altri gabinetti.

(l) -In LV qui aggiunto: c a tal riguardo •· (2) -Cfr. n. 71. (3) -Tel. n. 2306, del 15 settembre, ore 20, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 62.
79

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2397. Roma, 23 settembre 1898, ore 15,40.

Mi riferisco dispaccio 15 settembre n. 195 (2). Prego V. E. sopprimere nel testo della nostra risposta alla proposta di codesto Governo di una conferenza pel disarmo i seguenti due passaggi. Nella 4. alinea sopprima queste parole: « au sujet de laquelle un dissentiment inconciliable ne saurait se produire » e scriva come segue: «à coté de la question des armements on peut en immaginer d'autres envers lesquelles ». Nel 5. alinea sopprimere queste altre parole: «ce n'est plus seulement sous une première impression, ·c'est après nous ètre formée une conviction bien arrètée que » e sostituisca le seguenti: « Je viens en conséquence, aujourd'hui prier V. E. ecc. ». Dopo aver eseguito questi mutamenti V. E. può dar copia a codesto governo della risposta.

80

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

(Ed. in LV 97, pp. 95-96)

T. 2398. Roma, 23 settembre 1898, ore 16.

I Governi di Francia, di Inghilterra e di Russia hanno oramai formalmente dichiarato di accettare la proposta da me fatta per il passo * definitivo * e collettivo presso la Sublime Porta nel senso dei telegrammi che ho diretto alla

n. -2718, del 21 settembre, ore 17,30, non pubblicati. E. -V. il 13 {l) e il 20 (2) corrente. Lo scambio di idee avvenuto fra i quattro gabinetti ha ormai constatato il perfetto accordo dei medesimi. Altro non resta, pertanto, se non che i quattro Governi impartiscano ai rispettivi ambasciatori categorica istruzione di prendere * di concerto * gli opportuni accordi per mettersi in grado di presentare al più presto possibile al Governo ottomano, la nota collettiva prevista dalla mia proposta alle potenze invitandolo a dare una risposta in quel breve numero di giorni che riterranu.o opportuno gli ambasciatori.

Prego l'E. V. di fare in questo senso vive premure a codesto Governo aggiungendo che, per parte nostra, mandiamo senza ritardo le istruzioni di cui si tratta al comm. Pansa.

(l) -Tell. n. 2690, del 19 settembre, ore 11,45; n. 2716, del 21 settembre. ore 5,15 e (2) -Non pubblicato.
81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 2414. Roma, 24 settembre 1898, ore 13.

Questo incarica~o d'affari di Russia è venuto a. dirmi che dal suo Governo furono impartite istruzioni ambasciatore a Costantinopoli per concordata azione collettiva verso Sublime Porta. Governo russo mi ha poi dichiarato che c: en cas de solution violente de la crise actuelle, il ne serait plus guère possible de maintenir dans son integrité le principe de la souveraineté. de la Turquie sur l'ile de Crète ». Prego informare di ciò lord Salisbury facendogli rilevare che tale dichiarazione è anche conforme il mio pensiero ma che desidero conoscere le sue idee in proposito, prima di prendere su questo argomento una decisione da parte dell'Italia. Parmi che se questa minaccia fosse unita all'attuale ultimatum degli ambasciatori potrebbe influire favorevolmente alla nostra domanda sulle decisioni del sultano.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Ed. in LV 97, p. 99)

T. 2456. Roma, 27 settembre 1898, ore 22,30.

Ringrazio V. E. del suo telegramma del 26 (3). Io ritenevo che le i;struzioni ricevute da quattro ambasciatori fossero conformi e quindi si potesse subito presentare nota collettiva senza maggiore dilazione onde principio sgombro potesse effettuarsi giorno cinque ottobre come altri Governi mi avevano dichiarato di accettare. Ora mentre approvo il tenore della nota collettiva, fin d'ora avverto che, a mio avviso, il termine da concedersi alla Porta per iniziare lo sgombro non dovrebbe superare quello da 5 a 10 giorni dalla data della nota e il termi:ne per ·compiere lo sgombro non dovrebbe essere superiore a quello di 20 a 30 giorni sempre a partire dalla stessa data.

Per quanto riguarda la riserva espressa nell'ultima parte della nota collettiva circa le decisioni che le potenze intendono adottare in caso di rifiuto per parte de:1la Porta, io autorizzo l'E. V. ad accettarla, quando gli altri (l) suoi colleghi abbiano ricevuto dai rispettivi Governi analoga autorizzazione.

(l) -Cfr. n. 58. (2) -Cfr. n. 71. (3) -Tel. n. 2785, del 26 settembre, ore 10,15, non pubblicato.
83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A BERLINO, LANZA, A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 45940/251 (2). Roma, 28 settembre 1898.

Con dispaccio del 15 c·orrente (3) cui 1si riferiva il mio telegramma di pari data (4), io pregava la E. V. di presentire se codesto Governo sarebbe stato disposto a prendere eventualmente parte ad una intesa fra le grandi potenze per far giungere di comune accordo al Governo elvetico amichevoli osservazioni allo scopo dj eliminare quei pericoli cui può dar luogo la troppa tolleranza che la propaganda anarchica trova sul territorio della Confederazione (5).

Come la E. V. ebbe occasione di informarmene con telegramma del... (6) la mia domanda fu da Lei comunicata a codesto Governo, e successivamente fui messo in grado di constatare che in massima si erano dichiarati pronti ad aderirvi l'Austria Ungheria, la Francia, la Germania e la Russia; l'Inghilterra non ha ancora fatto conoscere il suo modo di vedere in proposito.

In questo frattempo, però (nè forse a ciò furono totalmente estranee le amichevoli, ma vive premure del R. Governo), il Consiglio Federale ed il Governo Elvetico hanno dimostrato di meglio apprezzare la responsabilità cui si espone la eccessiva tolleranza cui sopra accennavo, e hanno adottate decisioni e provvedimenti che sembrano, in parte almeno, prevenire i consigli che le Potenze si accingevano a far colà pervenire.

Così stando le cose, la necessità di una azione presso la Svizzera perde alquanto di quel carattere di urgenza che in passato andava sempre più assumendo e d'altra parte di fronte alla buona volontà che sembra manifestarsi in quelle decisioni ed in quei provvedimenti, meno opportuna sembrerebbe in questo moUJ.ento e forse avrebbe effetti differenti da quelli che le potenze si ripromettono, il dar esecuzione alla divisata loro azione.

Aggiungo poi che in seguito ad altro scambio di idee avvenuto più recentemente coi Gabinetti amici, il Governo del re è venuto nella determinazione di prendere l'iniziativa della riunione di una conferenza internazionale cui saranno

n. -2686. del 19 settembre, ore 5,30, non pubblicati. Circa la risposta del Governo francese, cfr. n. 78.

convocate le potenze europee, e che avrà per obbiettivo di concertare e di con

cretare un sistema di comune difesa contro le mene degli anarchici e la propa

ganda delle loro teorie.

Se, come è ragionevole sperare, la Svizzera vorrà aderire alla conferenza

stessa, si avrà allora occasione di trattare direttamente con essa purchè all'effi

cacia degli accordi internazionali che verranno adottati, anche la confederazione

presti volenteroso e adeguato concorso per parte sua.

E affinchè la E. V. sia fin da ora esattamente informata della natura e della

importanza dell'iniziativa che il R. Governo sta per assumere, mi pregio di tra

smetterle qui compiegato per semplice sua notizia personale, il testo del dispac

do (l) che fra breve verrà diramato ai RR. rappresentanti diplomatici in Europa,

con istruzione di presentare ai Governi presso i quali essi sono rispettivamente

accreditati, la formale nostra proposta di aderire alla progettata conferenza inter

nazionale.

(l) -In LV qui aggiunto: c tre •· (2) -Questo è il numero di protocollo con cui il dispaccio fu inviato a Londra. Alle altre capitali il dispaccio fu inviato con i seguenti numeri nell'ordine: 45941/917; 45942/201; 45943/373; 45944/656. (3) -Cfr. n. 62. (4) -Cfr. nota 3 a pag. 50. (5) -Il progetto di far pressioni sulla Svizzera da parte delle potenze era stato suggerito a Canevaro da Pelloux, con lettera riservatissima e personale n. 210 dell'H settembre, non pubblicata. (6) -Da Parigi con telegrammi del 19 e 21 settembre (Cfr. nota l a pag. 48), da Pietroburga con telegramma n. 2764, del 24 settembre, ore 7,20; da Berlino con teleg11ammi n. 2659, del 17 settembre, ore 14,55, e n. 2733, del 22 settembre, ore 7,25; e da Vienna con telegramma
84

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97, p. 99)

T. 2800. Londra, 28 settembre 1898, ore 7,35.

Lord Salisbury mi ha detto che è pienamente concorde con V. E. nell'avviso che debba essere fissato un termine per lo sgombro di Creta da parte delle autorità e delle truppe turche. Prega però di considerare che, se posto perentoriamente, può sollevare obiezioni a Berlino, a Vienna e forse anche a Pietroburga. Quanto alla riserva contenuta nella seconda parte della nota collettiva,

l'accetta senz'altro, ed ha già telegrafato all'ambasciatore a Costantinopoli approvando testo della intera nota.

85

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 2464. Roma, 29 settembre 1898, ore 9.

Per sua regola prevengo V. E. che oggi avendo avuto a discorrere coll'Incaricato d'affari d'Austria sulle persecuzioni dei nostri operai in varie parti dell'Impero, lo pregai di far conoscere al conte Goluchowski che la continuazione dei maltrattamenti mettono il governo italiano in condizioni difficili all'interno e nostro malgrado possono creare dimostrazioni e reazioni dolorose per le due nazioni amiche che devonsi assolutamente evitare. Lo invitai dire pure, che, oltre l'energia che non dubito impiegherà la polizia per reprimere le odiose persecuzioni, sarebbe a mio avviso opportuno che la voce del Govemo impe

riale trovasse come farsi sentire in modo palese e pubblico esprimendo alta disapprovazione di maggiori rigori specialmente per i promotori.

(l) Non pubblicato.

86

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO COMANDANTE LA SQUADRA IN CRETA, BETTOLO

(Ed. in LV 97, p. 101)

T. 2491. Roma, 30 settembre 1898, ore 19,40.

Allo scopo di ottenere prontamente sgombero autorità e truppe turche le quattro potenze hanno stabilito di pres-entare alla Sublime Porta una nota collettiva da ritenere come ultimatum ma prima di pr-esentarla, è loro intenzione di concordare le misure coercitive da impiegare in caso di rifiuto; ho proposto che le potenze incarichino sin d'ora i loro ammiragli di concretare e proporre tali misure * co-ercitive. * Di quanto precede credo di dare questo preavviso a

V. S. per sua * esclusiva * notizia e perchè Ella possa intanto avvisare ai (l) mezzi più indicati per lo scopo avvertendo (2) che deve (3) essere esclusa una azione sui Dardanelli. Quando i suoi colleghi avranno ricevuto istruzioni n-el senso della mia proposta Ella è autorizzata a Qartecipare alle discussioni che si terranno sull'argomento.

87

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. CANEVARO

T. 2844. Costantinopoli, 2 ottobre 1898, ore 13,30 (per. ore 16,35).

Gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra, ai quali ho parlato ieri secondo intenzione di V. E. circa l'affidar-e agli ammiragli le misure per una eventuale coercizione, si dichiaravano essi pure convinti della opportunità di quel più pronto procedimento e mi dissero che avrebbero telegrafato in tale senso ai loro rispettivi Governi. Ambasciator-e di Russia, il quale si mostra personalmente più esitante, mi disse dovere attendere ulteriori istruzioni da Pietroburgo. :Il: r11ia attuale impressione che in presenza di un'attitudine risoluta delle quattro potenz-e, la Sublime Porta pure cercando guadagnar tempo con proposte di r1egoziati, finirà coll'arrendersi.

88

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2862. Berlino, 4 ottobre 1898, ore 19,17.

Biilow, giunto stamane, scusandosi non poter venire personalmente mandò da me S. E. Derentall, per parteciparmi senza ritardo che Gov-erno Imperiale accetta con « empressement » invito fattogli ieri per mezzo mio da V. E. di j)artecipare a conferenza internazionale per misure contro anarchici.

(l) -In LV: c studiare i •· (2) -In LV qui aggiunto: c ad ogni buon fine •. (3) -In LV qui aggiunto: • in ogni modo •.
89

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2864. Vienna, 4 ottobre 1898, ore 19,50.

Conte Goluchowski mi ha dato in questo momento risposta ufficiale scritta, con cui facendo plauso alla iniziativa italiana, dichiara che Governo austro-un

garico si farà rappresentare alla conferenza anti anarchica. Trasmetto a V. E:. questo documento colla posta domani.

90

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 3230. Addis Abeba, 4 ottobre 1898 (1).

Si dice essere Fascioda sei francesi, circa 100 senegalesi. Inghilterra ha partecipato Menelik che, trovandosi Ghadaref molti dervisci sarà costretta fare avanzare truppe da Cassala. Menelik vuole evitare conflitto mediante accordo con Harrington. Sono attesi varii preti etiopi con padre Colbaux inviati da Mangascià per trattare con Menelik. Mangascià ha fatto legare Tesfai Antalo. È atteso ras Maconnen. Wlasoff continua chiedere Menelik se accordo con noi,

riguardo frontiera, è completo. Forse egli spera sempre avere Raheita. Menelik lo ha nuovamente rassicurato che la nostra questione della frontiera è definita.

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI

N. 46971. Roma, 5 ottobre 1898.

Le ministère des affaires etrangères de S. M. le roi d'Italie s'empresse d'informer l'ambassade de S. M. l'empereurer d'Autriche-Hongrie que une enquéte a été ouverte au sujet de l'incident qui vient de se vérifier à Messine où l'écusson du consulat I. et R. a été, à deux reprises, souillé par des inconnus. Les recherches pour découvrir les auteurs de ces attentats ne seront point déscontinuées et des ordres énergìques ont été donnés par mon bon collègue au département royal de l'ilntérieur afin que les coupables soient rigoureusement punis et pour que la plus grande surveillance rende impossible le retour de pareils méfaits. Le ministère des affaires etrangères offre en attendant à ,l'ambassade I.le et R.le l'expression des vifs regrets du Gouvernement royal pour ces faits déplorables. Pour ce qui concerne l'incident survenu entre M. le capitaine du « Nautilus » et M. le Préfet de Messine, il résulte que ce dernier ne se trouvant pas

en mesure, à cause d'une indisposition, de rendre la visite du capitaine, a cru pouvoir se borner à faire parvenir sa carte au commandant du «Nautilus ».

Le département royal de l'intérieur n'a pas laissé ignorer au préfet de Messine qu'il aurait été de son devoir de se faire représenter, par un des fonctionnaires à ses ordres, auprès du commandant du « Nautilus »; ·et des explications à ce sujet, seront directement fournies par M. le préfet au consulat I. et

R. à Messine.

(l) Il documento fu trasmesso telegraficamente da Martini (Massaua) il 31 ottobre.

92

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A COSTANTINOPOLI, PANSA, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

(Ed. in LV 97, p. 108)

T. 2921. Roma, 9 ottobre 1898, ore 19.

L'incaricato d'affari di Russia ci chiede: «Se nel caso in cui il Sultano consentisse a ritirare le sue truppe da Creta ma insistesse per mantenere nell'isola un :oiccolo distaccamento turco unicamente :per affermarvi i suoi diritti di sovranità, il gabinetto di Roma sarebbe disposto ad ammettere questa concessione, al fine di evitare la necessità del ricorso alla forza ». Il pensiero del

R. Governo, che comunicai tosto all'incaricato d'affari imperiale è questo: «Noi dobbiamo esigere lo sgombro completo delle truppe turche (l) come lo chiedemmo coll'ultimatum. La condotta di queste truppe nell'eccidio di Candia ha dimostrato l'inammissibilità della loro permanenza. Se il Sultano accetterà integralmente la proposta delle quattro potenze queste penseranno al modo di assicurare i diritti del Sultano anche quando le truppe internazionali dovessero più tardi ritirarsi dall'isola ».

* Quanto precede è unicamente per informazione di V. E. *

93

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Ed. in LV 97, p. 110)

T. 2947. Roma, 11 ottobre 1898, ore 20.

Anche di fronte alla ris:;>osta della Porta nostro pensiero continua essere lo stesso; doversi esigere l'accettazione integrale dell'ultimatum (2). Per notizia

Elles avaient pensé que certaines réformes administratives leur permettraient d'obtenir ce résultat, et un arrangement avait été signé dans ce but avec le gouvernement impé,iial ottoman le 25 aoiìt 1896. Mais, par suite de retards imputables à la Sublime Porte, ces réformes n'ont pas été appliquées, les désordres n'ont pas tardé à s'aggraver, et il est devenu bientòt évident que le projet arrété entre la Sublime Porte et les puissances ne répondaitplus aux exigences de la situation.

Les représentants des puissances ont diì le constater dans une note identique remise à la Sublime Porte le 2 mars 1897. Par cette note, ils ont avisé le gouvernement impéiial

• * confidenziale * di lei aggiungo che solo nel caso in cui le altre potenze stimassero più tardi dover esaminare la questione di un esiguo distaccamento turco da lasciarsi in un punto dell'isola per guardia della bandiera, noi non ricuseremmo di prestarci a tale esame.

(l) -In LV qui aggiunto: «da Creta •. (2) -Consegnato il 5 ottobre, ma con la data del 4. Cfr. il suo testo, ed in LV 97, pp. 105-106, in nota al tel. Pansa del 4 ottobre: • Note-verbale -Depuis le jour où de regrettables dissensions ont amené de nouveaux troubles en Crète, les grandes puissances ont cherché à rétablir la paix dans l'ile, en donnant satisfaction aux légitimes aspirations des crétois, tout en sauvegardant les droits souverains de S.M.I. le Sultan. ·
94

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2958. Berlino. 11 ottobre 1898, ore 11,36.

Dopo la lettera del Papa al cardinale Lanj;tenieux sul protettorato francese in Oriente, essendo state date e pubblicate spiegazioni dalla S. Sede, Governo imperiale riteneva incidente esaurito. Sollevò quindi grande stupore e ferì gravemente imperatore e suo Governo ultima allocuzione Papa ai pellegrini francesi e ieri si annunziava che ministro Biilow presso il Papa ora in congedo non sarebbe ritornato al suo posto. Annunzio di questo fatto sebbene già previsto per età avanzata di Biilow costituiva una prima risposta allocuzione papale. Stamane Governo imperiale fa pubblicare Gazzetta di Colonia un lungo comunicato in proposito riassumente le osservazioni che sono state fatte ufficialmente a Roma. Vi si dice in sostanza: « che nuovo incoraggiamento dato dal Pat>a a pretese

francesi dopo l'incidente Langenieux non corrisponde evidentemente alle intenzioni dimostrate dal Governo imperiale di voler mantenere relazioni cordiali

ottoman de la décision prise par les puissances d'établir en Créte un régime autonome et d'en régler elles-mémes l'organisation.

Un pro-memoria complémentaire, remis à la Sublime Porte le 5 mars, stipulait que le nouveau régime comporterait la réduction progressive des troupes ottomanes dans l'ile. Dans la pensée des puissances avec les principes d'une complète autonomie, cette réduction progressive devait amener l'évacuation de l'ile.

Les difficultés de toute nature soulevées à l'occasion de l'établissement du nouveau régime, les complications intérieures et ,extérieures qui ont suivi, les désordres et les conftits dont l'ile de Crète est devenue le théiìtre, ont créé un état de fait nouveau dont les quatre puissances auxquelles incombe actuellement la responsabilité du rétablissement de l'ordre en Crète, sont obbligées de tenir compte et que l'humanité et le souci de la paix générale leur imposent le devoir de faire cesser.

La présence des troupes turques est une source permanente d'agitation et constitue la cause principale du désordre. Les événements sanglants qui se sont récemment déroulés à Candie démontrent leur complète impuissance à assurer la tranquillité sur les points qu'elles occupent. Leur maintien est un obstacle au désarmement de la population chrétienne et au rétablissement d'un ordre de choses régulier. '

Les gouvernements de France, de Grande-Bretagne, d'Italie et de Russie estiment, en conséquence, qu'il ne sera possible d'établir en Crète le régime autonome concédé par S. M. I. le Sultan, qu'après le retrait des forces ottomanes. Leurs représentants à Constantinople ont donc reçu l'ordre d'inviter la Sublime Porte à rappeler, dans un délai d'un mois, toutes Ies troupes qui tiennent garnison en Crète, l'évacuation devant commencer quinze jours après la remise de la présente note. "

Dès que les troupes ottomanes auront quitté l'ile, les quatre gouvernements s'empresseront de confirmer leurs déclarations antérieures relatives à la garantie des droits souverains de S. M. I. le Sultan. Ils prendront~ en outre, toutes les dispositions propres à assurer à la population musulmane sa sécurité, et la sauvegarde de ses intéréts.

Dans le cas où les quatres puissances éprouveraient un refus, elles se verraient dans l'obligation de recourir immédiatement à des mesures décisives pour faire évacuer la Crète par les troupes turques.

Elles laisseraient au gouvernement impérial ottoman la responsabilité de cette solution, et dégagées de toute obligation morale, quant à la conservation de la souveraineté ottomane sur la Crète, elles aviseraient à constituer, dans cette ile, un régime approprié aux voeux de la majorité de la population.

Les représentants de France, de Grande-Bretagne, d'Italie et de Russie ont la confiance que la Sublime Porte est trop soucieuse de la conservation des droits souverains de S. M. I. le 'Sultan, pour les exposer à subir une atteinte aussi grave, et c'est avec l'espérance de la voir accueillir qu'ils ont l'honneur de transmettre au ministère impérial des affaires étrangères la demande de leurs gouvernements.

Une adhésion sans réserve à cette demande devra leur étre adressée dans un délai de huit jours •.

colla S. Sede, Governo imperiale verrebbe meno a sua dignità se non vi desse tale interpretazione e esprime speranza che Papa saprà trovare il modo di sanare ferita alle sue relazioni colla Germania. Governo imperiale è sicuro avere dietro di sè la popolazione tedesca qualunque religione appartenga». Governo imperiale attribuisce incidente agli intrighi del cardinale Rampolla che si sa ligio alla Francia e alla influenza di lui sul vecchio Papa; ed io credo non andare errato asserendo che Biilow non sarà surrogato fino a che Rampolla non sarà allontanato. Intanto per riguardo interessi politico-religiosi della Germania più che per riguardo al Papa relazioni non restano rotte, solo vacante posto ministro presso il Papa.

95

L'AMBASCIATORE. A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 2998. Pietroburgo, 14 ottobre 1898, ore 6,30.

Governo iffil)eriale mi ha comunicato in data d'oggi sua adesione proposta di conferenza riguardo anarchici, esprimendo desiderio conoscere luogo, epoca,

riunione allo scopo di nominare suoi delegati. Invierò in copia, per corriere di Gabinetto, nota questo ministero.

96

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MAYOR DES PLANCHES

T. 3015. Roma, 16 ottobre 1898, ore 13.

Duolmi che notizie inesatte e malevoli commenti abbiano potuto suscitare costì sfavorevole impressione circa nostri provvedimenti rispetto a progettati uccordi contro propaganda anarchica. I nostri provvedimenti furono fin da principio e costantemente im!)rontati a spirito essenzialmente cordiale verso la Svizzera. Avvenuto il triste fatto di Ginevra, e mentre sentivamo, al pari d'ogni altro Governo, la necessità urgente di provvedere, abbiamo pensato che uno scambio amichevole di idee· potesse utilmente intercedere tra le Potenze e la Svizzera circa i provvedimenti da prendersi nel comune interesse, e tale scambio, per o..uanto ci concerne, preannunciai io stesso personalmente al Presidente Ruffy. Le pronte ed energiche misure spontaneamente adottate dalla Svizzera hanno reso superflua la cosa, e noi stessi, abbiamo stimato che fossero invece opportuni accordi generali nei quali tutte le Potenze, la Svizzera compresa, dovessero avere egual parte. Di qui sorse l'idea nostra di una conferenza la quale ha raccolto oramai l'adesione di quasi tutti gli Stati Europei ed alla quale ne abbiamo ferma fiducia, non mancherà l'adesione della Svizzera. Desidero che Ella abbia sollecita occasione di porgere queste schiette nostre spiegazioni

al Presidente della Confederazione; nella quale circostanza, ad eliminare ogni eventuale scrupolo, Ella dovrà anche soggiungere che, nel nostro pensiero, gli accordi da prendersi nella proposta conferenza, subordinati sempre alla ratiiìca dei rispettivi Governi, non saranno mai tali da vincolare la libertà legislativa d'ogni singolo Stato, dovendo invece convergere al solo scopo che, pur rispettata tale libertà, sia da ogni singolo Stato per proprio conto, e da tutti nei reciproci rapporti, efficacemente provveduto alla sicurezza sociale ed alla incolumità dei cittadini.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMMIRAGLIO COMANDANTE LA SQUADRA IN CRETA, BETTOLO

(Ed. in LV 97. p. 113)

T. 3028. Roma, 17 ottobre 1898, ore 12,35.

Ad eliminare ogni possibile dubbio Le confermo che qualora Ella non riceva nel giorno 20 l'annunzio che la Porta ha accettato puramente e semplicemente

l'ultimatum Ella dovrà, d'accordo coi colleghi, procedere·alle predisposte misure coercitive, senza che accorrano nuove intimazioni preventive.

98

L'AMMIRAGLIO COMANDANTE LA SQUADRA IN CRETA, BETTOLO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

(Ed. in LV 97. p. 114)

T. 3042. Suda, 17 ottobre 1898, ore 8,55.

Governo francese avverte suo ammiraglio di non usare misure coercitive prima di esserne autorizzato. Domani cercherò in consiglio di far prevalere concetto di V. E. che condivido pienamente e far deliberare conforme dispaccio identico. Intanto per mantenere accordo con colleghi prego telegrafarmi possibilmente prima della riunione consiglio ore 10 se dato che imbarco incomincia ·il 20 corrente permettere che esso svolgasi pacificamente anche quando Sublime

Porta non avesse ancora risposto soddisfacentemente con riserva però di usare misure coercitive se al termine fissato non sarà ultimato sgombro truppe.

99

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 698/334. Londra, 20 ottobre 1898.

Ho telegrafato ier sera immediatamente a V. E. (1), il sunto di un colloquio avuto con Lord Salisbury a riguardo della Conferenza Anti-Anarchica, cui V. E. ha invitato anche· il Governo Britannico. Posso oggi con maggior larghezza dar significazione a V. E. dei particolari della conversazione avuta.

Nel ricevere il giorno 16 il telegramma del Ministero col quale si davano le maggiori spiegazioni su la libertà che con l'accettazione si riservava ai diversi

Governi (1), ebbi premura di farne avvisato il signor Sanderson segretario Generale permanente, perchè ne informasse il suo Capo Gerarchico, dicendo in pari tempo che su tale questione, nel giorno dell'udienza ebdomadaria, avrei chiesto una risposta definitiva al Ministro.

Ieri, portai adunque immediatamente il discorso sul punto per noi di maggiore interesse. Il nobile mio interlocutore rispose essere animato dal desiderio di farci cosa grata, ma che la questione da noi messa sul tappeto aveva per gli Inglesi un aspetto assai grave, e non poter, egli solo, impegnare il Governo in una via, senza prima udire il parere dei suoi Colleghi. Non averlo potuto fare per la prolungata assenza del signor Chamberlain, di ritorno in questa settimana. Lord Salisbury infine, mi fece sicuro che nella prossima udienza avrebbe potuto far conoscere il parere del Governo di cui è a Capo.

Non mi accontentai di queste parole e mantenni con insistenza il discorso su la questione, ampiamente spiegando la necessità di un accordo internazionale in relazione alle misure interne di ciascuno Stato, per la difesa della società Civile.

Devo confessarlo?

Le nostre preoccupazioni, i nostri ragionamenti, che pure hanno trovato un'eco premurosa e simpatica nel resto d'Europa, non ebbero forza di scuotere l'opinione del Presidente del Consiglio.

Egli sempre ammettendo che c'era del vero nelle nostre idee, mi mostrò la impossibilità di cangiare anche nel modo meno sensibile, la tradizione Britannica.

«Nessun inglese» egli dicevami «potrebbe comprendere una attitudine diversa da quella sempre da noi avuta verso coloro che ci chiedono asilo».

La discussione ed il colloquio prolungandosi, presero forma più intima e franca. Lord Salisbury che fino a qu·el momento aveva mostrato di non aver quasi studiata la cosa, finì per confessare di aver già interpellato sul soggetto il capo della Polizia Metropolitana.

Il costui parere è, che nulla può :farsi in Inghilterra contro gli anarchici fuori di quanto si faccia oggidì. Il Primo Ministro soggiunse (e con un sorriso attenuò lo strano paradosso): « Io sono personalmente del parere del Governo dei Paesi Bassi (?), che la Conferenza è forse un pericolo; imperocchè dà troppa importanza all'anarchia, i cui membri vivono sopratutto di vanità! ».

Lord Salisbury infine, prima ch'io mi congedassi, mi chiese ripetutamente se tra i governi favorevoli alla Conferenza vi fosse la Francia; quale fosse il programma della Conferenza, e se fosse già deliberato in quale città la Conferenza avrà luogo. Su ciò nulla potetti dire, non avendone avuto notizia dal

R. Ministero.

Queste, come vede l'E. V., sono le disposizioni d'animo del Primo Ministro Inglese, purtroppo quali erano state prevedute da me nella prima mia visita. È necessario soggiungere, che, ciò non ostante, non è da disperare del successo. Lord Salisbury stesso, convenne meco, che in qualunque modo, l'adesione alla Conferenza era un atto di cortesia verso l'Italia.

(l) Con tel. n. 3065, del 19 ottobre, ore 18,22, non pubblicato.

(l) Tel. n. 3024, del 16 ottobre, ore 18,30, non pubblicato.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3197. Roma, 27 ottobre 1898, ore 24.

Le ho inviato questa sera giovedì per posta, il testo, che la Stefani aveva pubblicato, del discorso Nasi circa Tunisi, nè mi consta che ne esista un testo ufficiale. Circa la importanza di questo discorso osservo: 1° che io ne ebbi la prima notizia dai giornali; 2° che il ministro Nasi parlò per conto proprio e senza concerto alcuno con me, nè per quanto mi consta, con altri colleghi; 3o che in ogni modo le dichiarazioni sue quale che ne sia la giusta versione, non possono menomamente influire su quehlo che è il vero e fermo propostto del R. Governo, il proposito, cioè, di mantenersi, verso la Francia, particolarmente rispetto a Tunisi, sopra un terreno di pacificazione, di conciliazione e di rapporti lealmente cordiali. Aggiungo, inoltre, che la parte del telegramma Havas relativo ai supposti impegni dell'Inghilterra erroneamente figura come dichiarazione del

ministro Nasi mentre invece è commento che la Gazzetta di Venezia fa seguire al discorso.

101

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 3183. Parigi, 27 ottobre 1898, ore 6,10.

Agenzia Havas pubblica in data di Roma telegramma che qui riassumo: «La Gazzetta di Venezia relève l'importance du discours prononcé à Trapani par M. Nasi ministre en présence de la députation de Tunis. Ce journal sousligne le passage où le ministre a déclaré que comme membre du cabinet il était heureux de pouvoir affirmer que la politique de renonciation n'aura pas de suite autant qu'il dépendra du Gouvernement actuel. Il rappelle l'existence d'un accord anglo-italien qui oblige Angleterre à défendre les còtes italiennes en ca·s d'agression de la France etc.». Una smentita o una sconfessione mi pare s'impongano prima che ci si domandino spiegazioni (1).

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, PELLOUX

T. URGENTISSIMO 3198. Roma, 28 ottobre 1898, ore 10,55.

Avendomi iJ. R. Ambasciatore in Partgi telegrafato (2) circa l'incidente di Trapani chiedendo immediata spiegazione gli ho risposto jeri sera col tele

Sull'incidente, cfr. Documents diplomatiques français, serie I, vol. XIV, pp. 790-791 (Barrère a Delcassé, 11 novembre 1898).

gramma che qui sotto riproduco. Aggiungo ora a lei che la situazione creata da quell'incidente mi sembra assai grave e che a mio avviso per scongiurarne gli effetti conviene risolutamente rimettere le cose al posto loro sconfessando il ministro Nasi, il quale ha indebitamente parlato in nome del gabinetto mentre non erasi consultato con me e neppure per quanto mi consta con gli altri colleghi. Ecco il mio telegramma al R. Ambasciatore (1).

(l) Il Canevaro aveva chiesto l'appoggio inglese per l'eventualità che, in caso di guerra franco-inglese, la Francia minacciasse la neutralità italiana. Cfr. tel. Currie a Salisbury, del 26 ottobre, in British Documents of the Origins of the War 1898-1914, I, p. 183, n. 217; e anche ib., pp. 189 e 191, nn. 229 e 232. ·

(2) Cfr. n. 101.

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

(Ed. in LV 97. p. 119)

T. 3205. Roma, 28 ottobre 1898. ore 20,10.

L'Ambasciatore di Russia è venuto a farmi circa le cose di Creta la comunicazione da V. E. annunciatami (2). Il gabinetto di Pietroburgo propone che si affidi al principe Giorgio, come commissario delegato dagli ammiragli, il Governo provvisorio dell'isola e che a guardia della bandiera del Sultano sia lasciato in un punto da determinare un distaccamento di soldati turchi. Circa la nomina del principe Giorgio risposi non avere difficoltà di aderire. Avendo essa durata temporanea ed il carattere di una delegazione delle potenze si evitava la necessità del previo assenso del Sultano, salvo a regolare più tardi la situazione d'accordo tra tutte le potenze e la Sublime Porta, ed in base alla fatta esperienza, in occasione della nomina definitiva. Circa il distaccamento per guardia della bandiera non tacqui la mia preoccupazione che esso potesse essere addentellato a ulteriori com;~licazioni, mentre l'alta sovranità del Sultano potrebbe constatarsi (3) con altri modi non meno efficaci. Aggiunsi però che qualora le altre tre potenze fossero assenzienti non vorrei far mancare il concerto delle quattro potenze; ed in tale ipotesi messa in salvo la mia responsabilità, anche per riguardo al sentimento prevalente, a tale. riguardo,

in Italia, avrei dovuto prestare del pari la mia adesione.

104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 3210. Roma, 28 ottobre 1898, ore 22,55.

Essendo oramai assicurata l'adesione dell'Inghilterra spedisco oggi ai Rappresentanti di S. M. la nuova circolare per la convocazione definitiva della Conferenza anti-anarchica (4). V. E. giudicherà, dopo averla ricevuta, se le conviene di aspettare, prima di darne comunicazione, la risposta officiale di codesto Governo.

(l) -Cfr. n. 100. (2) -Con te!. n. 3165, del 26 ottobre, ore 19,11, non pubblicato. (3) -In LV: c affennarsi •· (4) -Non pubblicata.
105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 3269. Roma, 3 novembre 1898, ore 13,30.

Circa la sostanza dell'ultima nota ottomana per Creta (l) già le feci noto il mio pensiero (2). Non è temerario il supporre che con questo suo nuovo passo la Sublime Porta abbia voluto intralciare l'opera che, mercè il fermo contegno delle quattro potenze, avvicinasi oramai, nell'isola, a pratica e definitiva soluzione. È quindi nostro preciso intendimento di differire fino a completa evacuazione lo esaminare se ed in quale misura possano ammettersi i singoli punti enunciati in quella nota. Se, poi, la Sublime Porta volesse trarre dal nostro silenzio argomento a sospendere l'ultimazione integrale dello sgombro, gioverebbe che essa fosse avvertita, non solo dei provvedimenti deliberati dagli ammiragli, ma altresì della eventualità che le potenze possano per forza degli avvenimenti non più trovarsi in grado di tener conto dei diritti della Porta.

106

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 357. Londra, 7 novembre 1898.

Sono oramai svanite le paure di una guerra immediata tra l'Inghilterra e la Francia a cagione di Fashoda. L'opinione pubblica francese non è arrivata a sollevarsi all'altezza d'ira nazionale, per i ne~ati diritti sulla valle del Nilo. Le ragioni invocate nei colloqui ·Coi rappresentanti del Governo Inglese e consegnate nel «Libro Giallo» resteranno lettera morta, i francesi essendo persuasi della inferiorità loro in una guerra marittima colla potente vicina. La situazione è ormai definita ed io di questi fatti tacerei, come di cosa oziosa e passata, se non vi fossi chiamato da alcune osservazioni su la trasformazione ciello spirito pubblico in Inghilterra, i cui effetti si sono visti per l'appunto in questa recente occasione.

Sono trascorsi quasi cinquant'anni dalla guerra di Crimea, da allora si è sempre visto come questo paese, alieno dalle gare tra le Potenze di Europa e neutrale per la sua posizione geografica, schivasse con grande cura un serio conflitto con altro grande Stato. I governanti hanno bensì talora fatto « dimostrazioni» o minacce; i giornali altra volta han fatto la voce grossa; ma la opinione pubblica, il ceto mercantile mai li sostennero con le loro simpatie. Così se il Gladstone si indusse a bombardare Alessandria, lo fece sapendo di non incontrare pericoli in Europa e dopo aver chiesto inutilmente la cooperazione di Francia ed Italia. La stessa questione d'Egitto che ne è seguita con la Francia non ha trovato nelle risposte inglesi ripulze decisive ma parole dila

torie atte a far sperare un possibile accordo. Molti non han saputo spiegarsi persino l'arrendevolezza inglese nella questione del Siam, nè i recenti sagrifizi nelle delimitazioni sul Niger. Pretendeva l'Inghilterra la valle del Mossi, del Gauroussi del Mampoursi come hinterland della Costa d'Oro ed ha lasciati liberi i francesi di arrotondare i loro possessi africani, tanto da formare il sognato imvero da Brazzaville ed Al~eri, con otto milioni di chilometri quadrati.

Ancora: l'Inghilterra non accettò essa senza ne pure un mormorio, che la convenzione franco-congolese del 14 Agosto 1894 strappasse quella del 12 Maggio? E non è parso negli ultimi avvenimenti cinesi che Lord Salisbury assistesse indifferente alla perdita dell'influenza Britannica, tutta a vantaggio della Russia? Qual fiume d'ironie non hanno fatto scorrere i grandi giornali francesi contro l'eccelso uomo politico in questa occasione?

Così tutto faceva credere che la questione di Fashoda dovesse finire in modo amichevole: una baruffa diplomatica che trovava il suo scioglimento in un accomodamento da compari. Così non è avvenuto e la sorpresa è stata grande.

Egli è che nei pochi mesi dal Giugno ad oggi una rapida trasformazione si è fatta nel sentimento del popolo inglese che ha visto il bisogno di una brutale e chiara affermazione della propria forza. Il discorso di Lord Salisbury che condanna a sollecita morte le nazioni incapaci di progresso, fu come lo squillo di una tromba di guerra; la mano stesa a traverso l'Oceano alla « nazione sorella » mentre s'iniziava la guerra ispano-americana, fu un primo avviso all'Europa che il «sublime isolamento » poteva, occorrendo, aver aiuto di potenti forze; l'intimazione dura ed inesorabile fatta alla Spagna che avesse a demolire le fortificazioni di Punta Carbonera fu la prima espressione di una nuova politica che l'incidente di Fashoda ha rivelato in tutta la sua chiarezza.

Poteva parere che dopo la vittoria di Ondusman l'ardita mossa del Marchand qui destasse malumore o preoccupazione. Invece fin dal primo momento, Governo e paese hanno avuto il sentimento che l'inatteso ostacolo non faceva che dar occasione di coronare con un atto d'energia l'opera intrapresa in Egitto. Nelle conversazioni con persone di ogni classe e d'ogni opinione politica si scorgeva l'unanimità di pensiero. Nonchè temere si sperava la guerra, la quale all'ultima ora non astante le vivaci affermazioni di diritto contenute nel « Libro Giallo » è stata soltanto evitata per la prudente rassegnazione del Governo Francese.

Parrà strano; ma Io stesso mercantilismo inglese è quello che costringe il Governo ora a risoluzioni estreme. Si è visto già che le vittorie commerciali seguono talora assai da vicino quelle militari e le statistiche sono lì a provare, come per opera di rivali potenti anche un grande paese come l'Inghilterra può veder chiudere a mano a mano alla sua attività commerciale quei mercati ove altra volta regnava sovrana.

Il dissidio con Francia per Fashoda, se anche composto momentaneamente non tarderà a risollevarsi, quando l'occasione sia più propizia. I francesi che hanno ceduto dinanzi ad una situazione svantaggiosa, non tarderanno a cercar l'occasione di recare agitazione. Essi non dimenticano l'umiliazione subita. Forse troveranno in Abissinia facile orecchio alle lusinghe e pronta la mano a ricevere soccorsi. Ciò si teme da alcuno. Ma sia sul Nilo o nell'estremo Oriente,

sia contro la Francia od altra Grande Potenza l'Inghilterra è oramai preparata

alla lotta e la vuole.

Un prossimo avvenire lo dimostrerà.

(l) -Del 30 ottobre. Vedere il testo in LV 97, p. 121. (2) -Con tel. n. 3246, del 31 ottobre, ore 19,45, non pubblicato.
107

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 3396. Parigi, 11 novembre 1898, ore 19,50.

Qui si ignora sconfinamento di cui mi ha telegrafato V. E. (1), ambasciatore di Turchia, che ha conferito ripetutamente con Delcassé rnegli ultimi giorni, non ne ha parlato. Delcassé mi ha detto che egli non ha intenzione alcuna di occuparsi della Tripolitania; che nel consiglio dei ministri nessuno vi pensa e che egli è contento di poterlo esplicitamente dichiarare sopratutto all'ambasciatore d'Italia. Questa dichiarazione egli ha ripetuto in due volte in termini identici (2).

108

IL VICE CONSOLE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 4852/742. Tunisi, 11 novembre 1898.

Ancorchè il ritiro della missione Marchand da Fascioda sembri avere al

lontanato il pericolo di un immediato conflitto tra Francia e Inghilterra, le

preoccupazioni delle autorità franco-tunisine e della colonia francese conti

nuano ad essere vive e insistenti. Non c'è stato invio di truppe o di navi nè

dalla Francia nè dalla vicina Algeria, ma si dice correntemente che truppe e

navi debbano giungere tra breve.

So che a Biserta si da mano attivamente ai lavori d'armamento di quel porto; delle mine sottomarine furono poste all'ingresso del canale; una di queste, anzi, giorni fa, esplose accidentalmente, e vi furono tra gli operai due morti e vari feriti. Tra le deliberazioni prese dal Sig. Lokroy nella sua recente visita a Biserta, di cui nel mio rapporto del 19 ottobre u. s. n. 4471/693 (3), mi si assicura ci sia anche quella di demolire il ponte (Trausbordeu) che unisce le due sponde del canale. È costato a costruirlo 550 mila Franchi ma è nato il timore che con ben aggiustati tiri d'artiglieria lo si possa far cadere, in guisa da ostruire il passaggio del canale.

Da Goletta si sono inviate due compagnie di zuavi e una compagnia di tiraglieri a campeggiare in quel di Biserta. A Goletta si sta poi da qualche giorno scavando il canale dell'antico porto, e si dice che dò sia allo scopo offrire alle torpidiniere modo di trovarvi, al bisogno, rifugio.

p. -194, n. 236).

Mi risulta anche che i riservisti e i territoriali sono stati avvertiti di

tenersi pronti ad accorrere sotto le armi al primo avviso. Ho notato però che, se le preoccupazioni son numerose -e gravi gli spiriti bellicosi sono molto deficienti, non solo tra i cittadini, ma anche tra i militari.

Debbo poi segnalare a V. E. un fatto molto sintomatico. Mi si assicura che tra le istruzioni segrete, date dal generale di divisione signor Sermet ai comandanti i riparti di truppe, ce n'è una concepita su per giù, in questi termini:

<(I signori comandanti i riparti di truppe dovranno poi tener presente che, in caso di conflitto coll'Inghilterra, essi avranno s!)ecialmente da preoccuparsi d-ei 35 mila italiani della Reggenza, e prendere le necessarie misure per evitare il pericolo che le truppe possono essere bloccate nelle rispettive caserme».

Questa paura è talmente assurda che ho molto esitato a ·credere che si potessero non dico dare, ma neppure concepire istruzioni di questa fatta. Se non che ho saputo che anche il console gen-erale britannico, Sig. Johnston, ha avuto, da altra fonte che non sia la mia, cognizione di questo fatto, e ne ha informato il suo Governo, e l'esatto riscontro mi fa ritenere che qualche istruzione di questo genere sia stata veramente data.

Queste preoccupazioni rispecchiano uno «stato di animo » che non meraviglierà nessuno che 'conosca un po' le idee che hanno corso in Tunisia tra i Francesi sugl'italiani, in genere, e sui siciliani, in specie. Ogni italiano per essi è affigliato a qualche setta e non sogna che congiure e insurrezioni di popolo, e ogni siciliano nasce con l'istinto di rifare quando che sia i Vespri.

A ogni modo di questo stato d'animo, da parte dei francesi, bisogna tener conto poi:chè è certo ·che, in caso di un conflitto, anche l'Italia serbi la più stretta neutralità, i nostri connazionali in Tunisia saranno esposti a molte vessazioni e molestie.

(l) -Con tel. n. 3350, del 9 novembre, ore 13, non pubblicato, con cui ritrasmetteva il tel. n. 3349, in pari data, da Costantinopoli, non pubblicato: passo dell'ambasciatore turco a Parigi per avere spiegazioni da quel Governo circa uno sconfinamento di truppe tunisine in Tripolitania, presso Gadames. (2) -Qualche giorno prima sir Currie avea dato assicurazione a Canevaro che un eventuale accordo anglo-francese non avrebbe riguardato Tripoli e il suo hinterland (Currie a Salisbury, 4 novembre 1898, in British documents of the Origins of the War 1898-1914, I, (3) -Non rinvenuto.
109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. 3381. Roma, 12 novembre 1898, ore 13,45.

Dai telegrammi di lei e di Ciccodicola risulta continuare oltre Mareb situazione assai incerta, di fronte alla quale mi sembra doversi mantenere contegno concordato nei nostri recenti colloqui di Roma. Non escludo che a un dato momento :possa presentarsi opportunità di convenienti accordi con l'Inghilterra, ma per ora stimo prudente astenerci da ogni iniziativa ed attendere eventuali proposte che ci mettano in grado di liberamente apprezzare ed anche, se occorre, di chiedere giusti com!)ensi. Ammetto che, nella nuova situazione, possa ora convenirci che si eviti l'urto tra Menelick e Mangascià, ma, a mio avviso, il solo modo cauto e per noi sicuro di intromissione fra i due consiste

nello esortare Mangascià ad accomodarsi col Negus. Anzi sarà bene che, fatta a Mangascià questa esortazione, ella ne avverta Ciccodicola indicandogliene i precisi termini. Sarei lieto di trovarmi su questi vari punti d'accordo con V.

E. e ne gradirei l'assicurazione.

110

IL VICE CONSOLE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 4854/744. Tunisi, 12 novembre 1898.

Poichè nei giornali italiani, pervenutimi in questi giorni si parla correntemente di truppe francesi e indigene che si raccoglierebbero nel sud tunisino verso i confini della Tripolitania, credo opportuno d'informare V. E. che io non ho conferma di queste notizie da alcuna parte, e che movimenti di truppe in quella vegione non mi vengono segnalate dai R.R. agenti consolari a Gabes e a Gerba, che sogliono essere diligentissimi, e più presto inclini ad esagerare, che a scemare, la importanza degli indizi e delle informazioni che riescono ad ottenere.

Del resto un colpo di mano su Tripoli dalla parte di terra sembra ii:dea poco concepibile.

Non ,c'è in Tunisia truppe sufficenti aLl'uopo, e occorrerebbe una lunga preparazione che non potrebbe rimaner celata, e vi sarebbero difficoltà non lievi da superare, sia di vittovagliamento che di marcia. Non c'è bisogno di essere competentissimi in cose militari per persuadersi di questo. Ciò che la Francia può fare dal lato di terra è di continuare, come fa da anni, a rosicchiare, di tanto in tanto, un po' di territorio tripolino.

Quello che si può veramente temere, per ora, è che, per rifarsi dell'abbandono di Fascioda, la Francia si affretti ad attuare i suoi vecchi disegni su Gadames dal lato della Tunisia o sul Tuat dal lato dell'Algeria; tanto più, che ora viene la stagione propizia a siffatte imprese.

Ma di :prossima sr>edizione su Gadames non c'è pel momento alcun indizio, e le truppe d'occupazione, anzichè verso il sud, sono raccolte verso il nord e il centro della Reggenza a difesa di Tunisi, Biserta e della costa orientale.

A ogni modo ho invitati i R.R. agenti a Gabes e a Gerba a spiegare la massima diligenza nel tenermi al corrente di quanto avviene laggiù, ed io non mancherò d'invigilare qui, e di dare a V. E. immediata notizia di ciò che presentasse veramente carattere di eccezionale gravità (1).

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. CONFIDENZIALE 3415. Roma, 15 novembre 1898, ore 23,30.

Abbiamo notizia di movimenti francesi verso Raheita confermati anche dagli agenti inglesi sulla costa somala. Ne ho preso argomento per discorrere confidenzialmente con l'ambasciatore d'Inghilterra della nostra situazione nell'Eritrea e segnatamente a Raheita. Gli feci notare che la nostra presenza a ridosso dell'Abissinia, ma più particolarmente sullo stretto di Perim rappresenta un interesse inglese altrettanto e forse più che un interess·e italiano. Noi

sosteniamo questa parte con piacere; malgrado i sacrifid che c1 Impone, e senza menomamente l'idea di un compenso da parte dell'Inghilterra. Soltanto abbiamo la fiducia che se dovessero sorgere per noi complicazioni, non ci farebbe virtualmente difetto la assistenza dell'Inghilterra sul terreno diplomatico, e se occorre, anche sopra altro terreno. Sir Philip Currie ne telegrafa a Salisbury. Epperò ne informo V. E. per norma eventuale del suo linguaggio.

(l) Sulla crisi di Fascioda in relazione ai rapporti italo-francesi, cfr. Documents diplomatiques jrançais, serie I, vol. XIV, pp. 788-791, n. 512 (Barrère a Delcassé, 11 novembre); e anche pp. 773-774, n. 497; p. 785, n. 508; p. 827, n. 535; pp. 828-829, n. 536; vol. XV, pp. 282-283 (13 maggio 1899).

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE RENZIS, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 3418. Roma, 16 novembre 1898, ore 3,15.

Il comandante del nostro presidio a Raheita telegrafa quanto segue: «ore quattro con mezza compagnia... (vedi telegramma 3447 (l) da Asmara fino alla fine).

(Per Londra) Ho telegrafato (2) al comandante di mantenere lo statu quo stabilito col funzionario francese, ed al R. ambasciatore in Parigi ho telegrafato incaricandolo di chiedere spiegazioni .sia sulle intenzioni di quel Governo, sia sul singolare suo modo di procedere. Confido che la cosa potrà chiarirsi e regolarsi soddisfacentemente. Per la contraria ipotesi mi riferisco alle considerazioni contenute nel precedente mio telegramma (3). Prego V. E. di riferire intanto confidenzialmente ogni cosa a lord Salisbury.

(Per Parigi) Prego V. E. di chiedere tosto amichevoli spiegazioni a codesto ministro degli affari esteri. Non posso credere che costì si voglia suscitare un grave incidente mentre, in questi giorni appunto, i due Governi si scambiavano le più esplicite dichiarazioni del comune proposito di creare tra i due paesi un ambiente di cordiale amicizia. Però è grave che, senza nessuna prevenzione da parte di codesto Governo, siasi preparata e tradotta in atto da Gibuti una operazione che avrebbe potuto e tuttora potrebbe provocare in quei paraggi un conflitto armato. Ho tosto telegrafato al Comandante del presidio di mantenere lo statu quo stabilito dalle lettere da esso scambiate col funzionario francese. È urgente che quest'ultimo riceva identica istruzione. La questione potrà così pacatamente esaminarsi tra i due Governi, mentre non saprei immaginare le conseguenze di un procedimento diverso. Spero che V. E. non tarderà di essere 1n grado di farmi pervenire soddisfacente risposta. In questo momento ricevo il suo telegramma (4). Non avevamo creduto di dover comunicare al Governo francese il fatto notorio della deposizione del Sultano di Raheita per la ragione che, questi essendo nostro protetto, una simile comunicazione spontanea avrebbe pregiudicato la nostra posizione di diritto. Però, ora che la occasione se ne presenta naturale, non discuto che anche di quel fatto ella parli schiettamente al signor Delcassé.

(l) -Del 15 novembre, ore 11,35, non pubblicato: sbarco di uomini da una nave da guerrafl'lancese, con intenzione dì occupare Raheita. (2) -Con tel. n. 3416, del 15 novembre, ore 23,30, non pubblicato. C'fr. anche il tel. n. 3402, del 14 novembre, ore 22,15: • Non è suppo.nibile che navi da guerra estere vogliano eseguire sbarchi armati a Raheita. Possonsi presentare come amiche e come amiche debbonsi trattare. Se contro ogni previsione fossero ostili, la guarnigione resista còme può per onore della bandiera e protesti se dovesse arrendersi sopraffatta dalla forza •. (3) -Cfr. n. 111. (4) -Tel. n. 3451, del 15 novembre, ore 18,15, non pubblicato: richiesta dei motivi per cui non è stata comunicata al Governo francese l'avvenuta deposizione del Sultano di Raheita.
113

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO 3461. Parigi, 16 novembre 1898, ore 12,15.

Parlerò con Delcass:é e telegraferò esito colloquio, intanto prego V. E. aver presente che, dallo scambio d'idee avuto nel 1897 con questo Governo circa la delimitazione della frontiera verso Obok, è risultato, in linea di fatto, ciò che segue: l) che'il punto di ras Dumeira fu fissato da noi e accettato tacitamente dalla Francia, la quale non lo ha mai esplicitamente riconosciuto; 2) che la linea stabilita da noi divide il sultanato di Raheita in due parti, l'una nella zona italiana l'altra nella francese; 3) che il sultano abitava abitualmente in una località del possedimento francese; 4) che la Francia ha essa pure un trattato col sultano. In questa condizione di cose eravamo nel pieno nostro diritto d'occupare -i territori situati a nord di ras Dumeira non quelli al sud e, circa la deposizione del sultano, potevamo pronunziarla nella zona nostra, ma non per la parte che riguarda la zona francese. Occorre, in linea di fatto, riconoscere dove si trova il nostro distaccamento e se il punto dove i francesi sbarcarono è a nord o a sud di ras Dumeira. Dalle carte che ho pare che Raheita è lontana dal mare e non so quale è la località designata come porto di Raheita. L'incidente è spiacevolissimo, bisogna risolverlo rapidamente perchè le disposizioni dello spirito pubblico francese dopo l'affare di Fascioda e certe pubblicazioni dei

giornali, sulle quali non importa ritornare, potrebbero metterei di fronte a gravi imbarazzi.

114

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO 3473. Parigi, 16 novembre 1898, ore 19.

Avendo io indicato il fatto della comparsa notturna di tre navi da guerra, Delcassé mi disse che la cosa em impossibHe, perchè la Francia ha il solo « Scorpion » in quei paraggi. Gli replicai: «Forse le altre due erano russe». Ed egli mi rispose: «Non posso dire ciò che non so; ma posso assicurare che la Russia non mi ha fatto mai parola di quella località, nè supposti suoi disegni su di essa ». De1cassé m~ disse che Lagarde deve essere in viaggio per l'Etiopia; che, in seguito alla notizia sparsasi dello attacco sofferto dalla sua carovana, gli fu di qui telegrafato due volte e che non ha risposto. Ciò comincia a cagionare qui qualche inquietudine. Agenzia nazionale ha pubblicato da Roma, 14 corrente, sunto del rapporto Felter al R. Governo, dal quale risulterebbe che l'antico sultano Raheita è partito per lo Scioa; che il nuovo ci ha consegnato tutti i cospiratori e che tutti gli agenti stranieri sono stati espulsi. Sarei d'avviso che certe cose sia meglio farle che gettarle nella pubblicità. Prego V. E. di sorvegliare molto da vicino la parte della stampa nostra che le ho già segnalata, e che trova perfetto riscontro nei giornali francesi, sistematicamente pronti a

far nascere qualche violenta polemica tutte le volte che i rapporti fra l'Italia e la Francia sono sul punto di riuscire a qualche cosa di concreto. Bisogna che

l'incidente di Raheita, che nè ha nè può avere importanza, non traligni /in una questione di amor proprio impegnata dalle due parti; e perchè ciò avvenga conviene che la stampa non ne sia informata. Prego telegrafarmi esattamente se il punto dello sbarco è al nord o al sud di ras Dumeira.

115

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 3474. Londra, 16 novembre 1898, ore 19,10.

Ho veduto oggi lord Salisbury, ed il mio colloquio si è aggirato unicamente sulla questione di Raheita. Ho spiegato lungamente in tutti i particolari le pretensioni affacciate dai francesi e la possibilità dello sbarco annunziato. Salisbury avendo udito con grande interesse mio racconto, ho creduto ripetere quanto

V. E. aveva già detto a sir Philip Currie (1), che cioè, vigili custodi di comuni interessi nelo stretto di Perim, noi sosteniamo con vigore gli interessi italiani e gli interessi inglesi, e che, se dobbiamo incontrare difficoltà diplomatiche o materiali, noi confidiamo che non debba mancare appoggio dell'Inghilterra. Ho soggiunto «crede V. E. che gli interessi inglesi sono in questa occasione conformi ai nostri? » Salisbury, dopo lunga riflessione mi ha risposto «questa sera stessa telegraferò a Monson di far sapere a Parigi che noi non siamo indifferenti a un ~ambiamento di cose a Raheita, pel momento credo che ciò basti». Salisbury crede in un eccesso di zelo da parte degli ufficiali subalterni, ma la mia impressione personale è che egli ha preso a cuore nostro appello.

116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI

T. 3447. Roma, 18 novembre 1898, ore 13,35.

D'accordo con conte Nigra presente in Roma si è riconosciuta la convenienza di colmare nel Libro Verde una lacuna occorsa nel carteggio con codesta ambasciata, inserendovi come effettivamente scambiati i seguenti due telegrammi che la prego di sottoporre, come gli altri, alle eventuali osservazioni del conte Goluchowski. Desidero risposta telegrafica. Ecco i due telegrammi: « l) da Vienna, 28 marzo. Il conte Goluchowski mi prega di portare a notizia di V. E. che il governo austro-ungarico, in seguito alla nuova direzione ormai impressa alla questione di Creta, del:le cui conseguenze non intende assumere la responsabilità, ha preso la risoluzione di ritirare le sue truppe dall'isola ». 2) a Vienna, 29 marzo. « Ricevo il suo telegramma relativo al deliberato ritiro delle forze austro-ungariche da Creta. Già nel mio telegramma del 20 (2) di questo mese al

R. ambasciatore in Berlino, di cui diedi pur notizia a codesta ambasciata, manifestavo il rincrescimento che una simile risoluzione, se presa anche dalla AustriaUngheria, ci avrebbe fatto provare. Noi confidiamo ora che, pur ritirando le sue forze da Creta codesto Governo non vorrà, sul terreno politico diplomatico, disinteressarsi interamente della questione ».

(l) -Cfr. n. 111. (2) -Cfr. serie 3•, vol. II, n. 401.
117

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 3751/127. Addis Abeba Alorrailu, 18 novembre 1898 (1).

Ho ricevuto il dispaccio di V. E. in data 8 (?) ottobre (2) relativo frontiera. Mi è sembrato Menelik vuole aderire desiderio Governo. Fatti dimostrano sua amicizia, perciò propone che con trattato venga riconosciuto da noi tl confine da lui proposto, senza pertanto inviare delegati per delimitazione sul territorio.

Nello stesso trattato Menelik farebbe dichiarazione che l'Italia per tempo indeterminato avrà il possesso del territorio che si dovrebbe cedere, lasciando rispettato lo statu quo per la frontiera Mareb-Belesa-Muna. Menelik solamente raccomanda la sollecita soluzione di questa questione. Non ha fatto cenno a compenso. Ho detto avrei tutto notificato a V. E. Menelik vuole mostrare ai suoi che non rinunzia territorio; vuole garantirsene possesso nel caso che Italia voglia abbandonare Colonia.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3479. Roma, 20 novembre 1898, ore 19,45.

Circa il preciso punto della occupazione francese e sullo stato attuale della occupazione stessa mi è ora giunto il seguente telegramma di Martini: «Francesi occupata insenatura versante nord del promontorio Ras Dumeira e monte superstante. Nave partita da tre giorni. Rimangono 20 ascari e due segretari di Lagarde ». Da questo telegramma si trae: l) che sbarco ed anche occupazione sono avvenute indubbiamente in un punto situato a nord della linea che, secondo la confinazione del 1891, partendo da Ras Dumeira e dirigendosi verso l'interno, doveva separare i due territori; 2) che contrariamente all'accordo intervenuto tra l'ufficiale italiano e l'agente francese, è stato notevolmente aumentato l'effettivo della forza occupante. In tale stato di cose evidentemente molto spiacevole, per evitare che una recrudescenza di commenti nella stampa dei due paesi renda aspra la situazione che i due governi vogliono invece amichevolmente comporre, è urgente che la delimitazione, sulla base dell'intesa già conseguita nel 1891 tosto si stabilisca per modo che entro breve termine la parte che ha sconfinato rientri nella sua zona. La cosa è agevolata dalle circostanze che non avendo più l'Italia interesse alcuno a proseguire la delimitazione verso l'interno dove esclusivamente erano sorte le difficoltà nel negoziato del 1891, l'intesa si può considerare come virtualmente già acquisita. Circa l'urgenza di concludere ho già parlato con questo ambasciatore di Francia. Prego V. E. di fare analoghe premur·e presso codesto ministro degli affari esteri il quale è certamente convinto, al pari di noi, della necessità di definire immediatamente la vertenza. Ritengo, poi, essenziale che la delimitazione si concordi a Parigi od a Roma, salvo ad

6Y

eseguirla indi sui luoghi, sia perchè si tratta sostanzialmente di confermare l'intesa già intervenuta nel 1891, sia sopratutto perchè simili questioni meglio si risolvono all'infuori delle influenze locali.

(l) -Il documento fu trasmesso telegraficamente da Martini (Asmara) il 6 dicembre, ore 4,45 per. a Roma ore 19,40. (2) -Non pubblicato.
119

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. RISERVATISSIMO 3480. Roma, 21 novembre 1898, ore 1,15.

Riscontro suo telegramma (l) d'oggi. Come cosa sua faccia risponder·e dal commissario al funzionario francese che ras Dumeira è il punto confine tra territorio francese italiano. Raheita rimanendo z>rotettorato italiano senza discussione. Che personale francese sbarcato non poteva scendere nè accamparsi sul versante Nord dello spartiacque di ras Dumeira; che il nostro presidio per non com!lromettere trattative e decisioni dei due governi ha tollerato posizione presa dai francesi purchè ambe le parti rimangano ferme ove trovansi; che ogni ulteriore avanzarsi verso Raheita sarebbe considerato militarmente aggressivo e respinto lasciando la responsabilità all'assalitore. Io le raccomando calmo ma fermo proposito nel difendere nostri diritti. I nostri avamposti alzino la bandiera nazionale. Stiamo trattando con Governo francese per risolver·e l'incidente in modo amichevole. Governo francese ci assicura frattanto aver mandato ordini per mantenimento dello statu quo.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, E AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 3484. Roma, 21 novembre 1898, ore 12,50.

L'Ambasciatore di Francia è venuto in ~uesto momento a farmi conoscer:e che il Governo francese accetta di vrocedere alla delimitazione prendendo ras Dumeira come ;:>unto di vartenza sulla costa e seguendo indi la linea tracciata nel negoziato del 1891. Intanto alla gente sbarcata che ora travasi sul versante nord del promontorio sarà immediatamente dato l'ordine di portarsi sul versante sud. L'incidente è così esaurito e si procederà ora alla delimitazione.

(Per Parigi) Aggiungo, ad ogni buon fine, che i pozzi di cui si parlò nel negoziato del 1890 e 1891 sono i pozzi di Hadou costituenti il limite meridionale della costa dancala reclamata dalla Francia, e nulla hanno che fare con quelli che si pretende essere stati scavati da Lagarde presso Ras Dumeira (2).

(l) -Si tratta del te!. n. 3534, del 20 novembre, ore 15,45, non pubblicato: protesta di un funzionario francese al commissario di Assab per la presenza di truppe italiane in ras Dumeira e in Raheita. (2) -L'agente diplomatico al Gairo, Tugini, riferiva al ministero, in data 21 novembre, che, avendo chiesto a lord Cromer • se riteneva che il tentativo dH signor Deschant a Raheita fosse da interpretarsi come indizio che la Francia mediti oggi qualche azione a danno nostro nel Mar Rosso, Sua Signoria mi rispose che non aveva per ora sicuri elementi di giudizio per esprimere un suo parere; però a quanto poteva giudicare dalla situazione generale, non credeva probabile che il Governo francese avesse oggi in animo di creare a se medesimo nuovi imbarazzi con una Potenza estera, dopo specialmente l'infelice esito dell'affare Fascioda. (ACS, Carte Martini, busta 8, fase. 43).
121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. 3502. Roma, 23 novembre 1898, ore 13.

Confermo per notizia di lei essersi firmato l'accordo commerciale con la Francia (1). Ne parlai con gli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Germania come di atto che punto non muta la nostra orientazione politica e certo riuscirà beneviso anche ai nostri alleati. Ella potrà, beninteso senza fare dichiarazione alcuna, che sarebbe inopportuna, tenere analogo linguaggio (2).

122

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 3603. Parigi, 25 novembre 1898, ore 0,30.

Presidente della repubblica mi ha incaricato di far pervenire a S. M. il re ed al suo Governo l'espressione della sua viva soddisfazione per il concluso accordo commerciale. Egli augura che da questo ricevano incremento e vantaggio le condizioni economiche dei due paesi e che la ripresa della corrente degli affari abbia ad esercitare la migliore influenza sopra i rapporti politici delle due nazioni. Prego V. E. di voler ciò portare a conoscenza del re.

123

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO 3717. Parigi, 4 dicembre 1898, ore 3,35.

Al ministero degli affari esteri si crede che il progetto relativo all'accordo commerciale sarà discusso probabilmente venerdì di questa settimana. Trle giorni fa Del:cassé mi ha chiesto se io conoscessi le intenzioni del nostro ministero per promuovere l'approvazione del parlamento italiano. Ho saputo che nella commissione che qui lo ha adottato ad unanimità, fu pur domandato che cosa si sapesse in proposito. Credo che impressiona alquanto l'opposizione che sembra organizzarsi nella stampa italiana contro accordo che, in vista di essa, qualunque possano essere gli incentivi, stimerei cosa opportuna di non lasciare maggior tempo agli oppositori di organizzarsi. Se l'accordo dovesse essere respinto in Italia, gli effetti politici e di ordine finanziario sarebbero per noi dannosissimi.

(l) -Sulle precedenti trattative, cfr. alcuni documenti relativi ai giorni tra la fine di settembre e i primi di ottobre, in ACS, Carte Luzzatti, fase. 4. (2) -Cfr. Documents diplomatiques jrançais, serie l, vol. XIV, nn. 512, 527, 529, 535, 549, 552, 570; vol. XV, nn. 53, 73, 178.
124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, SALETTA

N. RISERVATISSIMA 55551/847. Roma, 6 dicembre 1898.

Mi riferisco alla nota di V. E. in data 30 novembre ultimo scorso n. 1097 (1). La situazione politica dell'Europa che aveva consigliato misure di precauzione per la sicurezza delle nostre piazze marittime, sebbene alquanto migliorata non si presenta tuttavia sufficientemente tranquilla. L'Inghilterra e la Francia non accennano ancora a disarmare e finchè quelle due potenze si tengono in istato di armamento, sono di parere che a noi convenga di mantenere o almeno di rallentare moderatamente le misure precauzionali adottate alla fine di ottobre.

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 3699. Roma, 9 dicembre 1898.

Le invio con altro simultaneo telegramma (2) le istruzioni ·Che prego V. E. di tosto inoltrare a Ciccodicola per la questione del confine, conformemente al nostro concorde pensiero. Per quanto, poi, concerne il conflitto tra Menelik e Mangascià, le confermo autorizzazione per nostra intromissione, purchè chiaramente risulti che non intendiamo punto pat~ocinare causa di Mangascià presso Menelik, ma solo porgergli il modo di far pervenire ed accogliere il suo atto di sottomissione, evitandosi così, nel comune interesse di tutti, uno spargimento di sangue. In base a questo concetto fondamentale, lascio a V. E. che, essendo sui luoghi, è giudice migliore, la cura di formolare le istruzioni da mandarsi in mio n«:>me d'urgenza e direttamente a Ciccodicola. Quanto alla convenienza di promuovere presso Menelik anche i buoni uffici di Harrington io penso che

V. E. dovrebbe !asciarne giudice lo stesso Ciccodicola, che potrà così regolarsi secondo le circostanze e le sue impressioni. Osservo, a questo riguardo, che, come Tugini mi telegrafa (3), Lord Cromer, da lei fatto presentire, teme che l'intervento inglese possa accrescere i sospetti di Menelik contro Gran Bretagna accusata intrigare con Mangascià. In ogni modo, io farò schiettamente conoscere a lord Cromer le istruzioni a lei impartite con questo mio dispaccio, acciocchè faccia pervenire, se crede, a Harrington l'istruzione di prestarsi eventualmente alla richiesta del suo collega italiano. Non sarà male far notare a Ciccodicola che, risoluta oramai la questione del confine, manca, per noi, una delle ragioni per cui potevamo in addietro desiderare l'avanzata di Menelik.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Tel. n. 3700, in pari data, non pubblicato. (3) -Con tel. n. 3766, del 7 dicembre, ore 15,30, non pubblicato.
126

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

RISERVATO N. 14943. Roma, 9 dicembre 1898.

Per notizia e norma della S. V. si comunicano riservatamente le seguenti informazioni, giunte a questo ministero da fonte attendibile ed in modo affatto confidenziale. L'accordo commerciale franco-italiano suscitò grande entusiasmo tra gli irredentisti di Trieste. Lunedì 2.8 novembre, il deputato Hortis tenne, su tale argomento, una conferenza nella sede della Società progressista. Egli disse essere convinto che Ì'accordo segna la fine della triplice alleanza, il riavvicinamento dell'Italia alla Francia; e, in un tempo non lontano, la fine del dominio austriaco a Trieste. L'oratore fece capire che, secondo la sua opinione, una volta stretti vincoli tra Francia e Italia, quella moverebbe guerra alla Germania, per rivendicare l'Alsazia-Lorena, assicurando all'Italia il possesso delle provincie di Trieste ed istriane. L'Hortis soggiunse che di tale opinione sono uomini politici italiani che gliene scrissero da Roma. Benchè la riunione fosse privata, vi assistevano più di duemila e cinquecento persone tra cui il Podestà, parecchi Consiglieri comunali e molti dei principali fautori dell'irredentismo. Dopo di ciò il comitato di azione si è messo subito in corrispondenza coi circoli irredentisti di Roma e col Deputato Barzilaj, onde ravvivare l'agitazione nelle provincie di Trieste ed istriane e nel Regno.

127

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 3760. Roma, 16 dicembre 1898, ore 20.

Nostro ministro Pekino incoraggiato anche dai colleghi propone seguire esempio altre nazioni occupando stazione nella provincia di Cekiang poco a sud di Shanghai. Il Governo sta esaminando proposta. Prego porgere confidenziale

notizia a codesto segretario di stato esprimendo fiducia che eventualmente la nostra azione avrebbe simpatia ed appoggio morale Governo germanico.

128

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 1288. Parigi, 23 dicembre 1898.

Le successive mie comunicazioni telegrafiche dei giorni passati ed i resoconti ufficiali delle tornate della Camera dei Deputati di Francia che il R. Mi

nistero ha a quest'ora ricevuti con il Journal officiel, hanno segnalato tanto nel punti più notevoli, quanto in ogni loro più minuto particolare, le circostanze nelle quali l'accordo commerciale conchiuso fra l'Italia e la Francia, è stato accettato dall'uno dei rami del parlamento francese. Rimane che brevemente accenni alle impressioni avute durante le lunghe sedute della Camera alle quali

ho personalmente assistito.

La questione d'interesse economico si è tutta concentrata e fu ostinatamente dibattuta, dagli avversari dell'accordo con l'Italia, nella discussione della legge relativa al rialzo dei dazi doganali sul vino, sovra le uve ed altre sostanze che servono alla produzione vinicola.

Il Min~stero, con il quale erasi stabilita da me la perfetta in,telligenza che nessun emendamento sarebbe in quella legge introdotto il quale potesse avere per effetto di aumentare direttamente od indirettamente il dazio d'entrata sul vino italiano ha dovuto spiegare singolare fermezza per contrastare il passo a vari successivi emendamenti sovra i quali si dovette venire ad altrettante pubbliche votazioni. La insolita durata della discussione di questa legge ha palesato che, nella opinione di una importante frazione della Camera dei Deputati, l'accordo che estenderebbe all'Italia la tariffa minima francese sui vini non riuscirebbe vantaggioso per l'economia della Francia.

Ma venutosi ieri a discutere in merito all'accordo stesso, e la questione politica essendo stata posta a tale riguardo dal gruppo della destra clericale sostenuto dalla frazione nazionalista-antisemitica, la Camera intiera ha compreso che i dissensi che l'accordo commerciale franco-italiano suscitava nel campo economico doveano scomparire per far posto ad una imponente manifestazione politica.

Questo è il significato della votazione d'ieri alla quale hanno contribuito

certamente le parole pronunciate alla tribuna dal Signor Delcassé Ministro

degli affari esteri e dal Signor Delombre Ministro del Commercio, ma che ebbe

sovra tutto un carattere spontaneo della Camera. Non vi ebbe infatti alcuna

parte la preoccupazione di approvare l'operato del Ministero. Le considera

zioni di partito vi rimasero completamente estranee. Tutti i centri e tutti i set

tori della sinistra, salvo qualche rara eccezione individuale, votarono insieme.

Come di ra2ione gli attacchi contro la politica del nostro paese portati alla

tribuna dal M.se de la Ferronays e contro lo stesso carattere della Nazione

italiana da Firmin Faure, provocarono nei banchi della estrema sinistra certe

proteste che tenderebbero a fare credere ad un dissidio profondo fra il nostro

Paese ed il suo governo. Ma dal momento che la questione politica veniva posta,

le intEmperanze di linguaggio erano inevitabili alle due estremità della Camera.

Il fatto politico, verificatosi ieri nella Camera dei Deputati di Francia

mette in evidenza una situazione nella quale debbono cessare talune prevenzioni

che tennero vive in passato pericolose diffidenze e la politica del R. Governo

deve considerarsi oggi come libera di preoccupazioni che duravano da parec

chi anni.

129

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 1674/714. Berlino, 24 dicembre 1898.

Col dispaccio n. 56957/499 del 16 corrente (l) V. E. mentre mi segnalava prive di fondamento le notizie date da giornali circa gli intendimenti del R. Governo verso la Francia, mi ripeteva l'assicurazione che l'Italia si studia bensì di mantenersi in buone relazioni con tutti gli Stati e di migliorare, ove e quanto sia possibil:e, le sue condizioni economiche, ma è del pari fermamente decisa a mantenersi, come si è sempre mantenuta, fedele ai passi della triplice alleanza. L'E. V. mi invitava ad es!>rimermi in tal senso col signor Biilow, e ciò ho appunto avuto occasione di fare ieri sera. Il signor Biilow accolse con marcato compiacimento la mia comunicazione e mi incaricò di ringraziare l'E. V. per le sue franche e leali parole. Il signor Biilow mi rinnovò le sue precedenti dichiarazioni e J.e completò, volendo, :come egli dissemi, non essere meno franco ed esplicito dell'E. V. Il gabinetto di Berlino vede e vedrà non solo sempre con piacere tutto ciò che !JUÒ contribuire al benessere economico dell'Italia, ma si allieta che le relazioni di essa colla Francia, diventando normali, siano tolti i pericoli per il mantenimento della pace, scopo supremo della Germania, che porta seco uno stato continuo di tensione dei rapporti italo-francesi. Il Governo germanico ha piena fiducia nell'Italia, e temerebbe solo se quei rapporti divenissero o solo apparissero troppo intimi, che l'opinione pubblica tedesca se ne allarmasse, e venissero a soffrirne i sentimenti di vera simpatia per l'Italia di cui sono animate le popolazioni della Germania. Nel linguaggio figurato da lui preferito il signor Biilow soggiunse: la Germania è come quel marito il quale ama, stima ed ha fede nella sua bella moglie, la vede di buon grado corteggiata, non si adombra se anche balla con altri, ma diventa geloso e sospettoso se scorge qualche « flirt » ~roppo accentuato. Le parole del signor Bulow sono abbastanza chiare: la Germania vede di buon grado il ristabilimento di relazioni « normali » fra la Francia e l'Italia, non desidera nè può desiderare che queste relazioni prendano il carattere di vera «intimità». E lo desidera, a mio parere, tanto meno in questo momento in cui non è ancora interamente allontanato il pericolo di un conflitto armato tra la Francia e l'Inghilterra. Questo conflitto, localizzato, se non è addirittura desiderato, non tornerebbe certo sgradito qui, specialmente in alto luogo, nella lusinga, anzi, nella convinzione che alla Francia toccherebbero altre gravi scon

fitte, a tentare di scongiurare le quali l'Italia, divenuta intima amica della Francia, potrebbe per avventura trovarsi indotta.

(l) Non rinvenuto.

130

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 718/379. Pietroburgo, 28 dicembre 1898.

Durante l'anno che sta per finire vennero dalla Russia istituite due nuove sedi diplomatiche; l'una a Bangkok e l'altra a Tangeri. La prima di queste creazioni evidentemente concertata durante l'estate scorsa in occasione del viaggio a Pietroburgo del re Khoulalonkorn non ha che una scarsa importanza essendo di ben poca entità gli interessi della Russia nel Siam, e l'opera del nuovo agente si dovrà limitare a prestare per quanto possibile alla Francia il suo appoggio nella lotta che sta combattendo colà contro l'influenza britannica. Di assai maggiore rilevanza puossi invece considerare l'istituzione di una sede diplomatica a Tangeri (a coprire la quale venne chiamato l'attuale Primo Segretario della Legazione di Russia a Berna signor Bacheracht, col titolo di Ministro residente) in quanto essa costituisce una nuova prova del più vivo impulso che il Governo imperiale intende dare d'or innanzi alla sua azione politica nel Mediterraneo. Se nei patti d'alleanza eventualmente stipulati tra la Francia e la Russia sia difficile ammettere che quest'ultima si sia lasciata trascinare ad impegni formali riguardo ad un'azione comune contro la Germania, senza almeno assoggettarla a certe determinate condizioni, è più che probabile invece che rispetto ad un'azione contro l'Inghilterra, specie nel Mediterraneo, essa abbia promesso <:'Ila sua Alleata la più larga ed incondizionata assistenza. L'invio quindi di un Rappresentante diplomatico al Marocco, ove possono dirsi di ben poca entità gli interessi immediati della Russia, deve considerarsi inteso allo scopo di aiutare la Francia nella lotta che sostiene colà contro l'Inghilterra ed impedire che questa riesca a metter piede in quelle regioni africane ed assicurare in tal modo la sua egemonia nel Mediterraneo. Nè a questo provvedimento soltanto si ridurranno gli indizi di una prestabilita comunanza di azione della Francia e della Russia nel Mediterraneo, altri forse ne seguiranno a breve scadenza, e duolmi di non essere finora in grado di poter confermare in modo assoluto la notizia già propalata dalla stampa, e che, a quanto mi fu assicurato da fonte egli è vero non interamente attendibile,

sarebbe conforme al vero, dell'avere cioè la Francia messo il porto di Biserta a disposizione della Russia per stabilirvi una stazione navale, fatto questo che equivarrebbe indubbiamente ad una solenne confermazione di un'intesa siffatta.

Così pure ritengo che all'invio a Roma di un diplomatico del valore e della provata abilità del signor Nelidow non sia stato del tutto estraneo quel nuovo e più vigoroso impulso che il Gabinetto imperiale intende dare alla sua azione nel Mediterraneo e che accanto al sincero desiderio di stabilire coll'Italia più intime e cordiali relazioni esso sia stato pure inspirato dal proposito di promuovere possibilmente un nostro riavvicinamento alla Francia distaccandoci dall'Inghilterra.

131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!

T. 3880. Roma, 31 dicembre 1898, ore 20.

Mi sembra, salvo migliore avviso di lei, che per non suscitare malumori di Maconnen, V. E. potrebbe, od in risposta alla sua lettera, o per mezzo di Ciccodicola, manifestargli gradimento per progettato convegno da effettuarsi nel momento opportuno non appena le circostanze consentano a lei e allo stesso Maconnen libertà di movimenti. Stimo utile farle conoscere confidenzialmente che volendo anche contemplare l'ipotesi esclusa dai rapporti di lei e di Ciccodicola, di un atteggiamento aggressivo da parte di Menelik, ho in questi giorni intavolato con l'Inghilterra uno scambio segreto di idee per una intesa essen

zialmente pacifica ed eventualmente con carattere puramente difensivo. Sarebbe una guarentigia di più per la politica di raccoglimento che professiamo in Africa.

132

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 4009. Asmara, 31 dicembre 1808, ore 16,40 (per. ore 20,10).

Mese correntfi Tugini ha già confermato a V. E. apertura trattative fra Negus e inglesi. Secondo che mi viene assicurato Negus farebbe loro molto larghe concessioni, cedendo tutto il terntorio a ovest di Uacné. Ripeto, credere di somma importanza che conclusione trattative con inglesi non preceda sistemazione nostri confini1 preoccupato dalle considerazioni intrinseche già esposte e

dalla impressione che rapidi e rilevanti risultati ottenuti dall'Inghilterra produrrebbero costà, quando la nostra questione rimanesse indecisa.

133

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 40/194. Asmara, 6 gennaio 1899, ore 8.

Non permetto relazioni con capi, se non per mezzo messaggeri diretti a me, cu.i do soltanto risposta verbale. Stesso ras Maconnen, essendosi rivolto Mulazzani affinchè gli spedisse persona di fiducia trattare di cose che diceva importanti, ho fatto rispondere per iscritto che a lui, Mulazzani, è vietato avere rapporti oHre il confine, Ras ·rivolgessesi governatore. Circa famiglie non ho avvertito ras Maconnen r>erchè domanda non ebbe ancora effetto, e perchè non bisogna immaginarsi carteggi con lui possano avvenire quotidianamente o facilmente, essendo esposti sequestro Agamè e altrove. Del resto, prego V. E. di credere che situazione è moltissimo delicata. È necessario di avere grande prudenza per non provocare risentimenti facili in chi trovasi condizione Tigrè. Se governo mi conserva fiducia, permetta che io giudichi

ciò che conviene per traversare senza urto situazione difficile estremamente. Maconnen ha detto imprudentemente che noi gli avremmo fornito viveri. Questa

notizia fu male accolta Tigrè, come fra le popolazioni della colonia nuovamente sgomentate dopo un anno di mie assicurazioni, per la dichiarazione fatta camera dei deputati di una possibile discesa Massaua. Ricevere messaggeri Maconnen, e negare rifugio alle donne di pochi piccoli Tigrini, alle quali bando Menelik minaccia schiavitù e taglio mammelle, non sarebbe, nello stato attuale delle cose, senza alcun pericolo. Ciò non è violazione stretta neutralità, nella quale dobbiamo mantenerci. Noi siamo e ci dimostriamo con lealtà amici Negus, non alleati; se tali dobbiamo mostrarci ed essere, vengano battaglioni e marceremo contro Mangascià.

134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. 50. Roma, 8 gennaio 1899, ore 18,20.

Le telegrafo di concerto col presidente del consiglio e col ministro della guerra. V. E. è sin d'ora autorizzata, in relazione con le richieste di Maconnen, sia a fornirgli i trentamila talleri da compensarsi con fondi che Menelik somministrerà a Ciccodicola, sia a consentirgli la facoltà di comperare viveri nella colonia. Osservo, circa questo secondo punto, che, i viveri non essendo contrabbando di guerra, la cosa è perfettamente normale, però converrà che l'oP'erazione sia combinata in modo da non esporci, per il trasporto di quei viveri, a pericoli o com::Jlicazioni oltre confine. Dal momento che Menelik già si dichiara disposto assicurarci possesso perpetuo del territorio fino al Mareb, non è dubbio che conviene afferrare la presente opportunità per rapidamente stringere la conclusione per la frontiera. A ciò deve mirare ogni suo sforzo di diligenza e di accortezza. Nel messaggio a Maconnen V. E I>Otrà dire che S. M. ha ricevuto l'amichevole lettera di Menelik in data 30 novembre (l) ne è molto compiaciuta

e risponderà in breve con pari cordialità. Intanto a V. E. più che mai confermiamo in questa importante congiuntura la nostra piena fiducia.

135

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 77. Berlino, 10 gennaio 1899, ore 5,30.

Corrispondente a Roma del Tagblatt telegrafato che potenze alleate hanno chiesto Italia amichevoli spiegazioni su articolo Billot Revue deux Mondes per quanto riguarda Germania. Soltanto ieri sera a pranzo intimo di commiato a

donna Laura Minghetti, cui prese parte imperatore e al quale re di Danimarca era invitato, dal ministro affari esteri, questi accennò meco a quell'articolo,

S. E. osservò che se pure come egli non dubita sono veri motivi addotti con sì poco tatto dal signor Billot per spiegare movente Francia stringere trattative commerciali con Italia, la Germania non se ne adombra avendo piena fiducia nell'Italia; egli teme solo che Francia miri eziandio in questo momento a distac

care Italia da Inghilterra come ai suoi gravi dissensi con quest'ultima potenza sono da ascrivere le tendenze di riavvicinamento a Germania che si palesano ora in Francia. Risposi a BUlow ,che amkizia con Inghilterra fu sempre cardine politito Italia sotto tutti i governi che si succedettero a Roma, che quell'amicizia fu palesemente coltivata anche quando negli anni scorsi ciò sembrava non convenire pienamente a Germania e che ritenevo nessuno penserà mai a porla in seconda linea. BUlow e imperatore sono ormai persuasi che Francia farà di tutto per evitare guerra con Inghilterra che, come ha già ceduto a Fashoda e Shanghai, essa cederà anche a Terranova e Madagascar e ad ogni modo non convenga Germania, nè Italia immischiarsi nel conflitto. Giornali di qui fino ad ora non si occupano articolo della rivista francese suddetta se non per riprodurre quel che ne scrivono giornali italiani (1).

(l) Non pubblicata.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATO 1319/22. Roma, 12 gennaio 1899.

Gli incidenti da ultimo occorsi a Trieste, ed in altri punti del litorale, in seguito alla creazione di un ginnasio slavo a Pisino hanno assunto proporzioni notevolmente maggiori, in confronto degli incidenti consimili per analoga causa altre volte sopravvenuti, rivelando una situazione che potrebbe ancora vieppiù aggravarsi.

V. E. ben conosce il mio pensiero rispetto al presente argomento, avendo avuto occasione di trattarne a voce con lei durante il recente suo soggiorno in Roma, ed avendone dipoi fatto oggetto di pubblica dichiarazione in parlamento. Il mio pensiero si riassume sostanzialmente in ciò: che possiamo bensì avere particolare simpatia per popolazioni aventi con noi vincoli di lingua e di razza, ma dobbiamo scrupolosamente astenerci da qualsivoglia intromissione nei rapporti tra quelle popolazioni ed il Governo, a noi amico ed alleato, al quale esse sono soggette. Il gabinetto di Vienna non può menomamente dubitare della stretta e scrurJOlosa correttezza con la quale intendo professare una siffatta politica: la sola conforme ai nostri obblighi internazionali, non meno che allo stesso interesse delle popolazioni italiane dell'impero.

Sta, però, in fatto che le attuali agitazioni, a Trieste, nel Friuli d'oltre confine, e nell'Istria, non sono senza eco nel regno, ed eccitano tra noi preoccupazioni che potrebbero divenire incresciose. fors'anche pericolose, per i buoni e cordiali rapporti che fermamente vogliamo mantenere verso il vicino impero.

Da questo punto di vista, la questione che si dibatte, presso la nostra frontiera, tra slavi ed italiani non può !asciarci indifferenti. Nè dubito che V. E., a cui questo particolare lato del problema non ha potuto sfuggire, avrà portato sul problema stesso la sua vigile attenzione.

Desidero che delle osservazioni sue, e dei corollarii che 1e sembri doverne trarre, V. E. mi riferisca, in guisa che io l)ossa trarre, dall'autorevole giudizio di lei, norma sicura per il giudizio mio.

Il punto più delicato è, senza dubbio, questo: se, in quale misura, ed in quali termini, possa a noi convenire di manifestare a codesto Governo, come legittima sollecitudine nostra, ed esclusivamente Der le cose nostre, le apprensioni suscitate dagli avvenimenti che nella parte italiana, della monarchia si vengono svolgendo.

Non ho, su questo punto delicatissimo, da porgerle istruzioni, e neppure indicazioni.

V. E. è il miglior giudice di quello che convenga, o non convenga fare, ed al criterio di lei pienamente mi rimetto.

Quale che sia la conclusione pratica di questo nostro carteggio, sarà ad esso serbato, non ho d'uopo di dirlo, cavattere strettamente confidenziale e riservato (1).

(l) Sull'argomento cfr. anche il colloquio Canevaro-Currie, in British Documents cit., I, pp. 280-281, n. 347.

137

IL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 90. Pechino, 12 gennaio 1899, ore 5,30 (per. ore 15,50).

Soltanto quest'oggi ministro d'Inghilterra mi ha detto confidenzialmente che il suo Governo gli ha telegrafato, per sua informazione personale, pratiche di

V. E. circa nostra stazione navale, considerando come litorale della provincia del Cekiang perchè libero, ancora, non solo mantiene reciproco sospetto per l'equilibrio in China, ma è vero pericolo per la pace generale. Il mio collega, in risposta al dispaccio che aspetta, darà seguente parere, «questo buco esiste, c nessuna potenza potrebbe essere migliore dell'Italia :Der turarlo ».

138

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 107. Berlino, 13 gennaio 1899, ore 16.

Biilow non è ritornato meco sul discorso nostra progettata occupazione in China, nè io ho creduto doveroso provocare sue dichiarazioni ~rima di ricevere altri ordini da V. E. e maggiori schiarimenti sulle istruzioni del Governo di

S. M. Le mie impressioni, basate sul silenzio del signor Biilow e su conversazioni private avute con esso e altri :prima di ora, sono le seguenti: Germania a torto od a ragione è di avviso che a noi non ci convenga intraprendere grande politica coloniale che può indebolirei all'interno e cagionare spese prima che siano migliorate nostre condizioni economiche finanziarie. Essa nulla farà per ostacolare quello che a noi paia conveniente fare, ma eviterà incoraggiare su quella via; ed a incoraggiamento equivarrebbe anche semplice dimostrazione di simpatia per nostro progetto di occupazione in Cina. Arrogi che indicazioni da me fornite su questo progetto sono per ora vaghe, il punto scelto per occupa

zione non chiaramente designato ma certamente lontano da sfera d'influenza germanica e vicino sfera d'influenza inglese, mentre tanti sono gli interessi delle potenze europee che possono laggiù trovarsi in conflitto, e il signor Bi.ilow, nella sua forse esagerata riserva diplomatica, non vorrà certamente pronunziare, fin d'ora, parola che può essere da noi considerata come promessa di appoggiare e trascinare per avventure in avvenire, il gabinetto di Berlino in una azione fuori della sua sfera d'influenza che fosse nei suoi intendimenti seguire, qualunque possano essere le risoluzioni del R. Governo. lo ritengo pertanto che dobbiamo agire per conto nostro senza chiedere appoggio ad altri, pur rimanendo assicurati di quello della Germania e credo anche dell'Inghilterra. Se eviteremo scoglio di trovarci in opposizione agli interessi loro, e avremo cura tenerci con esse in relazione, l'una e l'altra in estremo Oriente, ove non sono legate da alcun obbligo con noi, non avranno certamente mai altra norma che quella del proprio interesse.

(l) Analogo dispaccio in data 16 gennaio fu inviato all'ambasciatore a Berlino, Lanza. Il Canevaro, nel dire a Lanza di parlare della cosa col Btilow e anche con l'imperatore, aggiungeva sperare c che anche costi si giudichi non indiscreto e non intempestivo di far giungere a Vienna alcuna parola amichevole che trattenga la monarchia austro-ungarica dallo inoltrarsi sopra una via dannosa agli interessi suoi non meno che a quelli dei suoi alleati >.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 150. Roma, 23 gennaio 1899, ore 11.

Della eventuale nostra occupazione in Cina qualche cosa comincia a trapelare ed io temo che uscendo fuori la notizia nei suoi termini esatti possa derivarne qualche serio imbarazzo. Il punto a cui noi miriamo è il solo ormai libero e non credo che all'Inghilterra possa essere indil:ferente il vederlo occupato da altri anzichè da noi. Prego V. E. di voler sollecitare, presso lord Salisbury, una risposta decisiva che non dubitiamo sarà favorevole.

140

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 177. Londra, 23 gennaio 1899, ore 18,50.

Per la occupazione in China ho parlato con questo signor ministro degli affari esteri, e della conversaz~one ho fatto estesa relazione (l) inviata immediatamente col corriere ausiliare 21. La risposta è favorevole con una sola riserva: Salisbury chiede assicurazione scritta che l'Italia non ceda ad altri il possesso. Tale riserva è stata fatta in senso di grande amicizia e benevolenza.

141

L'AMBASCIA-TORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. CONFIDENZIALE RISERVATO l14/35. Vienna, 23 gennaio 1899.

La questione, posta nel dispaccio riservato di V. E. del 12 corrente (2) (recatomi dal corriere di gabinetto il 17), se ed in qual misura il Governo del re

Il) Non pubblicata.

!l

possa chiamare l'attenzione del Governo austro-ungarico circa l'impressione prodotta nell'opinione pubblica italiana dalle recenti dimostrazioni di Trieste contro l'istituzione d'un liceo croato a Pisino, è di un'indole molto delicata.

Al punto di vista internazionale, il Governo del re non ha diritto d'ingerirsi nella questione del liceo croato a Pisino, più di quanto lo abbia, per esempio, d'ingerirsi nelle scuole francesi in Corsica, ·e nelle inglesi a Malta, o di !IUanto lo abbia la Francia per le scuole italiane nelle valli d'Aosta e di PineiOlo, o della Germania nelle valli d'Alagna o di Gressoney. Adunque qualsiasi passo diplomatico relativo a tale questione non avrebbe base giuridica, e andrebbe incontro, ove si facesse, ad un richiamo puro e semplice alle regole di diritto internazionale.

Si aggiunga che, l'impronta irredentista che il Governo I. e R. si crede autorizzato a scorgere in ogni manifestazione degli italiani di Trieste, un qualsiasi segno d'approvazione o d'ingerenza del Governo italiano rivestirebbe agli occhi del Governo austriaco un carattere specialmente offensivo, comunque il medesimo si volesse attenuare o giustificare. Gli organi del Governo I. e R. hanno del resto sovente dichiarato che esso intende governare tutte le parti della monarchia secondo la costituzione fondamentale di essa, ma con piena indipendenza verso le vicine nazioni, sia che si tratti di sudditi di lingua italiana, o di lingua tedesca, o di lingua slava o rumena. La questione, che si agita tra le popolazioni di lingua italiana nell'impero, trova il suo riscontro in quella che, in proporzioni molto più vaste, turba da varii anni l'intera compagine di questa monarchia.

I gabinetti Cisleitani, che si succedettero dall'epoca del Ministero Taaffe fino al presente, si trovarono chiamati a governare con una Camera in cui l'elemento slavo, compreso il polacco, forma la maggioranza. E tentarono di governare, più o meno esclusivamente, con questa maggioranza.

Gli altri elementi, come il tedesco e l'italiano, si trovarono sospinti nella minoranza e quindi nell'opposizione. È superfluo il cercar qui ora se ed in qual misura questo sistema sia stato erroneo, e se, data la situazione parlamentare, sarebbe stato possibile il seguire un'altra via. Il fatto è che ora l'elemen1o slavo della monarchia, fatto conscio della propria nazionalità, della sua potenza economica, e del suo numero preponderante, chiede di avere nella monarchia una situazione politica e amministrativa proporzionata alla sua importanza. E il Governo, per timore d'avere nella camera una maggioranza ostile, ha creduto di dover venire a patti con esso. I risultati d'un tale sistema sono noti a V. E. e sarebbe inutile il continuar qui questo esame.

Mi occorre soltanto di avvertire la stretta relazione che esiste tra le manifestazioni tedesco-slave e le italo-slave. La questione per le due frazioni della monarchia è in fondo la stessa, salvochè la popolazione italiana ha specialmente a suo svantaggio, agli occhi del Governo centrale, oltre il numero relativamente piccolo degli abitanti, anche il fatto delle tendenze irredentiste spesso manifestate da coloro che si pretendono autorizzati a parlare ed agire in suo nome.

Messa perciò da parte ogni idea di una azione, o anche soltanto d'una conversazione diplomatica più o meno ufficiale, presso il conte Goluchowski, come l'E. V. bene avverte nel suo dispaccio precitato, rimaneva però a vedere se, nello stato particolarmente amichevole delle nostre relazioni reciproche, fosse possibile e conveniente il partecipare al conte Goluchowski, nei termini

più fiduciosi, le preoccupazioni nostre circa gli ultimi eventi di Trieste.

Ho stimato che io potevo farlo, e lo feci.

Nella conversazione, che ebbi ieri l'altro col conte Goluchowski, gli parlai confidenzialmente delle nostre preoccupazioni. Gli dissi che V. E. prevedeva che, in un modo o nell'altro, sarebbe stato interrogato circa le ultime dimostrazioni in Trieste, e che egli, conte Goluchowski, conoscendo i sentimenti del Governo italiano e del suo ministro degli affari esteri, non poteva dubitare del senso della risposta che a queste interrogazioni sarebbe data. E il senso sarebbe questo: che, cioè, noi possiamo avere una simpatia molto naturale per popolazioni aventi con noi vincoli di lingua e di razza, ma che sentivamo l'obbligo, come avevamo l'intenzione, di astenerci da ogni ingerenza nei rapporti tra le popolazioni italiane dell'impero e il Governo austro-ungarico, nostro amico e alleato, e che, così facendo, noi avevamo la convinzione, non solo di adempiere i nostri doveri internazionali, ma di agire nello interesse stesso delle popolazioni italiane dell'impero.

Soggiunsi, però, che le agitazioni sollevatesi in Trieste, nell'Istria e nel Friuli d'oltre confine avevano avuto un'eco tra le popolazioni e nella stampa del regno d'Italia, suscitandovi un movimento d'opinione non favorevole a quei rapporti d'amicizia e d'alleanza tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, che noi siamo ben decisi a mantenere e a tutelare. Parlando confidenzialmente e da amtco, ad amico, io avevo creduto bene, gli dissi, di non celargli queste nostre preoccupazioni, facendogli conoscere ad un tempo, una volta di più, il sentimento del Governo italiano circa la questione di massima.

Il conte Goluchowski mi rispose, come mi aspettavo, molto sobriamente. Egli mi ringraziò di non averlo posto nella necessità di non accettare una conversazione circa l'amministrazione interna di uno dei paesi dell'impero, e si disse lieto di sentirsi rmetere a nome del Governo italiano l'espressione di sentimenti, di cui non aveva mai dubitato. Parlando estraufficialmente, e come io aveva detto, da amico ad amico, ed astenendosi naturalmente dal discutere con me, come con qualsiasi altra persona, circa i meriti o demeriti del sistema di Governo seguito dal gabinetto, di cui, come ministro comune delle due parti della monarchia, faceva pur parte, egli voleva però soggiunse, farmi notare come il Governo I. e R. dovesse pur tener conto del fatto che ile popolazioni di ling\la slava sono superiori di numero non solo ai tedeschi in Bo-emia ~ Moravia, ma anche agli italiani nell'Istria, i quali hanno già un ginnasio superiore a Capo d'Istria, mentre i croati e sloveni, di molto superiori in numero, non ne avevano.

Così finì la conversazione, negli stessi amichevoli termini come era cominciata.

Io non mi fo illusione circa l'effetto che le mie parole possano avere sullo spirito di questo Governo. Il mio collega di Germania, che, nella stessa via amichevole e confidenziale, chiamò l'attenzione del conte Goluchowski sull'eco che gli eventi di Boemia e le discussioni della camera di Vienna hanno in Germania, non ha migliori speranze circa un cambiamento di sistema nel Governo austriaco. E senza un tale cangiamento è da ;Jrevedersi che l'andamento attuale delle cose non si migliorerà. Tuttavia una soluzione delle gravi questioni che agitano questo impero, almeno una soluzione provvisoria e parziale, s'imporrà tosto o tardi. E, in quella previsione, non sarà stato senza utilità che l'eco dell'opinione nei paesi posti al confine dell'impero sia !)ervenuto a notizia del ministro che ha specialmente cura degli interessi internazionali della monarchia austro-ungarica.

(2) Cfr. n. 136.

142

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 181/240. Asmara, 24 gennaio 1899, ore 10,55.

Lettera di Ciccodicola, !)assata per la via Tigrè e trasmessami da ras Maconnen, annunziami che Menelik ringrazia governatore Eritrea della mediazione da lui proposta per comporre questione con Mangascià, e dichiarò accettarla, lieto dare nuova prova sua amicizia per Italia. Mi sembra che paese non abbia a dolersi della politica che si è seguita (1).

143

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 87. Parigi, 25 gennaio 1899.

In questi ultimi giorni i giornali hanno annunziato che fra l'Ambasciatore d'Inghilterra a Parigi ed il signor Delcassé si erano riprese le trattative sovra le varie questioni che sono aperte fra la Francia e la Gran Bretagna. Alcuni diari pretesero perfino che Sir Ed. Monson avesse presentato qui un memorandum a tal fine e lasciarono intendere che la comunicazione avesse un carattere quasi comminatorio. Queste notizie mancano di fondamento. Fino ad ieri il mio collega britannico non avea trovato l'occasione di ripigliare le sue conversazioni con questo Ministro per gli affari esteri sovra altre questioni che quelle relative all'insediamento del nuovo governo cretese. Egli era convinto che il signor Delcassé seguiva, nello eludere ogni colloquio sovra altra materia, un prestabilito disegno. Ma lord Salisbury, che avea lasciato intendere al signor Cambon, fin dal primo momento in cui questi arrivò a Londra, di essere disposto a riprendere in esame le cose appena si sarebbe calmata l'emozione prodotta dall'incidente di Fascioda, avea conversato con l'Ambasciatore fran

cese a Londra e gli avea fatto capire che se la Francia volesse esporre le domande sue, il Gabinetto di Londra le avrebbe prese in. esame col proposito di risolvere le difficoltà esistenti sulle delimitazioni africane.

Vorrà il Governo francese adottare questo procedimento? Sir Ed. Monson ritiene t.he esso sarà adottato. Intanto da qualche giorno si è prodotta una diminuzione sensibile nello stato di tensione che esisteva nei rapporti fra l'Inghilterra e la Francia. È cosa naturale che l'effetto di ciò sia de' migliori ed, anche dal punto di vista degli interessi nostri, potremmo felicitarci appieno della modificazione verificatasi nella situazione, se l'invito che da lord Salisbury sarebbe stato fatto alla Francia, non inchiudesse quasi il preliminare riconoscimento che questa abbia diritto di domandare compensi.

Vi è, signor Ministro, in questa questione dei compensi un punto assai pericoloso, a parer mio; il quale richiede di adoperare da parte nostra la massima vigilanza. Ciò che io osservo Qui mi produce l'im:pressione che le menti più aperte a ciò che la necessità delle cose impone abbiano ormai abbandonata ogni speranza di opporsi efficacemente allo stabilimento definitivo e permanente dell'Ingbilterra nella Valle del Nilo. Quando il 19 di questo mese fu conosciuta qui la recente convenzione firmata al Cairo fra il Governo inglese e quello del Khedive per regolare la condizione del Sudan egiziano, i principali giornali parigini ne accolsero la notizia con una grande calma e parlarono in termini generici dei compensi necessari per mantenere l'equilibrio fra l'Inghilterra e la Francia. Nella discussione generale del bilancio degli affari esteri, la questione delle relazioni fra l'Inghilterra e la Francia occupò l'intiera tornata del 23 di questo mese. La discussione, mantenuta in un ordine di idee elevato, condusse tutti gli oratori che vi presero parte, ad una identica conclusione circa la necessità per i due paesi di risolvere pacificamente le divergenze di alcuni loro interessi particolari in vista del reciproco vantaggio che deriva ad entrambi dal loro accordo. Vero è che un oratore di destra il signor Denys Cochin insistette sovra ciò che in altri tempi la Porta ottomana e gli Stati europei non avrebbero mancato di fare in omaggio al principio della conservazione della integrità del territorio della Francia, èd il signor Ribot, rivendicando la parte che come antico ministro gli spetta nella preparazione della situazione presente, spiegò con energica parola il concetto che il regolamento definitivo della questione egiziana non sia cosa che spetta all'Inghilterra ed alla Francia soltanto, ma bensì al concerto delle potenze garanti. Però nessuno nella camera, nè nella stampa, fece udire in questi giorni le categoriche proteste e le veementi recriminazioni che altre volte la discussione sulla questione d'Egitto avrebbe provocato su tutti i banchi del Parlamento. A me pare bene debba trarre la conseguenza che oggimai nello s::;>irito pubblico francese si è operato il mutamento necessario perchè la questione egiziana possa essere posta davanti a lui in termini che ammettono la transazione con l'Inghilterra.

L'esperienza del 1890, quando lord Salisbury, con una convenzione di cui ebbi a segnalare, durante la mia missione a Londra, tutti gli svantaggi, riconobbe alla Francia una zona d'influenza che tolse o:;tni valore alla Tripolitania, le abbandonò comiJletamente-il Madae:ascar e tuttociò unicamente per vedere ratificato da Parigi l'accordo anglo-germanico stipulato poco prima per lo Zanzibar, dovrebbe servirei a qualche cosa. Il Gabinetto di Londra si nascose allora completamente da noi benchè recenti fossero in quel tem:Do le segrete intelligenze corse in vista della conservazione dell'equilibrio delle forze nel Mediterraneo. Non mi pare di avere saputo allora, ma ne ebbi di certo il sospetto più tardi, che la Germania fosse invece stata tenuta al corrente delle trattative anglo-francesi e che essa avesse consentito a tenere noi soli al buio di ciò che si combinava per aprire ai Francesi verso il Chad il campo di sabbie dove tutta l'energia del « Coq gaulois » si sarebbe esaurita. Non sono certamente risolute tutte le difficoltà che l'occu!)azione francese avrà ad incontrare per istabilirsi Dermanentemente sovra tutta la linea che congiunge i suoi possedimenti algerini e transahariani con le regioni, ritenute popolose, che contornano il Chad. Ma molte di quelle difficoltà non furono insuperabili, come forse si era creduto, e per certo quelle linee, lungo le quali, con il consenso dell'Inghilterra, la Francia ha acquistato, fino dal 1890, la piena libertà di espandersi, hanno !,)regiudicato in modo irreparabile l'avvenire della Trioolitania. L'Inghilterra parve allora non essersi resa conto dell'interesse nostro che indirettamente, ma gravemente, essa avea offeso. Non vorrei che quando si trattasse di assegnare altri compensi alla Francia essa avesse ad agire come ha agito allora. Di certo ci deve essere nreziosa l'assistenza eventuale della potenza navale dell'Inghilterra nel Mediterraneo, nè io vorrei anche lontanamente suggerire cosa alcuna che DOtesse significare diffidenza verso il Gabinetto di Londra.

Ma non possiamo nè dobbiamo dimenticare gli esempii del passato che non istarò a citare tutti, perchè, nelle circostanze presenti, quello che ho indicato mi pare attagliarsi il meglio alle previsioni prossime che ci è permesso di fare. Anch'io, signor Ministro, conchiuderò questo rapporto col dire che se dobbiamo rallegrarci dei sintomi che palesano la diminuita tensione delle relazioni fra l'Inghilterra e la Francia, il momento è tuttavia venuto in cui più che mai ci è necessario il tenere gli occhi aperti e dove ci è possibile provvedere noi stessi ai casi nostri, sarà saviezza il non indugiare a prendere, per gli interessi che ci concernono, le guarentigie che ci possono assicurare contro maggiori, eventuali danni.

(l) Cfr. quanto scriveva al Martini il Nerazzini in data 28 gennaio 1899: • Come pernio della nostra azione diplomatica verso Menelik, Ella sa che ero pienamente e forse più assolutamente persuaso di Lei come dovevamo profittare dell'avversione che si trovava in Etiopia per l'espansione inglese, e del sospetto abbastanza ragionevole in Menelik sull'attitudine dell'Inghilterra verso di Lui in rapporto al conflitto che stava per sorgere con Mangascià. Mi parve logico ed opportuno il di Lei consiglio di spiegare un'azione pacifica ed intervenire in questo senso tra Menelik e Mangascià: ciò non poteva urtare la suscettibilità di Menelik, ciò doveva pro.curarci maggior prestigio, ciò doveva in qualche modo garantirci da possibili rappresaglie dei Capi Tigrini, se il conflitto avesse sortito un esito a Loro favorevole. Ma non mi piacque l'idea di unire la nostra azione a quella dell'Inghilterra, intervenendo quali Potenze Europee ugualmente interessate in Etiopia per farsi arbitre della questione, senza essere richiesti dallo stesso Menelik il quale avrebbe potuto sospettare che tale accoTdo per un'azione pacifica fra i due Contendenti esprimesse un accordo d'altra natura •. (ACS, Carte Martini, b. 11, fase. 61).

144

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 94. Parigi, 25 gennaio 1899.

Ancorchè l'ultima volta che V. E. ebbe a scrivermi (2 gennaio 1899, numero 0208/2, Div. I, Sez. I) (l) circa le cose di Tripoli le notizie che erano pervenute al Governo di Sua Maestà confermassero pienamente ciò che dai miei !)recedenti colloQui col signor Delcassé era risultato, io stimai che nelle circostanze presenti non convenisse omettere da parte mia di aver·e, circa le cose stesse, una nuova conversazione con questo signor Ministro degli affari

esteri. Mi premeva provocare dal medesimo, sotto una nuova forma, la ripetizione di dichiarazioni da lui stesso e dal suo predecessore diggià avute, oppure

essere in grado di segnalare a V. E. od un mutamento di linguaggio, od un significativo silenzio.

Debbo affrettarmi a dire che la prima di queste ipotesi si è verificata e che il linguaggio del signor Delcassé, in una conversazione che ebbi oggi con lui, non solo ha confermato intieramente le anteriori dichiarazioni di assoluto dicsinteresse della Francia sovra la Tripolitania, ma ha dato alle medesime un carattere che fino ad ora esse non aveano avuto.

Ritraccerò qui sommariamente la conversazione avuta.

La discussione recente della Camera dei Deputati e la notizia che sono aperti a Londra gli scambi di idee circa il componimento delle difficoltà nate dalla missione Marchand, mi permisero di portare il discorso sovra lo scopo e l'itinerario dell'altra missione che ora è in viaggio al Sud, diss'io, dell'Algeria e che, in mezzo alle inesattezze delle notizie dei giornali e le incertezze delle mie cognizioni geografiche, non mi riusciva chiaro se dovesse volgere a levante od a ponente. M'interruppe tosto il Ministro dicendomi: «Ella parla certamente della missione Lamy-Foureau, la sola del resto che noi -abbiamo in questo momento in viaggio». Ed invitatomi ad avvicinarmi con lui alla Carta d'Africa sospesa alla parete, mi mostrò col dito Timassin, centro montagnoso, situato presso a poco al 24o di latitudine al punto d'intersezione con il 5° e lh di longitudine nelle mappe francesi. Le ultime notizie che si ebbero, annunziarono che la missione partita da Onargla era giunta a questo punto, di più, disse il mio interlocutore tracciando una linea retta fino alla sponda occidentale del Chad, essa dovrà percorrere questa via e raggiungere questa meta; poi r.ttornare, lungo la linea che separa la zona francese dall'inglese, verso occidente e rientrare per questa via in Algeria. Mi accontentai, senza nulla precisare, di rispondere che io speravo che in questo viaggio non sarebbe visitata la zona spettante alla Tripolitania, regione sulla quale l'attenzione del mio paese si teneva fissa. Non ebbi bisogno di spiegarmi maggiormente poichè, senza !asciarmi prosseguire, il signor Delcassé così prese a parlare: « Senta, io non posso parlare di ciò altrimenti che a titolo personale, ma le posso dichiarare, come già lo feci altre volte, che il Governo francese non ha nessuna vista sovra la Tripolitania. Non ci appartiene di distribuire ad altri i territori di altrui spettanza, ma ove l'Italia, alla quale riconosco il diritto di avere per sè nel Mediterraneo delle viste per l'avvenire, avesse portato lo sguardo sovra la Tripolitania, di certo non m'incontrerebbe sulla via per impedirle l'esecuzione de' suoi progetti. Io mi sono espresso, or sono circa due anni, in questo senso quando non era al Goveimo e m'incontrai a Roma con iii. Marchese di Rudinl ed il Marchese Visconti-Venosta. Ella può far appello alla memoria di quei Signori; ed ora sono lieto di avere l'occasione di dirle che le idee che al proposito ho professato mentre sedeva come semplice deputato, sono le stesse che porto oggi al governo, che inspirano e guidano la mia condotta».

Ho voluto dare alle cose che mi disse il signor Delcassé la forma testuale non perchè io sia sicuro della esattezza di ogni parola, ma perchè risulti quale fu precisamente il tenore del discorso e quanto furono chiare ed esplicite le dichiarazioni in esso contenute.

Lasciai intendere in termini piuttosto vaghi che io non avea inteso andare così a fondo di un soggetto sul quale a me risultava soltanto quanto stava

a cuore del mio Governo che si evitassero novità. Non mi era perciò meno

preziosa la dichiarazione udita certamente inspirata da un sentimento amiche

vole altamente apprezzabile. Replicò ancora il signor Delcassé osservando che

ogni paese europeo dovea avere oggi in vista le sue riserve territoriali e che

era cosa ben naturale e legittima che l'Italia avesse in vista le sue. Poi sog

giunse: c: non so che cosa faccia dire l'Inghilterra a Roma; ma Ella tenga

per fermo e sicuro ciò che le ho detto delle intenzioni della Francia, perchè il

paese pensa al pari di me relativamente alla Tripolitania e nessuno vorrebbe

fare cosa che dispiacesse all'Italia e ne offendesse le legittime aspirazioni».

L'ora è ormai tarda e mi preme spedire, con il corriere di gabinetto che

parte questa sera, la narrazione del colloquio avuto oggi. Non ne dedurrò dunque

per ora ehe una sola conclusione ed è questa. Esso avrà per lo meno servito

a prevenire dalla parte francese un pericolo di ulteriori danni.

(l) Non pubblicato.

145

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATISSIMO 133/49. Berlino. 26 gennaio 1899.

In possesso delle istruzioni da V. E. favoritemi col dispaccio (riservatissimo) del 16 corrente (n. 1894/25) (l) relativo alla creazione di un ginnasio slavo a Pisino, ho conferito col signor von Blilow sulle apprensioni suscitate presso di noi dagli avvenimenti che nella parte italiana della monarchia austruungarica si vanno svolgendo. Ho francamente esposto al segretario di stato per gli affari esteri il pensiero del Governo del re e non gli ho taciute le istruzioni da V. E. rlate al conte Nigra per manifestare al gabinetto di Vienna i pericoli che ci crea la politica da esso seguita verso le popolazioni che hanno eon noi vincoli di lingua e di razza. Ed ho conchiuso col lasciare il signor von Blilow giudice della convenienza che anche il gabinetto di Berlino faccia giungere a Vienna alcuna parola amichevole per trattenere la monarchia austro-ungarica dallo inoltrarsi maggiormente in una via dannosa non meno ai suoi che agli interessi dei suoi alleati. Il signor von Btilow mi rispose che egli, al pari di V. E., ritiene piena di pericoli non solo per la saldezza della triplice alleanza ma anche per l'Austria-Ungheria stessa la politica ivi seguita verso le popolazioni tedesche ed italiane. Egli apprezza altamente i pensieri che in nome di V. E. gli ho espressi e mi soggiunse che per parte del gabinetto di Berlino e dell'Imperatore stesso (come ho riferito a suo tempo) non ~ono mancate ripetute amichevoli rimostranze a Vienna per le condizioni che sono fatte allo elemento tedesco !in favore dell'elemento slavo. Se uguali rimostranze saranno per ciò che riguarda l'elemento italiano fatte da noi il Governo germanico non potrà che compia

cersene ed esso crede anzi nell'interesse di tutti di consigliare che non siano omesse. Nessuno meglio del conte Nigra è nel caso di esprimerle colla misura

e col tatto dovuto, ma con fermezza. Il signor von Biilow non ritiene pel"ò utile aggiungere, ora parole sue su questo delicato argomento e lo trattiene essenzialmente il timore che una azione comune dell'Italia e della Germania possa essere interpretata a Vienna come u:n accordo intervenuto tra i due alleati per far pressione sul terzo, possa eccitare le ben note sue suscettibilità e ottenere un effetto contrario a quello desiderato.

Agire separatamente, ma con identico scopo, è quanto al signor von Bi.ilow sembra, allo stato delle cose, più utile e conveniente (1).

(l) Non pubblicato, ma cfr. la nota l a pag. 80.

146

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, PELLOUX, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

L. RISERVATISSIMA 1003. Roma, 28 gennaio 1899.

Da un Agente segreto, che è in grado di essere bene informato, ricevo le seguenti notizie, che stimo opportuno comunicare all'E. V. in via confidenziale: «Oggi parlai lungamente col Generale Ricciotti Garibaldi. Le sue dichiarazioni gli hanno suscitato ire e diffidenze fra i repubblicani ed i democratici, ma simpatie e speranze fra i clericali ed i socialisti. Dalla Francia ha ricevuto incoraggiamenti. È sicuro che in Vaticano si guarda con grande simpatia questo movimt:nto, e, sono sicuro, furono intavolate trattative a mezzo di un eminente Prelato. È stato impartito ordine agli organi clericali di tace1·e prudentemente, o di rilevare incidentalmente la cosa; così l'Osservato1·e Cattolico rileva la di lui franca e leale dichiarazione. È anche sicuro che da quella parte si avranno aiuti finanziari a tempo opportuno. Peraltro il Generale non nasconde il suo proposito, ed agli amici di parte repubblicana, ha messo nettamente la questione: o la repubblica con l'aiuto del Vaticano (e bisogna dare affidamento di serie franchigie) o nulla. I repubblicani lombardi, specie gli emigrati, sono con lui d'accordo, fannÒ eccezione quelli di Roma, e non tutti. A Parigi sono attivissimi Pirolini e Chiesi, i quali hanno acquistato molta influenza. Un tale lavoro, per ragioni diplomatiche, è incoraggiato anche dal Governo francese a mezzo dell'Ambasciata, la quale, stando alle assicurazioni avute da persona degna di fede, avrebbe speso forti somme in questi giorni per guadagnare qualche giornale mode

rato, o per attenuare gli attacchi di un organo importantissimo, qual'è la Tribuna.

147

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 271. Pietroburgo, 1 febbraio 1899, ore 11,26 (per. ore 7 del 2).

Vidi testè Mouraview il quale mi disse che la conferenza si sarebbe probabilmente riunita all'Aja, confermandomi difficoltà di poterla riunire a Copenha

gen e tanto meno a Berna, e quindi la quasi impossibilità di scegliere fra le capitali degli stati minori una città ove non risieda un rappresentante pontificio. Mi aggiunse ritenere che l'azione del Governo imperiale ormai dovrebbe consistere nello invitare il Governo del paese scelto a riunire la conferenza, senza indicare chi debba prendervi parte; e accennò essere probabile che la Russia nomini un delegato fra i suoi uomini più eminenti. Con tutto ciò si ritiene difficile escludere il rappresentante Santa Sede, e rispondere negativamente al papa ove egli faccia formale domanda di essere rappresentato alla conferenza, cosa che finora non ha ancora fatto. A suo avviso meglio era quindi, al nostro punto di vista, che la cosa venisse naturalmente, riunendosi la conferenza in una città dove risiede regolarmente un rappresentante pontificio. Continuando io ad insistere sulle considerazioni svolte ieri al conte Lamsdorff, cioè su quel>le contennte 1!1el secondo telegramma V. E. in data 29 (1), egli mi ripetè osservazioni già da me telegrafate circa poca importanza che aveva, a suo avviso, questo intervento, dal momento che erano escluse tutte le questioni attinenti ai rapporti politici fra i vari stati; e cercò convincermi come azione del rappresentante pontificio potesse avere qualche peso appunto per appoggiare con l'alta autorità del Santo Padre il successo dell'opera umanitaria intrapresa dallo Czar, e come potesse anche, fino ad un certo punto, essere giustificata per la trattazione del numero 8 e forse anche del 7 della

circolare.

A questo punto ebbe termine nostro colloquio, mantenendo io, fermamente idee già esposte sulla poca utilità della rappresentanza pontificia e sugli inconvenienti che essa presenta (1).

(l) Cfr. anche Die Grosse Po!itik ecc., XIII, pp. 150-151, n. 3498.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. P. 260. Roma, 4 febbraio 1899, ore 14,30.

I telegrammi di Morra non escludono l'eventualità di un invito al Papa per suo intervento nella conferenza: nè in tale ipotesi noi possiamo lusingarci che altre potenze siano disposte ad una efficace resistenza. Noi ci troveremmo,. ciò accadendo, nella alternativa, o di una astensione che potrebbe pregiudicarci per l'avvenire o di una acQuiescenza che ci creerebbe, all'interno, gravissimi imbarazzi. Forse ogni cosa potrebbe conciliarsi qualora l'invito eventuale al Papa fosse preceduto da una comunicazione preliminare con la quale la Russia manifestandoci con opportuna motivazione la sua intenzione, ci chiederebbe se da parte nostra si vedrebbe diffi,coltà: aUa quale comuni<cazione da noi si risponderebbe dichiarando, del pari, con opportune. motivazione, che niuna difficoltà si vedrebbe.

Prego V. E. di telegrafarmi (l) il suo autorevole parere sopra la convenienza e J.a attuabilità di un simile procedimento, non che sulla via migliore da seguirsi eventualmente per far giungere in proposito a Pietroburgo una sicura suggestione. Naturalmente tutto questo deve per ora rimanere tra noi due, trattandosi di un semplice mio pensiero personale che non potrebbe assumere forma concreta se non col consentimento di S. M.

(l) -Te!. n. 215, del 29 gennaio, ore 20, non pubblicato: istruzioni di dichiarare fermamer.te l'opposizione del Govemo italiano ad una partecipazione del rappresentante pontificioalla Conferenza per il disarmo. (2) -Il telegramma fu ritrasmesso a Vienna e Berlino (T. 153, del 2 febbraio, ore 19,55) con la seguente aggiunta: « Di fronte alla dichiarazione del conte Muraview a noi conviene per il momento tenerci in grande riserbo, ma ci converrebbe, ad ogni buon fine, sapere se e fino a quale punto noi potremmo, nella presente circostanza, fare assegnamento sull'appoggio dei nostri alleati. Prego V. E. di continuare a tale scopo le sue indagini e farmene conoscere al più presto il risultato •.
149

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 293. Vienna, 4 febbraio 1899, ore 17,10 (per. ore 19).

Avrò cura indagare opinione del Governo austro-ungarico sull'intervento di un rappresentante pontificio alla conferenza convocata dalla Russia, ma fin d'ora credo dover avvertire V. E. di non farsi illusioni sul modo di vedere dei gabinetti Vienna e Berlino. Questi sono convinti che la conferenza non avrà risultato pratico, eccetto quello del suo alto significato morale, ma vogliono fare atto di deferenza verso l'imperatore di Russia e non faranno nulla che abbia apparenza di incagliare la sua proposta. Essi lascieranno Governo italiano libero di accordare o di negare la sua partecipazione, poichè ciò tocca gli obblighi dell'alleanza, ma penseranno probabilmente che in una conferenza in cui è esclusa ogni questione territoriale e nella quale deve trattarsi dell'arbitraggio internazionale, attribuito talvolta al Papa, la presenza di un rappresentante pontificio non dovrebbe essere per il Governo italiano ragione sufficiente per astenersi ed esporsi all'accusa di contribuire allo insuccesso della proposta russa. Queste però non sono che supposizioni fondate sul linguaggio che si tiene nei circoli politici di Vienna. Sarò

presto in grado di confermarle o di confutarle dopo che avrò parlato in proposito col conte Goluchowsky.

150

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. CONFIDENZIALE 294. Berlino. 4 febbraio 1899, ore 17,45 (per. ore 19,15).

Ieri sera S. M. l'imperatore mi onorò, come ogni anno in questa stagione, Ji una sua visita. Questa non aveva alcuno scopo speciale, ma non fu per me priva di interesse: raccolsi Quanto meno dalla bocca di S. M. la ripetuta sua

convinzione che il conte Mouravieff abbia fatto overa insipiente ed imprudente nel sollevare questione conferenza :9el disarmo, destinata a completo insuccesso.

S. M. era già informato delle nostre preoccupazioni dell'even:tuale invito al Papa di prendervi parte. Trovò giuste le nostre considerazioni in proposito fatte al conte Mouravieff e senza darmi affidamento di appoggiarle, mi lasciò

capire che se ne occuoa. Così S. M. dissemi aver fatto assumere a Roma informazioni circa modo con cui furono vresentate al Papa istruzioni nota circolare e risultargli che furono rassegnate come cosa che può interessare personaggi investiti di sì alta influenza morale quale il Santo Padre, senza alcuna parola che accenni anche lontanamente a invito di farsi rappresentare conferenza. Come noi per eventuale presenza di delegato del Papa, S. M. è preoccupato dal fatto che suo delegato può trovarsi nella conferenza in opposizione col delegato francese; e non ebbe :parole abbastanza !)er biasimare leggerezza conte Mouravieff che non si preoccupò di tutte queste eventuali e spiacevoli conseguenze che possono derivarne.

Circa riforme Macedonia S. M. sembra temere che, :per parte nostra, si voglia esercitare troppa pressione sulla Sublime Porta, mentre Russia, Austria e Germania propendono misure più blande per risparmiare nuove umiliazioni al Sultano e mantenere tranc::.uillità assoluta nei Balcani. Rassicurai S. M. affermando non essere a mia conoscenza alcun atto del R. Governo che si scosti da intenzioni altre nazioni intere3sate.

Circa conferenza anarchica e attentato Alessandria S. M. non mi disse

parola; nè io credetti prudente, non avendo ancora elementi per discorrerne

utilmente portare su ciò la conversazione, la quale continuò poi a lungo su

soggetti meno importanti.

(l) Cfr. n. 149.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 270. Roma, 5 febbraio 1899, ore 19,50 .

Ci conviene oramai chiarire la nostra posizione rispetto alla progettata

conferenza per il disarmo. Prego V. E. di presentare al conte Mourawieff, o verbalmente, o con semplice nota verbale, come a lei sembri meglio, la seguente nostra risposta: « Il Governo del re conferma la sua adesione ed il suo plauso alla nobile ed alta iniziativa dell'imperatore Nicolò. Esso accetta in massima il programma per la divisata conferenza così come è stato formulato nella 1ecente circolare del conte Mourawieff; salvo a discutere i particolari, in seno alla conferenza stessa. Naturalmente il R. Governo ritiene che in conformità di quanto è espressamente dichiarato nella circolare con cui il progetto di una t.onferenza fu messo innanzi dalla cancelleria russa le potenze chiamate ad intervenire nella conferenza saranno quelle aventi rappresentanti accreditati presso lo czar ». Nel rimettere questa risposta al conte Mourawieff V. E. potrà astenersi da ogni ulteriore commento circa il noto punto da lei trattato nei suoi recenti colloquii. Però se il ministro degli affari esteri le chiedesse alcuna spiegazione circa l'ultimo inciw, V. E. vorrà limitarsi ad una semplice osservazione; essere ovvio cioè che, qualora dovesse ampliarsi la primitiva cerchia degli inviti la potenza a cui spetterà la cura di invitare dia notizia e motivazione del mutamento alle potenze che in quella cerchia hanno aderito; acciocchè possano far conoscere in proposito il loro sentimento e la loro decisione.

152

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. P. RISERVATO. Vienna, 5 febbraio 1899.

Ecco in qual modo a mio avviso, il Governo del re potrebbe rispondere alla comunicazione del programma della Conferenza: «Il Governo del re, interprete del popolo italiano ha plaudito alla nobile proposta dell'imperatore di Russia e l'ha accettata. E ora egli accetta il programma limitandosi a prender atto del paragrafo che esclude ogni questione territoriale. Esso vede con piacere che uno degli articoli del programma contempla l'arbitraggio internazionale, ~ poichè per una tale questione fu pronunciato il nome del Papa che in varie occasioni ebbe ad esercitare l'arbitraggio, il Governo italiano sarà lieto se

· Sua Santità sarà rappresentata nella Conferenza e se la sua autorità sarà impiegata nell'opera della pacificazione universale. Il Governo italiano parteciperà alla Conferenza nel luogo, nell'epoca, e nella forma che le Potenze stimeranno convenienti. Esso fa voti perchè le gravi difficoltà inerenti all'oggetto della conferenza possano essere suDerate. Ma se anche un'intesa non fosse ~ossibile, egli stima che il solo fatto della riunione di una tale conferenza proposta in sì alto luogo e con sì nobile scopo, costituisce già per sè stesso un grande risultato per l'avvenire pacifico dell'umanità».

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. P. RISERVATO. Roma, 6 febbraio 1899.

Vivamente ringrazio V. E. r>er l'autorevole assennato consiglio; se l'ipotesi dell'invito al Papa sarà per avverarsi le elevate considerazioni da lei suggerite (l) ci gioveranno per formulare la nostra risposta. Intanto è sembrato ai miei colleghi ed a me che non ci converrebbe prendere noi stessi iniziative per un intervento pontificio che fino ad ora da nessuna parte è stato proposto e fosse invece preferibile lasciare per ora impregiudicata questione, il che si è fatto col telegramma al R. Ambasciatore a Pietroburgo che separatamente Le riproduco (2).

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE D'INGHILTERRA A ROMA, CURRIE

N. 4997. Roma, 6 febbraio 1899.

Riferendosi ad un colloq,uio avuto con l'Ambasciatore di S. M. in Londra il marchese di Salisbury ha incaricato V. E. di farmi circa l'eventuale progetto del R. Governo di occupare una conveniente stazione in Cina, la seguente

comunicazione, da Lei ri:Drodotta nella Nota che mi fece l'onore di rivolgermi

in data del 2 di questo mese.

Il Governo della Regina, avuto riguardo alle amichevolissime relazioni

esistenti tra l'Italia e l'Inghilterra, come pure alla identità dei loro scopi com

merciali nell'Estremo Oriente, non fa obiezioni al progetto del Governo ita

liano di ottenere dalla Cina la concessione delle isole Iafu, Kingang e Mintin,

nella Baja di San-Mun !)er uso di stazione carbonifera. Però, essendo la Baja

di San-Mun in stretta prossimità dall'Arcipelago di Chusan, rispetto al quale

la Gran Brettagna ha diritti ed impegni contrattuali colla Cina, ed essendo

inoltre le dette isole situate dirimpetto alla costa di Che-Kiang, provincia

inclusa in quella che è stata recentemente definita come regione del Yang-tse,

in vista di queste circostanze il Governo della Regina si crede pienamente

autorizzato a richiedere il Governo italiano di assicurarlo che, nel caso in cui

ottenesse dalla Cina la cessione o l'affitto di quelle isole o di alcuna di esse,

l'Italia giammai le alienerebbe ad altra Potenza mercè cessione, concessione

<Jffitto, od in altra guisa qualsiasi.

Intorno a questa comunicazione debbo senza indugio premettere una avvertenza.

Il R. Ambasciatore a Londra aveva avuto da me istruzione di far cono

scere a lord Salisbury il nostro eventuale progetto, non solo di occupare, ad

uso di stazione carbonifera, le isole della Baja di San-Mun, ma di completare

tale possesso mercè il riconoscimento, da parte della Cina, della influenza esclu

siva dell'Italia sulla costa prospiciente e sulla intera !:lrovincia di Che-Kiang.

II barone De Renzis ha stimato invece di dover trattare della situazione del

Che-Kiang successivamente e quando l'accordo fosse intervenuto circa l'occu

pazione delle isole. Però V. E. ricorda ed ha anche riferito a lord Salisbury

che, quando ebbi con Lei a discorrere del presente argomento, espressamente

parlai, non solo delle isole, ma altresì del Che-Kiang nei termini qui sopra

accennati.

Ciò essendo, mentre sono grato a lord Salisbury della sua impo·rtante comunicazione, e non esito a porgere, in nome del R. Governo al Governo della Regina, la precisa assicurazione di cui questi ci richiede, da valere per la nostra ·eventuale concessione quale che ne sia l'ampiezza, debbo ancora insistere per quel che concerne la !)rovincia di Che-Kiang. Allo stato attuale delle cose, due soluzioni mi appajono possibili. L'una consisterebbe in ciò che il Governo della Regina consenta a che il Governo cinese, malgrado l'impegno preso verso di esso di non fare ad altra potenza una concessione qualsiasi nella regione del Yang-Tsé, accordi e riconosca al Governo italiano una influenza esclusiva nella provincia di Che-Kiang, rinunciando il Governo della Regina, per questa :!)rovincia ed a favore del Governo italiano, agli effetti dell'anzidetto impegno cadente sull'intera regione del Yang-Tsé. Questa sarebbe, senza dubbio, la soluzione più semplice e la preferibile.

Qualora, poi, il Governo della Regina non stimasse di poter annuire a tale soluzione, converrebbe che, quanto meno, gli piacesse di aderire a che il Governo cinese assuma anche verso l'Italia, beninteso per la sola provincia di Che-Kiang lo stesso impegno che ha preso verso l'Inghilterra per l'intera regione del Yang-Tsé. Per tal modo, quali che fossero gli ulteriori avvenimenti,

e quando pure venisse meno, per mutate circostanze, il più ampio impegno contratto dalla Cina verso l'Inghilterra, l'impegno da essa ·contratto verso l'Italia assicurerebbe la nostra eventuale stazione contro il danno e il pericolo che potrebbero derivarle dalla prossimità di influenze avverse od incomode.

Sarò grato a V. E. se vorrà recare quanto precede a conoscenza di lord Salisbury, per guisa che io possa al più presto conoscere il pensiero e le conclusioni del Governo della Regina.

(l) -Cfr. n. 152. (2) -Cfr. n. 151.
155

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO 345. Berlino, 10 febbraio 1899, ore 12,16 (per. ore 14).

Seguito al mio telegramma di ieri sera (1). Biìlow mi chiamò ieri sera tardi per comunicarmi informazioni allora ricevute da Aja. Mi disse essersi molto occupato in questi giorni conferenza disarmo e annessa questione di invito al papa, di cui io aveva anche parlato con S. M. l'Imperatove; soggiunse constargli che per quest'ultima questione, conte Mouravieff si era trovato tra due correnti potenti, quella contraria del partito ultra-ortodosso russo, e quella favorevole della Francia; per secondare la prima, conte Mouravieff aveva dapprima scelto Pietroburgo per Sede conferenza ·e escluso così invito al Papa, essendosi poi fatte più insistenti le domande francesi, conte Mouravieff si era tolto d'imbarazzo proponendo prima Bruxelles che rifiutò., poi l'Aja che accettò essere sede Conferenza lasciando governo olandese cura diramare inviti. A questo punto governo imperiale, conscio nostra preoccupazione, credè poter intervenire confidenzialmente presso il governo olandese nel senso di segnalargli gravità eventuale invito puro e semplice al papa senza previa intesa con il Governo italiano. Questo avviso da Berlino ha fatto, come telegrafa ministro di Germania in Olanda molta im!)ressione provocando !)romessa del Governo olandese di non fare nulla ~rima di essersi accordato con V. E. Biìlow si compiace che la successiva risoluzione della questione sia ormai per cosi dire posta nelle nostre mani. Di fatto se anche il governo italiano crederà ammettere delegato del Papa potrà, a mio avviso, farlo come concessione sua ed esigere forma invito che escluda ogni equivoco. Credo che agendo a l'Aja col noto tatto di V. E. si possa ancora impedirlo. Biilow e S. M. l'imperatore desiderano, come telegrafai ieri sera, che passo fatto da Germania a l'Aja sia per ora tenuto segreto, specialmente 9er tema che partito centro cattolico nel Reichstag se ne adombri, mentre dello appoggio di quel partito tanto hanno bisogno in questo momento per politica interna (2).

(l) -Tel. n. 340, del 9 febbraio, ore 10,50, non pubblicato: comunicazione del Governo olandese di non voler diramare gli inviti per la conferenza per il disarmo prima di aver raggiunto un accordo col Governo italiano sulla questione dell'invito alla S. Sede. (2) -Sulla questione, cfr. anche Die Grosse Potitik ecc., XV, pp. 171-172, nn. 4238 e 4239; pp. 173-174, n. 4241, p. 174 nota, p. 175 sgg., p. 187 e nota; Documents diptomatiques français, serie I, vol. XV, p. 191, n. 123 (Nisard a Delcassé, 23 marzo 1899); e la l. p. del nostro ministro all'Aja, Zannini, a ... (Malvano?), in data 23 aprile: • La Germania, senza esercitare qui nessun'azione diretta, ci ha però coadiuvati, e si sente la mano del mio buon amico Biilow. Come saprai nella sua risposta all'invito olandese ha riservato per la Germania il diritto di ritirarsi se una sola delle grandi potenze si ritira; il che fu interpretato come una dichiarazione fatta in nostro appoggio •.
156

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 395. Londra, 15 febbraio 1899, ore 19,48 (1).

In questi giorni di aspettazione ho fatto .!)ratiche offi.ciose presso Salisbury, perchè volesse studiare nota ufficiale di V. E. a ambasciatore d'Inghilterra di modo che ho potuto oggi risolvere questione. Agli argomenti da me adoperati, Salisbury ha fatto buona accoglienza, e dopo mio discorso mi ha dichiarato molto amichevolmente di non opporsi, qualora Governo cinese vorrà riconoscere influenza esclusiva Italia provincia Che-Kiang; però aggiunse che la politica inglese Estremo Oriente, intesa mantenimento pace, egli non potrebbe dare adesione qualora Italia volesse impiegare la forza. Ho capito che egli ne è preoccupato, in seguito a rapporti ambasciatore Inghilterra (2).

157

IL MINISTRO ALL'AJA, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 397. L'Aja, 15 febbraio 1899, ore 22,32 (per. ore 6,50 del 16).

Ministro degli affari esteri mi ha spontaneamente ver~almente informato della pratica fatta presso V. E. per mezzo di Westemberg. Aggiunse che se il nostro Governo avesse dichiarato ricusare prendere :1arte alla conferenza se vi interviene pure delegato pontificio, quest'ultimo sarebbe certamente escluso; impossibile radunare la conferenza senza intervento di una delle grandi potenze, avere a tale scopo fatto rivolgere questa interrogazione prematura a V. E. di sua iniziativa senza consultare Pietroburgo, con cui non ha ancora scambiato

nessuna comunicazione circa questione di .cui si tratta. Ma se nessuno nè Italia nè Russia nè altri fa opposizione all'intervento del delegato del papa, sarà molto difficile che l'Olanda sola assuma questa responsabilità. Se a noi è questione gravissima all'interno, anche per l'Olanda può diventare questione politica interna con un così forte partito cattolico. L'internunzio adesso qui insiste vivamente acciocchè l'invito sia fatto al papa. Ministro affari esteri osserva vure che non è :;>ossibile rimanere entro la cerchia delle potenze aventi rappresentanti presso la corte imperiale russa, perchè, per esempio, impossibile non invitare la Svizzera e non escludere la Baviera. Per parte mia ho ripetuto che questa è la cerchia entro cui il R. Governo fu invitato ad aderire alla conferenza e che qualsiasi mutamento non può farsi senza indicare i motivi e attendere la sua risposta.

(l) -Sic, ma più probabilmente ore 7,48. Il tel. fu redatto a Londra il giorno 14, ore ;w. (2) -Concetti analoghi trasmetteva in pari data Salisbury a Currie (British Documents of the Origins of the War 1898-1914, I. p. 40. n. 60').
158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 373. Roma, 16 febbraio 1899, ore 20.

Desidero ·che V. E. informi confidenzialmente Salisbury delle pratiche avvenute tra Pietroburgo, l'Aja e Roma circa il progettato intervento della

S. Sede nella conferenza per il disarmo. Da Pietroburgo ci fu dichiarato che la cura degli inviti spettava ormai al Governo neerlandese. Questi a sua volta, ci chiese se l'Italia si sarebbe astenuta nel caso dell'intervento pontificio. Risposi che per poter rispondere mi occorreva conoscere i motivi che avrebbero eventualmente giustificato l'aggiunta della S. Sede alla primitiva cerchia degli inviti secondo la circolare russa dello scorso agosto. Replicò il gabinetto dell'Aja non I>Otersi fornire tali spiegazioni senza essersi prima consultato col gabinetto di Pietroburgo. Così rimanemmo più giorni senza risposta. Ma intanto dai telegrammi di Pietroburgo e dell'Aja ci risultò evidente che niuno dei due gabinetti era in grado di giustificare l'intervento pontificio, ma neppure voleva assumersi la responsabilità della esclusione. A questo punto, avendoci il gabinetto dell'Aja fatto sentire che qualora l'Italia si rifiutasse di far sedere

..

la sua delegazione accanto ad una delegazione pontificia, questa non sarebbe stata invitata, abbiamo stimato di fronte ai crescenti commenti, che convenisse a tutti di troncare le incertez.ze con una nostra schietta dichiarazione. Il R. ministro all'Aja è stato incaricato (l) di dichiarare che ai nostri occhi l'intervento della S. Sede, potestà esclusivamente spirituale, in una conferenza chiamata a trattare essenzialmente questioni militari avrebbe, malgrado ogni spiegazione, un significato incompatibile col nostro diritto nazionale e che in conseguenza un nostro delegato non avrebbe potuto sedere accanto ad un delegato pontificio, pur essendo noi i primi ad ammettere anzi ad invocare l'alta autorità morale del pontefice a prò dell'opera a cui la confer'enza si accinge. Ritengo che l'incidente si troverà così esaurito, ed io confido che lord Salisbury, apprezzando il nostro contegno in questa circostanza non lascierà eventualmente mancare l'autorevole suo appoggio per· eliminare ogni meno esatta e meno benevola interpretazione di quanto è occorso.

159

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 247/99. Bertino, 16 febbraio 1899.

Non ho d'uopo di dire a V. E. con quanta attenzione s1 seguano da

questo Governo le manifestazioni dell'opinione pubblica che vanno producendosi in Austria-Ungheria ed in Italia in senso contrario alla triplice alleanza.

IO

Non è mio compito intrattenermi su quanto avviene a tale riguardo in Austria

Ungheria e mi limito ad accennare la recente pubblicazione dello scritto• del

deputato dott. Kramary nella Revue de Paris nel quale s'invoca lo scioglimento

della triplice alleanza e si designa questa come « uno strumento scordato che

non si relega ancora nel granaio ma sul quale non si suona più».

Quello scritto fece qui sensazione essendo l'autore intimo del conte Thun

ed uno dei più validi sostenitori dell'attuale gabinetto di Vienna.

Alle manifestazioni italiane contrarie alla triplice e favorevoli ad accordi politici colla Francia non si dava in Germania molta importanza finchè esse erano il privilegio della stampa ultra radicale, socialista e repubblicana: ma due fatti, che sono avvenuti in questi ultimi tempi e precisamente subito dopo la conclusione degli accordi commerciali colla Francia, hanno richiamato la attenzione del IJUbblico e del Governo imperiale. Voglio alludere all'attitudine assunta dal giornale l'Opinione organo di parte moderata e al discorso, di certo inesattamente riprodotto, del R. ambasciatore a Londra.

Il signor Biilow mi ha solo fatto vaghi accenni su questo discorso sul quale V. E. ha dato del resto, in senato, opportwn:e spiegazioni. Egli mi ha per contro parlato del mutamento avvenuto nell'indirizzo politico dell'Opinione deplorandolo naturalmente :Der l'influenza che può esercitare nei circoli finora favorevoli all'alleanza colla Germania e com:Diacendosi che il marchese di Rudinì siasi affrettato a smentire ogni relazione col giornale che sotto il ministero da esso :Dresieduto era considerato come organo ufficioso del Governo. Il signor Biilow ritiene la nuova Opinione pagata con denaro francese e, per quanto in termini molto riservati e pur confermando la sua :Diena fiducia nella nostra amicizia e lealtà, non tralasciò di palesarmi le sue preoccupazioni per gli sforzi che la Francia fa, e si prepara a fare sempre più vivi dopo la firma dei recenti accordi commerciali, per attirarci a se sul terreno politico distaccandoci daU'alleanza colle potenze centrali. Alla preoccupazione che il signor Biilow espresse, ripeto, in termini molto riservati ed in conversazioni private, hanno già risposto efficacemente le nostre dichiarazioni al momento della conclusione dell'accordo commerciale suddetto e, :Diù ancora, le parole da V. E. pronunciate in parlamento. Fermamente persuaso che il R. Governo non ha mai pensato a mutare l'orientamento della nostra politica estera, convinto che tale mutamento verso la Francia in questo momento tornerebbe di vantaggio soltanto ai partiti estremi all'interno e di danno al principio monarchico, io non ho avuto per parte mia, conversando con il si~nor Biilow, che a richiamarmi a quelle dignitose e leali parole dell'E. V. Del resto memore del detto «qui s'excuse s'accuse» non credo dover ripetere ad ogni momento i motivi della nostra condotta verso la Francia. I fatti più che le parole dimostrano sempre più la correttezza della nostra attitudine e la nostra lealtà, che non fu mai messa in dubbio (1).

(l) Con tel. n. 369, del 16 febbraio, ore 17,10, non pubblicato.

(l) _Sul problen:a dei. rapporti italo-francesi in relazione alla. Triplice, cfr. Documents diplomattques françats, serie I, vol. XV, pp. 298-301, n. 180 (Barrere a Delcassé, 20 maggio 1867), pp. 327-329, n. 196, (id. a id., 31 maggio 1899).

160

IL MINISTRO A L'AJA, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. CONFIDENZIALE 420. L'Aja, 17 febbraio 18,99, ore 23,30 (per. ore 2,50 del 18).

Ho fatto dichiarazione analoga al telegramma V. E. in data 16 corr. (1). Ministro affari esteri se ne è professato soddisfatto e mi incarica di ringraziare V. E. Aggiunse considerare questione come eliminata. Quando vedrà internunzio gli dirà non poter mandare invito al Vaticano stante che Governo italiano dichiara astenersi in tal caso dalla conferenza.

161

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO

T. 389. Roma, 18 febbraio 1899, ore 19,15.

Governo inglese favorevole (2) progetto occupazione porto e nostra influenza esclusiva nel Che-Kiang purchè non si adoperi la forza. Ho pregato Salisbury telegrafare codesto ministro inglese appoggiare azione diplomatica di Lei. Ella deve quindi previo concerto col ,collega inglese presentare domanda per affitto stazione navale durata cinquanta o venticinque anni e altre condizioni sulle basi concessione di Kiao-Ciao. Stazione deve comprendere territorio fra paralleli 29.17' 28.50' meridiani 121.18' 122. 71'. Ella deve pur chiedere l'esclusiva influenza italiana sul Che-Kiang o almeno impegno di non ammettervi altra influenza estera. Possibilmente ottenere diritto costruire ferrovia per collegare San-Mun con lago Po-yang-Hoo. Comandante « Marco Polo '> viene Pekino per assisterla nel negoziato. Nave «Elba» va baia San-Mun per atto amichevole di presenza e sorveglianza baia. Benchè non intendiamo ricorrere forza sarà bene ella su questo punto si tenga in cauto silenzio col Governo chinese.

162

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 390. Roma, 18 febbraio 1899, ore 19,15.

Seguiremo il consiglio di lord Salisbury aprendo col Governo chinese per progettata stazione navale, un negoziato puramente diplomatico, però per escludere la necessità della coercizione, diventa indispensabile per la riuscita che ministro britannico in Cina non si limiti a semplice atteggiamento benevolo, ma riceva espressa istruzione appoggiare suo collega italiano facendo intendere che come Inghilterra favorisce nostro progetto, così anche la Cina vi troverà suo vantaggio e tacendo che l'Italia, per deferenza all'Inghhlterra, non r1correrà alla forza. In tale fiducia ho spedito al R. Ministro in Pekino il seguente telegramma di cui la prego dare sollecita notizia a lord Salisbury: « Governo inglese... » (vedi telegramma 389 (3) a Pechino).

(l) -Non pubblicato, ma cfr. n. 158. (2) -Cfr. n. 156. (3) -Cfr. n. 161.
163

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 391. Roma, 18 febbraio 1899, ore 19,15.

Per la progettata stazione in China ci siamo messi d'accordo con l'Inghilterra. Però noi facciamo anche assegnamento sopra benevolo atteggiamento della Germania alla quale non può dispiacere che in Cina l'Italia serva di amichevole legame tra essa ed Inghilterra, escludendo intromissione molesta di altre potenze. Con la fiducia quindi che il ministro tedesco a Pechino riceva opportuna istruzione in tale senso qui riproduco istruzione telegrafica mandata al R. Ministro: « Governo inglese... » (vedi telegramma n. 389 (l) a Pechino).

164

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 583/313. Borumieda, 18 febbraio 1899 (2).

Questa mattina Mangascià, Sebhat si sono presentati colla pietra al collo; grande apparato di forza pel ricevimento. Con Menelik erano Tecla Aimanot, ras Maconnen, ras Micael, ras Oliè oltre molti capi. Il ricevimento è stato molto umiliante per ras Mangascià, ciò non toglie che, quanto più Menelik avrà motivo di temere della Inghilterra, tanto più presto si metterà d'accordo con Mangascià. Per ora Menelik continua desiderare nostra amicizia temendo accordo fra italiani inglesi. Ho evitato assistere ricevimento per conformarmi neutralità voluta dal Governo e perchè Mangascià ha voluto subire umiliazione negando nostra mediazione, negativa che piace a ras Maconnen e che egli sostiene per fare apprezzare sua opera nel decidere Mangascià alla sottomissione. Harrington è ripartito per Addis-Abeba il 15 senza avere nulla concluso essendosi Menelik rifiutato ora discutere confini. Harrington consiglierà suo Governo inviare ultima,tum fissando frontiera voluta e che Menelik dovrà riconoscere se vorrà evitare conflitto. In seguito a ciò Harrington mi ha espresso il desiderio perchè si faccia presto accordo fra Italia ed Inghilterra. Ho risposto evasivamente. Non trascurerò valermi attuale situazione per nostri interessi.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 404. Roma, 20 febbraio 1899, ore 15.

Stiamo trattando con China per stazione navale Cekiang poco al sud di Shanghai. Confidiamo che Stati Uniti vedranno con piacere nazione amica contribuire all'apertura della China al commercio e alla civiltà mondiale. Conto quindi ministro americano Pechino riceva istruzioni favorire azione diplomatica nostro rappresentante.

(l) Cfr. n. 161

(2) II documento venne trasmesso telegraficamente da Agordat il 4 marzo.

166

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 452. Londra, 20 febbraio 18,99, ore 19,57.

Visto urgenza affari di China, mi sono procurato oggi una intervista particolare con Salisbury, al quale ho fatto le comunicazioni telegrafate (l) da V. E. Salisbury riconoscente per nostra deferenza sempre mostrandosi benevolo ha tuttavia sollevato dubbi che io credo suggeriti dal ministro britannico a Pechino. Dopo lungo colloquio mi ha finalmente dichiarato che, pur accettando in massima nostra domanda, chiederà spiegazione a Macdonald. Mi ha promesso risposta scritta. Dal discorso tenuto mi è sembrato vedere che estranee influenze

hanno attutito in parte cordialità appoggio. Mi parrebbe prudente soprassedere azione diplomatica Pechino fino a risposta definitiva promessa da Salisbury.

167

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 414/202. Parigi, 20 febbraio 1899.

L'Agenzia Havas, in uno dei suoi bollettini del dì 14 corrente, pubblicava, sotto la data di Londra, che il Daily Telegraph aveva ricevuto da Vienna la notizia dell'intervento del Governo francese a Pietroburgo in favore della partecipazione del Vaticano alla Conferenza per il disarmo. Lo stesso giornale narrava che l'Italia invece si opponeva a che l'invito fosse mandato a Leone XIII e che, per cavarsi fuori della difficoltà, il governo dello Czar aveva incaricato l'Olanda, di fare l'invito a tutte le potenze accreditate all'Aja e così anche al Papa che tiene un rappresentante presso il Governo neerlandese. Ancorchè la notizia, per quanto concerne l'azione francese a Pietroburgo, mi sembrasse degna di poca fede, stimai non convenisse a me di !asciarla passare in silenzio fingendo d'ignorarla. Se infatti la diplomazia francese avesse tenuto a Pietroburgo un linguaggio che si fosse prestato ad una esagerata od anche completamente inesatta interpretazione delle vere intenzioni del gabinetto di Parigi, era cosa preferibile che un avviso dato in tempo mettesse fine alle erronee supposizioni ed, in ogni ipotesi, non conveniva che il signor Delcassé potesse più tardi protestare l'ignoranza delle idee del Governo nostro a tale riguardo. Mi recai pertanto il dì 15 da questo signor Ministro degli affari esteri e gli posi sotto gli occhi il foglio che conteneva le anzidette notizie contro le quali egli protestò tosto vivacemente. Null'altro egli avea saputo, mi disse, da Pietroburga fuorchè la probabile designazione dell'Aja come luogo di riunione della

Conferenza. Tutto il resto, nella notizia del Daily Telegraph, era di pura invenzione. Nè la S. Sede avea sollecitata l'intervenzione del gabinetto di Parigi, nè

la Russia lo avea richiesto di emettere un parere. Era classico il sistema di giocare con le false notizie per creare diffidenze e seminare zizzania. Smentissi pure tali novelle delle quali l'origine e la provenienza tradivano il fine.

Non insistetti più del dovere sovra questo punto del mio colloquio, !Però ne colsi l'occasione per esprimermi sobriamente, ma in termini assai chiari, circa la circostanza che il primo invito diretto al mio Governo da quello dello Czar era stato fatto con la indicazione precisa che alla Conferenza sarebbero invitati soltanto i Governi rappresentati a Pietroburgo e che l'accettazione nostra era stata volonterosamente data sotto il benefizio della circostanza stessa. Il signor Delcassé era in dubbio se la S. Sede avesse un rappresentante in Olanda e, preso sullo scrittojo l'annuario di Gotha, volle verificare come stava in fatto la cosa. Egli non si lasciò tuttavia sfuggire parola alcuna che mi potesse autorizzare ad indicare a V. E. quale sarebqe il pensiero suo qualora la questione dell'ammissione alla Conferenza di un rappresentante del Papa venisse ad essere posta davanti alle Potenze. Il linguaggio di questo signor Ministro degli affari esteri, si limitò ad escludere in modo assoluto di essersi, fino a quell'ora, occupato in un senso qualsiasi di questa faccenda. Ora egli ne seppe da me quanto gli basta per tenersi in guardia da una qual si voglia sorpresa e non potrà even-' tualmente eccepire di non avere conosciuto in tempo utile le disposizioni nostre.

(l) Cfr. n. 162.

168

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 414. Roma, 21 febbraio 1899, ore 12.

Le nostre domande alla Svizzera (l) hanno una certa connessione coi deliberati della conferenza anti-anarchica nel senso che le une e gli altri mirano alla preservazione dell'ordine. Però le nostre domande hanno uno scopo ben determinato: quello cioè, di porre un termine alla propaganda che dalla Svizzera e segnatamente dal canton Ticino si svolge a danno del principio monarchico, in Italia, considerando come il più potente ostacolo ai disegni che la setta, obbedendo alla parola d'ordine ·e forse al denaro di oltre monti, prepara contro l'Italia non solo, ma anç:he contro le altre monarchie. Da questo punto di vista esiste fra i tre alleati una evidente solidarietà che giustifica la loro azione comune indipendente dai provvedimenti raccomandati dalla conferenza di Roma. Il signor de Biilow che conosce i pericoli a cui da diversi lati siamo esposti, apprezza certo il fiducioso appello che dobbiamo anche per questo soggetto rivolgere alla Germania. Senza che si possa dire assolutamente urgente, la azione dei tre Governi a Berna non dovrebbe essere di troppo ritardata acciocchè l'impressione ne riesca efficace, mentre l'indugio potrebbe lasciar supporre da parte nostra una tolleranza eccessiva e nocevole al successo, tanto più che

non sappiamo quando ed in quali termini la Svizzera si pronuncierà sulle conclusioni della conferenza antianarchica.

(l) Cfr. n. 83.

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 41.5. Roma, 21 febbraio 1899, ore 12.

Le istruzioni del R. ministro in Pechino (l) già recano, come V. E. ha veduto, che debba iniziare la sua azione, soltanto dopo essersi messo d'accordo con il collega inglese. Però urge che questi riceva ordine di appoggiarlo, sia perchè la notizia del nostro progetto essendo trapelata nei giornali altra potenza avente interessi opposti a quelli dell'Italia e dell'Inghilterra, potrebbe nel frattempo procedere sui luoghi ad un atto di occupazione, sia anche perchè tutto essendo predisposto ed avendo dovuto far palese il nostro disegno alla Germania, al Giappone ed agli Stati Uniti per assicurarcene il benevolo atteggiamento, il ritardo potrebbe ora dar luogo ad inconvenienti e complicazioni. La prego di voler tosto far presenti a Salisbury con lettera particolare (2) queste considerazioni per indurlo a tosto telegrafare convenienti istruzioni a Pechino.

170

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 473. Londra, 22 febbraio 1889, ore 17,56.

Essendo mercoledì, sono andato personalmente al Foreign Office chiedere risposta alla mia lettera di ieri (3). Risultato del mio colloquio è il' seguente:

«Salisbury, prima d'impegnarsi, ha telegrafato al Ministro inglese a Pechino per conoscere esattamente portata domanda di V.' E. Mi ha perciò promesso prendere una deliberazione definitiva appena ricevute spiegazioni. Mi ha detto queste parole: " Se io non posso dare risposta oggi è un poco colpa Governo italiano, le cui domande hanno variato assai dalle primitive proporzioni. Nel telegramma, di cui mi deste copia lunedi, si parlava perfino di un lago di cui ignoro l'esistenza. Comprenderete ·che in questa condizione è difficile dare una risposta immediata ". Alle mie insistenze per sapere quel che egli deciderà dopo informazioni e se egli è sempre amichevolmente disposto ad appoggiarci, mi ha detto: " noi vi appoggeremo fortemente presso il Governo chinese per tutto ciò chE' Inghilterra stessa può concedere" ».

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 454. Roma, 24 febbraio 1899, ore 20.

L'ambasciatore di Inghilterra mi ha fatto conoscere che lord Salisbury è disposto ad appoggiare presso il Governo chinese le nostre domande, anche per ciò che concerne la terra ferma, alla condizione, però, che il riconoscimento degli esclusivi interessi italiani non si estenda alla parte del Ce-Kiang che

versa le sue acque nel Yang-Tsè. Le imperfette cognizioni che si hanno circa la geografia di quei luoghi sono la sola cagione dell'indugio a darci una definitiva risposta premendoci di venire ad una conclusione, la prego di dichiarare a lord Salisbury, in risposta a questa ed alle altre sue anteriori osservazioni: l) che noi accettiamo di escludere dalle nostre domande la parte del Ce-K!;mg che versa le sue acque nel Yang-tsè; 2) che noi intendiamo professare in tutti i luoghi a cui si applicheranno le concessioni da noi desiderate, gli stessi principi di libertà ed uguaglianza di diritti che sono propri dell'Inghilterra. Ciò, ben inteso, in aggiunta alle precedenti nostre dichiarazioni. Dopo di che, noi confidiamo che lord Salisbury vorrà telegrafare senza indugio al ministro britannico in Cina di appoggiare le domande del collega italiano. Attendo un cenno a tal riguardo per impartire al nostro ministro definitive istruzioni. Aggiungo, per notizia di lord Salisbury, che due nostre navi già sono sulla costa cinese, che una terza nave non tarderà a raggiungerle, che infine due altre navi stanno pure in viaggio a quella volta; di guisa che, pur rimanendo esclusa ogni idea di violenza, si avrà in breve per utile rinforzo alla az5one diplomatica, la presenza in Cina di una notevole forza navale italiana.

(l) -Cfr. n. 161. (2) -Inviata lo stesso giorno 21 dal De Renzis al Salisbury. (3) -Non pubblicata, ma cfr. n. 169.
172

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 445/220. Parigi, 24 febbraio 1899.

&llorchè ebbi con il Signor Delcassé il colloquio di cui riferii a V. E. nel rapporto delli 20 corrente, n. 414/202 (l), io non avea a111:cora avuto sotto gli occhi il documento di?Jlomatico vortante il n. 1587 (XXXIV) che riproduce un telegramma deJ. R. Ambasciatore a Berlino (2). Quel telegramma figura, nella raccolta stampata, come spedito il 10 gennaio; ma mi pare evidente l'errore, poichè esso dovrebbe invece essere del 10 febbraio. In tale caso non riesce difficile riconoscere l'origine della notizia pubblicata nel Daily Telegraph, riprodotta il 14 corrente dall'Agenzia Havas la quale motivò il mio colloquio del dì seguente con questo Ministro degli affari esteri e ne provocò l'energica, categorica smentita. Non è da escludersi che il Signor di BUlow fosse mal informato quando, senza precisare la fonte, disse, circa l'invito al Papa per la Conferenza relativa al disarmo, constargli che il Conte Mouraview avea subìto a tale riguardo insistenti domande della Francia. Ma, in presenza di quanto il Ministro degli affari esteri di Germania ha detto al Signor Conte Lanza, è :llorse necessario, per intiera e ·completa informazione del Governo di S. M., che io <non mi accontenti soUanto di confermare ciò che ho esposto nel precitato mio rapporto del 20 febbraio, ma osservi pur anche che in realtà il linguaggio con cui il Signor Delcassé ha smentito la notizia da me raccolta nel Daily Telegraph e la qualificò come maliziosa e tendenziosa per creare diffidenza fra l'Italia e la Francia, fu assai più energico e viva·ce di quanto appare nella relazione che ne :feci.

Questo Ministro degli affari esteri si esprimeva in modo da farmi comprendere che egli attribuiva origine inglese alla notizia. Egli certamente, quando mi parlava, era lontano dal sospettare che la medesima avesse potuto giungere da altra parte al diario di Londra. Nè io certamente, ove l'occasione se ne dovesse vresentare, cercherei di rettificare in proposito le sue supposizioni. Però stimo cosa necessaria il mettere in evidenza, con questo rapporto, sotto gli occhi del Governo di S. M., la contradizione assoluta esistente fra ciò che il Conte di Biilow disse constargli dell'azione della diplomazia francese a Pietroburga e la affermazione energica fattami, in opposto sen:so, dal Ministro degli esteri di Francia.

Nel rapporto con cui feci ·conoscere questa affermazione del Signor Delcassé, io scriveva che l'informazione del giornale inglese relativa all'azione diplomatica della Francia a Pietroburgo ver fare invitare la Santa Sede alla Conferenza, mi sembrava meritare poca fede. Non isviluppai allora le ragioni di questo mio giudizio che non sarei oggi inclinato a mutare. Ancorchè la Francia abbia, per ragioni sue, interesse a rimanere in buoni termini con il Vaticano, il fare oggi una dimostrazione la quale, anche solo indirettamente potesse essere interpretata come un incoraggiamento al medesimo nelle sue intransigenze verso l'Italia, sarebbe cosa in perfetto disaccordo non soltanto con la politica di ravvicinamento a noi, della quale qui si procura di fare risuonare le note assai più alte forse che a noi convenga, ma anche con la tendenza dell'attuale gabinetto francese che si atteggia ad anticlericale di fronte alla frazione del centro capitanata dal Signor Méline. Non vedrei d'altronde per quali ragioni questo Gabinetto che si colma di dichiarazioni di amicizia da noi non ricercate, nè richieste, dovrebbe, per solo gusto di mentire, fare sottomano una politica a Pietroburgo la quale, per lusingare il Papa, dovea mettere il Governo dello Czar in un imbarazzo. Queste semplici considerazioni m'indussero a prestare poca fede alla notizia del Daily Telegraph ed a ritenere invece che la smentita del Signor Delcassé sia sincera.

(l) -Cfr. n. 167. (2) -Cfr. n. 155.
173

IL CONSOLE GENERALE NERAZZINI, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

(ACS, Carte Martini. b. 11, fase. 61)

L. P. Roma, 24 febbraio 1899.

Le sono vivamente grato per la lettera che mi ha scritto: Pur tr<oppo avevo preveduto di qua, che i maggiori imbarazzi dovevano provenirle dai bollenti spiriti militari della Colonia e non da oltre confine. E creda :pure che le suggestioni venute dall'Eritrea avevano fatto breccia anche qui, specialmente nel Corpo di Stato Maggiore, che, con intempestivi apparati di guerra voleva dimostrare come tutto fosse pronto, e rivendicare la noncuranza dello Stato Maggiore stesso che seppe così mal prepararsi alla guerra del 1895-96. Sono lieto di aver avuta la mia parte di azione anche io, perchè il conta

gio della suggestione militare Eritrea non attaccasse il Governo, come di fatto non lo ha attaccato.

Si Dersuada come oggi siano tutti convinti sulla. necessità assoluta del Governo civile nell'Eritrea, non solo, ma come si ritenga giustamente che se lei non fosse stato Governatore, chiunque altro sarebbe stato detronizzato da un nuovo Governatore militare.

Ho scritto una lettera, che mando nello stesso Dlico, al Maggiore Costantino, e gli ho scritto proprio col pepe e col sale.

Non posso fare a meno di confortarla nell'idea manifestatami, di non permettere cioè che Ras Maconnen, od altri Capi importanti, abbiano colloqui speciali coi nostri Residenti. Benissimo! È quella un'idea santa. O parli con Lei o con nessuno.

In questi giorni si sta delimitando il confine coi Francesi nel territorio Dancalo. È bene finirla, per evitare gravi inconvenienti che potrebbero sorgere in avvenire.

Per il nostro confine con Menelich dai suoi ultimi telegrammi risulta che la situazione è di poco cambiata da quella che lasciai io nel 1897: cioè, Menelich favorevolissimo a !asciarci stare sul Mareb; la Regina ed i Capi assolutamente contrari. Il nostro sforzo dovrebbe essere diretto specialmente a oersuadere la Regina e allora tutto andrebbe bene; perchè creda pure, per avere una condizione di cose stabili e durature, il solo consenso di Menelich, sotto qualsiasi forma, è troppo poco.

Del resto alla Regina non deve essere dispiaciuto il nostro intervento pacifico tra Menelich e Mangascià: dovrebbe essere tranquilla !)er il contegno tenuto da Noi e dovrebbe ascoltare tutte le ragioni atte a persuaderla, che oramai il !asciarci tranquillamente al Mareb è più un interesse etiopico che italiano. Ma altro osso duro sarà Maconnen: ma per quello potrebbero valere altri argomenti, oggi specialmente in cui sarà Governatore del Tigrè. Io vorrei che senza urtare negli scogli di pochi riguardi internazionali, si potesse dire a Menelich in un orecchio quali pericoli lo minacciano dall'attitudine assolutamente esvansiva di altre Potenze confinanti.

174

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO

T. 466. Roma, 26 febbraio 1899, ore 12,35.

Ricevuto suoi tre telegrammi (l). Ecco le definitive sue istruzioni: l) ella deve nresentare immediatamente la nostra domanda in termini specifici, cioè il fitto della baja di San Mun ed il riconoscimento degli interessi esclusivi dell'Italia nel Ce-Kiang, esclusa la parte della provincia che versa le acque nel Yang-Tsè; 2) il collega inglese ha istruzione di appoggiare questa sua domanda; 3) le due navi andranln:o tosto a stazionare a Che-Foo durante il negoziato, una terza non tarderà a sopraggiungere; verranno indi in breve altre due. Ella potrà moralmente valersi della presenza di queste navi in ogni mi

n. -494 del 25 febbraio, ore 6,40 e n. 495 del 25 febbraio, non pubblicati.

glior modo, rimanendo escluso, senza però dichiararlo, ogni concetto di violenza; 4) il comandante Incoronato giungerà costì a negoziato già avviato e unicamente per coadiuvarla nei particolari esecutivi, la presenza di un ufficiale potendo anche esercitare salutare impressione; 5) non appena iniziato negoziato ella deve telegrafarmi ed in pari tempo avvertire tutti i colleghi per pigliare data ed impedire così di essere come che sia preceduti. Oltre Inghilterra e Germania sappiamo già che anche Giappone ci è favorevole.

(l) -Si tratta dei tell. n. 492, del 23 febbraio, ore 9,40, pervenuto il 24 alle ore 21;
175

IL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 556. Pechino, 2 marzo 1899, ore 15,30.

Ministro di Francia, quantunque senza istruzione, ha accolto mia informazione con approvazione e simpatia (l) riconoscendo nostro... [manca] Ministro Stati Uniti non si è pronunziato, sarà bene che riceva immediate istruzioni. Ministro del Giappone, già informato dal suo Governo, è vivamente ... [manca] Ministro de Giers, quantunque senza istruzioni, ha mantenuto riserbo palesemente ostile. Egli, nuovo giunto, atteggiasi sistematico patrocinatore dell'attuale Governo chinese in ogni cosa e contro tutti. Spero che istruzioni immediate dal suo Governo potranno mutarlo. Tutti gli altri Governi simpatizzano.

176

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, ROMANO AVEZZANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CA~EVARO

T. 566. Washington, 2 marzo 1899, ore.... (per. ore 6,45 del 3).

Questo ministro esteri mi ha fatto conoscere che il presidente della repubblica, al quale egli sottomise il nostro desiderio, avrebbe voluto con piacere, in ogni modo possibile, rendere servizio Governo italiano, ma che l'invio al ministro Stati Uniti Pechino istruzioni favorire azione diplomatica del nostro nella richiesta di una stazione navale costituiva un precedente così interamente nuovo nella condotta seguita fino ad ora dal Governo federale, che egli non si sentiva libero di prendere pel nostro caso ciò che non aveva preso per altra nazione amka desiderosa di eguale concessione dal Governo chinese.

177

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 530. Roma, 4 marzo 1899, ore 15,55.

De Martino telegrafa (2) che il Governo chinese, non solo ha respinto la proposta di negoziare contenuta nella sua nota ma gli ha restituito la nota stessa dichiarando che il rispondere sarebbe dannoso alle reciproche relazioni di

fiducia ed amiCIZia. La prego di tosto comunicare confidenzialmente a lord Salisbury (l) questo strano atto del Governo chinese, il quale se non interviene subito conveniente riparazione, potrebbe, indipendentemente dalla questione di San Mun, e contro il nostro fermo volere, trascinarci a quell'azione coercitiva che è ugualmente aliena dalle intenzioni dei nostri due Governi. Il miglior rimedio sarebbe che piacesse a lord Salisbury di telegrafare senza indugio al ministro britannico in Cina acciocchè questi persuada il Governo cinese della sconvenienza del suo atto e lo induca a riprendersi la nostra nota per continuare la amichevole trattazione dell'argomento. Attendo la risposta di lord Salisbury per telegrafare al De Martino le istruzioni che questi urgentemente attende. Intanto sarà bene ella spinga il ministro cinese a non ritardare la sua venuta a Roma.

(l) -Sull'atteggiamento francese, cfr. anche il n. 177; e Documents diplomatiques français, serie I, vol. XV, p. 291, n. 178. (2) -Con tel. n. 577, del 3 marzo, ore 2,20, non pubblicato.
178

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 601. Londra, 6 marzo 1899, ore 16,47.

Ecco risposta Salisbury: « Ho sempre pensato che la proposta italiana sarebbe stata a discrezione della China accettarla o non accettarla, sebbene io sperassi che fosse bene accolta dal Governo chinese; ma non è possibile no·n disapprovare la sconveniente condotta del Governo chinese nel ricusare nota italiana. Io darò istruzioni necessarie al ministro d'Inghilterra di far pressione sul Governo chinese onde non perseveri in questa attitudine».

179

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 86. Londra, 6 marzo 1899.

Ricevo oggi una lettera da Sir T. Sanderson che risponde alla domanda rivolta a Lord Salisbury al seguito delle istruzioni impartitemi dall'E. V. col telegramma del 28 febbraio us. (2) intorno ad una divergenza d'interpretazione della Convenzione Anglo-Italiana del 1891 (3). Scrive Sir T. Sanderson che Lord Salisbury ha telegrafato a Lord Cromer il quale ha risposto· che, come già ebbe a dirlo all'Agente e Console Generale d'Italia al Cairo, egli non sarebbe alieno di prendere in considerazione la domanda di prolungamento dell'Accordo provvisorio oggi esistente essendo ormai prossimo a scadere il termine da lui fissato. Lord Salisbury sarebbe poi d'avviso, mi scrive Sir T. Sanderson, essere sommamente opportuno che si inizi al più presto un negoziato per un nuovo

accordo definitivo e che questo sia conchiuso quanto prima. Tuttavia ritiene Lord Salisbury che l'interpretazione data dal Commendator Tugini al Pro

tocollo del 1891 è inaccettabile e che non è da pensare che si possa addivenire ad un nuovo accordo nello stesso senso, il che indurrebbe confusione e trarrebbe seco svantaggi non lievi.

(l) -Cfr. la l. p. di De Renzis a Salisbury del 6 marzo, in E. SERRA, L'Intesa Mediterranea, pp. 219-220; e la risposta di Salisbury, i b., p. 220. (2) -Tel. n. 483, spedito alle ore 14,10, non pubblicato. (3) -La divergenza riguardava l'interpretazione dell'art. 4, relativo al transito commerciale fra Eritrea e Sudan via Canale.
180

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 68/19. Janina, 6 marzo 1899.

È giunto da qualche tempo in Janina Servet Bey, proveniente da Libocovo, distretto di Arghirocastro, che fa parte di questo Vilayet. Servet è uno dei più importanti personaggi di quel paese. Egli è nipote del celebre Malie Pascià discendente in linea diretta, da Alì Pascià, uno dei più ricchi Bey di questo paese, che morì or son due anni nella grave età di novanta anni lasciando ai suoi eredi una sostanza che oltrepassa i venti milioni -ii franchi. Servet Bey è quindi uno dei più influenti personaggi del suo distretto, e le sue aderenze colà sono pari delle sue sostanze. Nel mentre io conosco indistintamente tutti i Bey di questo Vilayet, ciò nullameno il caso aveva fatto ch'io non avessi mai avuto occasione di incontrarmi con quest'ultimo. Ultimamente dopo una dimora di circa quindici giorni in questa città, per mezzo del nostro connazionale dott. Fanti mi fece domandare se poteva procurarsi il piacere di conoscermi, poichè aveva l'intenzione di farmi una visita, come intendeva di fare a tutti gli altri Consoli. Naturalmente io risposi che sarebbe stato il ben venuto e di fatti avant'ieri, giorno in cui si recò pure dagli altri miei colleghi, venne in questo Consolato. Dopo aver scambiate le cerimonie d'uso in questi paesi, egli cominciò a parlarmi così: Quantunque io non avessi il bene di conoscervi personalmente, pure per la lunga vostra dimora in questo paese, la stima rispettosa da cui siete circondato, per parte di tutte le popolazioni qui residenti, mi hanno fatto ardito di domandare di essere ammesso alla vostra presenza, anche per compiere presso di voi un mandato affidatomi dai miei conterranei. Più di nessuno voi Sig. Console, colla vostra lunga esperienza di questi paesi, può conoscere lo stato di questa nostra miseranda provincia. Le cose sono giunte al punto tale che non è possibile più andare innanzi. Il malcon· tento presso di noi è tale che io a stento posso impedire dei fatti gravi. ;La nostra vita, le nostre sostanze, le nostre famiglie sono in mano degli abbrutiti ed avidi Valì che ci regalano da Costantinopoli. Ogni senso di giustizia è spento, tutto qui è divenuto venale, l'arbitrio regna sovrano, soffre il povero che muore d'inedia, soffre il ricco che si sfrutta giornalmente, e non è mai sicuro dell'indomani, cristiani e musulmani all'unisono, imprecano a questo stator di cose che oramai non può più a lungo durare. Si è perciò che i miei compaesani mi hanno incaricato di parlare colla S. V. in merito a questa situazione.

Voi certamente già sapete Sig. Console, come le aspirazioni degli Albanesi sia cristiani che musulmani, sono tutte dirette verso il vostro Paese col quale

antiche tradizioni di fratellanza ci legano, e dove furono accolti con benevolenza non pochi dei nostri compatrioti. È impossibile che noi siamo uniti alla Grecia, poichè rivi di sangue ed odii inveterati ci separano dalla stessa. Del resto sorvolando :puranche agli odj ed alle antiche tradizioni, quel popolo imbelle rnon è capace di governare se stesso, e quindi tanto meno abile a regolare i nostri destini, tenuto conto specialmente, del grande fanatismo da cui è dominato.

Quantunque la Austria non abbia mai cessato di accarezzarci, pure per mille ragioni, che ora è inutile di noverare, le nostre simpatie non sono per essa. Noi non vediamo la nostra salute che dal vostro Paese, e tutti i nostri occhi sono colà rivolti aspettando il momento supremo in cui questo cancrenato impero andrà in isfacelo.

Senza entrare affatto nel merito del discorso di Servet Bey mi limitai ad osservargli come il desiderio unanime dell'Europa, era quello della pace, che con tutti gli sforzi si cercava ora di ,conservare e che perciò il consiglio che io potevo dare, vero e sincero, era quello che i Bey usassero tutta la loro influenza presso le popolazioni a loro devote, allo scopo di non creare imbarazzi alla Sublime Porta, fare il possibile per non turbare la pace, ed aver fiducia nell'avvenire, gia,cchè forse sia colle riforme o con altri mezzi la situazione poteva cambiare, che intanto pel momento io consigliavo incessantemente la calma.

Allora il Bey mi rispose: Giacchè questa è la vostra opWone, siccome noi tutti abbiamo piena ed illimitata confidenza in voi, vi ubbidiremo ciecamente in tutto, soltanto i miei confratelli, desiderano che le nostre aspirazioni sieno portate alla conoscenza del vostro Governo, facendogli sapere che noi siamo disposti ad ubbidire in tutto, perchè siamo certi che lo stesso, un giorno non dovrà abbandonarci e trascurare le nostre sorti. Queste nostre idee che cioè la nostra salvezza verrà dal vostro Paese sono da lungo tempo inveterate neHe nostre popolazioni, specialmente musulmane, e prova ne sia, che circa son due anni, prima di morire mio nonno Malich Pascià ci chiamò tutti al suo letto di morte e ci disse, cari figli miei quantunque io muoia ben vecchio rendo l'anima a Dio collo sconforto di non vedere il nostro paese sistemato come io vorrei, e come la quasi totalità dei nostri confratelli desiderano. Figliuoli la nostra salute deve venire dall'Italia quindi una sola cosa vi raccomando, di aver, cioè sempre gli occhi rivolti verso quella nobile terra, e qualunque avvenimento succeda, vi ordino di inalberare in questa nostra cara patria, il vessillo italiano.

Risposi al Bey che non avrei mancato di portare a conoscenza del Governo quanto egli mi pregava di dire, ma che a priori, non potevo raccomandargli altro che la calma e Ili tranquillità.

Dopo di che il Bey si congedò da me, dicendomi che tra qualche giorno avrebbe lasciata questa città, per recarsi al suo paese. Copia del presente rapporto è stata data alla R. Ambasciata in Costantinopoli (1).

(lJ Cfr. anche quanto scriveva il Mi!lelire con rapporto riservatissimo 313/85 dell'8 settembre 1899: • Dopo aver cercato, alla sfuggita, di descrivere l'Azione che l'Austria esercita in questo paese, mi pare naturale di accennare, se gli sforzi Austriaci presso le popolazioni

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO

T. 563. Roma, 8 marzo 1899, ore 12,30.

Ricevuto suoi telegrammi e telegramma Incoronato (1). Autorizzo presentare ultimatum chiedendo che entro Quattro giorni Governo cinese accetti in principio la nostra domanda e si dichiari pronto amichevole negoziato per stabilire particolari. Mancando risposta affermativa entro termine stabilito Inroronato dovrà ritirarsi da Pekino coi marinai e disporre per immediata occupazione. « Vespucci » giungerà Hong-Kong fra tre giorni. «Etna» deve fra giorni arrivare Batavia e proseguirà tosto. Prego comunicare presente telegramma a Incoronato acciocchè questi sia fin da ora informato e senza indugio informi pure comandante superiore delle due navi a Chefoo. Quanto a lei, la lascio giudice, secondo le circostanze ed i consigli dei colleghi amici, di rimanere anche dopo scadenza ultimatum o di partire col personale lasciando reggenza ad uno dei colleghi.

Musulmane hanno speranza di riuscita, ovvero se sono infelici, come quelli verso gli Ortodossi.

A questa domanda io risponderò brevemente, perchè gia ampiamente ho trattato questa materia nei miei non pochi Rapporti, diretti a V. E.

Mi limiterò quindi a dire sommariamente che salvo poche eccezioni, ad onta d~tgli interessi materiali importanti che l'Austria ha saputo crearsi in questi luoghi, essa non è riuscita ad avere fra i Musulmani Albanesi, che un numero di aderenti relativamente scarso, e niente del tutto corrispondente agli sforzi ed ai capitali impiegati. Gli Albanesi Musulmani, sia per affinità di razza, sia per antiche tradizioni, sia per regime di Governo da cui siamo retti, hanno aspirazioni Italiane. Essi tengono l'Austria in poco conto, e le loro aspirazioni per noi, sono figlie del sentimento di autonomia, di libertà che da vari anni ha cominciato ad insinuarsi nelle masse Albanesi a qualsiasi religione appartengano; l'elemento Albanese che risiede in Italia, il quale si agita da ogni minima occasione, ha anche contribuito a mantener viva la fiamma, ed a far sì che gli sguardi di essi sieno rivolti verso di noi, dove vive liberamente e rigoglia di vita un nucleo importante dei loro compatriotti.

Però oggidì le idee di libertà, specialmente negli Albanesi Musulmani della bassa

Albania, si sono fatta strada più di quel che non si creda, il malgoverno del Sultano, accen

tuandosi ogni giorno vieppiù, gli Albanesi si sentono spinti da una forza irresistibile a rag

giungere un giorno prima i loro ideali, le idee e la libertà Ellenica, nonchè quelle pretese,

senza· volèrlo hanno contribuito allo sviluppo di queste aspirazioni, quindi non sarebbe da

meravigliarsi, che essi si decidessero ad usare qualunque mezzo, all'infuori della Grecia

beninteso, per ottenere la loro redenzione.

V. E. ben rammenta che nel 1896, quando io venni in congedo, tutti i più influenti Capi Albanesi del Distretto, che conosco personalmente, mi incaricarono di sottomettere a V. E. le loro aspirazioni, e desideravano in pari tempo conoscere, che se l'Italia, per i sui interessi speciali avesse creduto di non poter accettare quelle simpatie, essi pregavano loro fosse francamente detto, per potere in quella triste ipotesi, dirigere altrove i loro ideali, ossia verso l'Austria.

Giunto in Italia non mancai di compiere il mandato, e V. E. che mi fece l'onore di

ricevermi, mi incaricò di dire agli Albanesi, che l'Italia non avrebbe mancato al momento

opportuno di ricordarsi di loro, ma che li pregava di essere calmi e tranquilli, e di non

creare all'Europa inutili imbarazzi. Queste parole che non ho mancato a suo tempo di comuni

care, destarono in quei Bey vivo entusiasmo, essi arrivarono persino a voler dirigere una

supplica a S. M. che io colla mia influenza riuscii ad impedire, per non creare al R. Governo

noje ed imbarazzi.

Ossequiente agli ordini datimi, ho sempre tenuto una condotta, verso di essi riservatis

sima, quantunque benevola.

Non bisogna dimenticare che gli eventi maturano ogni giorno, che il malcontento incalza

l'Amministrazione Ottomana peggiora, e se noi resteremo come sempre inerti e negativi 1~

sfiducia verso di noi, fomentata dalla nostra oppositrice specialmente pei rovesci di Affr'fca,

non mancherà di ingenerarsi in queste masse, e la spontanea simpatia per la quale non

abbiamo alzato un dito, svanirà sotto i colpi incessanti dei nostri avversari.

Per parte mia, certo di non aver nulla a rimproverarmi; anche a costo di diventare

nojoso, ho sempre edotto il R. Governo, religiosamente e scrupolosamente, sulla situazione

del paese, ho lavorato alacremente e con coscienza per allargare qui la nostra influenza

es~licz:t~dovi la nost.ra z:tttività, e ~opo lunghissi~e inc'!bazi~ni, _quantunque a metà, perchè

quindiCinale, sono nusclto a fare maugurare la Lmea di navigazwne Brindisi, Santiquaranta

Preve~a. Salakora. che ha già cominciato gli scambi con questo Distretto. '

L'Agenzia Commerciale da me suggerita, ed accettata dal cessato Ministero di Agricol

tura e Com~ercio_. ancora ~o~ fu attuata, sel?bene nçn ne z:tbbia ~erduta la sper'anza.

Tuttocw pero che cose In confronto agh enormi mezzi di cui l'Austria dispone? »

(l) Tell. O! De Ma:tino n. 609, senza data, pervenuto il 7 marzo, ore 13,50 e n. 615 del 7 marzo, ore 15,20; e di Incoronato, n. 616, del 7 marzo, ore 21, tutti non pubblicati.

182

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 564. Roma, 8 marzo 1899, ore 12,30.

Governo cinese persistendo anche malgrado vive insistenze del ministro inglese nel suo scorretto contegno dobbiamo oramai provvedere alla nostra dignità. De Martino riceve istruzioni (l) presentare ultimatum chiedendo che entro quattro giorni Governo cinese accetti in principio la nostra domanda e si dichiari pronto amichevole negoziato ;per i particolari. Mancando risposta affermativa entro termine stabilito nostre navi ;procederanno immediata occupazione salvo negoziare dopo fatto compiuto. Non dubitiamo lord Salisbury apprezzerà imperiose ragioni che ci costringono così agire e non ci mancherà anche in questa nuova fase appoggio morale del governo britannico mercè opportune istruzioni al suo ministro a Pekino. La nostra occupazione sarà pacifica e non si userà forza salvo caso aggressione contro nostre navi. Prego comunicare d'urgenza e telegrafarmi risposta.

183

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 567. Roma, 8 marzo 1899, ore 16,15.

Prego sospendere comunicazione a lord Salisbury giusta mio precedente telegramma (2). Preferisco pel momento agire per mezzo di questo ambasciatore d'Inghilterra.

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO

T. 569. Roma, 8 marzo 1899, ore 16,20.

Mio precedente telegramma (3) esprime nostre intenzioni rispetto atteggiamento Governo Cinese. Però la prego sospendere consegna ultimatum fino nuova mia istruzione. Accusi ricevuta presente telegramma (4).

185

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 583/279. Parigi, 8 marzo 1899.

Il Signor Barrère ha telegrafato ieri qui che i telegrammi da Londra, pubblicati a Roma nei giornali, segnalavano un'azione diplomatica della Russia e della Francia per sostenere la Cina nella sua resistenza all'Italia. L'egre

gio diplomatico segnalava la cattiva impressione che quei telegrammi producono in Italia. Quando oggi mi recai dal Signor Delcassé, questi teneva sullo scrittoio un appunto dei telegrammi della Agenzia Reuter ,che di tale azione russo-francese a Pechino si occupa. Questo Ministro si riferiva con vivace parola alla sua dichiarazione da me trasmessa a V. E. il giorno stesso in cui ebbi a fargli J.a notificazione delle nostre trattative con il Governo Cinese per San-Mun bay. « Poteva io, mi disse, essere più pronto, più esplicito, più cordiale nella accoglienza che feci alla vostra notificazione? Poss'io impedire che le notizie di fonte inglese dicano il contrario di ciò che penso, di ciò che faccio? ». Indi prossegul dicendo che dopo la notificazione mia del primo Marzo, egli avea telegrafato nel senso promessomi alla legazione francese a Pechino ed avea anzi voluto ,che le parole stesse da lui pronunciate in Senato, circa i rapporti che egli intende avere con l'Italia, fossero trasmesse per telegramma al Signor Pichon perchè questi sapesse bene quali sono le presenti disposizioni del Governo della Repubblica a riguardo nostro.

Dalla Russia, continuò il signor Delcassé, nulla era stato detto qui circa l'acquisto nostro in Cina. Egli ne avea parlato con il mio Collega il principe Ouroussow il quale non avea nessuna istruzione al riguardo. Gli interessi della Francia erano che in Cina prendesse posto il maggior numero possibile di Stati europei. Questi interessi coincidevano perfettamente con i personali suoi sentimenti di amicizia verso l'Italia. Gli riusciva doloroso il vedere che le sue disposizioni ed i suoi atti non bastavano a distruggere l'effetto di notizie tendenziose che quasi permettevano la supposizione che con esse si volesse attribuire ad altri il fatto proprio.

Assicurai il Signor Delcassé che le sue amichevoli e pronte dichiarazioni del 1° di questo mese erano state portate senza indugio a notizia di V. E. Delle difficoltà che la Cina avrebbe opposte alla nostra domanda, il Signor Ministro non mi disse cosa alcuna.

(l) -Cfr. n. 181. (2) -Cfr. n. 182. (3) -Cfr. n. 181. (4) -De Martino risponde con tel. n. 669, il giorno 9, ore 9,40, non pubblicato, accusando ricevuta del telegramma 8 corrente; ma cfr. nn. 194, 196 e 203.
186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 587. Roma, 9 marzo 1899, ore 20.

Mi limitai ieri telegrafarle (l) d'urgenza di sospendere la comunicazione a Lei prescritta nel precedente telegramma di jeri mattina (2). Aggiungo ora, a maggior spiegazione, che la sospensione divenne necessaria in seguito ad osservazione fattami da questo ambasciatore d'Inghilterra <essere preferibile non presentare a Lord Salisbury le nostre istruzioni come un fatto compiuto. In seguito di che mi parve preferibile che si incaricasse egli stesso di telegrafare a Lord Salìsbury nel senso di una Memoria che gli rimisi e che qui ad ogni buon fine riproduco.

ALLEGATO MEMORIA DI CANEVARO A CURRIE

Roma, 8 marzo 1899.

Il Governo chinese, anche malgrado le vive insistenze del Ministro britannico,

persiste nel suo scorretto contegno. Trovasi per tal modo creata, a nostro danno,

una situazione assolutamente incompatibile con la nostra dignità, né semplici scuse

bastano a renderla accettabile.

In tale stato di cose, il solo modo di uscire convenientemente dalla difficoltà consiste, a nostro avviso, nel presentare al Governo cinese una nuova Nota, con la prefissione di un breve termine, chiedendo a quel Governo di riprendere la nostra precedente Nota e di dichiararsi pronto di negoziare circa la nostra domanda. Se poi, anche questa seconda nostra Nota rimanesse senza soddisfacente risposta, Lord Salisbury dovrebbe, ci sembra, facilmente convenire che a noi non rimarrebbe altro partito all'infuori di una occupazione di fatto, a San Mun, beninteso semplicemente pacifica, salvo a negoziare dopo il fatto compiuto. Né dubitiamo che anche in codesta nuova fase, qualora tale eventualità si verificasse, non ci mancherebbero il favore e l'appoggio del Governo britannico essendo manifesto il comune interesse di non soggiacere allo sfregio ed all'insuccesso.

Prima di impartire al R. Ministro a Pechino istruzioni nel senso qui sopra accennato, attendiamo con fiducia di conoscere d'urgenza il pensiero di Lord Salisbury.

(l) -Cfr. n. 183. (2) -Cfr. n. 182.
187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 590. Roma, 9 marzo 1899, ore 22,15.

De Martino telegrafa (l) ricevette semplice lettera particolare spiegante rinvio sua nota. Però non si chiede retrocessione di questa e non si accenna a negoziato. Il Governo cinese ribadisce così lo scortese rifiuto di trattare. In tale stato di cose dobbiamo vivamente pregare Lord Salisbury di voler considerare la difficilissima condizione che ci è fatta, e dalla quale non possiamo uscire che ottenendo ad ogni costo dal Governo cinese che riprenda la nostra nota e si dichiari disposto a trattare. Evidentemente tale risultato non si può ottenere che mediante ultimatum di cui le indicai il tenore col mio telegramma di ieri mattina (2). Non posso credere che Lord SaHsbury voglia !asciarci in una così intollerabile situazione ed attendo con impazienza, ma con fiducia, di conoscere il suo pensiero.

188

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 635. Londra, 9 marzo 1899, ore 11,09.

Ho riferito quanto prescrivevano istruzioni che V. E. mi ha dato riguardo gradimento Leyds (3), spiegando ragione accettazione. Lord Salisbury, interpellato, ha risposto di nuovo preferire non pronunciarsi. Evidentemente la cosa gli è poco gradita.

Visto le condizioni di cose presenti con Inghilterra, credo mio dovere consigliare dilazionare gradimento, anche tenuto conto ragioni indugio accettazione. V. E. giudicherà.

(l) -Con tel. n. 639, del 9 marzo, ore 1,10, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 182. (3) -Ministro designato della repubblica Sud-africana a Roma.
189

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 638. Pietroburgo, 9 marzo 1899, ore 14,25.

Nella conversazione abbastanza lunga col conte Mouravieff egli ritornò sulla questione del disarmo dicendo risultargli che il Santo Padre avrebbe ritirato internunzio dall'Aja, il che metterebbe il Governo olandese in un piccolo imbarazzo vista grande popolazione cattolica di quello Stato. Secondo lui tale richiamo potrebbesi forse evitare se Governo olandese, nel dichiarare al Vaticano che Papa non essendo capo di una potenza temporale non può essere invitato a farsi rappresentare alla conferenza, aggiungesse di nutrire tuttavia speranza che il Papa, visto la sua grande autorità morale, avrebbe ben voluto incaricare l'internunzio di esprimere in qualche modo il suo pensiero a proposito dell'arbitraggio. Tale è l'idea del conte Mouravieff; ma egli non intende affatto farne oggetto di proposta. Procurerò scrivere più dettagliato in proposito per mezzo corriere.

190

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 155/68. Pietroburgo, 9 marzo 1899.

Come già feci conoscere per telegrafo all'E. V. (1), in seguito al suo telegramma dell'8 Marzo (2), ebbi ieri un colloquio col Conte Mouraview intorno all'acquisto della baia di San Mun da parte dell'Italia.

A tutta prima non posso dire che le mie parole producessero effetto favorevole, avendomi il Conte Mouraview chiesto cosa in fondo l'Italia andaSS€f a fare in China. L'atteggiamento preso con me, mi convinse che certamente finora il Governo russo non aveva dato al suo rappresentante a Pechino istruzioni speciali a noi benevoli intorno al detto acquisto, chè anzi il Conte Mouraview ebbe a farmi intendere che il Governo russo nell'estremo oriente aveva fatto da solo gli affari suoi e che non amava ingerirsi negli affari altrui.

A mia volta feci notare quanto fosse importante nell'interesse generale di evitare complicazioni fra l'Italia e la China, accennai alla convenienza che il contegno del rappresentante russo, fosse conforme alle cordiali relazioni che esistono fra i due paesi ed insistetti, valendomi del linguaggio amichevole e J?reciso usato dall'E. V. nel suo telegramma, il quale ben corrispondeva alla situazione.

Dopo lo scambio di alcune spiegazioni improntate a quella affabilità che sempre usa il Conte Mouraview nei suoi colloqui con me, egli mi promise che

presi gli ordini dall'Imperatore, avrebbe dato telegraficamente istruzioni al Ministro a Pechino, di tenere atteggiamento benevolo e simpatico v-erso di noi.

P. S. -Ricevo in questo punto suo telegramma in data d'oggi (1), comunicherò senza ritardo al Conte Mouraview i ringraziamenti di V. E.

(l) -Con tel. n. 628, dell'8 marzo, ore 15,10, non pubblicato. (2) -In realtà del 7 marzo, ore 15,15, n. 549, non pubblicate
191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE D'INGHILTERRA A ROMA, CURRIE

Roma, 10 marzo 1899.

Voici une lettre parbculière que je Vous [sic] voudrais Vous adresser camme suite de notre entretien de ce matin. Seulement, camme il s'agit d'une idée dont l'initiative vous appartient, -bien entendu à titre purement personnel, -je vous la soumet par avance pour etre siìr d'avoir exactement rendu votre pensée. Veuillez, je vous en prie, y faire toutes les corrections et modifìcations que Vous jugeriez nécessaires.

ALLEGATO

CANEVARO A CURRIE

Roma, 10 marzo 1899.

J'ai réfiéchi sur l'idée que Vous avez, à titre personnel, énoncée dans notre entretìen de ce matin, c'est à dire de chercher à faire intervenir auprès de Tzungli-Yamen les Représentants des puissances amies pour l'amener à reprendre notre note et à accepter de négocier. J'ai, après reflexion, conclu qu'elle pourrait etre utilement mise à exécution. Seulement je dois me préoccuper de l'éventualité où les démarches des Représentants a'uprès du Tzung-li-Yamen n'aboutiraient à aucun résultat. En pareil cas, ayant, de notre còté, épuisé toutes les ressources d'un procédé amicai et conciliant, notre échec deviendrait, vis-à-vis de l'Europe toute entière, de plus en plus éclatant si nous ne pouvrions pas, en pareille hypothèse, donner, à la demande de reprendre notre note et d'accepter la négociation, la forme d'un ultimatum, suivi, en cas de réponse négative, d'une simple occupation de fait. Pour ne pas retomber, alors, dans une situation encore plus embarassante que celle où nous nous débattons en ce moment, il nous faudrait avoir la certitude de pouvoir comptçr, en pareille éventualité, non pas sur la coopération, mais au moins sm· une attitude bienveillante de la part de l'Angleterre. Pourrons -nous éventuellement y compter?

Voilà la question que je Vous prierais de soumettre à Lord Salisbury. Natu

rellement j'attendrai la réponse de S. S. avant de donner suite à l'idée de ce matin.

192

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 654. Londra, 10 marzo 1899, ore 5,28 (per. ore 20,30).

Salisbury ammalato non riceve. Ho parlato con i due sottosegretari di stato che si occupano dell'affare; ho potuto aver cognizione della risposta data da Salisbury ieri all'ambasciatore d'Inghilterra in Roma riguardo memoda di V. E. (2). In essa è detto che Salisbury non può prendere responsabilità alcuna, qualora noi si faccia uso della forza e non si !)uò nemmeno dire quale sarà la condotta dell'Inghilterra nel caso in cui contrariamente a quanto ave

vamo promesso, noi prendessimo risoluzione coercitiva. Entrambi mi hanno soggiunto che l'Inghilterra, non ha mai usato coercizione in Cina, ma ha sempre trattato lungamente. Con Governo cinese vi abbisogna grande pazienza per riuscire nell'intento, pazienza che l'Inghilterra mantiene per suo conto anche ora nelle difficoltà che incontra. Mi si è fatto sperare ulteriori notizie quando ministro di Inghilterra a Pekino avrà risposto sul risultato pratiche in favore nostro, .ed è credenza di Sanderson che la Cina riprenderà nostra nota. Certamente una deliberazione violenta farebbe quì cattiva impressione.

(l) -N. 588, del 9 mal'!lo, ore 20. (2) -Cfr n. 186 e l'allegato.
193

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 618. Roma, 11 marzo 1899, ore 20.

In seguito al telegramma di lord Salisbury (1), che V. E. conosce ho oggi avuto nuovo colloquio con l'ambasciatore d'Inghilterra. La mia conclusione è questa: per ora nulla facciamo aspettando sia la venuta del ministro cinese, sia il risultato delle pratiche del ministro inglese presso il Governo cinese per far riprendere la nostra nota; se questa soddisfazione ci è negata o troppo tardasse ripiglieremo la nostra libertà d'azione. L'ambasciatore telegrafa in questo senso a Salisbury ed io ne informo V. E. per notizia e norma di linguaggio.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO

T. 621. Roma, 11 marzo 1899, ore 24.

Ricevo con indicibile sorpresa il telegramma di Lei che annunzia la avvenuta consegna dell'ultimatum (2). Il mio secondo telegramma de'l giorno 8 (3) di cui, a mia richiesta Ella segnò ricevuta (4), le ingiungeva di sospendere consegna fino a nuova istruzione. Ci spiegheremo Diù tardi. Intanto le ordino a nome di S. M. il Re di ritirare immediatamente l'ultimatum e di consegnare la legazione, compresa la cifra, al collega britannico al quale pregai Lord Salisbury di tosto telegrafare occorrente autorizzazione. Lei ritorni in Italia a rendere conto della sua condotta.

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 622. Roma, 11 marzo 1899, ore 24.

Accade un fatto inesplicabile. Quale esso sia e quale provvedimento immediato io abbia dovuto :Drendere risulta dalla lettera che in questo momento e malgrado l'ora notturna dirigo a questo ambasciatore d'Inghilterra:

llì

«Un fait absolument inexplicable nous arrive. Un télégramme de M. de Martino que je viens de recevoir (l) m'apprend qu'il a remis hier au soir au Tzung-li-Yamen un ultimatum, lui laissant quatre jours pour répondre et lui déclarant qu'une réponse évasive équivarait à un refus. V. E. sait ceci est diamétralement en opposition avec les ordres que j'avais télégraphié à M. De Martino le 8 de ce mois (2) et dont, sur ma demande expresse, il m'a accusé réception. Je ne veux pas m'attarder à demander à M. De Martino une explication. Je tiens à ne pas laisser, meme pour un seui instant, planer l'ombre d'un doute sur la pleine correction et loyauté de nos procédés, j'ai déjà et immédiatement télégraphié à M. De Martino de retirer son ultimatum et de remettre ~ son collègue britannique la direction de notre légation. J'éspère que Lord Salisbury veut bien dans la situation extremement embarrassante où l'acte de notre Ministre nous .t>lace, consentir à nous rendre ce service et a télégraphier immédiatement à Sir Claude Mac Donald d'accepter la remise de la légation du Roi. Nous aviserons demain à ce qu'il y a ultérieurement à faire.

L'essentiel, le plus urgent, c'est qu'une mesure immédiate remette les choses dans un état conforme aux intentions communes de nos deux Gouvernements. C'est pourquoi j'ose prier V. E. de vouloir bien télégraphier dès cette nuit à lord Salisbury dans le sens de la présente lettre ».

(l) -Cfr. n. 192. (2) -N. 669 del giorno 11, ore 21, non pubblicato. De Martino annunciava di aver spedito l'ultimatum la sera del giorno 10. (3) -Cfr. n. 184. (4) -Non pubblicato. Cfr. nota 4 a pag. 112.
196

IL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 701. Pechino, 14 marzo 1899, ore 9.

Ebbi mattina 10 corrente telegramma (2) di V. E. sospendere consegna ultimatum ed era convinto che si riferisse al telegramma di V. E. del giorno precedente (3) circa intenzione occupare San Mun; ma ebbi sera dello stesso giorno, telegramma di V. E. ordinandomi presentare ultimatum (4) ed a Incoronato disporre per immediata occupazione. Ho i due telegrammi per provare, ed Incoronato e Vitale .Per testimoni; mai ebbi minimo sospetto che il telegramma giunto prima, fosse posteriore; ho sempre temuto meritare biasimo per la mia troppa prudenza ho scongiurato nulla iniziare senza presenza divisione navale; ho voluto fermare «Elba» a Hong-Kong; ho due volte sconsigliato iniziare negoziati con la domanda esclusività dei nostri interessi nel Che-Kiang che ci ha tanto raffreddato appoggio inglese e che è solo causa del rinvio della mia nota; ho ubbidito, me malgrado, dopo istruzioni definitive in termini specifici, infine invece di presentare un vero formale ultimatum, ho presentato soltanto una domanda perentoria poichè mi sono limitato chiedere risposta entro termine ragionevole e non ho aggiunto minaccia qualsiasi per il caso di un rifiuto; ho anche temperato la domanda perentoria con termini della massima cortesia ed è assai meno forte di quella che costantemente dirige tutti i ministri

esteri e che son ben sovente comminatori. Ministro d'Inghilterra mi ha esortato iersera a non ritirare la mia predetta domanda poichè non è ultimatum, poichè Governo chinese le ha risposto e per non annullare risultato che ha ottenuto ma a telegrafare necessari schiarimenti. La mia domanda perentoria ha ottenuto dupHce risultato: l) che soddisfazione ci è data, poichè Governo chinese offre riprendere nota respinta; 2) che il Governo chinese consente implicitamente riaprire negoziati, poichè, conclude aspettare nota respinta per rispondere. Ministro d'Inghilterra telegrafa in questo senso a Salisbury e sconsiglia fortemente, nello interesse comune, di fronte a Governo chinese, che il proseguimento dei negoziati mi sia tolto. Se V. E. informata adesso che io non ho commesso nè colpa, nè errore, consenta farò in modo che, invece di risposta scritta che sarebbe conferma del rifiuto, vi siano conferenze verbali. Se poi sacrificio della mia persona necessario al bene del nostro paese mi sottometto, ma io supplico V. E. accettare sacrificio senza accusarmi. Quanto ai corrispondenti Times e Reuter, da me nessuna indiscrezione od eccitamento fu commesso. Sanno tutto subito dai segretari del Governo chinese, perchè pagano i loro commenti, hanno lo scopo forzare la mano al Governo inglese, perchè vogliono che l'Inghilterra si prenda maggiori vantaggi nell'Yangh-tze. Aspetto con coscienza tranquilla telegramma di V. E., ma con dolore che mi si abbia creduto capace di tradire il mio dovere ed il servizio del re.

(l) -Non pubblicato. Cfr. nota 2 a pag. 117. (2) -Cfr. n. 184. (3) -Si riferisce forse al te!. 544 del 6 marzo, ore 18,25, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 181.
197

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 2842. Roma, 14 marzo 1899.

La Prefettura di Milano riferisce che da quell'Associazione Generale degli Studenti fu diramata una circolare litografata per iniziare un'agitazione e promuovere una manifestazione irredentista, prendendo occasione dalla istituzione del Ginnasio croato a Pisino, e dalle difficoltà che si frappongono alla fondazione di una Università Italiana a Trieste.

Mi pregio unire copia della circolare di cui si tratta (1), riservandomi di comunicare all'E. V. tutte quelle altre notizie che mi perverranno a proposito di questa agitazione (2).

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL MINISTRO A PECHINO, DE MARTINO

T. 640. Roma, 15 marzo 1899, ore 12.

Ricevo telegramma contenente le spiegazioni (3) delle quaH volentieri prendo nota augurandomi che giungendo ella a Roma tutto potrà essere soddisfacente

mente chiarito. Dopo sconfessione resa assolutamente indispensabile per preservarci da sospetto di slealtà verso Inghilterra ed altre potenze, la presenza di lei riesce manifestamente impossibile a Pekino mentre interim inglese ormai concordato con Salisbury, gioverà certamente avviare questione verso conveniente pacifica soluzione. Prego dive Vitale che durante interim inglese faccio particolare assegnamento sulla sua zelante intelligente cooperazione.

(l) -Non pubblicata. (2) -Appunto marginale di pugno di Canevaro: c Scrivere all'interno pregando d'invitare i prefetti ad ottenere con buon modo che queste manifestazioni non abbiano luogo poiéhè esse non possono avere altro risultato che quello di nuocere alla causa degli italiani di Trieste e di creare inutilmente imbarazzi a noi •· (3) -Cfr. n. 196.
199

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. RISERVATO 2872. Roma, 15 marzo 1899.

Si comunicano alla E. V. per sua cognizione, le seguenti notizie rimesse a questo Ministero, riservatamente, da Trieste. Ivi si agita ora vivamente l'idea di ottenere l'istituzione di una università italiana come fu deliberato nella riunione dei podestà seguita il 15 gennaio u. s. A tal'uopo, già s'inserissero fondi nei loro bilanci i municipi di Trieste e della !stria. L'associazione progressista fa poi circolare a questo fine delle liste di sottoscrizione di fondi. Tutte le società liberali ed irredentiste si sono accordate di combattere i socialisti in modo da ridurli all'impotenza. Il Podestà cercherà di ottenere poi dall'I. e R. Governatore lo scioglimento della Lega socialista. Se ciò non si facesse, si temono gravi disordini. Il deputato Bissolati, direttore dell'Avanti scrisse al signor Mekai (?) in Trieste, annunciandogli dimostrazioni a Roma, per il primo di maggio p. v. ed esortandolo di far che ivi avvenga altrettanto. Il deputato Barzilai ha pure comunicato agli onorevoli Benussi e Rascovich l'idea di tenere a Milano o a Roma un'adunanza di rappresentanti delle leghe irredentiste di Trieste, dell'Istria, del Trentino e di quelle esistenti nel Regno. La riunione si terrebbe nel prossimo maggio. A Trieste fece cattiva impressione la recente condanna del signor Amilcare Rascovich, a cinque giorni di carcere, per aver tentato d'impedire ad un Com

missario di polizia di sequestrare il nostro tricolore che legava un mazzo di fiori, portato da una maschera il lunedì grasso al politeama Rossetti.

200

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 235/98. Londra, 16 marzo 1899.

II Marchese di Salisbury, ristabilito dalla recente infermità ed alla vigilia di [asciar Londra per recarsi a Beaulieu, ha tenuto ieri nel pomeriggio la consueta udienza del Corpo Diplomatico. Ho potuto così conferire con lui degli affari di Cina, sperando aver dalle sue parole, maggior lume sui propositi del Governo Inglese a nostro riguardo.

La Conferenza di ieri, mio malgrado non potè durare gran tempo. II nobile mio interlocutore, per l'insolito numero di diplomatici aspettanti o stanco

per 1a malattia alla gola di che ha sofferto, non entrò in lunga discussione su quel che è avvenuto. Gli parve bastevole forse, quanto egli, per bocca del Sottosegretario di Stato (il signor Brodrik), nel giorno precedente aveva fatto manifestare alla Camera dei Comuni. Quivi, come l'E. V. ha potuto rilevare dal resoconto del Times e dal mio ,telegramma (1), furono dichiarate le maggiori simpatie per la nostra politica, fu proclamata la più sincera amicizia pel nostro paese e ci venne promesso pubblicamente, quell'appoggio «diplomatico», che finora, abbiamo sempre trovato corrivo alle nostre richieste.

Nel colloquio di ieri, il Marchese di Salisbury pur tuttavia, ritornando su quanto ebbe a dirmi il Signor Sanderson or sono pochi giorni, ne volle confermare le idee sul modo di comportarsi col Governo Cinese, col quale la sola longanime insistenza può portare gli sperati frutti.

« Io credo » dicevami il Ministro « io credo che l'Italia finirà per ottenere quanto desidera; ma a patto che sappia agire con la calma necessaria. I disappunti avvenuti, io credo siano dovuti alla precipitazione messa, nel porre alla CLna ia questione nei suoi termim.i estremi ».

Da parte mia credetti di spiegare il bisogno che aveva l'Italia di far presto, servendomi di una delle ragioni dalla E. V. accennata in un Suo telegramma (2); quella cioè, che avuto conoscenza dei nostri propositi, altre Potenze potevano prevenirci nella occupazione di San-Mum.

«Io non son di tale avviso » riprese a dire Lord Salisbury « ma lasciando pure il passato, questo bisogno ormai più non esiste. Oggi, in che la domanda italiana è stata fatta, nessuna Potenza potrebbe più contestarle il passo. Il successo finale, sta nella moderazione dei mezzi impiegati, nella paziente discussione, nella lunga aspettazione. Che importa qualche mese prima o dopo, se si giunge allo scopo? ».

Queste le parole del Primo Ministro Inglese. Il problema, è vero, sembra insolubile, se alle domande, anche insistenti, di una parte, faccia riscontro l'impassibile negativa della parte contraria. Ma tale considerazione, non scuote la fede dei nostri amici, che non diffidano del risultato voluto dal Governo italiano.

201

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO 741. Parigi, 17 marzo 1899, ore 16,56.

La qualifica di alleata data alla Italia dal sotto segretario di stato per gli affari esteri nella camera dei comuni, e le espressioni adoperate da V. E. nelle risposte sue alla camera dei deputati non possono, nella perdurante tensione dei rapporti fra la Francia e l'Inghilterra, passare inosservate in questo paese (3). Ora si annunziano nei giornali il viaggio delle LL. MM. in Sardegna

ed una dimostrazione navale inglese che, a titolo d'onore, si far·ebbe in questa occasione. Debbo mettere in guardia il Governo del re contro gli effetti, forse dal medesimo non voluti, di queste dimostrazioni, tanto più poi se esse dovessero avere valore apparente momentaneo e transitorio, poichè le impressioni che lasciano sono invece durature, e le loro conseguenze saranno assai difficili a cancellarsi. Stimo che V. E. dovrebbe far sentire all'ambasciatore di Francia che la visita delle LL. MM. alla Sardegna sarebbe una buona occasione per la flotta francese di comparire nelle acque dell'isola sopratutto se altra flotta vi si recasse spontaneamente. Se poi io dovessi invece fare qui una suggestione a tale riguardo, converrebbe che V. E. me ne desse in tempo utile istruzioni.

(l) -Tel. n. 687, del 13 marzo, ore 7,20, per. ore 22, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 168. (3) -Per questi sospetti francesi, già smentiti da Barrère nel luglio del 1898, cfr. Documents dip!omatiques trançais, cit., serie I, vol. XIV, p. 408, n. 269.
202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 680. Roma, 18 marzo 1899, ore 22.

Alle parole cordiali del sottosegretario di stato inglese sarebbe stato scortese rispondere con riserve, ed ho invece creduto mio debito esprimermi con eguale cordialità. Però V. E. sa quali sono, in genere, i nostri precisi rapporti coll'Inghilterra ed in quanto concerne la nostra attuale mossa in Cina l'appoggio diplomatico prestatoci dall'Inghilterra nulla implica di cui la Francia possa menomamente adombrarsi. V. E. può eventualmente porgerne costì la più assoluta dichiarazione. Quanto al viaggio dei sovrani in Sardegna, che avrà probabilmente luogo verso la metà di aprile, non mi parrebbe il caso di provocare l'apparizione di una squadra francese nè evidentemente sarebbe in nostro potere di impedire che per mezzo delle loro squadre o la Francia o l'Inghilterra od entrambe rendano le onoranze consuete in simili circostanze. Il nostro atteggiamento sarà, in ogni modo, strettamente corretto e tale da escludere ogni ombra dall'una o dall'altra parte, nostro proposito essendo di col

tivare l'amicizia di entrambi i paesi e di adoperarci, per quanto da noi dipende, a che siano buoni del pari ed essenzialmente pacifici i lori reciproci rapporti.

203

MEMORIA DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

[Roma], 27 marzo 1899.

n Commendatore De Martino, in vista della divisata stazione navale San Mum, aveva proposto il seguente procedimento: chiedere la concessione; in caso di probabile rifiuto, occupare e poi trattare. Esaurito, con l'Inghilterra lo scambio preliminare di idee mercè il quale si ottenne bensì l'appoggio del Gabinetto di Londra in favore delle nostre pratiche, ma alla espressa condizione che si sarebbe intanto proceduto con metodo esclusivamente pacifico, ne fu espressamente avvertito il Commendator De Martino nell'atto in cui telegraficamente gli si impartivano le istruzioni per la trattazione dell'affare. Apparve, però, tosto evidente, dal carteggio del Commendator De Martino, che questi persisteva nel diverso suo concetto. I suoi telegrammi avevano costantemente l'evidente obiettivo di spingere il Governo sopra la via della immediata coercizione: quella via appunto che, non volendosi e non potendosi da noi adottare per le intellig·enze prese con l'Inghilterra, contraddiceva alla precisa e motivata ingiunzione del R. Governo. La cosa giunse fino al punto che si dovette nettamente ammonire il Commendator De Martino: sapersi oramai bene il suo pensiero, ma considerazioni d'ordine più generale imporre il procedimento a cui il

R. Governo era risoluto a volersi attenere.

L'incidente dell'ultimatum è noto. Nel giorno 8 marzo vennero spediti al Commendator De Martino due telegrammi (l) a distanza di poche ore. Con l'uno gli si ingiungeva di presentare un ultimatum per avere riparazione della ingiuria fatta dal Yamen col respingere la prima nota italiana. Col secondo, reso necessario dal sopraggiunto intervento amichevole del Governo britannico, incaricatosi di regolare la cosa a nostro gradimento, si ingiungeva al R. Ministro di sospendere la presentazione dell'ultimatum segnando ricevuta dell'ordine di sospensione.

Invece nella sera del giorno 10 (verso le 8) il Commendator De Martino presentava l'ultimatum e solo nella sera del giorno 11 (alle 9,5 pomeridiane) ne dava conoscenza telegrafica al R. Governo (2); il quale, essendone giunta aRoma, per mezzo della Reuter la notizia fin dal mattino dello stesso giorno 11, non potè dispensarsi dallo smentirla presso l'Ambasciatore d'Inghilterra ed altro Ambasciatore, trovandosi poi nella incresciosa condizione di avere smentito un fatto vero.

Il Commendator De Martino adduce a sua giustificazione: che il telegramma contenente l'ordine di sospensione gli giunse per primo nelle ore antimeridiane del giorno 10; che egli lo credette allusivo ad informazioni chiestegli, pochi giorni innanzi, sulla possibilità di occupare San Mum con le sole due nostre navi presenti in Cina, oppure alla idea da lui stesso manifestata in un suo precedente telegramma di addivenire senz'altro ad un ultimatum; che, ricevuto più tardi, nelle ore pomeridiane il telegramma contenente l'ordine di presentazione dell'ultimatum, ritenne che questo (mancante di data precisa di partenza ed avente un numero d'ordine più alto in confronto dell'altro ricevuto nel mattino) fosse realmente posteriore all'ordine di sospensione, e dovesse quindi determinare la presentazione dell'ultimatum. Per verità, è da notarsi che, secondo le indagini fatte dal Ministero per le vie officiali, i due telegrammi del giorno 8 furono bensì rimessi a Pechino, nel giorno 10, con ordine intervertito, ma conservando, alla consegna, un numero progressivo corrispondente all'originaria serie di spedizione. In ogni modo, però, anche ammessa l'esattezza dei dati di fatto enunciati dal Commendator De Martino, è manifesto che questi, forse suggestionato dall'ambiente, o dalle stesse sue proprie idee preconcette, mancò d'ogni più elementare discernimento. Come poteva egli supporre che un ordine perentorio di sospendere la presentazione dell'ultimatum si riferisse ad una richiesta di informazioni, o ad una sua semplice proposta di procedere per via di ultimatum? Perchè una simile supposizione fosse possibile, converrebbe ammettere la possibilità di un'altra supposizione: che, cioè, egli, De

Martino, fosse ritenuto capace di presentare un ultimatum senza averne avuto la espressa ingiunzione dal suo Governo, e che in conseguenza fosse stimato necessario un perentorio ordine di sospensione per trattenerlo da un simile passo. Il che è semplicemente assuxdo. Ricevendo l'ordine di sospendere la presentazione dell'ultimatum senza aver ricevuto prima l'ordine di presentarlo, egli doveva, invece, subito intuire che un precedente telegramma erasi fuorviato o trovavasi in ritardo; e quando, poche ore dopo, gli giungesse il telegramma ,contenente l'ordine di presentare l'ultimatum doveva del pari tosto comprendere che questo era il telegramma a cui riferivasi l'ordine di sospensione anteriormente ricevuto. Tutto ciò senza che occorresse, da parte sua, verifica di numeri o di date di spedizione. Dato pure, da parte sua, un dubbio, doveva soprassedere (urgenza non v'era) e chiedere, per telegrafo, una precisa istruzione; non già avventurarsi ad un fatto compiuto, che avrebbe avuto effetti irrevocabilmente gravi se la sconfessione immediata non avesse tolto al passo del Ministro un carattere impegnativo per il R. Governo.

Quali che possono essere le spiegazioni del Oommendator De Martino, il non avere saputo discernere l'intendimento del Governo, lo avere precipitosamente fatto cosa contraria a tale intendimento, e l'averne per ben ventiquattro ore indugiata la notizia, costituiscono, a mio avviso, titoli di responsabilità da cui non può in alcuna guisa scagionarsi.

(l) -Cfr. nn. 182 e 184. (2) -Vedi nota 2 a pag. 117.
204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 772. Roma. 28 marzo 1899, ore 18,55.

Prego telegrafarmi eventuali intendimenti di codesto Governo rispetto al recente accordo anglo-francese (1). Sarei pure molto grato a V. E. se le riuscisse di indagare, col debito tatto, il pensiero di codesto Governo circa l'atteggiamento che meglio convenga all'Italia di prendere di fronte a tale accordo, tenuto conto della posizione, costì ben conosciuta, che l'Italia ha neUe questioni del Mediterraneo segnatamente rimpetto all'Inghilterra (2).

205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. RISERVATO 12726/86. Roma, 31 marzo 1899.

A proposito del recente accordo anglo-francese per l'Africa centrale, del quale V. E. mi annuncia, con telegramma del 28 corrente (3), l'invio del testo, mi preme fermare subito l'attenzione di Lei su una circostanza di fatto che ha 5peciale importanza e sulla quale io intrattenni a voce la E. V. quando Ella fu a Roma prima di raggiungere codesta sede.

der Europiiischen Kabinette 1871-1914, XIV, Band II, p. 429 sgg. (3J Tel. n. 847, del 28 marzo ore 11,07, non pubblicato.

In un colloquio con Lord Cromer nell'ottobre 1898, il Commendator Tugini, R. Agente al Cairo, ebbe l'impressione che S. S. non escludesse l'ipotesi che, per risolvere la questione di Fascioda, l'Inghilterra non fosse aliena dal dare alla Francia un compenso nelle regioni ad est del Tchad.

Avuto riguardo all"influenza che un accordo anglo-francese in questo senso avrebbe potuto avere sulla integrità dell'hinterland tripolino, credetti necessaria una franca spiegazione col Governo britannico, e, il 3 novembre u. s., consegnai io stesso a Lord Currie il promemoria di cui Le unisco copia.

Pochi giorni dopo, il 7 novembre u. s., Lord Currie ci fece leggere un telegramma di Lord Salisbury, la cui sostanza è contenuta nella breve memoria che qui parimenti si unisce.

Desidero che V. E. abbia subito sotto gii occhi questi due documenti per il caso che occorra di riferirsi ad essi a proposito del.l'accordo anglo-francese del 21 corrente.

La prego di accusarmi ricevimento del presente dispaccio.

ALLEGATO I

CANEVARO A CURRIE

Roma, 3 novembre 1898.

In un colloquio amichevole ed occasionale, il Commendator Tugini, R. Agente in C.liro, ha creduto di trarre, da alcune parole di Lord Cromer, l'impressione che questi non escluderebbe l'ipotesi che, per risolvere la questione sorta con l'occupaz~one di Fashoda, la Francia possa ottenere alcun compenso nelle regioni che stanno ad ovest del Lago Tchad.

Trattasi di una semplice impressione, forse fallace. Però, come l'argomento ha, per noi, grande importanza, non è inopportuna, ad ogni buon fine, una schietta spiegazione.

Se il compenso, per la Francia, si cercasse ad ovest del Tchad, nelle regioni che stanno al Sud del parallelo (15 nord) lambente l'estremità nord del Lago, la cosa ci riuscirebbe perfettamente indifferente. In quelle regioni l'Italia non ha interesse diretto o indiretto, presente o futuro.

Ma se, invece, il compenso estendendosi a nord di quel parallelo, includesse, in tutto· o in parte, quella zona di territori africani che forma l'hinterland della Tripolitania, la cosa muterebbe completamente d'aspetto.

Il Foreign Office sa che base fondamentale della nostra politica nel Mediterraneo è il mantenimento dello statu qua. Noi non abbiamo sulla Tripolitania alcuna mira ambiziosa, ma non potremmo neppure ammettere che la Tripolitania cada in altre mani. Ciò virtualmente avverrebbe, ancorchè non si proceda alla materiale occupazione della costa, nel giorno in cui, con la presa di possesso dell'hinterland, altra potenza divenisse l'arbitra delle sorti e del commercio della Tripolitania stessa.

Una simile eventualità sarebbe in aperto contrasto con le intelligenze scambiate nel febbraio 1887 tra i Gabinetti di Roma e di Londra; intelligenze a cui noi abbiamo costantemente e fedelmente informato la nostra politica nei rapporti con l'Inghilterra. Essa sarebbe, in ogni modo, per gli interessi nostri così altamente esiziale, che niun governo, in Italia, potrebbe tollerarla. Le conseguenze ne sarebbero necessariamente incalcolabili, nella politica interna, non meno che nella politica estera del nostro paese.

Per quanto, quindi, l'ipotesi apparisca affatto inverosimile, è nostro debito

di potenza sinceramente amica porgerne espressa avvertenza fin d'ora, al governo

di S. M. la Regina, dal quale aspettiamo, con piena fiducia, una parola che, dile

guando ogni dubbio, pienamente ci rassicuri.

.ALLEGATO II

PROMEMORLL\.

Roma, 7 novembre 1898.

L'Ambasciatore d'Inghilterra è venuto con un telegramma di Lord Salisbury.

In esso è detto che Lord Cromer, espressamente interrogato, ha risposto che il

Commendator Tugini deve avere frainte~:o, non avendo egli, nel colloquio relativo

all'incidente di Fashoda, fatto allusione alcuna a Tripoli, nè al suo hinterland.

Il Ministro Canevaro ha ringraziato l'Ambasciatore, e lo ha pregato di rin

graziare Lord Salisbury per questa comunicazione che pienamente lo rassicurava.

(l) È l'accordo. del 21 marzo 1899, per il cui testo cfr. Documents Diplomatiques français serie l, vol. XV, pp. 189-190. '

(2) Sulla questione e sui relativi rapporti Roma-Berlino, cfr. anche Die Grosse Politik

206

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 878. Londra, 31 marzo 1899, ore 3,35.

Mi preme rispondere immediatamente alle domande contenute telegramma di V. E. in data di ieri (l) riguardo accordo anglo-fra1ncese. Per parte mia ho sorvegliato attentamente fasi trattative, ricorderò a V. E. mia lettera particolare lO novembre (2) e rapporto del 6 febbraio n. 45 (3). In seguito in ciascuna udienza, sebbene dovessi lungamente discutere affare Cina che tanto premeva al R. Governo, sempre provocai confidenze Salisbury e sempre ebbi risposte vaghe riflettenti difficoltà intendersi con Francia; tal opinione mi fu affermata altresì fino all'ultimo giorno dall'ambasciatore di Francia. Le trattative ricominciate febbraio (vedi mio rapporto) furono sospese per malattia Salisbury, riprese metà marzo, concluse 21, due giorni prima mio telegramma all'E. V. (4) e della partenza di Salisbury. Gli ambasciatori a Parigi come a Londra hanno tutti ignorato quali concessioni inglesi sarebbero prezzo accordo. Attitudine e segreto Salisbury in questa occasione sono inesplicabili, tenuto conto della amicizia sempre proclamata fino al giorno della partenza e rammentando sopratutto sue parole da me trascritte a V. E., lettera confidenziale novembre (5), non credo possibile un attacco verso la Tripolitania che i francesi sanno con quanta gelosia e interesse è guardata dall'Italia. Articolo Times ieri, telegrafato all'E. V. di origine ufficiosa, dimostra che il Governo ha compreso troppo tardi che l'accordo concluso ed il silenzio serbato dovevano necessariamente pungere la nostra suscettibilità.

207

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 118. Londra, l aprile 1899.

Nonostante che io abbia con la maggior larghezza possibile risposto telegraficamente ieri (6) alle domande del telegramma dell'E. V. del 30 Marzo a sera (1), credo non inutile cosa ritornare con più agio sul soggetto medesimo.

(5} Non rinvenuta. (6} Cfr. n. 206.

L'accordo Anglo-francese è stato concluso dal Marchese di Salisbury e dal Signor P. Cambon ambasciatore di Francia all'ultima ora e sottoscritto immediatamente per permettere al Marchese di Salisbury il partire per Beaulieu onde rimettere la mal ferma salute. Il segreto delle trattative è stato tenuto dai due contraenti in modo assoluto e per quanto assai volte avessi interrogato l'uno e l'altro ne ho sempre avuto risposte vaghe e dilatorie. Era il sentimento che si facesse cosa contraria agli interessi e al sentimento d'un paese amico non so. Questo posso dire all'E. V. che il 15 marzo ovvero cinque giorni prima della sottoscrizione del Protocollo, trovandomi nella sala d'aspetto del Primo Ministro Inglese da solo a solo col mio Collega Cambon, e interrogatolo sull'andamento delle trattative egli mi disse confidenzialmente: « On se heurte toujours à de nouveaux obstacles. D'un còté le Ministère français doit écouter le groupe Colonia! de la Chambre, d'un autre les bureaux anglais des colonies ne voudraient jamais se dessa~sir de quoi que se soit ».

Da quando io sono qui giunto non mancai mai l'occasione di mettere il discorso col Marchese di Salisbury sulle cose Sudanesi. Sin quando eravi il de Courcel (vedi mia lettera particolare 9 novembre '98) (1), sia quando le trattative furono riprese dal signor Cambon (6 febbraio '99 Rapporto 46) (2).

A qual pensiero ha obbedito Lord Salisbury volontariamente tacendo con me nonostante le mie domande? Le grandi basi dell'accordo erano state certamente messe innanzi dalla Francia ed egli nè volontariamente nè dietro le mie insistenze ha mai fatto cenno di quanto si trattava certamente conscio che a noi sarebbe doluto vedere ad altri riconosciuto alcun diritto sull'Hinterland della Tripolitania.

Ricordo oggi che ne è il caso che un giorno del marzo trovandomi a colloquio col Primo Ministro e interrogatolo insistentemente senza frutto su quali basi si potesse far l'accordo Anglo-Francese a scusare l'insistenza stessa finii per dire al nobile mio interlocutore:

« Je comprend que ma curiosité peut vous paraìtre vouloir entrer dans une affaire qui ne me regarde pas mais en vous priant de m'excuser je ne demande qu'une chose: que l'accord ne se fasse pas sur notre dos ».

Il marchese sorrise e il discorso non ebbe seguito.

Da parte nostra pertanto nulla s'è trascurato per tener sveglia l'attenzione inglese sull'interesse che a noi sta a cuore d'ogni spartizione dell'Africa sia nel mar Rosso sia nel Mediterraneo.

Il Governo britannico non ha visto o non ha voluto vedere in questo accordo che un sol lato della questione, quello del suo interesse immediato nel definire in un modo purchessia una vertenza che incominciata a Fashoda trascinava i due paesi rivali sotto l'incubo di un conflitto. Lord Salisbury firmando il Trattato e guardando la carta africana non ha posto mente o non ha voluto ricordare quel che egli sapeva, quel che egli stesso confessava nella conversazione avuta meco il 9 Novembre in cui mi diceva: (vedi mia lettera confidenziale a V. E.):

«Non credo possibile un a.ttacco cont·ro la Tripolitania che i francesi sanno con quanta gelosia ed interesse è guardata dagli italiani»·

La stampa, il pubblico, gli uomini politici inglesi non han capito da prima dell'accordo Anglo-francese che altri interessi potevano da quell'accordo esser turbati. L'irritazione prodotta negli italiani ha dimostrato che si erano lesi gli interessi e le aspirazioni d'un paese veramente amico e devoto. Ho motivo di credere che oggi l'opinione, anche di coloro che credono i lagni esagerati, è a noi favorevole. L'articolo del Times da me segnalato ne è una prova. Imperocchè ho ragione fondata di assicurare V. E. che se l'ispirazione dell'articolo non è venuta dal Foreign Offiee, il tenore di esso ne è stato approvato.

(l) -Tel. n. 790 del 30, ore 20, non pubblicato: richiesta di informazioni circa i motivi del silenzio di Salisbury con De Renzis, sui negoziati per l'accordo anglo-francese per l'Africa centrale e circa il conseguente silenzio in proposito di De Renzis, col R. Governo. (2) -Non rinvenuta. (3) -R. riservato 106/45, non pubblicato, relativo al contrasto anglo-francese in Africa. (4) -N. 783, del 22 marzo, ore 10,35, non pubblicato. (l) -Non rinvenuta. (2) -Non pubblicato.
208

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. 812. Roma, 3 aprile 1899, ore 11,15.

Non so se le parti contraenti vorranno notificare alle terze potenze il recente accordo anglo-francese. Se ciò avvenisse facciamo assegnamento che i nostri alleati si asterranno dal prenderne atto fino ad ulteriore intesa col R. Governo. Prego, ad ogni buon fine, esprimersi costì in questo senso.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 813. Roma, 3 aprile 1899, ore 18.

Accordo anglo-francese 21 marzo scorso per Africa centrale di cui ho sotto gli occhi il testo ufficiale, contiene spartizione hinterland tripolino tra Francia ed Inghilterra. Clausole accordo toccano quindi direttamente interessi italiani, poichè Ella sa che mantenimento statu quo in Tripolitania è da noi considerato come collegato con integrità zona restrostante al vilayet, di cui costituisce, secondo la riconosciuta giurisprudenza internazionale coloniale, il necessario hinterland. Ciò non abbiamo mai taciuto a codesto Governo; e le amichevoli recenti dichiarazioni del signor Delcassé a lei fatte su questione Tripoli, ciò rass1curavano. Interessa pertanto al Govermo del re per ora conos,cere quali criteri ed intendimenti abbiano presieduto alla stipulazione dell'accordo in relazione della Tripolitania e del suo hinterland (l).

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 814. Roma, 3 aprile 1899, ore 18.

Accordo anglo-francese per Africa centrale 21 marzo u. s. di cui abbiamo ora sotto gli occhi testo ufficiale, contiene spartizione hinterland tripolino tra

(Barrère a Delcassé, 2 aprile); p. 202, n. 130 (id. a id., 4 aprile); pp. 202-203, n. 131 (Delcassé a Barrère, 5 aprile); e anche pp. 58-59, n. 36; pp. 66-67, n. 41; p. 67, n. 42; p. 292, n. 178.

Francia e Inghilterra. Essendo integrità hinterland Tripoli strettamente collegata con mantenimento statu quo mediterraneo, clausole accordo toccano direttamente nostri interessi, mentre dichiarazioni fatteci da codesto Governo nel novembre scorso dopo comunicazione a Lord Currie nostro memorandum del 3 detto mese (l) dovevano pienamente rassicurarci, come Ella avrà potuto rilevare da mio dispaccio 31 marzo scorso n. 86 (2), che statu quo hinterland Tripoli non sarebbe stato turbato. Mi riservo esaminare quel che ci COI!lvenga di fare. La prego intanto volersi procurare ami-chevole ·colloquio con codesto Ministro per gli Affari Esteri, tnterrogan.dolo sui motivi e sugH intendimenti che possono aver presieduto, nella conclusione di quell'accordo, nei riguardi interessi Italia per statu quo in Tripolitania (3).

(l) Sulla questione, cfr. Documents Diplomatiques jrança,is, serie I, vol. XV, p. 201, n. 129

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 815. Roma, 3 aprile 1899, ore 18 (4).

Ricevuto suo buon rapporto 21 gennaio (5) u. s. e lettera stessa data Menelik al nostro re. S. M. risponderà con parole compiacimento. Intanto, la prego esprimere Negus nostra soddisfazione per aver consentito mantenimento statu quo frontiera con finale promessa definire più tardi amichevolmente questione mediante accordo. Se non chè, pur apprezzando loro valore ragioni esitazione Menelik firmare subito accordo non possiamo dissimularc1 inconvenienti per Etiopia e per Italia prolungamento indefinito attuale situazione di fatto frontiera specialmente per condizioni organizzazione Colonia e per con&derazioni di ordine politico interno. Lascio pertanto a lei giudizio la utilità opportunità proporre Meneliik firma immedìata accordo che noi ci impegneremo mantenere scrupolosamente segreto fino a che egli lo desideri. Si abbia intanto la S. V. meritata lode per sua azione abile efficace.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO P, S. N. Roma, 3 aprile 1899, ore 20.

L'accordo anglo-francese per l'Africa è malamente sopraggiunto a riporre sul tappeto la questione dì Tripoli, non solo per l'irreparabile danno che a quella provincia ottomana deriva dall'issere priva del suo hinterland, ma altresì per l'apprensione che la provincia stessa abbia tosto o tardi a subire la stessa sorte dell'hinterland. A calmare nel nostro paese una così legittima preo•ccupazione

pur non basta la guarentigia dell'integrità dell'impero ottomano scritta in trattati più volte negletti, e tanto meno giovano i nostri patti particolari di cui il pubblico naturalmente ignora il tenore e l'efficacia. A ristabilire quieta fiducia occorrerebbe un fatto concreto, come sarebbe una guarnigione mista italo-turca. Non è nostro animo procedere per atti di violenza; ma la stessa sublime porta dovrebbe intendere il suo interesse di guarentil"!siJ per tal modo contro ulteriori.... [manca]. Desidererei che V. E. facendo cautamente le debite indagini, mi facesse conoscere al più presto se l'imperatore sarebbe disposto in questo frangente, a spiegare presso il sultano l'alta sua autorità per indurlo ad ammettere quel concetto, salvo a trattarne indi le modalità direttamente tra Roma e Costantinopoli. Non può sfuggire all'imperatore ed a suoi consiglieri l'importanza di farci uscire da una situazione la quale, influendo necessariamente sui nostri rapporti con l'Inghilterra, non può non influire sull'orientazione e sulla pratica efficacia della stessa triplice alleanza. D'altra parte una simile combinazione, mentre ci permetterebbe di mantenere con l'Inghilterra, certamente non avversa, l'attuale cordialità di rapporti, anche a benefido della triplice, non potrebbe neppure essere ostacolata dalla Francia la quale da ultimo ci ha fatto, per la Tripolitania, delle offerte che abbiamo lasciato cadere per non impigliarci in una via non consentanea coi nostri impegni verso gli alleati.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 205. (3) -Cfr. anche Currie a Salisbury, 4 aprile (conversazione Currie-Canevaro), in Brittsh Documents on the Origines of the War 1898-1914, I, pp. 208-209, n. 247; e una precedenteconversazione, a Vienna, Nigra-Rumbold (ib., p. 208, n. 246). (4) -Il telegramma venne inviato a Ciccodicola tramite il governatorato di Massaua. (5) -Non rinvenuto.
213

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA, E AL MINISTRO ALL'AJA, ZANNINI

T. 816. Roma, 4 aprile 1899, ore 11,25.

L'ambasciatore di Russia mi ha fatto la seguente comunicazione: «Siccome le questioni speciali di cui la conferenza avrà da occuparsi non presentano interesse per la S. Sede, il Governo neerlandese non si crede in dirlitto di rivolgere a S. Santità un invito formale di partecipare ai suoi lavori tecnici. Esso conserva tuttavia la piena certezza che Leone XIII di cui è ,così considerevole il prestigio morale non ricuserà il suo concorso per lo studio e l'analisi dei problemi che servono di base allo scopo altamente umanitario della conferenza comunicandole, se occorre, per mezzo del suo rappresentante residente all'Aja le sue vedute sulle questioni che possono interessare la S. Sede, come l'arbitrato, la mediazione od altre simili». Osservo in linea di fatto che dal gabinetto neerlandese col quale siamo in costanti cordiali rapporti nulla ci fu manifestato nel senso della presente comunicazione russa. In oGni modo, dopo avere con l'ambasciatore di Russia, ,constatato che la sua comunicazione mirerebbe a modificare uno stato di cose già da parecchio tempo assodato o stabilito mercè l'amichevole scambio d'idee intervenuto nello scorso febbraio tra Roma e l'Aja, mi sono limitato a soggiungere che, trattandosi di modificazione per noi importante tanto nei rispetti della politica esteriore quanto della politica interna, io dovevo riservare la mia risposta fin dopo essermi concertato coi: colJ.eghi.

(Per Berltno). È evidente che la mossa viene esclusivamente dal gabinetto di, Pietroburgo il quale mira, nella presente reircostanza, ad aiutare la Francia nel suo doppio giuoco di lusingarci e nello stesso tempo crearci ogni maniera di im

barazzi, cevcando di scuotere cosi la compagine della triplice alleanza. In tale

stato di cose d premerebbe grandemente di conos·cere in proposito il pensiero del

Signor Billow e possibilmente dell'ilnperatore. Prego V. E. di indagare e tele

grafarmi al più presto possibile.

(Per Pietroburgo e Aja). Quanto precede è per notizia di Lei e per il caso

che Ella avesse a porgermi in proposito alcuna ulteriore indicazione.

(Per Vienna) Quanto precede è per notizia di V. E.

214

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO s. n. Berlino, 4 aprile 1899, ore 16,03.

Btilow abbreviò il suo congedo per gli affari di Samoa e di China, ma non

mi sarà possibile vederlo oggi avendo egli già contromandato l'odierno consueto

ricevimento; ed in ogni modo non potrei parlargli con la calma che esige il

telegramma di V. E. di ieri sera (1).

Mi permetto intanto brevi considerazioni.

L'imperatore e Btilow si persuaderanno certamente delle difficoltà createci dalla questione di Tripoli, potranno aiutarci per l'avvenire, ma non è possibile che S. M. voglia ora fare pressione sul sultano per indurlo ad accettare le idee espresse da V. E.

Le nostre aspirazioni su Tripoli sono troppo note a tutti perchè il sultano consideri disinteressata la nostra proposta; astrazione fatta dai suoi sentimenti d'amor proprio, non vorrà ammetterci in casa sua, ancorchè consigliato dall'imperatore. Per non espO'I:-ci ad opera vana, e però dannosa, occorrerebbe far pressione sul sultano, essere preparati e decisi ad una azione coercitiva; ma siffatta azione sarebbe in contraddizione aperta colle tendenze attuali dell'imperatore. I fatti di Creta, dove la Germania agì fino all'eccesso in quel senso sono troppo recenti, perchè S. M. possa, già al giorno d'oggi prendere diversa attitudine. Non parlo delle garanzie, che S. M. vorrebbe, che la nostra azione non sia ostacolata da altre potenze. Sono quindi persuaso che non si otterrà qui nulla nel senso desiderato da V. E. Non mancherò tuttavia, in obbedienza agli ordini ricevuti, di parlare con Btilow al più presto, forse domani, nel senso delle idee di V. E., essendo questo il solo mezzo di accertare che le mie supposizioni sulle intenzioni di S. M. non siano, come purtroppo non mi è lecito sperare, fallaci.

215

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 122. Londra, 4 aprile 1899.

Il telegramma odierno dell'E. V. (2) mi dava istruzioni di procurarmi amichevole colloquio al Foreign Office per interrogare «sui motivi e sugli intendimenti

\l) Cfr. n. 212.

che poiSsono avere presieduto nella conclusione dell'Accordo Anglo-francese, nei riguardi degli interessi italiani per lo statu quo circa la Tripolitania ».

Questo ho fatto. Oggi stesso quel colloquio ho potuto avere a tutto mio agio con Sir. T. Sanderson, che nell'assenza di Lord Salisbury fa le veci di Ministro degli Affari Esteri.

Ho rammentato al Sotto Segretario di Stato i fatti avvenuti; ho parlato del Memorandum dell'E. V. alla data del 3 novembre 1898 e delle riserve in esso contenute, non contraddette dal Marchese di Salisbury.

Ho ricordato come delle preoccupazioni italiane io stesso mi fossi fatto l'eco parecchie volte presso il Primo Ministro inglese.

In queste condizioni, il silenzio di Lord Salisbury nella questione dell'Hinterland di Tripoli, era tenuto come acquiescenza amichevole alle nostre idee, alle comuni intenzioni e convenzioni, sullo statu quo nel bacino del Mediterraneo e per conseguenza nel territorio cui avevamo accennato.

L'accordo Anglo-francese ha turbato l'equilibrio esistente, facendo la spartizione di paesi che furono sempre tenuti un necessario complemento del possesso Tripolitano e sola una via di comunicazione e di commerdo coll'interno del gran '!Ontinente nero.

Ho soggiunto nella forma più cortese, che il Governo italiano non sapeva spiegarsi quanto era avvenuto; ad ogni modo le relazioni tra i due paesi così intime e cordiali, potevano far credere che l'Italia meritasse altro trattamento. Le assicurazioni avute, !asciandoci creder possibile così fatta spartizione, avevano poscia malamente impressionato l'opinione pubblica italiana, che credeva veder posti in oblio gli interessi di un paese, nel quale sempre l'Inghilterra ha trovato corrispondenza di simpatia e di amkizia.

Sir T. Sanderson, si è mostrato meno dispiacente delle nostre lagnanze, assicurando dovesse esser ben diversa l'interpretazione da dare all'« Accordo ». La notizia di esso è venuta troppo inopinatamente e senza preparazione innanzi al pubblico, perchè questo potesse giudicarlo ponderatamente. Se alcuna clausola dell'Accordo aveva scontentato un paese amico, questo risultato non era nel pensiero del Governo britannico.

Il Sotto Segretario permanente del Foreign Office rileggendo la Convenzione ha voluto dimostrarmi come l'idea informatrice dell'Accordo non è da considerarsi come una spartizione od una concessione; ma una delimitazione che rassicura i due contraenti dalle usurpazioni reciproche. In una parola l'Accordo, al dire dell'On. Sotto Segretario di Stato, è negativo e non positivo. I territori di cui si parla, sono anche diversamente considerati negli articoli II e III, le delimitazioni di vera frontiera che saranno sottoposte alla Commissione da nominarsi riguardano territori al Sud del 15° parallelo i quali non sono mai stati considerati da nessuno quali parte dell'Hinterland Tripolitano. Lo aver consentito nell'Art. ICI che la Francia non debba oltrepassare una certa linea implica soltanto la sicurezza per l'Egitto e per l'Inghilterra, non una cessione di territorio. Il Signor Sanderson ha soggiunto che l'Inghilterra non poteva fare una tale cessione, le provincie designate non appartenendo ad essa. Se alcuno possa vedere menomati i suoi diritti sul Tibesti o sul Borlen, non deve chiederne conto al Governo inglese che di quei paesi ha dichiarato disinteressarsi, rinunciando ad ogni pretesa.

Altre considerazioni politiche e geografiche sono state svolte dal mio interlocutore riguardo al Tibesti, al Wadai etc. ma tali considerazioni furono troppo vaghe e fuggevoli perchè io potessi affermarle cosdenziosamente.

Era beninteso che quanto Sir T. Sanderson mi diceva doveva considerarsi come spiegazione amichevole e non autorizzata dal suo Capo; solo dettata dal personale suo convincimento e da quello che ha presieduto alla redazione dell'Accordo Anglo-francese.

Dopo tal colloquio, ho dimostrato il desiderio che le osservazioni da me fatte al nome del mio Governo, fossero note a Lord Salisbury, del quale mi sarebbe stato grato avere una esplicita risposta, capace di dissipare le giuste preoccupazioni del Governo italiano. Ho ottenuto promessa che di quanto io avevo fatto cenno, sarebbe stato immediatamente ed esattamente informato il Primo Ministro inglese a Beaulieu, dal quale certamente avrei a breve termine la desiderata risposta.

Soggiungo una osservazione:

Fra le lagnanze da me fatte, non ho posto in oblio quella del silenzio mantenuto a nostro riguardo dal Marchese di Salisbury, il quale alle interrogazioni mosse da me sulle basi dell'Accordo Anglo-francese, non ha mai risposto. Sir T. Sanderson mi ha dichiarato quanto io sapevo già da altra via ed avevo già fatto conoscere con altro rapporto (l) alla E. V., che cioè la breve formala di delimitazione dell'Accordo Anglo-francese è stata deliberata solamente la sera del 20 marzo. Il seguente 21 venne firmata la Convenzione dalle parti contraenti. Lord Salisbury non poteva perciò, neppure volendo, prima della sottoscrizione dare a me ragguagli sulle basi dell'Accordo.

Ricordo che la Convenzione firmata il 21 fu da me telegrafata il 22 al mattino (2).

Ciò è ormai noto all'E. V.; ma le affermazioni di Sir. T. Sanderson, Le potranno servire ·come risposta ed argomento di prova, a coloro che sorpresi dal fatto, furono troppo corrivi a credere poca oculatezza nei rappresentanti del Governo, che mettono ogni zelo nell'adempimento déi proprii doveri

(2) Cfr. n. 210.

216

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 914. Berlino, 5 aprile 1899, ore 10,42.

Bi.ilow ritiene parti contraenti non notificheranno tre potenze accordo anglo-francese. Se dò avvenisse Biilow mi ha promesso di aderire al desiderio espresso da V. E. nel telegramma 3 corrente (3) di concordare risposta col Governo del re.

(l) -Cfr. n. 207. (2) -Con tel. 783 del 22 marzo, ore 10,35, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 212.
217

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 919. Vienna, 6 aprile 1899, ore 15,20.

Goluchowski mi disse che, d'accordo con gabinetto di Berlino, non rispon

derà, senza essersi inteso col Governo italiano, alle comunicazioni che possano essergli fatte circa accordo anglo-francese in Africa.

218

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. RISERVATO S. n. Berlino, 6 aprile 1899, ore 16.

In una conversazione procuratami con Biilow, ieri sera, ho fatto cautamente cenno dell'idea espressami da V. E. circa una guarnigione mista italo-turca in Tripolitania. Biilow, come purtroppo prevedevo, non mostrò alcun desiderio di entrare in discussione su quell'argomento. Senza esprimere un giudizio sui concetti da me toccati, si limitò ad osservare che, per attuare l'idea di V. E., bisognerebbe usare, verso la Porta, mezzi coercitivi « di ,cui non è il caso di parlare » e che la Francia e l'Inghilterra stessa non ammetterebbero facilmente. Circa l'accordo anglo-francese in sè stesso, Biilow mi ripetè l'opinione già espressami dal sotto segretario di stato. Egli comprende benissimo le nostre preoccupazioni, ma ritiene che si esageri l'importanza dell'hinterland della Tripolitania, e che sia riservata ad un nostro remoto avvenire una minaccia diretta contro la Tripolitania turca, cioè di una modificazione dello statu qua del Mediterraneo. Parlando dell'Inghilterra, che pure avrebbe dovuto tener conto delle nostre preoccupazioni, ad essa ben note, Biilow osservò, che, dato l'egoismo della politica inglese, l'attitudine da noi assunta verso la Francia nel momento appunto

in cui le relazioni anglo-francesi si facevano tese, non è forse estranea al contegno del gabinetto di Londra nel recente suo negoziato per l'Africa.

219

IL MINISTO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO S. n. Roma, 7 aprile 1899, ore 11,50.

Ricevuto suoi telegrammi (l) circa Tripolitania. Naturalmente non è il caso

di insistere nella nostra idea d'una guarnigione mista. Mi preme però di dichiarare assolutamente infondata la supposizione enunciata dal signor Bi.ilow circa

l'atteggiamento del gabinetto di Londra a nostro riguardo in occasione del suo negoziato per l'Africa. Nè l'Inghilterra, nè altra potenza qualsiasi ha mai potuto dubitare ·che l'accordo commerciale da noi stipulato con la Francia ed il miglioramento di rapporti che ne è conseguito abbiano menomamente influito sulla nostra orientazione politica la quale è, invece, rimasta rigorosamente immutata.

(l) Cfr. nn. 216 e 218.

220

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 129. Londra, 8 aprile 1899.

Conformandomi alle istruzioni impartite a questa Ambasciata col dispaccio circolare n. 4316/34 del 3 Febbraio scorso (l) ho a suo tempo pregato questo governo di volerei fare note le eventuali sue deliberazioni in relazione ai desiderati manifestati dalla Conferenza Internazionale di Roma per la difesa sociale contro gli anarchici.

Con una nota pervenuta in questi giorni e di cui qui unito mi pregio trasmettere copia (2) il Ministro britannico degli Affari Esteri informa che il Governo della Regina essendosi chiesto quali misure avrebbe potuto dal .canto suo adottare in armonia con le proposte della Conferenza ha disposto allo studio un progetto di biH con cui si ritoccano le leggi attualmente vigenti sugli esplosivi e sulla estradizione. Questo bill, soggiunge la nota del Foreign Office, ha per iscopo di dare pratica attuazione alle dichiarazioni fatte dai rappresentanti britannici in seno alla Conferenza.

Qui però il Governo della Regina si arresta. Per quanto concerne le questioni della sorveglianza e delle espulsioni di Anarchici, questioni che formarono oggetto delle decisioni della Conferenza predetta, non si ritiene qui opportuno di introdurre nuovi regolamenti di sorta. Eccettuate quelle lievi modificazioni che occorrerà adottare come conseguenza delle disposizioni contenute nel progettato Bill, il Governo della Regina non ha intenzione di dipartirsi dalla pratica .fin qui seguita in fatto di rapporti con polizie estere.

221

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, LAMBERTENGHI

T. 865. Roma, 9 aprile 1899, ore 16,30.

La progettata venuta a Venezia di una deputazione della società di beneficenza è commendevole prova di devozione che il R. Governo non potrebbe non

apprezzare. Però nella condizione attuale degli animi a Trieste dovendosi evitare tutto ciò che possa dar ~uogo a commenti o manifestazioni confido che ella

(2} Non pubblicata.

Eaprà trovare, come sua spontanea iniziativa, il modo di sconsigliare e fare abbandonare il progetto. Osservo del resto che per ora non è stabilito che le LL. MM. vadano a Venezia.

(l) Non pubblicato.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. 878. Roma, 10 aprile 1899, ore 18,20.

I gabinetti di Parigi e di Londra ci hanno fornito circa il loro recente accordo per l'Africa, spiegazioni che se possono bastare ad eliminare il dubbio di men benevole intenzioni da parte loro, lasciano però sussistere le legittime preoccupazioni che quell'accordo ha suscitato in Italia dal punto di vista dell'integrità della Tripolitania e dell'equilibrio del Mediterraneo. Volendo, come è debito nostro, convenientemente provvedere, mi propongo di dare al nostro scambio di idee con l'Inghilterra e con la Francia un indirizzo pratico, cercando di ottenere solidalmente da quelle due potenze il duplice impegno di interdirsi ogni ulteriore azione od influenza al nord della regione a cui si riferisce il recente loro accordo, e di lasciar sussistere in quella regione, sopratutto per le vie carovaniere dirette su Tripoli, piena libertà di commercio. Prego V. E. di dare a codesto gabinetto notizia confidenziale di questo nostro proposito, lo svolgimento del quale, non ho d'uopo di dirlo, sarà da noi scrupolosamente mantenuto in rigorosa concordanza coi nostri obblighi verso i nostri alleati.

223

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 958. Londra, 10 aprile 1899, ore 18,20.

Lettera particolare Salisbury al sottosegretario di stato per gli affari esteri riguardante mie domande risponde semplicemente: «Nel fare accovdo, non abbiamo avuto altra idea che di impedire Francia avanzare oltre il limite segnato. La convenzione non dke altro nè riconosce altro diritto ».

Dal colloquio col sottosegretario di stato per gli affari esteri ho avuto la impressione che Salisbury non sarebbe disposto a entrare nelle viste dell'E. V. circa apertura riguardo Tripoli fatta da V. E. a codesto ambasciatore d'Inghilterra (1). Salisbury ritornerà Londra verso il 20 corrente (2).

n. -251).
(l) -Per queste aperture, cfr. il tel. cit. di Lord Currie a Salisbury, 4 aprile, in British Documents, cit., pp. 208-209. (2) -E il giorno 25 riassumeva la questione con un dispaccio a Lord Currie (ib., p. 206,
224

IL. MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE RENZIS, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. CONFIDENZIALE 880. Roma, 11 aprile 1899, ore 12,10.

Il comandante Incoronato telegrafa al ministero di marina che le navi russe gÌi sembrano tenere atteggiamento dubbio e non conforme alle cordiali dichiarazioni del Governo imperiale.

(A Pietroburgo) Non è naturalmente il caso di fare in proposito osservazione alcuna. Però desidero che ella ne abbia notizia acciocchè possa cautamente indagare il vero animo di codesto Governo, sopratutto in relazione alla connessione che anche a lei sembrò di dover notare, nel pensiero di Mourawieff, tra la nostra questione cinese e l'incidente della partecipazione della

S. Sede alla conferenza dell'Aja.

(A Londra) Non è il caso di denunciare la cosa a codesto Governo. Però desidero che V. E., essendone conscia, veda di indagare quello che per avventura costà ne consti.

226

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 134. Londra, 11 aprile 1899.

Ieri ebbi l'onore di telegrafare (l) a V. E. la nuda risposta di poche parole fatta da lord Salisbury al Sottosegretario di Stato che gli aveva trasmesso le domande da me fatte e di cui è parola nel mio Rapporto precedente (2).

«Nel fare l'accordo con la Francia non abbiamo avuto altro di mira che impedire a questa Potenza d'avanzarsi oltre il limite segnato. La Convenzione non dice altro, nè riconosce altri diritti». Indubbiamente queste poche sebben chiare parole non poterono !asciarmi soddisfatto. Feci riflettere pertanto con modi amichevoli al Sottosegretario di Stato che nulla diceva lord Salisbury circa il turbamento che il possesso consentito alla Francia dell'hinterllanà Tripolino arreca nella situazione dello statu quo del Mediterraneo che doveva stare altrettanto a cuore all'Inghilterra cli.e a noi: «L'accordo Thomas Sanderson è fatto per l'appunto per guarantire nel futuro quello statu quo di cui tanto si preoccupa l'Italia. È nostro parere che lo statu quo non è stato turbato dalla Convenzione e noi pensiamo che sia veramente dovuta a una falsa interpretazione del Protocollo del 21 Marzo la eccessiva commozione che se ne è avuta in Italia». E seguendo il suo ragionamento, il mio interlocutore soggiunse: « Lei mi dice che l'Hinterland Tripolino è passato in altre mani. Prima

di tutto ripeto quel che altra volta ho detto che cioè il convenire che una

Potenza non oltrepassi un certo limite non è metterla in possesso di .cosa che sia; è guarantirsi nel proprio territorio. Ma ammessa anche qualunque interpretazione che non sia la v•era, dove •comincia e dove ha fine l'hinterland della Tripolitania? Una terra quasi inesplorata a 800 miglia dalla Tripolitania può considerarsi come hinterland? Quale è la teoria di Diritto Internazionale ·che ne fissa le basi; quali le Convenzioni che la stabiliscono. Tutto quanto finora s'è detto, usando Questa parola tedesca è assai vago ed indeterminato e l'Inghilterra non vorrà certamente esser la Drima a dare od accettare definizioni pericolose.

Alla mia volta io dissi: «Il Governo ingles·e crede dunque dover lasciar dilagare questa corrente di dubbi, di diffidenze, di malcontento che s'è fatta strada nel nostro paese riguardo a una Convenzione che ai nostri occhi turba l'equilibrio del Mediterraneo? Non crede lord Salisbury necessarie delle spiegazioni maggiori su le intenzioni Inglesi, delle assicurazioni sul presente, all'occorrenza delle garanzie :Der l'avvenire? A ciò non parmi .che un paese amico come è l'Inghilterra possa negarsi.

Desidererei che queste considerazioni fossero di nuovo al giudizio di lord Salisbury perchè io possa alla mia volta rassicurare il R. Governo sovra una questione che tanto gli preme».

Il Sottosegretario di Stato mi ha promesso di far conoscere immediatamente al suo Capo quanto io gli ho detto ed aspettare in breve tempo una nuova risposta.

22.6.

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

L. P. Londra, 11 aprile 1899.

Scrivo Der lettera privata e confidenziale alcune cose di natura troppo delicata per figurare nel Rapporto ufficiale (l) che invio con lo stesso corriere, ma che il mio dovere mi impone di farle .conoscere. A lord Salisbury furono mandate con lo stesso corriere tanto le mie domande ufficiali, Quanto alcune proposte personali che V. E. credette fare :Der mezzo di lord Currie. La risposta di lord Salisbury era scritta su lo !t>tesso foglio col quale gli si facevano note le cose. Essa non comprendeva solamente le parole da me trascritte ma altre il cui senso era il reciso rifiuto della idea di una guarnigione italiana a Tripoli da V. E. a·ccennata, e a quella bensì d'un qualunque atto implicante il riconoscimento ufficiale d'un nostro diritto su Tri:Doli. Il suo pensiero era racchiuso in questa frase che ho potuto vedere alla sfuggita: «Io non san uso a far la vivisezione ,deqli Stati ». Da Questo lato mi sembra pertanto che ci incontreremo a grandi difficoltà. Il Sanderson che è in fondo l'ispiratore della politica estera dopo avermi spiegato la impossibilità dell'una cosa e dell'altra soggiunse:

« Se anche la Francia avesse l'aria di prestarsi presentemente ad un riconoscimento eventuale di diritti italiani su Tri!.loli ·credete voi che non chiederebbe un compenso? Questo compenso sarebbe Gadamès, che noi non potremmo vedere passare nelle sue mani ».

Il Sanderson mi ha fatto capire ma non lo ha promesso nemmeno ufficiosamente che forse Salisbury accetterebbe l'idea di uno scambio di note su le basi di quanto mi ha dichiarato personalmente, per rassicurare con parole di amicizia che l'Inghilterra nutre sempre uguali sentimenti per l'Italia, e mantiene idee già manifestate in passato al riguardo dello statu quo del Mediter

raneo.

Le seguenti parole dettemi confidenzialmente dal Sanderson sono da ritenersi: «Creda che lord Salisbury è un sincero amico dell'Italia anche quando non la segue nello sviluppo di tutte le sue ambizioni». «A quali ambizioni Ella vuole alludere», ho chiesto. Ed egli: «Alle idee di espansione Cinese».

Dopo di che il Sanderson, come altra volta, seguitò a ra.ccomandare la calma e la pazienza.

I discorsi del Sanderson, che è il vero ispiratore della politica estera, mi fanno supporre che noi non dovremmo molto contare su l'ulteriore buon volere di lord Salisbury. Temo che l'Inghilterra non faccia di più di quanto ha fatto sinora.

Ignoro quali siano i propositi del Ministro circa San Mum e pertanto non ho creduto prudente avventurarmi a tal riguardo in ulteriore colloquio.

(l) -Cfr. n. 223. (2) -Cfr. n. 215.

(l) Cfr. n. 225.

227

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 980. Pera, 12 aprile 1899, ore 11,05.

Non mi risulta che la Sublime Porta abbia finora concretato sua protesta contro accordo anglo-francese per l'Africa. Essendosi rilevato dai suoi termini che, per quanto concerne Inghilterra, questa ha esclusivamente accertato sfera d'influenza propria, senza far menzione dei territori ottomani, sembra ora prevalere intenzione limitarsi far rimostranza a Parigi. Anche questa essendo però ·Condannata a rimanere lettera morta per ogni riguardo di influen,za politica territoriale, credo che il nostro associarsi a simile protesta riuscirebbe soltanto a ·comprometterci senza alcun vantaggio. A parer mio, l'unica azione ormai da tentarsi utilmente per parte Turchia, dovrebbe tendere a ottenere dalla Francia qualche guarentigia positiva per la libertà avvenire delle comunicazioni fra la Tripolitania ed il suo hinterland, cercando possibilmente di far estendere, a questa, una clausola analoga a quella dell'accordo anglo-francese relatlvo alla zona di libero commercio verso il Nilo. Qualora questo concetto fosse da V. E. approvato, potrei tentare di suggerire qui un'azione in tal senso.

228

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 252/68. Madrid, 12 aprile 1899.

Mi riferisco al dispaccio di V. E. in data del 18 marzo u. s. n. 10662/52 Div. I Sez. II (1), relativo alle questi:oni italo-colombiane sottoposte alla mediazione della Spagna.

Non avendo l'arbitro potuto iniziare i suoi lavori poichè non sono sinora qua giunti i documenti che la Colombia erasi riservata di presentare, non tralasciai al proposito di fare nuove sollecitazioni al Ministro di Stato e di insistere perchè venisse fissato definitivamente un termine alla presentazione di siffatti documenti.

Il Signor Silvela mi partecipa ora di aver in data del 10 corrente, diretto a questo Rappresentante Colombiano una nota per informarlo che, affine di accelerare la soluzione della vertenza affidata all'arbitrato del Governo di S. M. Cattolica, erasi da questo fissato un termine perentorio di sei mesi per la presentazione al Ministero di Stato dei documenti che il Governo di Colombia avesse a produrre.

229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE RENZIS, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 908. Roma, 13 aprile 1899, ore 15.

Codesto Governo per mezzo E. V. e di suo rappresentante Roma ci ha fornito, circa recente accordo per I'Africa, spiegazioni che se possono bastare eliminare dubbio di men benevoli intendimenti da parte sua, lasciano, però, sussistere legittime preoccupazioni in Italia dal duplice punto di vista dell'integrità Impero ottomano e dell'equilibrio mediterraneo. Volendo subito provvedere e dare al nostro ·Scambio idee con Francia e Inghilterra indirizzo pratico, consegnai a lord Currie e al signor Barrère uno sch.ema di nota (2) che dovrebbe esserci da essi diretta separatamente per attestarci il fermo proposito dei due Governi, per p presente e per ['avvenire, di iinterdirsi ogni ulteriore azione od influenza al nord regione cui si riferisce accordo 21 marzo u. s. ìe di lasciar sussistere sulla regione stessa, nelle vie carovaniere dirette su Tripoli, libertà di commercio e traffico. Per posta le invio suddetto schema. (Per Londra) Tutto ciò è per sua informazione, pel caso, che dietro mie istruzioni, V. E. dovesse più tardi far ·comunicazioni al riguardo cod·esto gabinetto. (Per Parigi) Come V. E. vede questa nostra azione coincide sostanzialmente

con le idee da lei espresse nei suoi recenti rapporti. Mi riservo di porgerle· eventualmente ulteriori istruzioni.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedila in British Documents, cit., p. 205, n. 249 allegato; e cfr. sull'argomento il memorandum del capo del Military Intelligence Department in data 15 aprile, ed. in SERRA, L'intesa cit., pp. 221-222.
230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 928. Roma, 15 aprile 1899, ore 12,55.

V. E. riceverà domattina miei dispacci con schema di nota francese (l) per la Tripolitania, e potrà così scorgere perfetta concordanza nostre idee sul da farsi nella presente situazione. Desidero che V. E. appoggi, dal canto suo, presso codesto ministro degli affari esteri l'azione da me esercitata per mezzo di questo ambasciatore di Francia con lo scopo di giungere ad una soluzione essenzialmente pratica ed egualmente vantaggiosa per i due paesi che sarebbero così liberati da un incubo molesto. Niuno meglio di V. E., che conosce a fondo la questione, può contribuire a tale risultato.

231

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1005. Londra, 15 aprile 1899, ore 11,31

Segnalo all'E. V. l'odierno articolo di fondo del Times sul viaggio Sovran~ evidentemente ispirato. Esso nega politica importanza cortesia francese, smentisce missione Fournier circa accordo contro Inghilterra, dicendo che ministri italiani sono quelli stes.>i che hanno respinto con fermezza pressione Francia Russia, ammissione Vaticano conferenza internazionale, pressione accampa. gnata da promesse e tentazioni. Triplice alleanza rimane invariata senza asprezze verso Francia, nè cambia intesa anglo-italiana Mediterraneo. Fra pochi giorni italiani faranno paragone tra « Brennus » e « Majestic ». Times soggiunge abbiamo altra volta dichiarato essere infondata accusa negletto interessi italiani, ma probabilmente tali accuse si riprodurranno alla apertura del parlamento dai Rudiniani, ma saranno pretesti e non ragioni. Italiani sanno che Inghilterra è sempre desiderosa sostenere loro interessi nella misura ragionevole. Conven· zione anglo-francese lasciare diritti Italia come prima. È notevole ultimo para· grafo, agra allusione Francia: « Se noi aiutiamo Italia in China non chiediamo (2) che essa ammetta principio potere temporale che è negazione essenza (3) Regno d'Italia ».

232

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. CONFIDENZIALE 1014. Berlino, 16 aprile 1899, ore 15,06.

Stimo dover segnalare feste Cagliari suscitano qui qualche preoccupazione: non parlo di notizie dei giornali a sensazione che intitolano quelle feste «feste

dell'alleanza latina»; non parlo di visita ammiraglio francese a S. M. che viene descritta come incontro di due sovrani in Italia, a Francia [sic], non parlo di notizie francesi qui rilevate del completo accordo politico delle due nazioni (l); non posso però tacere discorso fattomi ieri sera da Btilow. Egli, pur tenendo conto del temperamento italiano che facilmente si entusiasma e meglio si accorda con il temperamento francese, pur esprimendo .sua piena fiducia su attuale Governo del re, mi manifestava suoi timori per l'avvenire, segnalava lavoro della Francia per attirarci a sè, colla collaborazione efficace di Barrère ed anche, secondo lui, di Tornielli, e esprimeva dubbio che a quella corrente possa resistere eventuale, futuro Governo di S. M., trascinatovi anche da opinione di molti eminenti patrioti italiani che propendono per la Francia. «La Germania potrà trovare altra combinazione, se l'Italia se ne separa, ma Italia correrebbe sua perdita, abbandonando fermo appoggio su Germania ed Inghilterra per mettersi a rimorchio di Francia, ove esistono i più serii avversari della sua Monarchia e della sua unità, i repubblicani ed i clericali. Inghilterra non ci tratta sempre bene, e non vi ha di recente trattato bene neppure v<oi, ma, come vero amico dell'Italia, non rJOtrei mai consigliarla di separarsene, al che conduce fatalmente una soverchia intimità franco-italiana». Risposi a Btilow che le sue parole, se mi rivelavano sempre più il suo noto interesse per l'Italia esprimevano preoccupazioni che non hanno in realtà fondamento, ed io mi riferivo a tutte le comunicazioni precedenti fattegli d'ordine di V. E. sulle nostre intenzioni nei rapporti colla Francia e coll'Inghilterra. Mi sono però separato da Bi.ilow coll'impressione che le feste di Cagliari e la tarda venuta della squadra ii11glese nel golfo degli aranci, sebbene da me preavvisata, preoccupano seriamente questo Governo e costituiscono uno di quei fatti cui Bi.ilow accennava in precedente conversazione da me riferita a V. E. (2) in cui il marito,

lieto che la sua bella ed amata moglie sia corteggiata, comincia a diventate geloso. Credo utile che ciò sia noto a V. E.

(l) -Cfr. nota al àoc. precedente. E anche Documents dip!omatiques jrançais, serie I, vol. XV, pp. 207-209, n. 135 (Barrère a Delcassé, 11 aprile); pp. 213-214, n. 138 (id. a id., 12 aprile). (2) -Nel testo dell'Ambasciata di Londra qui aggiunto: • compenso». (3) -Nel testo dell'Ambasciata di Londra: • concezione».
233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, PELLOUX, A CAGLIARI

T. CONFIDENZIALE 948. Roma, 17 aprile 1899, ore 12,35.

Lanza telegrafa (3) che le manifestazioni di Sardegna cagionano anche nelle .sfere ufficiali, qualche inquietudine. Tosto le dissiperò con schiette e precise. dichiarazioni. Siccome poi le im:;>ressioni berlinesi si riferiscono anche raffreddamento dei nostri rapporti coll'Inghilterra, diventa sempre più essenziale che il trattamento verso la squadra britannica sia pari, se non superiore, a quello usato alla squadra francese, compensando con alcuna opportuna maggiore dimostrazione ufficiale la mancanza di festeggiamenti popolari, necessaria conseguenza delle diverse condizioni locali dell'incontro (4).

p. -232, n. 149; pp. 265-266, n. 165; p. 292, n. 178; p. 325, n. 194.
(l) -Per l'atteggiamento francese, cfr. Documents Diplomatiques français, serie I, vol. XV, (2) -Cfr. n. 129. (3) -Cfr. n. 232. (4) -Cfr. il rapporto Currie a Sa!isbury del 24 aprile 1899, in British Documents ci~.• I, p, 205, n. 250.
234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 951. Roma, 17 aprile 1899, ore 16.

Anche a costo dL ripetere cose già dette desidero che V. E. rimuova dall'animo di Biilow ogni ombra a nostro riguardo. Non parlo solo del Governo per il quale la più rigorosa fedeltà alla triplice alleanza è base fondamentale della sua politica estera, ma aggiungo che sarebbe errore argomentare dalle attuali dimostrazioni di Sardegna che sia possibile, a tale riguardo, un mutamento della pubblica opinione. Non escludo punto che le esagerate manifestazioni francesi e l'opera dell'ambasciatore Barrère mirino a questo scopo; però, se dobbiamo gradire le cortesie che ci fanno per non dcadere, per effetto di nostri atti scortesi, nella situazione reciprocamente astiosa da cui siamo pur ora usciti, noi non siamo tanto ingenui da !asciarci trascinare fuori del terreno nel quale fermamente vogliamo rimanere. Quanto all'azione di Tornielli debbo lealmente dichiara~e ,che nulla, da parte sua, indica che menomamente si discosti da quella che egli sa essere la nostra politica nei rapporti con le maggiori potenze. Se alcun indizio ne fosse giunto a Berlino, dovrebbe essere effetto di equivoco che amerei poter eventualmente chiarire. In quanto poi concerne il nostro atteggiamento verso l'Inghilterra, V. E. può risolutamente affermare che esso non è mutato malgrado i noti incidenti spiacevoH per noi. La squadra inglese era già annunciata con un itinerario prestabilito quando fu reso pubblirco il viaggio dei nostri sovrani, e noi non mancammo di avvertire che salvo mutamenti di quell'itinerario l'incontro dei 'sovrani non avrebbe potuto avvenire se non verso il termine del viaggio, rimanendo così esclusa per le diverse condizioni locali popolari la possibilità di festeggiamenti come è occorso a Cagliari per la squadra francese. Ma noi avemmo cura di tutto ordinare in guisa che la squadra inglese abbia un trattamento ufficiale

pari se non superiore a quello della squadra francese. V. E. può valersi presso Biilow dell'intero contenuto di questo mio telegramma.

235

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, PELLOUX, A SASSARI

T. 967. Roma, 18 aprile 1899, ore 18,15.

Per Tripoli continua lo scambio di idee con Parigi e Londra. Però le dichiarazioni fattemi dai due ambasciatori forniscono, a mio avviso, già elementi ampiamente sufficienti -per chiarire soddisfacentemente la cosa in parlamento, trattandosi essenzialmente di una situazione già da gran tem!;)o pregiudicata per atti ed avvenimenti anteriori. In quanto concerne la China sto attendendo di giorno in giorno da Londra una risposta che già sollecitai e che dovrà fornirci norma per le nostre ulteriori decisioni. L'ambasciatore lord Currie

parte domattina per golfo degli Aranci invitato dall'ammiraglio inglese per trovarsi presente all'incontro della .squadra coi nostri sovrani.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 970. Roma, 19 aprile 1899, ore 11,35.

Ho dovuto in questi giorni richiamare in particolar modo il;'attenzione di questo ambasciatore di Inghilterra sopra l'affare di San Mun. Dopo i due noti incidenti la trattazione non potrebbe indefinitamente protrarsi senza crearci, di fronte al r>arlamento una situazione imbarazzante che :ootrebbe anche avere influenza sopra i rapporti tra i nostri due paesi. Ridotta la nostra domanda all'affitto della baja di San Mun, ·Con semplice impegno da parte della Cina di non consentire nel versante occidentale del Ce-Kiang influenza esclusiva ad altra potenza, la cosa dovrebbe apparire allo stesso Governo dnese talmente conforme ai suoi interessi, che l'azione diplomatica dell'Inghilterra potrebbe forse bastare a raggiungere l'intento. In caso diverso, dovendosi da noi ripigliare il negoziato quando verso la metà di maggio il nostro ministro sarà giunto a Pekino e la nostra intera divisione navale si troverà concentrata nelle acque cinesi, ci importerebbe d'avere fin d'ora la certezza che, non riuscendo a breve scadenza quel nostro negoziato, noi potremo, procedendo alla pacifica occupazione di San Mun far assegnamento sopra un atteggiamento benevolo da parte dell'Inghilterra senza ben inteso coo,perazione da parte sua. L'ambasciatore ha riferito queste mie considerazioni a lord Salisbury. Ne informo V. E. acciocchè ella possa eventualmente tenere lo stesso linguaggio e farmi conoscere l'esatto pensiero di codesto Governo.

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, PELLOUX, A SASSARI

T. 978. Roma, 19 aprile 1899, ore 20.

In relazione a quanto recentemente le telegrafai (l) circa le impressioni suscitate a Berlino, anche altrove, dalle esagerate manifestazioni francesi, la pregherei di considerare e di sottomettere a S. M. se non sia opportuno di dare da parte nostra una accentuazione particolarmente spiccata ai brindisi che si scambieranno con l'ammiraglio britannico, come sarebbe, se piacesse a S. M., di affermare il nostro proposito di mantenere e render sempre più saldi i tradizionali rapporti di intima amicizia, che uniscono le due corone e i due pa·esi. Essendovi l'ambasciatore agli Aranci sarà facile combinare i due testi precisi.

238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. 15703/106. Roma, 19 aprile 1899.

Mi riferisco al mio telegramma del 28 fabbraio u. s. (2), e alla successiva corrispondenza circa il regime doganale tra Eritrea e Sudan.

Lord Cromer ha consentito che lo statu quo doganale alla frontiera verso Cassala sia prolungato fino al 30 corrente, eccettuato pei sigari e per tabacco.

Il R. Agente al Cairo ha già presentato fin dal 24 marzo u. s., a S. S. l'unito schema di accordo, il quale mentre provvede alle facilitazioni di transito pel commercio da Eritrea in Etiopia, mira altresì e principalmente a regolare i rapporti doganali col Sudan a complemento del protocollo del 15 aprile 1891.

Lord Cromer, pur riservandosi di dare risposta definitiva, ha subito dichiarato che non potrebbe concedere una riduzione di dazio di importazione, per non fare alla Colonia una posizione privilegiata in confronto delle altre nazioni e. della stessa Inghilterra. Egli ha nondimeno inviato lo schema da noi presentato a Lord Salisbury, dal quale attende risposta.

È evidente che avendo noi aperto il negoziato per un accordo ex novo sulle basi dell'art. IV del proto•collo 15 aprile 1891, non poteva e non può essere unico nostro intento di chiedere semplici facilitazioni di transito, per la via di Cassala, pel commercio della Eritrea con la Etiopia, poichè quel commercio segue la via del Tigrè; e, in ogni caso, le eventuali agevolezze in quel senso avrebbero scarso valore per noi, essendo di quelle che normalmente si accordano dagli stati a titolo di buon vicinato.

Noi desideriamo, invece, ·conchiudere un nuovo accordo ·che, secondo il pensiero del R. Governo, deve essere ·Considerato come un ·complemento del protocollo suddetto per regolare le relazioni commerciali tra l'Eritrea e il Sudan per la via di Cassala, non perdendo di vista la situazione creata dalla retrOIcessione di quella piazza agli anglo-egiziani. Conosciamo il regime commerciale

, del Sudan con l'estero stabilito dall'art. VII dell'accordo anglo-egiziano del 19 gennaio u. s., ma non vogliamo credere per questo che il Governo britannico possa non tener conto delle ragioni di ordine morale che, specialmente~ avuto riguardo alle cordiali relazioni esistenti tra Italia e Inghilterra, debbono far considerare la posizione dell'Eritrea verso il Sudan sotto un punto di vista particolare. Sono noti i sacrifi·ci fatti dall'Italia per tener Cassala quando il Madhismo era ancora orgoglioso, ed è noto il disinteresse addimostrato nell'abbandonarla, quando il possesso di quella piazza per parte degli anglo-egiziani doveva giovare, come giovò, al compimento della grande spedizione contro il Califfo. Non possono neanche disconoscersi i vantaggi che dalla nostra occupazione, in alcuni momenti ritrassero gli anglo-egiziani, di che lo stesso Lord Cromer rese ufficialmente testimonianza in un rapporto al suo Governo

(Report on the finances, administration and condition of Egypt etc. 1° aprile 1895).

Anche per rispetto all'Abissinia, la solidarietà degli interessi tra l'Italia e l'Inghilterra non è certo senza giovamento per quest'ultima. Infine, l'intimità delle relazioni tra il Governo del Re e quello della Regina, intimità che si è rivelata anche in Egitto col pronto e leale concorso del Rappresentante italiano al Cairo alla politica britannica sul Nilo, non può non •consigliare il Gabinetto di Londra a soddisfare la nostra domanda, che si riduce ad una semplice diminuzione di dazio.

Queste ed altre ragioni sono state dal Commendator Tugini esposte a Lord Cromer; ed io ne fo cenno all'E. V., affinchè Ella possa trarne norma di linguaggio nel caso che Lord Salisbury a Lei si rivolga per parlarle della questione.

(l) -Cfr. n. 233. (2) -Tel. 483 del 28 febbraio, ore 14,10, non pubblicato.
239

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 9tl2. Roma, 20 aprile 1899, ore 12,35.

Ho ricevuto sua lettera 12 corrente (1). Ringrazio vivamente. Mi preme informarla, per sua notizia esclusiva, che appena conosciuto accordo anglofrancese 21 marzo u. s. iniziai scambio idee Londra e Parigi. Ho già avuto

circa statu qua Tripolitania, e circa libertà commercio e traffico vie carovaniere hinter'land, assicurazioni verbali soddisfacenti e che io spero poter far tradurre

in forma più concreta. Stando così le cose, qualunque passo verso la Turchia non potrebbe giovarci.
240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. RISERVATO 15899/110. Roma, 20 aprile 1899.

Ho ricevuto il pregiato suo rapporto dell'l! aprile n. 314/134 (2).

Per ciò che concerne il nostro modo di vedere sulle conseguenze dell'accordo anglo-francese del 21 marzo u. s., mi riferisco alla corrispondenza scambiata in questi giorni con V. E. Sto ora in attesa della risposta che il Gabinetto di Londra darà, per mezzo di Lord Currie, alla nostra ultima comunicazione.

Senza entrare nel merito delle argomentazioni di Sir Thomas Sanderson, io mi limito ad una osservazione di fatto, per concludere che, se è vero, come afferma il Sottosegretario di Stato al Foreign Office, che l'Inghilterra ha impedito, con l'accordo del 21 marzo u. s., alla Francia di avanzare ancora verso l'est africano, è vero anche che l'ha, però, arrestata soltanto là e soltanto quando gli interessi britannici incominciavano ad essere minacciati, senza preoccuparsi se altri interessi fossero pure in giuoco, che dovevano essere tutelati.

241

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1039. Parigi, 20 aprile 1899, ore 0,10.

Ambassadeur de France recevra prochainement réponse du ministre des affaires etrangères au sujet du projet de formuler dans une note destinée à la publicité les décla!'ations verbales que vous avez déjà reçu au sujet de la Tripolitaine. Ce ministre se préoccupe de l'impression que ne manquerait pas de produire la déclaration unilatérale du gouvernement français laquelle aussi

bien en France qu'à Costantinople serait interprétée presque comme une invitation faite à l'Italie d'occuper des territoires empire ottoman. Il voudrait, d'autre part, nous donner la satisfaction nécessaire pour que vous puissiez apaiser les inquiétudes qui se sont produites chez vous dans la presse et dans le parlement. La Turquie n'a pas présenté à Paris une protestation écrite; elle n'a donc reçu que des expUcations verbales au sujet de la précise intention de la France de ne rien entreprendre contre les territoires et le droits de la Sublime Porte. Le ministre des affaires étrangères se propose de communiquer à V. E. sa réponse à la Turquie afin de Vous mettre à méme de déclarer publiquement quelle a été cette réponse et d'écarter ainsi tout soupçon sur les intentions de la France. Il ne se refuse pas, cependant, et sans nous demander une déclaration réciproque de poursuivre avec nous la recher·che de la meilleure forme d'un arrangement apte à nous donner toute sécurité meme en vue de l'avenir pour la Tripolitaine et d'examiner également avec nous la question des voies de pénétration nécessaires au commerce de <la cote; mais il pense que la nature meme d'un pareil arrangement exige le secret et que conséquemment il ne pourrait etre fait usage devant la chambre des documents destinés à lui donner la forme dési:rable.

(l) -Non rinvenuta, ma cfr. n. 227. (2) -Cfr. n. 225.
242

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. CONFIDENZIALE 1054. Berlino, 21 aprile 1899, ore 15,04 (per. ore 16,30).

Biilow, che trovasi già meno inquieto, accolse con soddisfazione dichia~ razioni da me ripetutegli in base telegramma di V. E. del 17 sera (1), e ne prese nota per comunicarle allo imperatore. Egli prega V. E. ascrivere sue preoccupazioni sentimenti amicizia e timore che le nostre tendenze verso Francia allarmino opinione pubblica tedesca, alienino quella dell'Inghilterra e scuotano (fosse pure solo in apparenza) triplice alleanza.

Se pericolo nero o ~rosso, soggiunse Ejiilow, minaccia15se monarchia, o unità Italia, per opera Francia (2), Germania sarebbe là per sostenerla; ma perciò bisogna essere sorretti da opinione pubblica, sulla quale tutti oggi dobbiamo contare. Concluse: anche verso Germania fanno in Francia capolino tendenze, non sgradite, di riavvicinamento, ma esse sono solo ispirate da sentimenti ostili verso l'Inghilterra, e, quindi, indipendentemente da altre considerazioni, da accogliersi con prudente riserbo. Se queste sono, secondo il mio parere, saggie considerazioni del signor Biilow nell'interesse d'Italia, non bisogna però dimenticare ciò che egli tace, cioè, il non meno grande interesse Germania a mantenimento triplice alleanza, venendo meno la quale dovrebbe cercare per sè altra combinazione politica non tanto facile ad attuarsi.

Mi sono permesso astenermi riparlare con Biilow, che più non ne fece cenno, di Tornielli, anche nel senso da V. E. indicatomi, parendomi argomento troppo delicato per es8ere trattato da me. Del resto le parole sfuggite a Biilow su Tornielli nella conversazione riassunta nel mio telegramma del 16 (l) sono esclusivamente da ascriversi da una parte alle idee che si hanno qui sulle tendenze politiche del mio egregio collega, idee che so per esperienza difficili a sradicare, d'altra partt::, come mi consta confidenzialmente, a rapporti della ambasciata tedesca a Parigi, forse sotto l'impressione della deposizione Trarieux nell'affare Dreyfus, argomento anche questo difficile a toccarsi. A me pare basti avere respinto, come respingerò sempre, senza entrare in discussione, dubbio che un ambasciatore di S. M. possa scostarsi dalla politica del suo Governo.

(l) -Cfr. n. 234. (2) -Cfr. quanto aveva scritto Tornielli con R. riservato 3359/1235, del 9 dicembre 1898, non pubblicato: • La formazione di un gruppo di cospirazioni repubblicane italiane in Parigi potrebbe, in certe circostanze, che per ora sembrano soltanto congetturali, servire di tramite facile e naturale per suscitare nel nostro paese gravi difficoltà. Questo Governo, nel presente periodo, è interessato più che mai ad astenersi da ciò che potrebbe far credere all'intenzione sua di fare la propaganda repubblicana fuori dal suo territorio; ma le situazioni possono mutare ed è bene che delle cose dette in questo rapporto il Governo nostro conservi memoria •.
243

IL COMITATO D'AZIONE PER LE «ALPI GIULIE» AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

Trieste, 24 aprile 1899.

Fra giorni si radunerà all'Aja la Conferenza pel disarmo; ha pensato V. E. a tutti i diritti che l'Italia deve colà far valere?

Non è possibile parlare di pace e di disarmo, finchè le Nazioni non siano ricostituite nei loro naturali confini, finchè ci sieno popoli che domandano una Patria!

Eccellenza, Seicentomila italiani, ancora disgiunti colla violenza più brutale dal grembo della Madre, lottano disperatamente per la loro esistenza nazionale; Trieste, l'Istria, il Friuli Orientale e il Trentino invano tendono le braccia supplicanti verso il Governo di Roma.

Senza le Alpi Giulie e le Retiche l'Italia non è.

I confini della Patria nostra sono al Brennero, al Tricorno, al Quarnaro

«che Italia chiude e i suoi termini bagna».

In quelle regioni vivono popolazioni nobilissime, italìanamente valorose, che giorno per giorno sostengono una lotta ardua, tenace contro le prepotenze dell'Austria che le domina!

Perquisizioni, scioglimenti, proibizioni, arresti, angherie d'ogni sorta, sono cose di tutti i giorni in quelle infelici terre.

E l'Italia che fa?

Abbastanza attendemmo, abbastanza soffrimmo!

Eppure noi soli sappiamo come da noi si ami l'Italia. Ogni suo lutto è lutto

nostro, nostra è ogni sua gioia!

. I triestini, i trentini e gli istriani combatterono tutte le guerre dell'indi

pendenza naziooale a fianco dei loro frateHi; diedero e danno alla patria co

mune letterati e pensatori di vaglia.

Ora il Governo austriaco non potendo estirpare dai nostri cuori tanta vi

goria di affetto, tenta in tutti i modi d'imbastardirci, slavizzando le porte d'Italia

nei tribunali, nelle chiese, nelle scuoie!

Vani conati! Italiani fummo e resteremo, e resisteremo fino all'ultimo alle prepotenze

straniere! Ascolti l'Italia la nostra voce, abbia per noi una parola di conforto! Lo straniero s'accampa sul suolo nostro; fino a quando? Si parli di noi nella Conferenza all'Aja; non ci si dimentichi; sarebbe

viltà! L'Italia si è fatta colle generose audacie; si compia ad ogni costo. Viva l'Italia!

(l) Cfr. n. 232.

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. 1041. Roma, 25 aprile 1899, ore 20,15.

Le mie dichiarazioni di ieri al senato (l) esprimono il pensiero del R. Governo circa la situazione creata dal recente accordo anglo-francese. Per noi questo accordo, come ebbi cura di ben dichiarare, è res inter alios acta che non può menomamente infirmare le ragioni e gli interessi dei terzi. Noi vi ravvisiamo esclusivamente un fatto reso fatalmente inevitabile dai precedenti della questione e determinato in ultimo dalla imperiosa preoccupazione in cui Francia ed Inghilterra si trovarono di rimuovere il pericolo di un minaccioso conflitto. In ogni modo noi abbiamo preso atto delle assicurazioni amichevolmente dateci dai due Governi su questi due punti essenziali: l) Non doversi temere, al presente o per l'avvenire, alcuna impresa contro la Tripolitania parte integrante dell'impero ottomano; 2) Nulla sarà fatto che possa intralciare le comunicazioni commerciali della Tripolitania con le regioni centrali dell'Africa. Prego V. E. di voler recare quanto precede a conoscenza di codesto ministro degli affari esteri, il quale apprezzerà, ne ho fiducia, la correttezza e la moderazione del nostro atteggiamento. Certo, poi, gioverebbe non poco, presso la pubblica opinione, in Italia, anche in vista di prossime interpellanze già annunciatemi alla camera, se codesto Governo con alcuna e opportuna manifestazione, mostrasse di associarsi alle nostre vedute ed aggiungesse così efficacia agli impegni risultanti per la Francia e per l'Inghilterra, dalle forniteci assicurazioni.

245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 1063. Roma, 27 aprile 1899, ore 19 (2).

Ricevuto rapporto 18 marzo (3) ed il telegramma 29 marzo (4). Parole Harrington circa Harrar sono gravi per il fatto che rappresentante britannico abbia potuto parlare cessione territorio che è parte integrante Etio!Pia fin

(-4) T el. 1047/379 del 29 marzo, trasmesso da Asmara il 21 aprile, ore 7 ,10, non pubblicato: dichiarazioni di Harrington circa una possibile cessione alla Francia dell'Harrar.

da febbraio 1887, e sul quale Francia ed Inghilterra con accordo febbraio 1898 si sono reciprocamente interdetta ogni azione. In attuale situazione politica dell'Italia in Etiopia, tutela nostri interessi presenti e futuri è poggiata sul principio integrità Impero etiopico. Interesso pertanto V. S. esercitare massima sorveglianza, non tralasciando di agire abilmente e cautamente presso Menelik.

Per Leontieff raccomando ogni maggior cautela e nulla promettere senza informarne questo Ministero, che ha poca fiducia in guarentigie pel Benadir derivanti dal nuovo Governo paesi galla, il cui commercio potrebbe invece essere avviato colonie inglesi a nostro danno.

(l) Cfr. Atti Parlamentari, Senato, Discussioni, Legislazione XX, 2• sessione, I, pp. 944947, 954.

(2) -Il telegramma venne inviato a Ciccodicola tramite il governatorato di Massaua. (3) -Non rinvenuto.
246

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R 164. Londra, 28 aprile 1899.

Di quanto ho discorso ieri nella visita ebdomadaria a Lord Salisbury ho fatto per maggior chiarezza un rapporto speciale per cadauna materia. Lb situazione nostra rispetto alla Cina doveva esser messa necessariamente sul tappeto, sebbene le trattative degli ultimi giorni le abbia fatte V. E. con l'Ambasciatore d'Inghilterra a Roma. Il poco buon effetto prodotto tra gli italiani dall'accordo Anglo-Francese per quel che riguarda l'Inghilterra e le accoglienze rumorose della squadra francese ai nostri Sovrani devono aver fatto ponderare la situazione con maggior cura al Governo inglese. Contrariamente alle disposizioni d'animo ·che avevo notato negli ultimi tempi, forse Lord Salisbury ha visto la necessità d'un più caldo appoggio, di una cooperazione più attiva alle nostre aspirazioni nel mar Giallo. Così parvemi più cordiale il discorso del Primo Ministro a proposito di quanto possa accadere laggiù; a parecchie riprese egli mi disse come per rassicurarmi esser convinto che le cose si accomoderanno secondo i nostri desideri oggi che quel che chiediamo non può recar danno alla Cina ma certamente nel senso da non diminuire il prestigio dell'Italia di fronte all'Impero cinese. Queste parole spiegheranno forse quanto Lord Salisbury deve aver scritto in proposito a Lord Currie.

247

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

R. 165. Londra, 28 aprile 1899.

La prima mia visita a Lord Salisbury dopo il suo ritorno da Beauli:eu, ha avuto luogo ieri. Il Primo Ministro mi ha parlato spontaneamente delle pratiche per le dichiarazioni sull'accordo Anglo-FraJncese desiderate da V. E. dicendomi aver risposto a Lord Currie sul proposito. Ha soggiunto poter egli fare tutte le più franche dichiarazioni sulle intenzioni del Governo inglese, ma non poter far promesse che impegnassero l'avvenire, non volendo lasciar le mani legate

al suo paese nel caso che eventuaJmente i paesi sui quali discutiamo dovessero passare in mano diversa da quella che ne ha oggi il possesso.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. PER CORRIERE RISERVATO 18344/132. Roma, 1 maggio 1899.

Un telegramma del R. Rappresentante in Addis Abeba reca: «Discorrendo con Harrington a proposito ferrovia Gibuti, questi mi disse essere intenzione governo inglese portare ferrovia a Rosaires annullando ·così ogni valore via Gibuti; aggiungeva potrebbesi permettere Francia occupare Harar senza danneggiare commercio inglese che prenderebbe via Nilo, più breve economica. Quanto disse Harrington non ha carattere ufficiale ma fa sospettare possibile la concessione di Harar alla Francia cui mira da lungo tempo per tacitarla in altra questione. Credo mio dovere segnalare questo mio sospetto a V. E. sembrando verosimile nello stato attuale delle cose e per evitare futur·e sorprese. Poco dopo ricevuta questa notizia, telegrafai, il 27 aprile u. s., al Capitano Ciccodicola (1). Recentemente, a proposito del negoziato per il regime doganale a Cassala, Lord Cromer ebbe a dire al Commendator Tugini, parlando del Gallabat, che Metemma, «per l'abbandono fatto dall'Italia dell'altipiano abissino», era ritornata all'Egitto. A questo proposito, non esitai a metter bene in chiaro, per norma di linguaggio del R. Agente al Cairo con S. S., che quanto si riferisce alla posizione dell'Italia in Etiopia dopo il trattato di Addis Abeba è cosa affatto estranea ai noti protocolli anglo-italiani che costituiscono un patto contrattuale tra la Gran Bretagna e l'Italia e non possono essere modificati senza una reciproca intesa. In linea generale, mi preme di qui ricordare che, se anche uno dei titoli da noi invocato nei negoziati con l'Inghilterra per la delimitazione delle reciproche sfere di influenza, intendo dire l'art. XVII del trattato di Uccialli, più non esiste, essendo caduto col trattato di Addis Abeba del 26 ottobre 1896, nessuno può dubitare che sussistano altri e validissimi titoli della nostra influenza sulle regioni adiacenti ai possedimenti britannici, sia dalla parte del mare, sia dalla parte della valle niliaca. Sicchè niuna alterazione sostanziale, per quanto concerne le due potenze contraenti, hanno subito i tre protocolli firmati con l'Inghilterra, i quali noi non invocheremo, per ovvie ragioni, in quanto concerne i nostri rapporti con l'Etiopia, paghi che la stipulazione del trattato di Addis Abeba ci guarentisca dal pericolo che sull'impero Etiopico si sovrapponga il protettorato o l'influenza di altra potenza. Che il nostro pensiero circa il valore dei tre protocolli fosse quello deL Governo di Londra, non vi era dubbio, e ne abbiamo avuto la prova quando esso, per mezzo del suo Ambasciatore in Roma, d comunicò, nel marzo 1897, in forma di appunti, la sostanza delle istruzioni da impartirsi al capo della missione inglese presso il Negus, Signor Rodd, relativamente al negoziato per una

rettificazione di frontiera tra l'Etiopia e l'Inghilterra, sia verso il Nilo, sia verso il Golfo di Aden.

Il Gabinetto di Londra, essendo in giuoco i rapporti tra Italia e Inghilterra e tra Italia e Etiopia, derivanti dalla stipulazione dei tre protocolli del 24 marzo e 15 aprile 1891 e 5 maggio 1894, raccomandava al suo inviato di nulla stipulare con Menelick che potesse diminuire i diritti derivanti all'Italia dai detti protocolli.

Il Governo italiano riconobbe con piacere che l'azione del negoziatore britannico corrispondesse ai suoi interessi. Solo, avuto riguardo al fatto che gli stessi protocolli si connettevano al protettorato dell'Italia sull'Etiopia, al qual riguardo la situazione era mutata mercè il trattato di Addis Abeba, il R. Governo espresse il desiderio che l'inviato britannico, pur attenendosi di fatto alle indicazioni tratte da quei tre atti internazionali, evitasse di invocarli nelle sue negoziazioni con Menelick. Tale precauzione appariva indispensabile per non urtare la suscettibilità dell'Imperatore Menelick, non solo in vista della definizione di questioni gravi allora in corso tra l'Italia e l'Etiopia, ma anche nell'interesse generale comune dell'Italia e dell'Inghilterra in Etiopia.

A noi non risulta finora che siano intervenuti accordi tra il Signor Rodd e Menelick relativamente ai confini verso il Nilo. È certo, però, che nell'accordo che, come conseguenza della missione Rodd, fu conchiuso il 14 maggio 1897 tra Etiopia e Inghilterra per regolare la questione di frontiera nella Somalia britannica, rimangono impregiudicati i reciproci diritti e interessi anglo-italiani derivanti dal protocollo del 5 maggio 1894, secondo cui certe regioni a sud e ad ovest del Golfo di Aden (e tra esse anche l'Harar) sono indicate quali comprese nella sfera d'influenza italiana, come facenti parte, rispettivamente, dell'Etiopia e della Somalia tra il Giuba e l'Oceano indiano.

Ora, qualunque accordo che intervenisse tra Francia e Inghilterra, per la provincia di Harar, a modificazione di quello tra di esse esistente del febbraio 1888, oltrechè essere lesivo della integrità territoriale dell'Etiopia, diminuirebbe i diritti derivanti all'Italia dal protocollo del 5 maggio 1894, che non è stato e non ha bisogno di essere modificato, e che è anche citato nella convenzione Rodd-Maconen del 14 maggio 1897.

Ciò premesso, pur non dando soverchio valore a quanto disse il Signor Harrington, il quale può anche aver parlato senza esatta cognizione della situazione di diritto rimasta immutata, per quanto si riferisce ai tre protocolli, con l'Inghilterra, dopo il trattato del 26 ottobre 1896, sarebbe per noi cosa utile e cauta ottenere, a guarentigia dell'avvenire, una comunicazione del Governo britannico da cui apparisca il valore vero attuale dei protocolli stessi a ·conferma del proposito manifestato da codesto Governo, e di cui noi abbiamo preso atto nel marzo 1897, che nulla si farebbe dall'Inghilterra per diminuire i diritti derivanti all'Italia da quegli atti internazionali.

Prendendo occasione da voci corse circa la eventualità di accordi tra Francia e Inghilterra, in Etiopia, per sistemazione di questioni tra quelle due potenze pendenti in Africa, V. E. avrà, io penso, facile modo di ottenere da codesto Governo una dichiarazione dalla quale risulti che l'Inghilterra considera inalterata, nelle sue relazioni con l'Italia, la situazione derivante dalle clausole dei tre protocolli del 24 marzo e 15 aprile 1891 e 5 maggio 1894.

Il negoziato per la retrocessione di Cassala, iniziato e compiuto in base al protocollo del 15 aprile 1891, l'accordo anglo-etiopico del 14 maggio 1897

per la Somalia britannica, e le recenti dichiarazioni di Lord Salisbury alla Camera dei Lordi [sic] a proposito della spedizione Ma,cdonald, per quanto si riferisce al protocollo del 24 marzo 1891, non ci lasciano dubbio che il Gabinetto di San Giacomo veda e consideri la situazione, per quanto concerne quei tre protocolli, come noi la vediamo e consideriamo, avuto soprattutto riguardo alla identità di interessi e alla amichevole intesa dell'Italia e dell'Inghilterra nelle questioni che interessano le due potenze in Etiopia.

La prego di accusarmi ricevimento di questo dispaccio.

(l) Cfr. n. 245, primo capoverso.

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA (1)

D. 17782/744. Roma, 3 maggio 1899.

Nel manifestare succintamente a V. E. il pensiero del R. Governo sulle singole questioni che faranno oggetto di esame neJ.la prossima conferenza dell'Aja, secondo il programma formulato dal Gabinetto di Pietroburgo colla circolare del 30 dicembre 1898, debbo anzitutto fermare l'attenzione dell'E. V. sopra un incidente, per noi di grandissima importanza, sopravvenuto in occasione dei negoziati preliminari per la convocazione della conferenza. Alludo ai tentativi intesi ad ammettere anche la Santa Sede a partecipare in alcuna forma ed in qualche misura all'opera comune.

V. E. sa come la cosa abbia avuto principio. Il Signor Tcharigow, Ministro di Russia presso la Santa Sede, avendo rimesso al Papa copia della circolare del Conte Murawieff del 12 agosto 1898 e dell'altra sopramenzionata del 30 dicembre dello stesso anno, corse subito insistente la voce che anche il Vaticano sarebbe invitato alla conferenza pel disarmo. Preoccupato di una siffatta eventualità, che lo avrebbe messo in serio imbarazzo, per le difficoltà gravissime che ne sarebbero sorte nella politica interna del nostro paese, il Governo di S. M. non mancò di .adoperarsi per far comprendere al Governo Russo dapprima, ed indi, dopo che l'Aja fu scelta a sede della conferenza e l'Olanda incaricata di diramare gli inviti, al Governo Neerlandese, essere impossibile che una delegazione italiana sedesse accanto ad una delegazione pontificia in una conferenza d'indole essenzialmente politica e militare. E quando, dalle dichiarazioni raccorte così a Pietroburgo, come all'Aja, appariva manifesto che nessuno dei due Governi intendeva assumere la responsabilità dell'intervento, o del non intervento della Santa Sede, ma che sostanzialmente tale responsabilità si lasciava all'Italia, il R. Governo non esitò a dichiarare nettamente che esso si sarebbe astenuto dal prender parte alla Conferenza, se la Santa Sede vi fosse stata invitata, questo invito, in qualsiasi forma indirizzato, e comunque lo si volesse giustificare, avendo necessariamente un significato incompatibile col nostro diritto nazionale. Nè era da dubitarsi della pratica efficacia della nostra esplicita dichiarazione, la conferenza non potendo utilmente essere radunata nel caso in cui alcuna delle grandi potenze si fosse ricusata di intervenirvi, e la

Germania avendo fatto sentire, confidenzialmente, tanto all'Aja quanto a Pietroburgo, che si sarebbe astenuta dalla conferenza qualora anche una sola delle grandi potenze non vi avesse preso parte.

La questione dell'invito fu per tale modo di necessità troncata, e si riteneva l'incidente definitivamente chiuso, allorchè il Conte Murawieff, nello intento di rendere alla Santa Sede meno sensibile la sua esclusione dalla conferenza, suggeriva al signor di Beaufort di dichiarare al Vaticano che il Papa non potèva bensì essere invitato alla conferenza, non essendo Sua Santità a capo di una potenza temporale, ma che il governo dei Paesi Bassi faceva voti perchè il Santo Padre, il quale gode di una così grande autorità morale, volesse degnarsi di manifestare, per mezzo dello internunzio, la sua opinione sulle questioni relative all'arbitraggio internazionale, alla mediazione ed altre di simile natura. Il Signor Beaufort non credette di accettare il suggerimento venutogli da Pietroburgo, e il conte Mourawiew fece fare a me, verbalmente, una comunicazione in tal senso dal signor Nelidow. Avendo io risposto che un accordo positivo era oramai intervenuto fin dallo scorso febbraio fra i gabinetti dell'Aja e di Roma pel quale la Santa Sede non sarebbe stata invitata alla conferenza pel disarmo, e che il R. Governo non si sentiva autorizzato ad entrare in una discussione intesa a modificare l'intervenuto accordo, la cosa non ebbe altro seguito.

Dalle notizie che ho brevemente riassunte, e delle quali V. E. ha potuto prendere più precisa cognizione dai documenti diplomatici della serie XXXIV (1), apparisce evidente il desiderio della Russia di fare cosa gradita alla S. Sede; nè meno evidente apparisce il fermo proposito del Vaticano di adoperarsi per accrescere la sua influenza politica, facendo come che sia, sentire la sua voce in un areopago dove i principali Stati del mondo intero sono chiamati a pronunziarsi sopra problemi della più alta importanza. Nulla, per ora almeno, induce a pensare che la questione di una partecipazione, anche solo indiretta, del Santo Padre a,lla conferenza 1nternaz~onale pel disarmo sia di nuovo sollevata, ma non è da ritenersi impossibile che ciò avvenga se dobbiamo giudicare dall'interesse che, non tanto il Papa personalmente oggi ridotto a condizioni fisiche escludenti ogni efficace iniziativa da parte sua, quanto la Curia vi annette per considerazioni d'indole puramente politica. Qualora questa eventualità avesse a verificarsi, l'E. V. vorrà prendere norma, pel suo contegno, dalla linea di condotta che a tale riguardo il Governo di S. M. ha fermamente seguito fin dal primo sorgere della questione. Senza rientrare nel merito della questione basterà, io penso, l'enunciare una assoluta dichiarazione pregiudiziale, non potendosi ammettere che la conferenza possa modificare la sua propria composizione così come questa è stata preliminarmente stabilita, co.n l'annuenza dei governi partecipanti alla 'conferenza stessa. Naturalmente verrebbe meno lo scupolo nostro, e cesserebbe quindi da parte nostra ogni ragione di opposizione se si trattasse della semplice convocazione o presentazione alla Conferenza di Memorie o Scritti in cui la S. Sede stimasse di enumerare le sue idee ·ed il suo favore rispetto ai temi dell'arbitrato e della mediazione. Bensì

è da tenersi fermo, anche in vista di tale contingenza il concetto della inammessibilità di un intervento personale di chi si presenta come mandatario ed oratore della S. Sede ancorchè fosse l'autore dello scritto; e V. E. ben ne mtende la ragione.

I temi enunciati nella circolare russa del 30 dicembre 1898, e destinati ad essere posti in discussione in seno alla conferenza sono in gran parte (quelli cioè coim,lresi nei nn. l a 7) di carattere esclusivamente militare, e come tali da essere trattati in special modo dai delegati tecnici, in base alle istruzioni che dalle com~etenti amministrazioni della guerra e della marina sono stati preparati, e delle quali rimetto, qui acclusa, una copia alla E. V. (1). Nondimeno mi giova aggiungere, da un punto di vista generale, che è, in ogni modo, stretto debito nostro di conciliare, in materia di armamento, i concetti d'ordine umanitario a cui si ispira l'iniziativa dello Czar, con le esigenze della difesa nazionale e con quelle altresi della nostra situazione sia nella triplice alleanza, sia nei nostri rapporti coll'Inghilterra. Dalla quale premessa scende, come naturale corollario, che nella conferenza l'atteggiamento nostro debba avere come criterio fondamentale da una J;>arte le considerazioni d'ordine umanitario e dall'altra parte la necessità di proporzionare le nostre forze con quelle degli altri Stati, e che qualora questo duplice criterio non basti a determinare il nostro voto, debba essere nostra regola lo accordare il nostro atteggiamento con quello dell'Austria-Ungheria e della Germania nelle questioni attinenti agli armamenti di terra, e con quello dell'Inghilterra nelle questioni attinenti agli armamenti di mare.

Il punto del programma rispetto al quale ha peculiare competenza l'amministrazione che ho l'onore di dirigere è quello annunciato al n. 8, il principio, cioè, che debbasi, in caso di controversia, ricorrere all'arbitrato, alla mediazione, od ai buoni uffici per evitare conflitti armati. Sarebbe, in certa guisa, una riconferma, con carattere più imperativo, del principio stesso già proclamato, una prima volta, nel congresso di Parigi del 1886.

Come principio di massima, questo che la Russia sottopone all'esame della conferenza internazionale pel disarmo, è ben volentieri accettato dall'Italia, la quale, qualora sia da tutte le potenze adottato, vi ravvisa il primo passo veramente efficace a scongiurare le calamità della guerra, non solo, ma anche a rimuovere il pericolo di ingiuste imposizioni da parte dello Stato più forte.

A tali concetti il R. Governo già da molti anni, sempre che gli sia stato consentito, ha uniformato la sua condotta. Dopo che, per iniziativa dell'illustre Mancini, il Parlamento nostro ne fece oggetto di esplicito voto, la clausola compromissoria venne introdotta in molti fra i trattati che l'Italia ha stipulato con altri Stati. Rammenterò le convenzioni di commercio e di navigazione col Belgio (dicembre 1882), colla Gran Bretagna (giugno 1883), colla Svizzera (aprile 1882); la convenzione pel gratuito patrocinio coi Paesi Bassi (gennaio 1884); il trattato di estradizione col Montenegro (agosto 1892); le convenzioni consolari colla Rumania, coll'Argentina e col Perù (agosto 1880, dicembre 1885, febbraio 1893). L'anno scorso ebbi, io stesso, l'onore di apporre la mia firma ad una speciale convenzione colla repubblica Argentina, negoziata dal mio

onorevole predecessore, il Marchese Visconti Venosta, ed avente per iscopo di deferire al giudizio arbitrale ogni questione che sorgesse fra le due nazioni contraenti. Di questa convenzione Le rimetto ad ogni buon fine una copia (1). La

E. V. vedrà su quali basi, con quali criterii ed in quali condizioni il giudizio arbitrale debba, secondo i nostri intendimenti svolgersi e concludersi.

Tosto però qui aggiungo che, favorevole al principio, il R. Governo non potrebbe esserlo del pari alla istituzione di un magistrato permanente di arbitrato. Oltrechè le controversie possono presentarsi sotto forme così varie, e per ragioni di indole tanto diversa, da non potersi contemplare con sufficiente sicurezza in un regolamento generale che stabilisca, oltre le norme e la procedura, anche il giudice a cui sia deferita ogni e qualsivoglia controversia fra i singoli Stati, parrebbe meno opportuna, e se non altro prematura, il sistema degli arbitrati non essendo ancpra sufficientemente esperimentate, la creazione di un Istituto apposito e permanente, il quale avrebbe anche inevitabilmente per effetto di moltiplicare senza necessità il ricorso a giudizii arbitrali, anche per questioni che avrebbero potuto facilmente risolversi mercè trattative amichevoli e dirette.

Dal punto di vista speciale nostro, la istituzione di un Istituto permanente è poi, sopratutto da evitarsi, nella previsione, abbastanza probabile, che la

S. Sede, invocando precedenti ben noti, si adoperi per esservi rappresentata, con che si farebbe risorgere la delicata questione che, in occasione della presente conferenza, si è già a più riprese, e in varie forme, presentata.

Prima di concludere, mi giova notare, per ogni buon fine, la diversa locuzione adoperata dal conte Muraview nella circolare del 30 dicembre 1898, contenente il programma della conferenza, in confronto di quella usata dal Signor W,estemberg nella lettera del 9 aprile scorso, con la quale questi, conformandosi alle istruzioni ricevute dal suo Governo, invitava il Governo del re a farvisi rappresentare. La circolare del conte Muraview si esprimeva, infatti, nei seguenti termini: «il est bien entendu que toutes les questions concernant les rapports politiques des Etats et l'ordre de choses établi par les tra1tés, comme en général toutes les questions qui ne rentreront pas directement dans le programme adopté par les Cabinets, devront etre absolument exclues des délibérations de la conférence ». Invece nella lettera del Ministro olandese in Roma è detto essere compito della conferenza «de discuter les questions exposées dans la seconde circulaire russe du 30 décembre-11 janvier dernier, ainsi que toutes les autres questions se rattachant aux idées émises dans la circulaire du 12-24 aoùt 1898, avec exclusion toutefois des délibérations de tout ce qui touche aux rapports politiques des Etats, ou à l'ordre de choses établi par les traités ».

Le idee enunciate nella prima circolare russa del 12-24 agosto 1898, inspirata a principi e sentimenti altamente umanitari e di giustizia, non sono però così precise che si possa a priori accettare di entrare in discussione su tutte le questioni che a quelle idee si possano connettere, e potrebbe quindi, malgrado la restrizione enunciata, a tale riguardo, anche nella nota neerlandese, sorgere il dubbio se sia da ammettersi o da escludersi taluna determinata questione

d'ordine gtmerale, e non compresa nella esplicita enunciazione della circolare russa. Certamente la variante neerlandese non è intenzionale; ad ogni modo, però, delle due locuzioni, a me non par dubbio che soltanto la russa abbia ad avere valore, come qu-ella che è inserita nella comunicazione che dettò il programma della conferenza, e che del programma medesimo è parte integrante. In tale senso V. E. potrà pronunciarsi nel caso in cui una questione qualsiasi estran-ea al programma accettato dalle potenze fosse posta sul tappeto. A noi, come a tutte le potenze che intervengono alla conferenza, animati dal desiderio che la generosa iniziativa dell'Imperatore di Russia non incontri insuperabili ostacoli, preme che il compito della conferenza stessa sia strettamente mantenuto nell'ambito che era segnato dalla proposta imperiale. Accettandola, noi abbiamo avuto appunto cura, come l'E. V. avrà rilevato dal mio dispaccio del 15 settembre 1898 al R. Ambasciatore in Pietroburgo, del quale le fu a suo tempo comunicata coDia, di ben m-ettere in sodo come la esclusione dal programma e dalle discussioni della conferenza delle QUestioni non direttamente connesse collo scopo immediato della medesima, fosse, ai nostri occhi, la condizione imprescindibile del successo da noi augurato.

Il presente dispaccio mi porge propizia opportunità per rinnovare alla

E. V. i miei vivi ringraziamenti per avere ·consentito a prestare, in una contingenza così difficile e delicata, l'alta ed autorevolissima sua coop-erazione, e per esprimerle ancora una volta tutta la illimitata fiducia che in lei ripone il Governo di S. M. E questa fiducia amplissima rende superflua, da parte mia, ogni più minuta istruzione; alla quale potranno sempr-e supplire l'alta autorità di lei, la lunga sua esperienza di cose diplomatiche, la perfetta sua conoscenza della nostra situazìone e dei nostri interessi sostanziali, mentre, nei casi che anch-e agli occhi di lei apparissero dubbii, V. E. ha facile modo di provvedere riservando e facendo ri-servare dai suoi collaboratori il proprio voto, salvo a chiedere ed ottenere le occorrenti direzioni mercè telegrammi e rapporti ai quali il R. Governo darà sempre sollecita risposta (1).

(l) In un primo tempo Canevaro aveva invitato Visconti Venosta a rappresentare l'Italia alla Conferenza dell'Aja.

(l) La serie comprende i documenti, inviati per conoscenza alle rappresentanze diplomatiche all'estero, relativi alla • Situazione politica generale •.

(l) Non pubblicata.

(l) Non pubblicata.

250

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. PER CORRIERE RISERVATO 18380/136. Roma, 7 maggio 1899.

Ho il suo rapporto del 28 aprile scorso, n. 365/165 (2), circa il colloquio di Lei con Lord Salisbury relativamente all'accordo anglo-francese del 21 marzo 1899.

Non essendomi ben chiara la portata della riserva espressa da S. S., prego

V. E. di volermi spiegare che cosa il nobHe Lord abbia voluto precisamente intendere nel dichiarare di non poter far promesse impegnative dell'avvenire.

Le assicurazioni da noi chieste al Gabinetto di Londra sono dirette ad escludere la eventualità che la integrità dell'Impero Ottomano venga minac

ciata da altra Potenza in Tripolitania, mentre le parole di Lord Salisbury sembra vogliano ammettere tale eventualità. Ora questo non può essere evidentemente il pensiero del Governo britannico.

(l) -Sull'intera questione della partecipazione della Santa Sede alla Conferenza, cfr. il promemoria del ministero, trasmesso da Tittoni a Giolitti il 25 marzo 1904, ed. in G. SPADOLINI, Giolitti e i cattolici, Firenze, 1960, p. 402 sgg. (2) -Cfr. n. 247.
251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO 1176. Roma, 8 maggio 1899, ore 20.

L'interpretazione data da V. E. al primo punto delle istruzioni (l) è perfettamente esatta. Le nostre precedenti dichiarazioni non lasciano dubbio alcuno ai gabinetti coi quali si ebbero a scambiare le nostre idee in proposito. Stimerei meno opportuno porgerne ora a Pietroburgo una conferma che, non essendo necessaria, potrebbe inasprire. Seguirò invece volentieri il suggerimento di lei facendone oggetto di nuova ed espressa affermazione all'Aja ed a Berlino. V. E. sa che il gabinetto di Berlino ha già dichiarato al Governo neerlandese che si ritirerebbe dalla conferenza se si ritirasse anche una sola delle grandi potenze. L'ambasciatore Pasetti mi ha fatto analoga dichiarazione; di guisa che, verificandosi l'improbabile eventualità, il ritiro della nostra delegazione sarebbe simultaneo con quello delle delegazioni dei nostri alleati.

252

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1221. Londra, 11 maggio 1899, ore 8,03.

Salisbury mi informa aver telegrafato ambasciatore d'Inghilterra spiegare a

V. E. che non era in caso da esercitare molta influenza sulla China in questo momento, ma aggiunge che se V. E. lo desidera, farà una intimazione « intimation » al Governo chinese dell'accomodamento che V. E. sarebbe disposta ad accettare.

253

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1236. Londra, 12 maggio 18.99, ore 5,51 (2) (per. ore 20,35).

Mi sono procurato colloquio speciale con lord Salisbury, ,Der chiedergli esplicita assicurazione riguar!do notizia di preteso possibile accordo con la Francia ris,Detto allo Harar. Ho rammentato gli impegni assunti con Italia per le reciproche sfere d'azione. Non avevano parvenza di verità. Ministro affari esteri mi ha espressamente ,Der ben due volte dichiarato che notizia è veramente insussistente e nessuna convenzione o trattativa si è fatta a riguardo Harar, essendo sempre vigente con Francia convenzione febbraio 1888.

(l) -Cfr. n. 249. (2) -Sic, ma probabilmente deve leggersi 17,51.
254

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. CANEVARO

R. 186. Londra, 12 maggio 1899.

Nel dispaccio Ministeriale 18380/136 del 7 maggio corrente (l) la E. V. non trovava ben chiara la portata della riserva espressa dal Marchese di Salisbury nella dichiarazione fattami di non poter far promesse impegnative per l'avvenire riguardo a Tripoli. Mi dava istruzione pertanto di chiedere al nobile Lord, che cosa avesse egli voluto intendere con quella frase; la quale parrebbe ammettere la eventualità che venga minacciato lo statu quo del Mediterraneo, oggetto della nostra viva sollecitudine e dello scambio di idee già altre volte avuto con l'Inghilterra.

Nel mio rapporto del 28 aprile scorso (2), quando ebbi a riferire il primo colloquio avuto con S. S. il Primo Ministro, mi tenni ad una redazione complessiva e sicura delle parole dette dal mio interlocutore, temendo che in cosa di sì alto interesse non mi avveni~se di dare con parole diverse, diversa portata a ciò che solo verbalmente mi era stato dichiarato.

In un colloquio avuto ieri sul soggetto medesimo, io chiesi alla cortesia del Ministro, di ripetere ancora una volta quanto aveva creduto di dirmi in altra occasi:one, ·spiegandomi possibilmente con maggior larghezza le sue vedute riguardo al presente e all'avvenire di Tripoli. La sua risposta fu immediata: fu senza giri di frase contorti o sospensioni indicanti il desiderio di nascondere un segreto pensiero; con grande espressione di sincerità, di cordiale franchezza l'illustre uomo di Stato mi disse:

«Ho già spiegato il perchè della convenzione fatta con la Francia a riguardo del Sudan. Ella era necessaria per la pace tra i due popoli e per la sicurezza delle condizioni avvenire. Noi non abbiamo ceduto checchessia. Abbiamo voluto soltanto esser sicuri che l'espansione dei nostri vicini non toccasse i nostri interessi. Le nostre idee non sono cambiate. Ci si chiedono dichiarazioni e assicu1'azioni. Noi possiamo dare le une senza tema. Alle altre debbo far riserve.

Se l'Italia desidera da noi dichiarazioni leali, chiare ed espUcite, io posso darle con la maggior franchezza. L'Inghilterra non ha mire di sorta su la Tripolitania, nè sui terreni verso il Sud fino al punto indicato dal nostro Trattato con la Francia. Essa non vuole che lo statu quo del Mediterraneo abbia perturbazioni. Ma a me pare -ha soggiunto il Ministro -che più in là di queste affermazioni è impossibile impegnarsi. Quali assicurazioni possiamo noi dare all'Italia per l'avvenire e quali garanzie, che avvenimenti superiori al nostro volere non cangino a Tripoli la situazione delle cose? ».

-Quali avvenimenti? diss'io: se appunto contro di essi noi sentiamo il bisogno di venir rassicurati?

-Chi può rispondere dell'avvenire? riprese il Ministro -Tutto è possibile. Ciò che oggi sembra inverosimile può esser la verità del domani. Complicazioni imprevedute possono sorgere, situazioni nuove create... che so io? Mettiamo un caso tra mille. L'Italia può ad esempio, trovarsi in un momento di campli

caziom europee, o implicata in altre lotte, o indifferente o neutrale, mentre una terza Potenza in guerra con la Turchia può minacciare da Tripoli gli interessi inglesi d'Affrica... Deve il Governo inglese e per quale ragione dare assicurazioni impegnative che all'occasione scemeranno la forza del paese e ne tradiscano la sicurezza? Ciò non può chiedere l'Italia, n è io potrei consentire. All'Italia, Potenza amica, deve bastare la franca nostra dichiarazione, che ripeto, quale ho già fatto, e che può riassumersi in brevi parole: l'Inghilterra altro non vuole se non lo statu quo del Mediterraneo. Essa non ha alcuna pretenzione sui territori oltre i limiti segnati dalla Convenzione anglo-francese.

Queste le parole del Capo del Governo britannico (1).

(l) -Cfr. n. 250. (2) -Cfr. n. 247.
255

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CANEVARO

T. 1243 bis. Shangai (2), 13 maggio 1899, ore 16,40 (per. ore 11,45 del 14).

In conformità ordini ricevuti ad Hong Kong rimango qui attendere istruzioni. Ho parlato lungamente a Singapore col ministro d'Inghilterra a Pekino che r~mpatria via Italia per terra. Pel caso in cui potesse nascere prog·etto di r!.nunzia concessione baja, già domandata e rifiutata, credo mio dovere avvertire che, allo stato delle cose, ciò equival'2 distruzione ogni nostro prestigio qui e rinunzia assoluta ed anche per l'avvenire, qualunque vantaggio industriale, commerciale dai chinesi che ci odierebbero per il tentativo da noi fatto, e non ci temerebbero dopo constatata nostra impotenza. Dubito perfino Italia potrebbe efficacemente proteggere sudditi italiani che hanno .già interessi qui.

256

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1275. Roma, 17 maggio 1899, ore 12,35.

Desidero che V. E. abbia opportunità di costì manifestare il mio schietto proposito di sempre meglio raffermare le cordiali relazioni d'amicizia esistenti fra l'Italia e la Russia.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. 1276. Roma, 17 maggio 1899, ore 12,45.

Nel riassumere la direzione degli affari esteri non ho d'uopo di dirle che immutati rimangono i propositi del Governo del re far consistere nella triplice alleanza la costante e salda base della nostra politica coltivare con tutte le potenze le nostre amichevoli relazioni (3). Questo è il mio sentimento. Non

è il caso di farne dichiarazione. Però presentandosene l'opportunità ella può dire averle io così segnata, in brevi parole, la via da seguirsi.

(l) -Cfr., sullo stesso argomento, British Documents cit., I, pp. 206-207, n. 252 (Salisbury a Currie, 13 maggio). (2) -Il Salvago Raggi si era fermato a Shangai e raggiunse Pechino il 17 giugno. (3) -Dalla parola • rimangono • il testo del telegramma, nella prima stesura, era il seguente: c rimangono i miei propositi: coltivare con tutte le potenze e, segnatamente con l'Inghilterra, rapporti di schietta amicizia; far consistere nella triplice alleanza la costante e salda base della nostra politica •·
258

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1268. Berlino, 17 maggio 1899, ore 2,10.

Discorrendo meco conferenza pace, Biilow mi ha espresso desiderio vivo e speranza che delegati tedeschi e italiani procedano in pieno accordo in ogni questione. Governo imperiale non aspetta naturalmente risultato pratico della conferenza, ma poichè si è raccolta, esso fa voti non si risolva in fiasco com

plete., per riguardo persona dello Czar che la promosse e prestigio principio monarchico.

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 1338. Roma, 23 maggio 1899, ore 12,30.

Nessuna decisione ancora vresa. Debbo quindi riservarmi inviarle più tardi opportune istruzioni. Debbo, però, farle conoscere che le difficoltà del Governo sono gravi e che nè al presente ministero nè ad un altro sarebbe possibile non tener conto opinione parlamento e spirito pubblico assolutamente avversi ad una politica di occupazioni territoriali e militari. Devo anche informarla che precedente gabinetto nelle sue più recenti comunicazioni con l'Inghilterra già aveva ridotto domanda al fitto di una stazione di carbone anche solo in un'isola della baja senza impegno alcuno per la provincia Cekiang. In tale stato di cose, considerando il valore discutibile di questa semplice domanda e volendo, nel nostro attuale studio, contemplare tutte le combinazioni possibili,

prego telegrafarmi: l. Se una nostra domanda per semplice settlement in un porto aperto conformemente trattati avrebbe ora probabilità essere accolta,

2. Quale sarebbe la località più adatta, sotto ogni aspetto, per un nostro settlement; e più particolarmente tra i due porti aperti del Ce-Kiang quale sarebbe da preferirsi. Faccio appello al suo imparziale esame di una situazione difficile ed al suo patriottico concorso.

260

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA

R. 630. Parigi, 24 maggio 1899.

Benchè non sia decorso ancora un anno intiero dacchè l'E. V. rassegnò l'alto uffizio al quale da pochi giorni fu richiamata dalla fiducia del Re, i mutamenti accorsi nei rapporti fra l'Italia e la Francia sono tuttavia tali e tanti da richiedere che io ne faccia a Lei una riassuntiva relazione. La opportunità di

ciò fare mi è suggerita oltrechè dalla importanza intrinseca degli avvenuti cambiamenti, dalla considerazione che a produrli ebbero per certo influenza decisiva le presenti tendenze della politica generale della Francia delle quali è mestieri che V. E. possa tosto rendersi ·conto.

Al principio di giugno del 1898 la questione interna dominava tutte le altre in Francia. I primi voti della Camera nuovamente eletta aveano indicato che il Ministero del Signor Méline non avrebbe potuto protrarre la sua vita oltre biennale senza l'appoggio di tutte le frazioni della destra.

L'egregio statista, messo così nella necessità di governare con una maggioranza non repubblicana, preferì dimettersi e lasciare posto al gabinetto che si costituì sotto la presidenza del Signor Enrico Brisson e nel quale il Signor Teofilo Delcassé prese il portafoglio degli affari esteri.

Lo spostamento della maggioranza governativa verso la parte del Parlamento la quale più apertamente professa le tendenze pacifiche sempre più dominanti in Francia, era una circostanza favorevole al progresso delle pratiche che, dopo la stipulazione delle Convenzioni per la Tunisia, erano state da me iniziate con il Signor Hanotaux e che doveano avere per fine ultimo il ristabilimento delle relazioni normali fra questo paese ed il nostro ed il componimento delle questioni che, mantenendo diffidenze reciproche avrebbero fornito ad ogni momento la causa di nuove alterazioni.

Alla normalità dei rapporti faceva principale ostacolo la condizione in cui si trovavano le relazioni commerciali fra i due paesi le quali sembravano aggravate dal fatto che, ad eccezione del Portogallo, tutti gli altri Stati di Europa ed il maggior numero degli altri aveano, negli ultimi anni, conchiuso per i loro commerci degli accordi con la Francia. Non è mestieri che qui ricordi le pratiche che, per rimuovere questo ostacolo, ebbi l'onore di condurre sotto gli ordini di V. E. per oltre due anni. In principio di Giugno 1898 il Governo di S. M. si trovava da circa quattro mesi in possesso di un secondo memoriale francese che attenuava d'assai le prime domande fatteci di riduzioni da introdurre nei dazi doganali della tariffa italiana all'entrata. S. E. Luzzatti, fino a quell'epoca Ministro del Tesoro, avea fatto presentire all'Ambasciatore francese a Roma il prossimo invio della risposta al memoriale predetto; ma, in un colloquio che io ebbi 1'8 Giugno 1898 con il Signor Hanotaux, questi avea messo in sodo che l'ultima comunicazione era quella che ci era stata fatta da lui il 29 Gennaio di quell'arnno. Non erano sole ad impediTe il rapido corso delle trattative le difficoltà d'indole tecnica che l'accordo incontrava. Dalle due parti si era fin da principio accettato che la ·conclusione di esso non era desiderabile fin tanto che non si fosse acquistata la certezza che l'opinione pubblica dei due paesi ne avrebbe assicurato l'approvazione dei rispettivi Parlamer:.ti. Da parte nostra poi ci era d'uopo muoverei con somma cautela per conservare al negoziato il carattere che esso dovea avere e per tenerlo completamente estraneo ad ogni compromissione d'ordine strettamente politico. A più riprese, nelle conversazioni con il Signor Hanotaux, si era palesata in lui la disposizione ad allargare la base della trattativa, o per lo meno a renderla concomitante con scambi di idee intorno ai quali nè egli si era mai chiaramente pronunciato, nè a me poteva convenire di invitarlo ad esprimersi chiaramente. Questo stato di cose che manifestamente paralizzava il corso delle trattative per l'accordo commerciale, venne a cessare in seguito al cambiamento di Ministero in Francia.

Non erano mancate, anche da parte della precedente Amministraz.iQlle francese, le prove che il miglioramento delle relazioni con l'Italia era da essa desiderato. L'intelligenze intime con le quali i Gabinetti di Parigi e di Roma aveano regolato la loro condotta costantemente uniforme nell'affare cretese, era un fatto nuovo di cui la significazione non poteva essere trascurata. Della buona volontà del Governo della Repubblica a riguardo nostro avevamo sentito gli effetti pratici nell'appoggio datoci per vincere le resistenze della Svizzera alla revisione da noi desiderata di talune clausole delle convenzioni monetarie che c'impedivano di ristabilire la circolazione degli spezzati d'argento. E quando, per colpire le importazioni degli Stati Uniti in Francia, il Parlamento votò un aumento dei dazi sui salumi, noi abbiamo trovato una singolare premura da parte del Signor Méline per correggere gli effetti di quella legge che veniva a colpire un ramo importante del nostro traffico con questo paese. Tutte queste cose provavano che le relazioni erano assai migliorate; ma circa le disposizioni che il Parlamento francese avrebbe palesate quando gli fosse stato portato innanzi l'accordo commerciale con l'Italia, nè il Signor Hanotaux, nè i colleghi suoi si erano mai voluti pronunciare altrimenti che in termini dubitativi.

Un apprezzamento completamente diverso portavano gli uomini che succedettero a quei Ministri e l'accordo che fu conchiuso il 21 Novembre dell'anno passato, non incontrò altre difficoltà nella trattativa che quelle nascenti dalle quistioni tecniche che conveniva risolvere. Nessuna pretensione è stata affacciata da parte francese che fosse d'indole da alterare il carattere puramente commerciàle degli accordi. Nessuno scambio di idee relativo ad altri interessi ci è stato domandato. Il carattere politico dell'atto -poichè in fatto un colore politico innegabilmente esso ebbe -gli fu dato dalla unanimità dei suffragi con cui il ravvicinamento all'Italia fu accolto dalla stampa e dal Parlamento in Francia. A giudizio mio, il Signor Delcassé, nello sostituire la sua incondizionata volontà di riavvicinare i due Governi dove dal Signor Hanotaux si portav:» soltanto una disposizione favorevole ma condizionale, deve avere calcolato che le conseguenze naturali di un movimento di opinione sono, per la politica della Francia, più apprezzabili che gLi: impegni risultanti da scambi di idee fra i Gabinetti. Ed un movimento di opinione favorevole all'Italia si è effettivamente prodotto in Francia al quale largamente hanno contribuito il Ministero del Signor Brisson e quello del Signor Carlo Dupuy nel quale il Signor Delcassé ha conservato, con cresciuta autorità, il portafoglio degli affari esteri. Questo nuovo stato di cose, del quale direi quasi che la sola difficoiltà consiste nel non !asciarci trascinare oltre la meta, non consigliava forse a noi di subito e marcatamente riprendere l'iniziativa per comporre le due questioni che, già ventilate nei miei colloqui con il Signor Hanotaux durante il Ministero

di V. E., apparivano mature per un amichevole accordo.

Voglio parlare degli interessi che l'Italia ha di regolare la sua frontiera

dell'Eritrea con il possedimento francese di Obock per guisa da precludere la

via ad altre competizioni territoriali in quella regione e dell'altro interesse, per

certi rispetti ancora maggiore, di prevenire ogni futura complicazione dei suoi

rapporti con la Francia rispetto alla Tripolitania. È pure troppo vero che se

il timore dì oltre::>assare il seeno consentitoci, non mi avesse trattenuto, le due

questioni avrebbero potuto essere assai l)rima d'oggi risolute e sarebbesi forse

così evitata la recente difficoltà nata dalla impressione che produsse in Italia l'accordo anglo-francese del 21 Marzo di quest'anno. Ma, anche rispetto a queste due questioni, la forza delle cos·e si dimostrò più efficace della volontà degli uomini.

L'incontro di due riparti di truppa italiana e francese in un punto contestato di frontiera sul territorio del Sultanato di Raheita, ci mise nella necessità di riaprire la trattativa per la delimitazione di quel confine. Ho condotto qui le prime pratiche necessarie per assicurarci che in quell'incidente di frontiera non si nascondeva alcun recondito disegno di favorire le combinazioni della Russia, delle quali, per lo meno il progetto deve avere esistito. Eliminato a tale riguardo ogni dubbio, il negoziato poteva essere meglio condotto presso il R. Ministero a Roma ed all'Ambasciatore francese furono date in proposito le istruzioni occorrenti.

Non mi accorsi mai che il Signor Delcassé abbia annesso a questo affare l'importanza, a mio avviso, esagerata che il di lui predecessore sembrò, in certi momenti, volergli attribuire. Stimo dunque che, se è nelle intenzioni di V. E. di condurre a termine questa vertenza, Ella troverà ogni facilità da parte dell'attuale Ministero francese.

Rispetto alle cose della Tripolitania sarebbe inutile oggi la ricerca delle ragioni che ci impediscono di condurre a buon fine Io scambio di idee avuto con il Governo francese nella primavera del 1897. Giova però che io faccia qui notare che presentemente non sarebbero prevedibili preliminari osservazioni del genere di quelle che il Signor Hanotaux ci aveva opposte il 9 Giugno (l) di quell'anno e che motivarono la sosiJensione delle trattative ordinatami con il telegramma di V. E. delli 17 di quello stesso mese (2). Recentemente ho stimato ·Convenisse riassumere, per uso del di Lei predecessore, in un solo rapporto, la storia della posizione I>resa dal Governo italiano, rispetto aHa questione dell'Hinterland della Tripolitania, dalla dichiarazione anglo-francese del 5 agosto 1890 in poi.

Mi permetto citare la data della mia relazione per il caso in cui piacesse a V. E. di consultarla (29 marzo 1899, n. 823/373). Dalle cose in essa esposte sono messi in evidenza parecchi punti che anche oggi gioverà avere presenti e fra questi i due seguenti: l) che i passi da me iniziati a Londra presso Lord Salisbury per preservare l'Hinterland della Tripolt1tania appena fu conosciuta la convenzione anglo-francese delli 5 agosto 1890, furono abbandonati in seguito a precise istruzioni del R. Governo; 2) che all'azione nostra, alla quale abtiamo allora rinunciato perchè ci 'saremmo trovati soli ad esercitarla, la Germania sostituì la sua tendente unicamente a conseguire che la Sublime Porta occupasse effettivamente con presidii militari vari punti del suo territorio africano fra i quali Mourzuk nel Fezzan è il più meridionale.

Se l'E. V. vorrà farsi presentare, insieme al precitato mio rapporto, gli altri due della stessa data (29 marzo, n. 824/374 e 825/375) come pure quelli che ho scritto il 24 aprile (n. 1037/484 e 1038/485), Ella vi troverà la esposizione particolareggiata di quanto da me si è fatto qui nello scopo dì parare, nella

misura del possibile, a ciò che poteva riuscire di pregiudizio ad interessi veri nostri, o servire di pretesto a nuova alterazione dei rapporti con la Francia traendo partito della emozione, forse non pienamente giustificata, che l'ultimo accordo anglo-francese (21 marzo 1899) era destinato a vrodurre nell'opinione pubblica italiana. Ma sopratutto Ella, in quei miei rapporti, vedrà quale è la posizione presente della questione nei rispetti diretti del nostro Governo con quello della Repubblica.

Conviene soltanto che io qui aggiunga, in termini ancora più chiari di quelli adoperati in passato, che a più riprese l'attuale Ministro per gli affari esteri francese, parlando con me, ha manifestato spontaneamente l'opinione: essere cosa legittima che l'Italia consideri nella Tripolitania la riserva di territorio che le spetta in Africa e non dovere noi temere d'incontrarlo sul nostro cammino se le circostanze ci suggeriscono di avviarci verso quella regione. Ritengo che il linguaggio del Signor Barrère a Roma non abbia certamente contraddetto quello tenutosi qui dal Signor Delcassé (1). E da ciò, a giudizio mio, risulta che le circostanze sono tutt'ora favorevoli per regolare direttamente con la Francia gli interessi che si collegano con l'avvenire della Tripolitania. Di fronte alla agitazione rivelatasi nel parlamento italiano, questo Ministro degli affari esteri d ha comunicato la sua risposta alle obiezioni verbali fattegli dalla Turchia nel senso che la Francia non ha viste ed ancora meno progetti sovra la Tripolitania e che il suo accordo del 21 marzo con l'Inghilterra no!l lede i diritti della Sublime Porta. Ove a noi fosse convenuto, di questa risposta della Francia alla Turchia avremmo votuto far uso in Parlamento. Riservava invece il Signor Delcassé ad una trattativa, di cui non si sarebbero potuti divulgare l'esistenza ed il soggetto senza inconvenienti rispetto al Governo ottomano, il regolamento diretto fra l'Italia e la Francia di ciò che tocca all'interesse italiano nella Tripolitania. Nella relazione ·Circostanziata del colloquio da me avuto il 19 Aprile ultimo con il Signor Delcassé (rapp. 24 aprile

n. 1037/484) l'E. V. troverà in quali precisi termini questo ministro degli affari esteri ha posto egli stesso il programma di una trattativa nella quale l'accordo sostanziale non pare difficile. Le cose sono rimaste, da quel di in poi, senza variazioni e dipende esclusivamente da noi il darvi seguito.

Dei motivi che ci dovrebbero persuadere a non perdere l'occasione presente di guarentire il poco che resta dei nostri interessi nell'Africa settentrionale, ho scritto il 24 a,:prile al predecessore di V. E. (n. 1038/485).

Non potrei oggi esprimermi al riguardo in termini diversi. Prego pertanto

V. E. di voler considerare quel mio rapporto come se fosse qui testualmente riprodotto.

Ora la Turchia presenta a Parigi per iscritto le sue rivendicazioni territoriali mantenendo, non so in quali limiti, le sue ragiOillti sul hinterland della Tripolitania. Cercherò di seguire queste pratiche della diplomazia ottomana per poterne informare esattamente il R. Governo. Ma più che da esse, penso che gl'interessi italiani potranno ricevere sicurezza da una diretta intesa con il Gabinetto di Parigi.

Sovra due altre vertenze che interessano grandemente l'Italia e la Francia, -quella d'Egitto e quella del Marocco, -si è da oltre un anno conservato concordemente il silenzio fra i due Governi. Nessuna circostanza, dopo quelle della retrocess1one di Cassala e dell'incidente dei pirati del Riff, è sopravvenuta che ci abbia costretti ad intrattenerci con la Francia di affari relativi a quei due paesi.

Pur non rinunciando alla posizione presa nelle cose di Egitto, la Francia, con l'accettare la politica del Signor Delcassé che l'ha condotta ad evacuare Fascioda, si è messa in una via molto diversa da quella che, apertale dalla Germania nella convenzione del 1894, era stata con tanta energia battuta dal Signor Hanotaux. La combinazione da questi 1deata, in esecuzione della quale convergevano al Nilo le spedizioni francesi partite dal Congo e da Gibuti e la Francia si accaparrava l'Abissinia, fu d'un tratto abbandonata. II Gabinetto di Parigi, posto nella alternativa di scegliere fra le complicazioni con l'Inghilterra le quali lo coglievano impreparato e l'abbandono di un ingegnoso disegno di incerto valore pratico, preferì il partito impostogli dalle presenti condizioni e cosi l'Europa intiera scampò da grave pericolo. Raramente si è veduto una Nazione avere una più chiara percezione delle difficoltà nelle quali stava per essere precipitata. Malgrado l'emozione della prima ora, l'accordo franco-britannico del 21 marzo fu approvato, nella tornata delli 12 corrente dalla Camera dei Deputati, senza che al Signor Delcassé occorresse prendere la parola a difesa del suo operato. Mi preme mettere in evidenza questa circostanza perchè essa dimostra quanto sarebbe fallace una politica che calcolasse sovra l'urto inevitabile degli interessi della Francia con quelli dell'Inghilterra. Da Fascioda la Francia ritorna con una esperienza che la renderà cauta. Di questa saviezza essa fa prova anche coll'imporsi una relativa sosta nelle spese enormi preannunziate per il completamento dei suoi armamenti navali. Dal canto suo l'Inghilterra con l'abbandonare alla Francia la vasta zona ritenuta popolosa dell'Africa centrale, e con lo estendere le linee del contatto immediato dei futuri possessi francesi con la regione egiziana, deve essersi resa conto ,che, per essa pure, la cura del presente prevaleva sovra le previsioni dell'avvenire. Un oratore senza responsabilità governativa potè parlare recentemente nella Camera francese delle guerre che l'Europa combatterà in Africa e delle inesauribili milizie nere che la Francia recluterà nell'immenso suo impero africano dall'Inghilterra riconosciutole. Ma queste sono previsioni lontane troppo perchè la diplomazia militante possa oggi preoccuparsene. Se si volesse spingere lo sguardo verso un avvenire forse più prossimo, gioverebbe rendersi conto del cambiamento che subirebbero le attuali <J,Uestioni dell'Africa settentrionale se la Francia, cedendo alla spinta che la preme, decretasse l'enorme spesa delle ideate costruzioni ferroviarie transahariane. Quale valore conserverebbero, in tal

caso, le strade carovaniere che traversano il deserto della Libia? Quanta importanza rimarrebbe ahle oasi ed aHe stesse coste prive di naturali porti della Tripolitania?

Queste cose qui si sanno e si valutano e forse spiegano a sufficienza la parte larga che si sarebbe qui disposti a farci se avessimo dei disegni nostri da compiere in quel paese.

Con la questione delle vie di penetrazione verso l'Africa centrale si collegano i progetti di occupazione, non mai abbandonati dalla Francia, nelle oasi del Tuat. L'esecuzione di questi progetti ci rimetterebbe in presenza della questione marocchina nella quale, quando la diminuzione delle ragioni territoriali del Marocco dovesse a ciò limitarsi, converrebbe all'ItaUa di ben ponderare la misura nella quale gli interessi suoi propri si troverebbero, nelle mutate circostanze d'oggi, ancora impegnati. Mi pare evidente che quando la azione della diplomazia italiana si spiegava insieme a quella dell'Inghilterra per contrastare alla Francia la esvansione nel Tuat, il Governo del Re dovea avere in vista la preservazione degli interessi propri, ben maggiori in altre parti dell'Africa settentrionale e centrale, ai quali oggi non vi è più da pensare.

Malgrado le informazioni in senso diverso fatte pervenire al Governo del Re da altre parti, io debbo mantenere che le disposizioni palesatemi dal Governo francese in occasione tanto del nostro progetto di occupazione in Cina, quanto della opposizione nostra alla partecipazione della Santa Sede alla conferenza dell'Aja, furono le più amichevoli.

Conformemente alle istruzioni impartitemi dal R. Governo, io annunziai il 1° marzo di quest'anno al Signor Delcassé l'apertura delle nostre trattative con la Cina. Questo Ministro mi dichiarò che egli non solamente non vi farebbe alcuna difficoltà, ma desiderava si sapesse ch'egli vedeva la cosa con piacere. « Ripeterò, soggiunse egli, ciò che pubblicamente ho detto dalla tribuna del Senato: « più l'Italia sarà soddisfatta, più noi saremo contenti ». Ripeto queste cose che già furono da me scritte nel rapporto del l o marzo 1899 (n. 500/246) perchè ancora recentemente ho trovato in autorevoli giornali italiani l'informazione secondo la Quale la legazione francese a Pechino avrebbe fatto causa comune con la Russia per crearci degli ostacoli. Contro siffatta informazione il Signor Delcassé avea protestato nei termini i più energici e categorici in un colloquio che ho avuto con lui il dì 8 di marzo e V. E. potrebbe, se Le occorresse, vedere i termini da lui ado:;:>erati facendosi vresentare il mio rapporto di quella data (n. 583/279).

Una nota ufficiale dell'Havas smentì in modo assoluto che il Ministro francese a Pechino avesse fatto pratiche tendenti a fare respingere dal Tsungli-Yamen la domanda di concessione presentata dall'Italia, (rapp. n.ri 587/283 e 606/289).

Le istruzioni del Ministero francese alla sua legazione in Cina non poterono vrecedere la mia comunicazione che fu fatta qui il 1° marzo. Non sarebbe dunque da escludersi che prima di avere ricevute tali istruzioni -le quali sarebbero però state telegrafate subito dopo la comunicazione mia, -il Ministro di Francia a Pechino abbia I>Otuto tenere un contegno non conforme al mutamento avvenuto nelle disposizioni del suo Governo rispetto all'Italia. Ma non mi è risultato che, posteriormente alla notificazione fatta qui delle nostre intenzioni in Cina, il Gabinetto di Parigi abbia agito in senso da contrariarle e non conforme quindi alle dichiarazioni sue che io fui espressamente incaricato di trasmettere al Governo di S. M. Le notizie divulgatesi dippoi circa quanto è occorso fra Londra e Roma ed a Pechino poterono rendere il Ministro degli affari esteri francese assai meno espansivo nelle sue dichiarazioni favorevoli alla politica nostra. Si anderebbe tuttavia oltre il vero se si attribuisse a tarà!Va res1p1scenza il silenzio suo che a me occorse di osservare nel momento in cui quelle notizie formavano il soggetto di tutte le conversazioni (rapp. 15 marzo n. 675/313).

L'esattezza di ciò che ho riferito, relativamente alla astensione del Gabinetto di Parigi nell'affare dell'invito della Santa Sede alla Conferenza della Aja, dovette essere mantenuta da me ripetutamente (rapp.ti 20 febbraio n. 414/202 e 8 maggio 1212/566), perchè in diverso senso il R. Governo veniva da altre parti informato. Di tarle astensione il Signor Delcassé s.i proponeva fare pubblica dichiarazione se avesse avuto corso l'interpellanza che un deputato della destra clericale avea avuto l'intenzione di fare. A costui, in privato colloquio, il Ministro fece osservare che la questione degli inviti avea risguardato prima la Russia, poscia l'Olanda e che la Francia non ci avea avuto a che vedere. Questo e null'altro avrebbe risposto il Governo se l'interpellanza veniva svolta. Pare che in vista di ciò chi voleva interpellare abbia rinunciato a portare questo soggetto alla tribuna, Tengo quest'ultima informazione dallo stesso Signor Delcassé.

Dalla serie dei fatti fin qui enumerati i quali si svolsero negli ultimi pochi

mesi, emerge, a parere mio, il deliberato proposito del Governo della Repub

blica di dare alle sue relazioni con l'Italia un carattere di amicizia intima quale

esse non ebbero da 28 anni in poi.

Alla sincerità di questa politica nuova della Francia non vedo ragione sufficiente per non credere. In un documento emanato lo scorso mese dal R. Ministero (telegramma a Berlino 4 aprile 1899 n. 1651-XXXIV) (l) fu scritto che la Francia fa il doppio giuoco di lusingarci e nello stesso tempo di crearci ogni maniera di imbarazzi, cevcando di scuotere così la compagine della triplice alleanza. Ma io di tale giuoco non ho scoperto indizio; non conosco gli imbarazzi recentemente creati alla nostra politica dal Governo francese; debbo una volta dippiù dichiarare che della triplice alleanza e della posizione dell'Italia in essa, in nessun momento il Signor Delcassé mi ha. parlato. Questi ha respinto in termini non equivoci e con energico linguaggio la supposizione che l'azione francese si sia spiegata a Pietroburgo ed a Pechino in senso contrario ai divisamenti nostri. Di tali smentite, rese anche pubbUche, curò che il R. Governo fosse informato. Insisto sovra il valore che io stimo non potersi negare alle dichiarazioni amichevoli della Francia perchè, qualora delle disposizioni con le quali esse furono da parte nostra finora accolte qui si avesse la certezza -nè riterrei cosa impossibile si producessero calcolate indiscrezioni riceverebbero grave nocumento non soltanto l'opera di pacificazione, ma anche altri morali interessi che certamente noi tutti vogliamo preservare.

Non vi è dubbio che l'alleanza con la Russia abbia imposto alla Francia di astenersi dal fare propaganda repubblicana contro le monarchie limitrofe. Ma non è certamente per compiacere al Gabinetto di Pietroburgo che la politica francese ha preso verso l'Italia il suo nuovo indirizzo. Starei quasi per dire che in talune circostanze il contegno preso dalla Francia a nostro riguardo non tlUÒ essere stato inspirato dalla Russia. È di manifesta evidenza che tale contegno debba avere uno scopo. L'ho indicato diggià in questo rapporto di

cendo che, a parer mio, il Signor Delcassé fa grande affidamento sovra gli effetti di un movimento dell'opinione 13Ubblica così in Italia come in Frància e che l'opera sua, intesa a provocarlo, è ora diretta a favorirlo. Altri secondi fini non so vedere nella politica francamente e palesemente adottata da più mesi dal Gabinetto di Parigi nelle sue relazioni con l'Italia e ciò che a me pare particolarmente notevole si è che il mutamento che tale politica comportava trovò il favore ed il concorso di tutte le frazioni del partito sinceramente repubblicano in Francia. Or Questo non si sarebbe verificato senza la concomitanza di due circostanze: la decadenza della influenza clericale e la prevalenza delle idee di pace nel partito stesso. I Ministeri dei quali il Signor Delcassè fece parte, ebbero l'energia di prendere nei rapporti con l'Italia la via che le prevenzioni del passato sembravano tenere ancora chiusa. Ma ora che la via è questa, quando pure mutassero gli uomini che stanno al Governo, nessun cambiamento sostanziale sarebbe da prevedere nell'indirizzo della politica francese a nostro riguardo. La maggioranza parlamentare destinata, -se non avvengono imprevedibili scosse -, a bilanciarsi fra i centri del Parlamento, potrà spostarsi senza che ne siano alterati gli effetti del ravvicinamento alla Italia.

Il credere che nella sua politica attuale la Francia ricerchi unicamente lo scomponimento della alleanza delle Potenze centrali, o l'isolamento della Inghilterra, sarebbe errore. Il nuovo indirizzo politico non è presentemente imposto a questo paese da considerazioni guerresche. Il motivo determinante della politica estera che cerca di ·comporre e chiudere possibilmente una ad una tutte le vertenze e di preservarsi per tal guisa dai pericoli delle situazioni complicate, si trova piuttosto nel fatto che, principalmente durante l'ultimo anno e per la ragione ben nota, ha fatto grande strada nella mente dei repubblicani sinceri il convincimento che l'esistenza della Rermbblica ed il mantenimento di un colossale esercito in tempo di pace sono due cose incompatibili fra le quali la scelta potrebbe imporsi a non lunga scadenza. In questo convincimento, rafforzato dalla chiara previsione della immensità dei sacrifizi di cui la guerra moderna è cagione, ha fondamento la prevalenza del sentimento pacifico della Francia sul quale il Governo del Re può, di parer mio, contare.

Con lo assecondare le disposizioni pacifi·che del Governo francese per sistemare le nostre questioni aperte che potrebbero esser più tardi causa di irritazioni e complicazioni improvvise, il Governo di S. M. non si diparte dal suo programma di servire la causa della pace. L'indipendenza nazionale e l'importanza politica di un paese crescono con lo affrancarsi dalle necessità che la considerazione deHa difesa degli interessi propri spesse vO!l'te impone.

(l) -Cfr. serie 3•, vol. II, n. 90. (2) -Non pubblicato, ma cfr. serie 3•, vol. II, n. 96.

(l) Sull'atteggiamento francese, cfr. Documents diplomatiques jrançais, serie l, vol. XV. pp. 301-302, n. 181 (Barrère a Delcassé, 20 maggio); e anche pp. 222-223, n. 141 (12 aprile); ;;. 225, n. 143 (14 aprile); p. 238, n. 152 (21 aprile).

(l) Cfr. n. 213, che po.rta però il numero di protocollo 816.

261

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1371. Shangai, 27 maggio 1899, ore 9,22.

Benchè nel marzo 1898 scrissi necessitare studiare preparazione prima di procedere occupazione per essere imparziale debbo dire ormai impossibile rit.i

rarci onorevolmente. Soluzione telegramma V. E. in data 23 (l) rivelerebbe China nostro ritiro ,conferma voce nostra debolezza perciò sarebbe accolta con insolente disprezzo Governo chinese cui fornirebbe rialzo prestigio perduto con le altre potenze. Settlement assolutamente inutile perchè porti aperti Cekiang di difficile accesso; io penso unica soluzione conciliante decoro paese senza probabilità soverchio impegno stia nella proposta ammiraglio al ministro della marina; essa esclude vasta occupazione territoriale e permanenza forze, salvo qualche stazionario: credo pronta riuscita probabile se gli accordi coll'Inghilterra permettano procedere occorrendo occupazione di fatto innanzi alla quale credo che China cederà se l'esecuzione fosse immediata profittando impressione prodotta dall'arrivo squadra italiana. Giudico improbabile ogni resistenza armata ma sarebbe imprudente escludere assolutamente possibilità tanto più se ritardando si dà tempo arrivo delle altre navi da guerra ordinate in Europa. Qualunque sia decisione R. Governo nostro decoro esige pronta soluzione. Prego V. E. autorizzarmi andare Pechino attendere istruzioni per non più prolungare soggiorno Shangai di cui troppo si parla qui.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 1425. Roma, 31 maggio 1899, ore 12.

Ringrazio per suo telegramma (2). Mi preme dirle che non le avrei tenuto così reciso linguaggio se il R. Governo non avesse certezza che una occupazione territoriale avrebbe determinato nella camera a grande maggioranza un voto per totale ritiro dall'impresa. Ed ora la pregherei ancora di telegrafarmi

subito se a suo avviso vi sarebbe anche fuori del Cekiang una sede più opportuna per settlement.

263

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1428. Shangai, 2 giugno 1899, ore 5,20.

Permettami V. E. assicurarla assoluta inutilità settlement (3) in un porto già aperto ai commerci dentro oppure fuori Cekiang esistendone internazionali ove regi sudditi già possessori terreni. Qualora R. Governo voglia chiederlo in un porto finora chiuso potrebbe convenire settlement presso Nimrod non lontano N in.· Però, qualunque possa essere decisione, bisog,n.a sapere quali mezzi R. Governo può adoperare costringere China accordare ciò che chiederemo, stante che prolungato ritardo reso China convinta nostra impotenza,

quindi molto probabile rifiuto qualsiasi nostra domanda se noi non possiamo minacciare.

(l) -Cfr. n. 259. (2) -Cfr. n. 261. (3) -Cfr. n. 262.
264

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 1453. Roma, 4 giugno 1899, ore 21,40.

Il suggerimento di lei per Nimrod (l) mi fa temere ella non abbia ancora esatta idea della situazione in Italia. Qui parlamento e pubblica opinione respingono recisamente ogni occupazione territoriale in qualunque forma;, ed in questo senso ho già dovuto impegnarmi verso il parlamento. Un settlement in porto aperto è quindi la sola via d'uscita dalle presenti difficoltà e la maggiore o minore sua utilità, purchè lo si ottenga, diventa questione di importanza secondaria. Non mi sembra poi doversi presumere da parte della Cina, un rifiuto a domanda conforme trattato. Tra pochi giorni le potrò telegrafare istruzioni, ma mi preme che fin da ora ella conosca esattamente il nostro pensiero. Vi è oggi un servizio da rendere al Governo; ed è di aiutarlo ad uscire senza complicazioni, che il paese non vuole, da una situazione difficile e non creata da me. È indispensabile che ella si renda conto di questo stato di cose, e, fidando in lei, ne attendo l'assicurazione.

265

IL MINISTRO D'INGHILTERRA A BOGOTA, WELBY (1), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Bogotà, 4 giugno 1899.

I have not failed to communicate unofficially to the Minister for Foreign Affairs the proposals of Your Excellency's Government with a view to the renewal of relations and the cancelling of the decree depriving the Italian Consuls in this Country of their « Exequaturs » and I beg to enclose herein a copy of the memorandum wich I had the honour to leave with His Excellency on this subject.

Generai Cuervo Marquez begged me to convey to Your Excellency his thanks and his appreciation of the terms of the communication, but he is desirous first that the complete settlement of ali the pending claims should be arrived at and ali causes removed wich have given rise to the Candiani Ultimatum and that as soon as these can be arranged he will then at once take into immediate consideration the proposals on the part of the Italian Government for first the renewal of the Commerciai relations and then that steps may be taken for restoring the diplomatic relations between the two Countries to their norma! condition.

(l) -Cfr. n. 263. (2) -Il ministro residente inglese George E. Welby era stato incaricato degli affari italiani a Bogotà.
266

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 1485. Roma, 5 giugno 1899, ore 22.

Le mando sotto fascia il resoconto sommario contenente pressochè testualmente le mie recenti dichiarazioni alla Camera circa la China. Fra pochi giorni potrò incaricarla a tale riguardo di una comunicazione speciale, in attesa della

quale è preferibile che V. E. si astenga dal trattare con Lord Salisbury del presente argomento.

267

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI

SEGRETA. Roma, 5 giugno 18'99.

V. E. m'a fait l'honneur de m'informer, d'ordre de son Gouvernement, d'un échange de Notes intervenu, les 7 et 15 mai dernier, entre le Secrétaire d'Etat de l'Empire Allemand pour les affaires étrangères, et l'Ambassadeur d'Autriche-Hongrie à Berlin au sujet du Traité secret entre l'Autriche-Hongrie et la Roumanie. Il résulte de ces pièces que le Gouvernement allemand se considère, en vertu de l'art. 5 de ce traité, et conformément aux règles généralement admises pour l'interprétation des traités, comme étant encore et ultérieurement engagé par son accession au dit traité jusqu'à l'expiration d'une nouvelle période triennale.

Le Gouvernement Royal n'hésite pas à s'associer, pour ce qui le concerne, à l'opinion émise par le Gouvernement Impérial d'Allemagne. L'accession de l'Italie et de l'AUemagne au traité secret entre l'Autriche-Hongrie et la Roumanie visant l'art. 5 aussi bien que tous les autres articles, il n'est pas douteux que ce Traité secret, par le fait de n'avoir été dénoncé en temps utile par aucune des Parties intéressées, se trouve de plein droit prolongé pour une durée ultérieure de trois ans et les obligations contractées par les deux Puissances qui y ont accédé demeurent également en vigueur pour la méme période.

En priant V. E. de vouloir bien porter ce qui précède à la connaissance du Gouvernement Impérial et Royal en réponse à l'interpellation qu'il nous a adressé par San obligeante entremise...

268

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 1512. Roma, 7 giugno 1899, ore 23,15.

Ho consegnato oggi all'incaricato d'affari d'Inghilterra il pro-memoria che qui sotto riproduco. Prego V. E. di adoperarsi nello stesso senso presso lord Sa

lisbury, svolgendogli le considerazioni in esso contenute e di telegrafarmi poi, senza indugio, l'avvenuta spedizione delle istruzioni che S. S. stimerà d'impartire telegrafi.camente all'incaricato di affari britannico a Pechino, ed il tenore di esse. V. E. vorrà aggiungere essere vivo nostro desiderio di evitare ogni complicazione, epperò importa grandemente che il Governo cinese non precluda, con un suo ingi·ustificabile rifiuto, la via a quailsivoglia componimento. Ecco il testo del pro-memoria: «Un attento studio della questione ha condotto il Governo del re alla conclusione che, per meglio corrispondere agli interessi d'ordine commerciale ai quali esclusivamente mira la nostra azione in Cina, convenga surrogare alla nostra primitiva domanda [un'altra] avente per oggetto la concessione di un settlement italiano nel porto aperto di Ning-po, conformemente ai trattati. Una domanda così concepita parrebbe non dover sollevare difficoltà alcuna da parte del Governo cinese. Tuttavia, poichè il Governo della regina è disposto a continuarci i suoi buoni uffici, del che gli siamo assai grati, ben volentieri profittiamo dell'amichevole offerta.

L'incaricato d'affari britannico a Pekino dovrebbe ricevere istruzioni di tastare il terreno in vista della nuova nostra domanda; egli dovrebbe non già presentarla da parte del Govemo italiano, ma semplicemente far comprendere al Governo cinese che una soluzione di questo genere potrebbe mettere fine alle presenti difficoltà, richiamando in particolar modo la sua attenzione sopra le gravi conseguenze a cui si esporrebbe con un rifiuto che il Governo italiano sarebbe anche autorizzato a considerare come non conforme ai vigenti regolamenti.

Importa che l'incaricato d'affari di S. M. britannica conduca le sue pratiche in modo da evitare in ogni caso il pericolo di una risposta negativa che pregiudicherebbe l'apertura del nostro negoziato, mentre invece sua missione ·deve essere quella di predisporre il Governo cinese alle trattative di cui sarà incaricato il marchese Salvago Raggi.

Non appena ·Ci consti che lord Salisbury, aderendo alla nostra preghiera, abbia telegrafato nel senso qui sopra espresso all'incaricato d'affari di S. M. britannica, il marchese Salvago Raggi riceverà ordine telegrafico di trasferirsi da Shanghai, ove presentemente si trova, a Pekino, e di tenersi in costante comunicazione col ·Collega d'Inghilterra, acciocchè questi possa avvertirlo del momento opportuno per l'apertura del negoziato,,

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

(Ed., in trad. frane., in Die Grosse Politik, XV, p. 266)

T. 1523. Roma, 8 giugno 1899.

Incaricato d'affari Germania mi ha fatto conoscere, senza indicarmene i motivi, che il Governo imperiale è contrario alla proposta di un tribunale permanente di arbitrato. A mia volta gli ho detto che, pur non dissimulandomi le obiezioni possibili ·Contro un simile istituto, già da parecchi giorni avevo tuttavia impartito in proposito al conte Nigra le mie istruzioni, autorizzandolo, per quanto ci concerne, a non opporsi, ma subordinatamente a queste due condizioni: l) che

le potenze chiamate a nominare i componenti il tribunale siano designate dalla stessa conferenza; 2) che sia sempre facoltativo il ricorrere al tribunale permanente, ovvero ad arbitri da concordarsi per il singolo caso. Desidero che V. E. rechi quanto precede a conoscenza del signor de Biilow pregandolo di farmi noto in proposito il suo pensiero; e cioè se e per quali ragioni gli sembri di dover persistere in una opposizione assoluta, o se invece mercè le condizioni da noi enunciate ed eventualmente con ulteriori temperamenti, possa parergli accettabile una proposta, la quale venendo meno si renderebbe, come il Conte Nigra mi avverte, troppo manifesto l'insuccesso della Conferenza (1).

270

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. 1480. Aja, 8 giugno 1899, ore 15,51.

Questo ministro degli affari esteri ha dichiarato a Zannini che la lettera del Papa non contiene nulla di offensivo per l'Italia e che sarebbe letta soltanto alla chiusura della conferenza; d'altra parte sono convinto che Staal non farà nulla senza consultarmi. Io gli chiederò naturalmente vedere anzitutto lettera del Papa e provvederò d'accordo con lui perchè conformemente al desiderio di questo ministro affari esteri se la lettera, come si afferma, non contiene nulla

offensivo verso l'Italia sia comunicata alla conferenza nell'ultima seduta ma è indispensabile intanto sia conservato il più assoluto segreto.

271

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1498. Aja, 10 giugno 1899, ore 10,20.

Oggi nel comitato si aprì discussione su istituzione d'un tribunale permanente; delegato germanico disse che aveva il rammarico di notificare che il suo Governo non credeva poter consentire per ora a tale ist.ituzione. Io e con me gli altri membri lo pregammo di non pronunziarsi ancora, di aspettare svolgimento della discussione e di chiedere poi nuove istruzioni. Egli consentì. Credo utile che V. E. chiami ancora, possibilmente, attenzione di Biilow su questa fase importante della conferenza. Il tribunale arbitrale e in generale tutte le materie dell'arbitrato saranno circondate da tante condizioni restrittive che veramente non vi è pericolo ad accettare il progetto. È ammesso dal comitato che la nomina dei componenti il tribunale sia fatta dalle potenze firmatarie e che sarebbe sempre facoltativo ricorrere arbitri speciali invece che al tribunale permanente. D'altra parte se non si accetta il progetto, il disinganno sarà enorme e la con

ferenza terminerà con uno scacco. Governo russo farà fare probabilmente 11fficii in proposito a Berlino.

(l) Per la risposta tedesca, cfr. Die Grosse Po!itik, XV, p. 268, n. 4298.

272

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 479/212. Londra, 10 giugno 1899.

Il telegramma di V. E. del dì 8 giugno Corrente (1), facendomi conoscere l~ risoluzioni prese dal R. Governo a riguardo della questione Cinese, mi dava istruzione di sollecitare l'azione del Gabinetto Britannico e la sua amichevole cooperazione per ottenere quanto l'E. V. aveva già esposto in un suo Promemoria. A tal fine, dimostrando il vivo desiderio del Governo Italiano, di evitare qualsiasi complicazione, mi veniva suggerito di ·Consigliare che i primi passi dell'Inghilterra a favor nostro, fossero tali da impedire che il Governo Cinese precludesse con la sua risposta l'azione ulteriore e le trattative di cui sarà incaricato il nuovo Ministro d'Italia a Pechino.

In vista dell'urgenza del caso, ottenni un convegno speciale dal Marchese di Salisbury, il cui risultato telegrafai immediatamente all'E. V. (2), nelle linee generali. Oggi poco aggiungo; ma credo utile pur tuttavia, spiegare con più minuti particolari quale m'è parso il sentimento del mio interlocutore, sentimento che nelle numerose mie visite per il passato trovai assai variabile, sia per le corounicazioni ch'io feci dei propositi del R. Governo in Cina, sia per l'aiuto pressante talora richiesto all'Inghilterra per il medesimo scopo.

È necessario ·Ch'io dica, come in qualunque evenienza, trovai costantemente benevolo il Marchese di Salisbury per l'Italia e il suo rappresentante. Egli accolse senza diffidenza le prime notizie dategli da me di una eventuale occupazione di una o più isole della Baja di San Mum per stabilirvi un deposito di carbone. Pochi giorni dopo egli vi dava completa adesione. Ma a misura che i nostri disegni presero forma più larga e divenne maggiore l'estensione delle nostre domande, il Marche,se di Salisbury pur mantenendosi benevolo, ebbe a fare delle riserve. A poco a poco il Primo Ministro inglese divenne meno corrivo a secondarci, finchè un giorno le sue riserve presero forma quasi ostile. Ciò avvenne, quando credette che l'azione italiana conducesse fatalmente ad una occupazione militare violenta, dalla quale egli chiaramente dissentiva.

I fatti posteriori, sono noti all'E. V. Allora quando il nuovo Gabinetto Italiano è venuto al potere, il Marchese di Salisbury ha atteso con una certa impazienza le risoluzioni che il Governo Italiano avrebbe preso a riguardi di San Mum. Per ben due volte, a me che non facevo più parola delle cose Cinesi, egli chiese se non avessi incarico di fargli delle comunicazioni per parte dell'E. V.

Alla mia richiesta di un colloquio urgente, egli rispose dandomi un convegno pel giorno seguente. Nel ricevermi, mi annunziò d'essere stato informato telegraficamente del contenuto del «Promemoria» redatto da V. E. e di aver chiesto, di già, al rappresentante Inglese a Pechino, quale fosse il modo migliore di incamminare le nuove pratiche verso quel Governo.

Il Marchese di Salisbury, che dal modo col quale mi riceveva, m'apparve ritornato ai sentimenti più amichevoli, mi espresse tutta la sua compiacenza per

la nuova fase della situazione, creata .dalla proposta di V. E. Disse, esser la nuova proposta, la migliore che potesse farsi. Essere essa facilmente, accolta con minore resistenza dalla Cina e per tanto di più sicuro risultato. Soggiunse: « Si tratta oggi di non far passi avventati e necessariamente andare adagio, ben ponderando il metodo da seguire. Non ho voluto prendere una risoluzione da me solo, per quanto vedessi più facile il problema. Quando io abbia una risposta dal Rappresentante Inglese a Pechino, mi avvarrò della esperienza di lui per iniziare le nuove pratiche. L'Italia restringendo così come ha fatto, le sue domande, potrà in egual modo sviluppare in onesta misura le sue relazioni commerciali, senza tema di complicazioni dannose... :..

Un'ultima frase del mio onorevole interlocutore, non va passata sotto silenzio, da poi che mi sembra assai significativa: Il Marchese di Salisbury soggiunse: « ... E ciò senza pregiudizio di quel che può succedere in avvenire!»

(l) -Recte 7 giugno, cfr. n. 268. (2) -Con tel. n. 1488, del 9 giugno, ore 3,06, pervenuto alle ore 20,45, non pubblicato.
273

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1542. Aja, 14 giugno 1899, ore 11.

Vedo tutti gli inconvenienti di separarci dai nostri alleati in qualsiasi questione. Anch'io sono d'avviso che non si deve nulla ammettere che possa pregiudicare gli interessi e l'indipendenza dello stato. Ma il progetto quale sarà redatto in conformità non includerà alcuna clausola pericolosa. Avrò cura di trasmetterlo quando sia concretato. Intanto posso dirle, fin d'ora, che progettato tribunale permanente in sostanza non sarebbe tale che di nome, avrebbe carattere facoltativo, ed escluderebbe qualunque pericolo di parzialità poichè la scelta degli arbitri sarebbe libera. In questa condizione una opposizione a priori farebbe incorrere una responsabilità inutile e forse anche pericolosa verso le popolazioni ed i partiti. Ma naturalmente io seguirò le istruzioni che V. E. mi impartirà. Intanto mi permetta di rettificare osservando che io non ho fatto nessuna propo

sta circa tribunale e so che Austria-Ungheria seguirà in questo come nelle altre questioni la Germania.

274

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1547. Londra, 14 giugno 1899, ore 5,18 (per. ore 19,50).

Nell'udienza ebdomadaria di oggi Salisbury, parlando della conferenza della pace, mi ha espresso il desiderio di vedere l'Italia appoggiare progetto del tribunale arbitrale proposto dall'Inghilterra, dalla Francia e Russia. Egli crede

opposizione Germania ingiustificata e ci sarebbe grato se noi potessimo aiutare alla risoluzione della cosa.

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 1593. Roma, 15 giugno 1899, ore 14.

L'istruzione da me data fin dapprincipio ai nostri delegati circa la proposta di un tribunale permanente di arbitrato era concepita nel senso che la proposta potesse accettarsi purchè fossero determinati dalla stessa conferenza gli Stati chiamati a comporre quel tribunale, e purchè constasse ben chiaramente essere facoltativo, in caso d'arbitrato il ricorso al tribunale medesimo ovvero ad arbitri appositamente concordati. Non è impossibile, benchè poco io lo speri, che la Germania desista dalla sua opposizione se si troverà sotto gli occhi uno schema concreto mercè il quale la progettata istituzione presenti quelle guarentigie che essa desidera. In ogni modo, io penso che, mancando l'accordo generale, si dovrebbe evitare una votazione formale per cui la conferenza apparrebbe quasi divisa in due campi, e solo constatare come risultato della discussione che non

esiste l'indispensabile unanimità dei consensi. V. E. può esprimersi con Lord Salisbury nel senso del presente telegramma.

276

IL, DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1570. Aja, 16 giugno 1899, ore 13,05.

Delegato giurista germanico (l) è partito oggi per Berlino, dove arriverà questa sera, per sollecitare definitive istruzioni circa questione dell'arbitrato. Credo utile che Biilow sia informato per telegrafo che la delegazione italiana è convinta che sarebbe un errore il rigettare i progetti di arbitraggio, i quali furono ridotti in modo da non presentare più alcun pericolo, ma che natural

mente essa voterà, secondo le sue istruzioni, nello stesso senso che le delegazioni di Germania e di Austria.

277

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 1625. Roma, 17 giugno 1899, ore 22,30.

Consento che ella si rechi a Pechino e vi presenti credenziali. Giungendo avrà dall'incaricato d'affari britannico notizia del recente nostro scambio d'idee col suo Governo dal quale risulta essere preferibile che nel momento opportuno il negoziato col Governo cinese si inizii da noi, mentre il Governo britannico con

tinuerebbe ad appoggiarci. Senza aprire per ora il negoziato ella dovrà anzitutto tastare il terreno, assumere informazioni, tenersi in comunicazione coi colleghi,

segnatamente col britannico per formarsi un concetto esatto della situazione e delle disposizioni del Governo cinese, in relazione, beninteso, col programma puramente commerciale che, come le accennai, è il solo che il R. Governo intende attuare, e nei limiti del quale ella potrà farmi quelle proposte che le paian migliori. Comunicandomi telegraficamente le sue conclusioni, ella mi metterà in grado di impartirle istruzioni per l'apertura del negoziato. Intanto ella deve tenersi verso il Governo cinese in atteggiamento riservato, ma amichevole. Lascio a lei giudicare se ed in qual modo convenga prendere atto delle dichiarazioni del Governo cinese con cui furono chiusi i noti incidenti. Non sarebbe però mai il caso di procedere alla materiale retrocessione della nota 2 marzo la quale, data la nuova fase in cui siamo entrati, mancherebbe di ogni ragione d'essere.

(l) Il prof. Zorn.

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1635. Roma, 18 giugno 1899, ore 17.

Ho incaricato Lanza d'informarsi quale sarà il definitivo pensiero del Go

verno tedesco dopo le spiegazioni che gli furono recate dal suo delegato giurista.

Come V. E. osserva nella sua lettera particolare del 13 (1), il.'attuale formola dà

soddisfazione a tutte le legittime preoccupazioni della Germania.

Per quanto ci concerne, riuscirebbe estremamente difficile giustificare un nostro voto negativo di fronte alla pubblica opinione ed al parlamento. Se la Germania persistesse nella sua opposizione, la soluzione che per noi sarebbe di gran lunga la migliore, e per la riuscita della quale la prego di adoperarsi col massimo impegno, è quella che già le accennai, e cioè che, constatata, come risultato della discussione la mancanza della indispensabile unanimità, non si proceda ad una inutile votazione formale. Qualora, poi, ciò non si potesse ottenere, ci rimarrebbe la scelta tra questi due partiti: 1° Dichiarare che il R. Governo, per quanto lo concerne sarebbe disposto a dare la sua adesione, ma constatare la mancanza della indispensabile unanimità; 2° Dichiarare puramente e semplicemente l'adesione del R. Governo.

Intorno alla preferenza da darsi eventualmente all'uno od all'altro di questi

due partiti, desidererei conoscere fin d'ora l'opinione di V. E.

279

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN!

T. 1653. Roma, 20 giugno 1899, ore 19.

Dopo telegramma Ciccodicola 26 maggio (2), è sempre più necessario ed urgente anche per riguardi parlamentari definire con Menelich nostro negoziato per confine prima che Negus s'intenda definitivamente con Inghilterra per fron

tiera Sudan. Prego pertanto V. E. farmi conoscere telegraficamente suo pensiero su proposta fatta Ciccodicola rapporto 18 aprile scorso (l) per un accordo che prolunghi statu quo per un determinato numero di anni, quando non sia possibile concludere altrimenti.

(l) -Non publicato. (2) -Non rinvenuto.
280

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN!

T. u. 168l. Roma, 23 giugno 1899, ore 19.

Ho letto con grande interesse telegramma Ciccodicola n. 30 (2), convinto necessità sistemare questione frontiera. Sono quindi desideroso conferire con lei al più presto e la autorizzo partire subito. La prego intanto di voler far sapere nel modo più rapido a Ciccodicola che abbiamo ricevuto suo telegramma e che gli invieremo istruzioni per trattare con Menelich sulla base di una delle due soluzioni proposte non appena ella avrà conferito con Governo.

281

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1618/427. Addis Abeba, ... giugno 1899 (3).

Proposte fattemi da Menelich per definire questione frontiera sono 2. Una riguarda nostra occupazione per tempo limitato, aderendo però alla richiesta di Makonnen; l'altra riguarda occupazione per sempre dietro adeguato contributo da parte nostra. Cerco conoscere quale è ammontare somma desiderata. Prego

V. E. di farmi conoscere se posso accettare discussione su dette proposte. Con Harrington che parte domani invio Aden tre superstiti spedizione Bottego, Iscar Idris Gabre Mascal. Segue mio telegramma.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1686. Roma, 24 giugno 1899, ore 15.

Rispondo al rapporto n. 25 (l) ed al telegramma d'oggi (4). L'osservazione Pombili ha certo grande valore. Però H consiglio dei ministDi, a cui ho creduto dover sottoporre la questione, ha considerato che la consolidezza del nostro bilancio della guerra è atto di politica interna il quale sta da sè ed indipendentemente dalla esistenza o non di un vincolo internazionale. Ciò stante, è sembrato che in una questione essenzialmente attinente alla nostra potenzialità militare il voto della delegazione italiana debba essere conforme a quello dei nostri alleati, ed in questo senso V. E. deve intendere concepite le istruzioni del R. Governo su questo punto.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Si tratta probabilmente del n. 281, il cui numero di protocollo particolare 427 è quello messo da Martini. (3) -Il telegramma fu trasmesso tramite Martini da Saganeiti il 23 giugno alle ore 7,35. (4) -Cfr. n. 283.
283

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 1633. Aja, 24 giugno 1899, ore 9,25.

Conferenza è giunta al suo periodo decisivo. Le proposte sulla limitazione degli armamenti furono accompagnate da discorsi dei delegati russi destinati a fare grande impressione sull'opinione pubblica. Le grandi potenze militari risponderanno probabilmente con un rifiuto e prepareranno così un gratuito e facile trionfo alla Russia. Ho chiesto col mio telegramma di ieri se il Governo del re consentirebbe ad una votazione favorevole dei delegati italiani subordinata ad eguale voto per parte delle grandi potenze; una tale votazione, che si riferirebbe anche alla marina, porrebbe l'Italia in una buona posizione dinnanzi alle popolazioni senza dare ai nostri alleati ragione di dolersi. Ora sottopongo a V. E. un'altra idea, nella quale concorda il presidente della prima commissione. Ella potrebbe far chiedere a Btilow se, per evitare, con un aperto rifiuto, una grave responsabilità dinnanzi all'opinione mondiale, non convenga alla Germania che l'Italia, sua alleata, proponga il rinvio delle proposte ad un nuovo e più ponderato esame in una prossima conferenza. Staal consentirebbe, ma io

non voglio fare alcuna proposta ,senza essere assicurato che essa è assentita dal Governo germanico. La questione sarà trattata lunedi. Quindi vi è urgenza.

284

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1812/34. Addis Abeba, 24 giugno 1899 (1).

Definitive proposte Menelich per fine questione Mareb sarebbero queste: Accettare trattato pubblico col quale Italia riconosce frontiera da lui proposta, ed egli -concedere a noi occupazione territorio fino Mareb Belesa Muna. In questo trattato desidera non si faccia cenno durata occupazione. Contemporaneamente a schiarimento trattato farebbe protocollo segreto coi seguenti articoli: l) Il territorio contestato ci è dato in occupazione ma egli lo considera come parte dell'Etiopia senza però esercitarvi diritto. 2) Menelich dichiara non reclamare quel territorio, tranne caso rottura relazioni amicizia, ma, in questo caso, Italia ha due anni di tempo per sgombrare. 3) Italia rinuncia fare in quel territorio altre fortificazioni. 4) Per la concessione fatta, Menelich non potendo riscuotere tributo Italia risarcirà perdita dando 200 mila talleri all'anno. Tutti gli <Jrgomenti per ridurre pretese sono stati impiegati. Vedo che prolungandosi questo stato continua incertezza si compromette sviluppo colonia. Temo che Menelich concluso accordo con Inghilterra, renderà più difficili trattative. Menelich cerca

convincermi che somma richiesta a lui è necessaria per calmare capi e a noi non deve pesare per economie che pace dovrà farci ottenere; dice condiscendere

mie insistenze solo in ossequio nostro amato sovrano. Con questo corriere spedisco lungo rapporto per chiarire situazione e queste notizie. Menelich ansioso, aspetta risoluzioni Governo: anche io spero possa infine avere termine questa questione.

(l) Il documento fu trasmesso telegraficamente da Aden il 14 luglio 1899, ore 17,10.

285

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1639. Aja, 25 giugno 1899, ore 9,17 (per. ore 12,15).

Il Comitato continua l'esame del progetto di tribunale permanente con partecipazione alla discussione del delegato germanico. Fu approvato, in massima, e in prima lettura, il progetto inglese modificato nel senso che sarebbe costituito all'Aja un consiglio permanente composto dei rappresentanti delle potenze firmatarie residenti all'Aja, con missione di organizzare, dirigere e controllare l'ufficio centrale. Furono pure approvati gli articoli sulle commissioni di inchiesta internazionale e si cominciò l'esame del codice arbitrale. V. E. avrà i testi appena saranno rettificati. L'opinione del delegato germanico è che il suo Governo accetterà il così detto tribunale permanente, poichè è facoltativo, ma respingerà l'articolo decimo, relativo ai casi d'arbitrato obbligatorio (1). Ora, siccome questi casi sono ridotti a pochi e di poca importanza, è probabile che il Comitato, per amore della unanimità, sacrificherà l'articolo, e così tutta la materia dell'arbitrato rimarrebbe pienamente facoltativa. Quanto alla votazione in caso di dissenso, preferirei la prima delle due alternative poste nel telegramma di lei del 18 (2), .come quella che meno ci separerebbe dai nostri alleati. L'Italia, legata dai suoi precedenti, non potrebbe rinnegare le sue dottrine, ma, constatata la mancanza di unanimità, si astiene.

286

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. RISERVATO 1671. Aja, 28 giugno 1899, ore 13,05 (per. ore 16,20).

Questo ministro degli esteri mi ha interrogato oggi confidenzialmente sulla

seguente questione:

Governo olandese, per mettere in salvo la sua responsabilità verso il partito

cattolico, intende proporre che internunzio all'Aja sia compreso tra i capi di mis

sione che avrebbero incarico di controllare il proposto ufficio centrale d'arbitrato.

Egli teme, o mostra di temere che altrimenti Papa sopprimerà internunziatura,

il quale atto creerebbe gravi difficoltà al Governo olandese. Io osservai che,

Papa non essendo firmatario e la sua eventuale accessione alla proposta conven

zione arbitrale non potendo aver luogo che nel caso in cui il Papa, che non è

capo di alcuno stato, fosse nominativamente ammesso, non vedevo possibilità

12) Cfr. n. 278.

di accoglienza favorevole della progettata proposta del Governo olandese per parte del comitato di esame della 3a commissione. Soggiunsi però che avrei sollecitato da V. E. apposite istruzioni. La prego di impartirmele per telegrafo e d'urgenza. Aggiungo, per sua norma, che non pare dubbio che la proposta sarebbe respinta dalla maggioranza dei membri del comitato.

(l) Cfr. Die Grosse Politik, cit., XV, pp. 307-308.

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1731. Roma, 29 giugno 1899, ore 22,45.

L'ufficio centrale dell'Aja sarebbe il segretariato generale di una istituzione alla quale, per deliberazione già acquisita della conferenza, parteciperebbero esclusivamente le potenze firmatarie. Non rsi concepirebbe quindi che sopra quell'ufficio eserciti un controllo il nunzio apostolico pontificio completamente estraneo agli atti della conferenza. V. E. potrà, se lo ·Crede opportuno, persuadere con questa ovvia osservazione il .signor Beaufort a desistere dall'idea a lei manifestata. Del resto, dal momento che non le pare dubbia una maggioranza con

traria, a noi potrebbe bastare, per raggiungere lo scopo, e senza che occorra accentuare la nostra opposizione, associarsi a quella maggioranza.

288

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1679. Pechino, ... giugno 1899, ore 11,30 (per. ore 11,50 del 29).

Funzionario segretamente a noi favorevole testè nominato ministro di China Parigi, il quale avvicina imperatrice, mi ha assicurato imperatrice ha dichiarato che non accoglierà alcuna domanda italiana. Essa aggiunse che la China può accogliere domanda Russia, Inghilterra, Francia, Germania, nazioni forti, che è opportuno temere, mentre l'Italia è debole, incapace prendere quanto chiese. Mi riserbo telegrafare risultato mie conversazioni col collega Inghilterra ora

occupato. Egli mi ha riferito suoi recenti telegrammi al Foreign Office interamente concordi con i miei da Shangai.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1741. Roma, 30 giugno 1899, ore 22,20.

Dopo attento studio della questione siamo venuti nel convincimento che

non fosse .conforme all'interesse del paese l'impegnarci in Cina in una vera impresa coloniale.

Abbiamo quindi rinunciato ad ogni idea di occupazione territoriale e ci limiteremo a chiedere concessioni d'indole commerciale, come sarebbe un settlement in un porto aperto. Istruzioni in questo senso saranno telegrafate al nostro min~stro to,sto che questi giunto !in questi giorni a Pechtno, ci avrà fornito precise informazioni sullo stato attuale delle cose. Desidero che V. E. informi confidenzialmente il conte de Biilow di quanto precede esprimendo la speranza che voglia dare istruzioni al ministro germanico a Pechino acciocchè nel momento opportuno appoggi l'azione diplomatica del collega italiano. Noi facciamo, in questa circostanza, particolare assegnamento sulla cordiale amicizia di codesto Governo. Osservo che secondo l'opinione del Governo germanico, espressa anche in documenti ufficiali, la concessione di settlement da parte del Governo cinese è cosa conforme alle stipulazioni dei trattati che abbiamo, dal canto nostro, pieno diritto d'invocare in base al trattamento della nazione più favorita.

290

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1692. Berlino, 1 luglio 1899, ore 18,45 (per. ore 20,05).

Biilow ringrazia V. E. per istruzioni date a Nigra circa questione armamento. Biilow ne è 'tanto più contento che, a suo parere, Nigra è andato ovvero va troppo in là nel secondare idee meno pratiche per quanto belle. Ho risposto a Biilow non potevo io discutere questo suo apprezzamento mancandom1 i dati, ma ritenevo attitudine Nigra sempre inspirata a desiderio di conciliazione e evitare fiasco completo della conferenza, pur non discostandosi nel fondo dalle idee propugnate da Germania e Austria-Ungheria. Attitudine

Nigra, per contrario, è naturalmente sempre più lodata da Governo russo, come mi riferisce questo mio collega russo.

291

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1693. Berlino, 1 luglio 1899, ore 18,45 (per. ore 20,05).

Ho fatto oggi stesso a Biilow, tornato da Kiel, le comunicazioni da V. E. ordinatemi col telegramma (l) di questa notte circa nuovo indirizzo dato a nostra azione in Cina. Biilow ringrazia V. E. per questa comunicazione. Trova molto saggio abbandono della idea occupazione territoriale e promette tutto il possibile appoggio del Governo imperiale nelle trattative diplomatiche che stanno per iniziarsi per ottenere concessione di natura commerciale, come un settlement

in una zona libera. In questo senso saranno tosto date istruzioni a nuovo ministro di Germania a Pekino.

(l) Cfr. n. 280.

292

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1698. Aja, 3 luglio 1899, ore 9,27.

In presenza nostra recisa opposiZione, io spero che Governo olandese non insisterà per chiedere alla Conferenza una partecipazione della S. Sede alla convenzione di arbitrato. Se la proposta fosse fatta, penso che sarebbe respinta

dalla maggioranza; ma io non ho creduto opportuno di parlarne finora coi miei colleghi.

293

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1887. Aja, 3 lugLio 1899, ore 10,05.

Questo ministro degli esteri mi disse ieri sera che aveva dato istruz.ione ai delegati olandesi di non sollevare nella conferenza nessun incidente relativo al Papa; aggiunse che, secondo le sue informazioni, il Governo belga non aveva dato nessun incarico ai suoi delegati di sollevare la questione, ma quanto alla lettura deHe note lettere egli la ritiene inevitabi:le, e non è d'avviso che tale lettura significhi che la conferenza prende atto di una frase inserita in una di esse, la quale frase d'altronde è una prova della piena libertà del Papa. Ci consiglia di non rilevarla; appena fatta quella lettura la conferenza sarà dichiarata chiusa; io sono inclinato a credere che a noi convenga seguire questo consiglio. L'astensione della firma delle convenzioni per parte delle potenze della

triplice alleanza sarà molto commentata e non farà buona impressione; credo doverne avvertire V. E.

294

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, MIRRI

Roma, 4 luglio 1899.

Le restituisco il rapporto del Generale Zuccari (l) che V. E. ha avuto la cortesia di comunicarmi.

L'atteggiamento del nostro Delegato militare non mi sembra per verità, conciliabile con le istruzioni di cui era munito. Comprendo, fino ad un certo punto, che, trattandosi di una semplice questione di procedura e trovandosi d'accordo con tutti i colleghi, meno il tedesco e l'austro-ungarico, egli abbia votato per Il rinvio della proposta russa circa gli armamenti ad un nuovo esame del Comitato; non comprendo, invece, come essendo unanimi, nella successiva seduta del Comitato, tutti i suoi Colleghi per deferire quella proposta ad un ulteriore studio dei Governi, abbia voluto, egli solo, negare il suo consenso ed insistere perchè la questione fosse risoluta dalla Conferenza.

(l) Delegato militare alla conferenza dell'Aja.

295

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. RISERVATO 1715. Aja, 4 luglio 1899, ore 10,30.

È possibile che da qualche membro della conferenza, che ora non saprei indicare, sia fatta in seduta plenaria, mozione di invitare Papa ad accedere alla convenzione sull'arbitrato, e devesi anche prevedere caso in ·CUi tale mozione trovi appoggio. Prego V. E. darmi d'urgenza istruzioni precise in proposito. Importa soprattutto che io sappia: l o se noi dobbiamo opporci recisamente, pur ammettendo ed anche invocando autorità morale del pontefice; 2° se: in caso di

approvazione della mozione, dobbiamo dichiarare che non firmeremo gli atti della conferenza.

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1795. Roma, 6 luglio 1899, ore 20.

Rispondo al telegramma del 4 luglio (1). Poichè la clausola d'accessione si rifensce naturalmente a stati e potenze territoriali, l'invito al papa di accedere puramente e semplicemente alla convenzione implicherebbe quel concetto di considerare il papa alla stregua dei sovrani territoriali che noi non possiamo assolutamente accettare. D'altronde il papa non accetterebbe, alla sua volta, una clausola speciale di accessione che accentuerebbe la differenza di situazione fra la S. Sede e le potenze territoriali. Se si vuole rendere un omaggio al papa, il miglior partito sarebbe, a mio avviso, che qualche membro della conferenza faccia la proposta che la convenzione per l'arbitrato quando sarà stata ratificata dai Governi rappresentati nella conferenza sià da•l Governo neerlandese, in nome dei Governi firmatari, comunicata al S. Padre, esprimendo il desiderio che l'istituzione pacifica dell'arbitrato, affermata nella convenzione ottenga l'appoggio della sua autorità morale. Questa proposta non potrebbe incontrare obbiezioni da parte nostra, sopratutto se mettesse fine ai tentativi varii, tra cui anche la nota lettera pontificia, ·Coi quali si ·cerca di indirettamente riaprire una questione che fu già regolata prima della riunione della conferenza. Debbo però ancora aggiungere una avvertenza. Come V. E. probabilmente già saprà per comunicazione confidenziale del collega austro-ungarico, il gabinetto di Vienna pensa che la conferenza dovrebbe chiudere gli attuali suoi lavori firmando, non già una .convenzione, ma solo un progetto di convenzione, che dopo l'approvazione dei singoli Governi verrebbe poi firmata in una ·COnferenza ulteriore. Se questo concetto avesse a prevalere dovrebbe essere eventualmente beninteso che la comunicazione al S. Padre qui sopra accennata dovrebbe farsi soltanto dopo la

firma della convenzione definitiva; e ciò, sia perchè 1sarebbe poco corretto invocare l'autorità morale del papa a pro' di un semplice schema che potrebbe rima

nere tale o soggiacere a modificazioni, sia sopratutto, in quanto ci concerne, per la ragione che la comunicazione dello schema metterebbe il papa nella condizione d'approvarlo al pari dei Governi firmatari, facendone quasi parte contraente, e potrebbe anche dargli occasione di enunciazioni di tale natura da porre l'Italia, nella conferenza più tardi convocata per la firma definitiva, in una assai delicata posizione.

(l) Cfr. n. 295.

297

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO 1753. Aja, 8 luglio 1899, ore 11 (per. ore 13).

Il delegato che propende a chiedere una partecipazione del Papa alla convenzione d'arbitrato è il senatore belga Descamps, relatore della commissione. Io gli ho chiaramente dichiarato che noi respingeremo ogni partecipazione della

S. Sede o dei suoi rappresentanti alla convenzione e alla corte permanente, rifiutando all'occorrenza la firma dell'Italia e la continuazione del suo concorso. Lascio giudicare V. E. circa opportunità di! uffid eventuali da farsi presso i vari gabinetti. Primo delegato francese fu già da me confidenzialmente informato della nostra risoluzione.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. CONFIDENZIALE 1841. Roma, 10 luglio 1899, ore 23.

Ricevo suo telegramma del 9 (l) in vista del quale desidero meglio spiegarle il pensiero del Governo fondato sopra uno stato di cose assai diverso da quello che ella lasciò in Italia. La volontà decisa del parlamento, gli impegni presi dal Governo escludono non solo l'impresa di San Mum ma, almeno per ora, anche ogni altra idea di occupazione territoriale. Per le stesse ragioni, durante l'attuale chiusura del parlamento, qualunque complicazione in China, consistente anche solo in misure di ritorsione, od in occupazione militare puramente temporanea sarebbe considerata ·contraria agli impegni presi dal Governo e gli creerebbe gravi difficoltà di politica interna che è mio obbligo evitare. Di qui la necessità non solo di dare per ora alla nostra politica in Chi,na uno scopo esclusivamente commerciale ma altresì di guadagnar tempo e di imprimere alle nostre trattative un indirizzo ·Che ci premunisca dal poterei trovare a breve scadenza di fronte alla critica alternativa da lei stessa nel suo telegramma riconosciuta probabile, mentre, d'altra parte, già sarebbe per noi un risultato apprezzabile se prima della riapertura del parlamento nel prossimo novembre si potessero annunciare negoziati di indole commerciale regolarmente avviati col Governo cinese; per quanto poi concerne la sostanza delle nostre domande ammetto che si possa utilmente trattare anche per le domande da lei accennate nel telegramma

del l o luglio (l) e per le quali desidero ulteriori informazioni circa il loro grado di importanza e di consistenza per l'interesse italiano. Aggiungo che una società con capitale italo-belga, ma con direzione italiana si sta ora costituendo per imprese finanziarie ed industriali in China, dove giungerà verso metà settembre suo rappresentante per studi preliminari. L'indole di tutte queste imprese evidentemente esclude a priori una trattativa perentoria e concorre a consigliare quel procedimento cauto e ponderato che, come dissi più sopra, ci è in certo modo imposto dalle esigenze della nostra politica interna. Se in seguito ad un corso di trattative condotte senza precipitazione, anche tenendo conto in questa misura dei ritardi chinesi, ci troveremo di fronte ad un deciso malvolere di codesto Governo sul terreno degli interessi commerciali, potremo allora spiegare al parlamento ed al paese l'attitudine e le misure che potranno esserci consigliate dalle drcostanze.

(l) Tel. 1768, senza data ma posto fra i telegrammi del 9, non pubblicato: convinzione di Salvago Raggi della necessità di un atteggiamento fermo nei confronti della Cina.

299

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1791. Pechino, 11 luglio 1899, ore 3,.45.

Ebbi nuovamente conferenza con i colleghi specialmente col ministro del Giappone a noi favorevole e desideroso di evitare complicazioni dannose commercianti giapponesi. Tutti concordano nostro atteggiamento fermezza. fin dal principio trattative eviterà complicazioni, mentre che attitudine dimessa e la manifestazione intendimenti ad ogni modo pacifid, produrrebbero ·effetto opposto e condurrebbero necessità complicazioni. Mi permetto proporre ~niziare trattative sulla antica base, leggermente modificata, dichiarando pronto a discutere modifì:care ancora forma, esigendo assolutamente sostanza, desideroso evitare spiacevoli conseguenze, cui siamo però risoluti in caso rifiuto assoluto. Negoziando fino giungere contentarsi ferrovia da interno ad un punto sulla costa Ce-Kiang, ove fosse concesso piccolo scalo per merci, residenza commercianti italiani, cioè settlement, escluse occupazione e fortificazione, in compenso nostra arrendevolezza concessioni industriali, di cui nel mio telegramma in cifra del 10 giugno scorso (2).

300

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1819. Aja, 15 luglio 1899, ore 10.

Istruzioni giunte ieri sera al conte Miinster confermano quelle ricevute dal delegato austro-ungarico prescrivendo che si firmi soltanto il protocollo finale e si rimandi la firma delle convenzioni dopo maturo esame dei governi. Prego

V. -E. darmi sue finali istruzioni in proposito. A me sembra difficile che Italia adotti un modo di procedere diverso da quello dei suoi alleati segnatamente in presenza dei tentativi che si vorrebbero fare per una partecipazione, sia pure indiretta o onoraria, del Papa alla istituzione dell'arbitrato internazionale.
(l) -Tel. r. 1691 del l o luglio, ore 3,55, per. ore 20,05, non pubblicato: proposta di aggiungere alle richieste da fare alla Cina la concessione della ferrovia Ninpo-Ninrod con il diritto dei commercianti di sbarcare ed imbarcare le mercanzie. (2) -Sulla questione delle trattative itala-cinesi, confronta anche l'ampio rapporto riassuntivo del Salvago Raggi n. 36/15, in data Pechino, 15 luglio 1899, pervenuto il 3 settembre, non pubblicato.
301

IL GENERALE DAL VERME AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

(ACS, Carte Martini, Epistolario)

L. Milano, 15 luglio 1899.

Ben arrivato! Un po' lentamente arrivato, grazie alla celerità dei piroscafi della Navigazione Generale. Nerazzini, q·uando ha saputo che ti eri imbarcato sul Bisagno mi ha detto: Lo aspetteremo un pezzo. Non ti ho risposto quando ebbi la tua in seguito alla mia lettera sullo scritto del P1acentini, perchè ci trovavamo con altri pensieri e poi si diceva sempre che presto avresti lasciato l'Eritrea. Perdonami se ti dico che malgrado quanto mi scrivi, io ritenga sempre nè cortese nè bello, anzi offensivo per Trombi quanto scrisse Piacentini ·che poi alla fin tine era nella cerchia del tuo diretto dominio. Ma non è per questo che oggi ti scrivo; sibbene per pregarti di farti mettere al corrente delle trattative per Raheita che, come saprai, quel buon uomo di Canevaro volle assolutamente che fossero affidate a me. Io mi sono, nell'inverno scorso, schermito quanto ho potuto, allegando (e ciò non era finzione, ma intimo mio convincimento), che non mi sentivo di fare il negoziatore all'unisono con un Ministro degli Esteri, del quale non condividevo le idee relative alla validità dei protocolli del 1891; validità che come ti scrissi lo scorso inverno, è sempre riconosciuta dall'Inghilterra e Canevaro la negava. Ora se le trattative sono sempre in corso, ciò è accaduto perchè io non ho accolto le pretese di B. intorno all'isola, non in febbraio e non ora nei due colloqui ·che ho avuto a Palazzo Farnese. V. V. vorrebl3e e con ragione definire qualche cosa sul continente, per togliere qualsiasi velleità ai russi, lasciando in sospeso l'isola. Io ho preparato quattro righe, sulle quali ho meditato a lungo. Ma quantunque io sia certo che B. accetta, come già lo ha accettato in massima, il punto di partenza, Ras Dumeirah, ritengo che avrà difficoltà ad accettare la sospensione per l'isola. Ras Dumeirah checchè ne pensi e ne dica Agnesa e checchè ne possano pensare i tuoi ufficiali a Massaua e Assab, dove non si vede naturalmente la quistione che dal punto di vista nostro (mentre in un trattato si è in due a chiedere e a "firmare), Ras Dumeirah dico, è il punto nel quale le autorità competenti (non italiane e non francesi) convengono a riconoscerlo il limite italafrancese. Ma l'isola o dovrebbe essere tutta italiana perchè quasi tutta a nord

del parallelo di Ras Dumeirah, o metà per uno come ho proposto io dietro istruzione di Canevaro, con impegno reciproco però di non fortificare.

Lasciarla tutta agli amici assolutamente no, quand'anche si impegnassero di non fortificarla. Essi poi non vogliono assumere nessun impegno simile.

Ed allora non vi è altro a proporre che sia di nessuno, almeno per ora. Vi sarà l'inconveniente dei possibili incidenti dei pescatori che vi andassero a stabilirsi anche per poco, allegando la sudditanza quando francese quando italiana. E per togliere anche questa possibilità, bisognerebbe che fosse esclusa anche questa facoltà. L'isola oggi disabitata e praticamente d'i nessuno, continui a rimanere di nessuno, ma con esplicita dichiarazione nell',accordo che non si deve lasciar andare nessuno.

E qui sorge una nuova difficoltà. E se nel frattempo i russi vi sbarcassero, appunto perchè di nessuno, e vi piantassero la loro bandiera?

Perciò io avevo gettata là un'idea a Malvano, al solo Malvano; e C'ioè che le due potenze si impegnassero a non !asciarla prendere da nessuna altra potenza, come hanno fatto un tempo Francia e Inghilterra per l'Harar.

Ma Malvano dissemi, e con 1\agione, che ciò sarebbe dare soverchia importanza all'isola brulla, senz'acqua, senza porti. E poi, aggiungo io, l'accetterà B. questo inciso? Ne dubito assai, perchè egli capirà subito il fine della clausola.

Questo è lo stato della questione, male abbozzato nella presente e che Malvano od anche Nerazzini te lo spiegheranno meglio. Conclusione: Io desidero vivamente, e l'ho detto anche a V. V. che tu abbia un colloquio con B. Egli è a Camaldoli, ma prima di far ritorno a Parigi, verrà per qualche giorno a Roma, in fine del mese fa in modo di vedel'lo! E sostienimi.

P. S. -Mi sono dimenticato di dire che mentre io ho mostrato a B. un rilievo regolare dell'isola Dumeirah, egli mi ha fatto vedere uno schizzo così miserabile che io non ho potuto fare a meno di ridere e dirgli: Questo è un semplice schizzo, e per giunta sbagliato. Difatti in quello scarabocchio l'isola figurava interamente a sud del parallelo di Ras Dumeirah, mentre si trova quasi tutta a nord! VaJe la pena di avere un Ministero delle Colonie per non riuscire ad avere un rilievo di un isolotto in dieci mesi mentre noi, poveri indebitati, abbiamo avuto un esatto rilievo fatto da un ufficiale del Volturno che avrai visto anche tu, e l'abbiamo da un pezzo!

Che ne pensi della situazione interna? Io dico che Pelloux pur sapendo comandare ed anche amministrare, non sa governare. Perciò non gli ho dato il bill di indennità chiesto al 28 giugno.

Ed ora che si fa?...

2° P. S. -Ti prego vivamente di non parlarne con nessuno di questa faccenda all'infuori della Consulta.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BRUXELLES, CANTAGALLI

T. URGENTE 1911. Roma, 16 luglio 1899, ore 19,30.

Nigra telegrafa (l) aver ragione di credere che i delegati belgi si propongono di chiedere, in conferenza, una partecipazione, sotto forma qualunque, del Papa alla istituzione dell'arbitrato permanente. A questa istituzione dovranno, secondo le deliberazioni già adottate dalla commissione speciale, partecipare le sole potenze che, prendendo parte alla conferenza, firmeranno la convenzione per l'arbitrato. Noi non potremmo quindi ammettere, in questa circostanza, una formula per cui il Papa possa essere, direttamente od indirettamente, considerato come un sovrano territoriale. Noi potremo, se occorre, meglio chiarire il nostro pensiero, ma per il momento facciamo caldo e fidente appello alla costante amicizia di codesto Governo acciocchè i suoi delegati all'Aja ricevano senza indugio, prima della seduta di domani, istruzione di astenersi dal toccare, come sia, ad un argomento che potrebbe suscitare, nella conferenza, un incidente grave. Prego vedere questa sera stessa il ministro degli affari esteri e parlargli cordialmente, ma ben francamente in questo senso, non senza fargli comprendere quanta responsabilità il Belgio si ·assumerebbe con una iniziativa che all'ultimo momento potrebbe turbare l'opera pacifica delle potenze (2).

303

IL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. 1839. Aja, 17 luglio 1899, ore 19,12.

Mi fo premura di trasmettere all'E. V. le due seguenti proposte espostemi da Descamps come sue idee personali: l) «È inteso che le potenze firmatarie possono ricorrere non solo alla mediazione ed all'arbitr.ato degli stati, ma anche alla mediazione ed arbitrato del Papa»; 2) «Il consiglio permanente ha il diritto di chiamare nel suo seno a titolo onorifico qualsiasi capo missione accreditato all'Aja benchè esso non rappresenti una potenza .firmataria e qualsiasi agente di una potenza firmataria benchè esso non rivesta carattere diplomatico». Quest'ultima clausola si riferisce alla Svizzera. Prego darmi d'urgenza istruzioni se posso accettare o no. Oggi la commissione votò in prima lettura convenzione sull'arbitrato senza notevole incidente. Ho fatto accettare alcuni dei di lei suggerimenti arrivati soltanto ieri.

(l) -Con te!. p. riservato 1823 del giorno 15, ore 8,29, non pubblicato, ma cfr. n. 261. (2) -Sullo stesso problema il Visconti Venosta consegnò un pro-memoria in pari data al ministro del Belgio a Roma.
304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1938. Roma, 18 luglio 1899, ore 22,45.

Ho attentamente esaminato le due proposizioni del signor Descamps (1). La prima può senz'altro essere accettata nel suo testo attuale. Quanto aUa seconda, osservo che la locuzione «benchè esso non rappresenti una potenza firmataria » applicata all'internunzio ed alla S. Sede, potrebbe dar luogo al dubbio di una assimilazione a potenza territoriale. Nel non opporsi quindi anche aHa seconda proposizione, sarebbe da richiedersi che si sostituisca la seguente formula nel fatto equivalente, e cioè: «Il consiglio permanente ha il diritto di chiamare nel suo seno a titolo onorifico qualsiasi capo di missione accreditato all'Aja non facente parte del consiglio stesso e qualsiasi agente, ecc. ». Desidero sapere se tale è pure ·la sua opinione.

305

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI,

T. 1966. Roma, 20 luglio 1899, ore 23,30.

Il procedimento da lei proposto col telegramma dell'li (2) non corrisponde alle esigenze della situazione. Anche ridotta ad una ferrovia dall'interno alla costa del Cekiang con scal'o commerciale, ossia settlement, in un punto non ancora aperto, la nostra domanda, a cui mancherebbe, d'altronde, ogni base concreta di attuazione, non tarderebbe a dover assumere un carattere perentorio trascinandoci fatalmente ed in breve verso l'alea di una coercizione. Anche a prescindere dalle considerazioni oramai a lei ben note di politica interna, è evidente che noi non possiamo esporci ad una simile alea, senza avere a nostra disposiz.ione per il caso che non basti la minaccia, mezzi di sicuro ed immediato successo. Ora, avendo, a tal riguardo, .interrogato il mio collega della marina, questi mi ha risposto che 11 «Marco Polo » deve essere per ragioni nautiche richiamato, e solo fra tre mesi potrà trovarsi costì surrogato da nave di eguale importanza, che il « Piemonte » sarebbe inadatto per un'azione militare che, insomma, egli non potrebbe allo stato attuale delle nostre forze, in codeste acque, assumersi la responsabilità di un conflitto colla Cina. In tale condizione di cose, il solo procedimento cauto e possibile è questo: che ella inizii i suoi scambi di idee collo Tzung-li-Yamen senza riferimento al precedente negoziato, dichiarando essere sua missione promuovere lo sviluppo dei rapporti commerciali e industriali tra i due paesi, per il che ella avrà a presentare ulteriormente cppcrtunc ~Jroposte. Mer.cè questa dichiarazione, che punto non implica intendimenti remissivi in qualunque eventualità e che, fatta mentre sono presenti le nostre navi non potrà non essere in massima accolta, il negoziato si troverà aperto sopra base conforme ai nostri propositi. Dopo di che successivamente od anche

congiuntamente secondo l'opportunità delle circostanze saranno da presentars! quelle domande specifiche e concrete a cui corrispondano effettivi interessi italiani, procedendo in guisa da evitare rifiuti assoluti e lasciando aperte le singole questioni quando non possano portarsi ad immediata conclusione. Queste sono, a meno che ella stimi dover presentare obiezioni gravi, le istruzioni a cui dovrà ormai dare seguito, e per la cui esecuzione le rinnovo l'espressione della mia piena fiducia.

(l) -Cfr. n. 303. (2) -Cfr. n. 299.
306

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1867. Londra, 21 luglio 1899, ore 12,01.

Le notizie raccolte ieri presso persone diverse, mi hanno confermato quanto mi disse ier l'altro Salisbury che cioè nulla ancora è stato definito. Menelik cerca mandare cose per le lunghe sperando ancora nelle vittorie del Califfo contro inglesi. Le intenzioni del Governo inglese sono di non spingere le cose a fondo, ma di usare longanimità fino quanto è possibile. Salisbury ripetè suo solito principio che soltanto con la pazienza si vincono le resistenze dei paesi semibarbari: egli finì col dirmi: « Se Barattieri avesse avuto questo mio principio non avrebbe soggiaciuto ad Adua » (1).

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 1984. Roma, [22 luglio] 1899 (2).

Le proposte di Menel-ik da lei riferite nel telegramma n. 34 (3) del 24 giugno sono inaccettabili, sia perchè farebbero apparire il re d'Italia come un tributario di Menelik per il territorio etiopico da noi occupato, sia perchè sarebbe sempre in balia di Menelik di farci sgombrare entro due anni con la semplice dichiarazione che è cessata la sua amicizia, sia, infine, per la enormità della somma chiestaci. Poichè è ormai venuto il momento di concludere, la prego di presentare a Menelik prima l'una e poi l'altra di queste nostre proposte. La proposta n. l per la quale ella deve in primo luogo insistere con ogni massimo sforzo, va così formulata: l) Le parti contraenti, dopo aver constatato che l'imperatore Menelik aveva proposto e l'Italia accettato l'a linea di confine presentata per mezzo del maggiore Nerazzini nel giugno '97, convengono, per sempre più cementare le buone relazioni fra l'Italia e l'Etiopia, che il Governo italiano continui ad occupare il territorio oltre quel confine, rimanendo inalterato lo statu quo della frontiera Mareb-Belesa-Muna. 2) Qualora il Governo italiano spontaneamente risolvesse di sgombrare quel territorio dovrebbe farne consegna a

Menelik od ai suoi speciali delegati. 3) Nel territorio occupato, oltre la predetta linea, non saranno costruite nuove fortificazioni. 4) Menelik riceverà a titolo di compenso, per l'occupazione consentita al Governo italiano senza limitazione di tempo, la somma di tre milioni di lire italiane, da pagarsi in sei l'late annue di 500 mila lire ciascuna.

Qualora, malgrado ogni sua insistenza, questa proposta non fosse accettata, ella presenterà la seguente proposta n. 2: l) Le parti contraenti, dopo aver constatato che l'imperatore Menelik aveva proposto e l'Italia accettato la linea di confine presentata per mezzo del maggiore Nerazztni nel giugno '97, con~ vengono, per .sempre più cementare le buone relazioni fra l'Italia e l'Etiopia, che lo statu quo, alla frontiera Mareb-Belesa-Muna rimanga inalterato per la durata di 20 anni, dalla data del presente accordo. Trascorso il predetto periodo di 20 anni, le due parti contraenti addiverranno ad una definitiva intesa per il confine. 2) Qualora il Governo italiano spontaneamente risolvesse di sgombrare il territorio oltre la predetta linea proposta da Menelik nel giugno '97, dovrebbe farsene la consegna a Menelik ·Od ai suoi speciali delegati. 3) Nel territorio occupato oltre la predetta linea, non .saranno costruite nuove fortificazioni. 4) Il Governo italiano pagherà all'imperatore Menelik, a titolo di compenso, la somma di un milione di lire italiane in due rate annue di lire 500 mila ciascuna.

II negoziato deve oramai aver carattere conclusivo. Però, ella è autorizzata, rispetto alla proposta n. 2, qualora altrimenti non si potesse ·concludere, a ridurre la durata della occupazione fino ad un minimo di quindici, od in caso estremo, di dieci anni. Tanto per la proposta n. l quanto per la proposta n. 2 gli articoli 3 e 4 dovranno formare oggetto di una convenzione separata, quantunque simultanea, da potersi tenere segreta. Ella deve far comprendere che, oltre questi limiti, ella non ha facoltà di ammettere ulteriori modificazioni sostanziali, e che, non potendosi concludere in base all'una od all'altra delle due nostre proposte, ella dovrà limitarsi a riferirne al Governo. Ella dovrà però, prima che Menelik prenda una definitiva risoluzione, manifestargli il dubbio che difficilmente il Governo del re, per quanto apprezzi le dichiarazioni di amicizia di Menelik, possa rimanere nello stato attuale di precarietà per la frontiera. A questo riguardo, ella dovrà anzi, col debito tatto, e con quelle precauzioni che le parranno necessarie, fare intendere a Menelik che è suo interesse venire con noi a soddisfacente accordo, poichè seppure, mancando l'accordo, egli potrà più tardi ritornare al possesso dell'Oculè Cusai e del Seraè, non è escluso che, in quel giorno, egli venga a trovarsi accanto a vicini meno sicuri di noi che vogliamo essere suoi costanti amici, e che non saremmo giammai contro di lui se mai venisse a trovarsi in conflitto con una terza potenza.

(l) -Visconti Venosta aveva chiesto informazioni sulle trattative anglo-abissine per la delimitazione delle frontiere, con tel. n. 1936 del 18 luglio, ore 22, non pubblicato. (2) -Il telegramma venne trasmesso via Aden. (3) -Cfr. n. 284.
308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1991. Roma, 23 luglio 1899, ore 23.

Anch'io mi preoccupo della sfavorevole impressione che ne deriverebbe presso la pubblica opinione se le potenze della triplice alleanza fossero sole, o quasi sole, ad astenersi dal firmare fin d'ora le convenzioni. Per verità quando ebbi notizia, dapprima delle idee emesse a tal riguardo dal conte Goluchowski ed indi delle varie proposte costì messe innanzi da taluni delegati, avevo sempre ritenuto che dopo discussione sulla preferenza da darsi all'uno od all'altro metodo, si sarebbe però adottato un metodo unico per tutte le delegazioni. Anche oggi io penso che così dovrebbe farsi, appunto per escludere spiacevoli confronti. Dal canto nostro non avremmo difficoltà a firmare tutto fin da ora; ma se altre delegazioni e segnatamente quelle dei due alleati, non potessero a ciò indursi, mi pare che il miglior partito, per tutto quanto, sia di firmare il solo protocollo, figurando come annessi le tre convenzioni, ma stabilire fin d'ora una data non troppo lontana, ad esempio il 1° ottobre, per una nuova riunione nella quale, esaurito l'esame delle convenzioni presso i Governi che ne hanno desiderio e che ne avranno avuto il tempo, si addiverrebbe da parte di tutte le delegazioni, alla simultanea firma delle convenzioni medesime. V. E. dovrebbe adoperarsi presso i colleghi acciocehè, in ogni modo, una identica procedura sia per tutti adottata.

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO ALLA CONFERENZA DELL'AJA, NIGRA

T. 1996. Roma, 24 luglio 1899, ore 17.

Dal momento che codesto ministro degli affari esteri dichiara inevitabile lettura delle lettere scambiate tra la regina d'Olanda ed il papa, convengo nell'avviso manifestato da V. E. nel rapporto 16 giugno, che, cioè, il silenzio sarà da parte nostra il più abile e degno partito. Deve, però, essere bene inteso che, conformemente al precedente di Berlino, la lettura dei due documenti non sarà accompagnata da osservazione alcuna, e che, come già Le fu detto da codesto ministro degli affari esteri, fatta quella lettura, la conferenza sarà dichiarata chiusa.

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV, mazzo 14, fasc. 9/7, copia; ed. in M. PASTORE, Una questione di fondo nel riavvicinamento italo-francese: l'hinterland tripolino, in • Rivista di Studi Politici Internazionali •, anno XXVII, 1960, n. 2, pp. 272-275).

L. P. Roma, 25 luglio 1899.

Ho tardato assai a scriverle ed a rispondere al Rapporto (l) col quale, al mio giungere al Ministero, Ella mi esponeva con tanta lucidezza lo stato delle nostre relazioni colla Francia. Me ne impedirono le nostre difficoltà parlamentari che rendevano anche incerta la situazione ministeriale, la lunga crisi del Governo in Francia, e infine lo stesso disgraziato incidente GHetta.

• Non ho bisogno di dirle quale sia l'indirizzo politico che mi propongo di seguire rispetto alla Francia. È lo stesso che ho seguito altre volte. Ne abbiamo

troppe volte parlato, e troppe volte abbiamo unito i nostri sforzi per far cessare lo stato di cose irragionevole e dannoso che esisteva tra i due paesi e ristabilire tra essi delle relazioni amichevoli. Sarebbe stato inutile l'ottenere questo risultato se non si avesse il proposito di mantenerlo e di consoLidarlo. Questa politica non ha nulla di incompatibile coi doveri delle nostre alleanze; non lo aveva in passato, lo ha tanto meno oggi nelle condizioni che, per la forza delle cose e del tempo, si vanno creando in Europa ed in Francia * (1). Noi non possiamo discutere la nostra situazione internazionale, ma non può essere indifferente alla Francia l'avere vicino un paese dalle cui relazioni si vanno eliminando tutte le cause di conflitto e dal cui Governo non abbia a temere nè disegni ostili, nè sorprese, nè diffidenze ingiustificate. Ella può essere sicuro che, sinchè rimarrò al Governo, seguirò questa linea di condotta. Solo non andrò in cerca di quelle dimostrazioni che, sollevando sospetti o reazioni, giovano meno dell'opera previdente e pacata dei governi e della diplomazia.

Due questioni furono, in questi ultimi tempi, trattate nell'intento appu.nto di rimuovere dalle nostre relazioni colla Francia due cause di sospetti presenti e di complicazioni future.

Comincio a parlare della meno importante, di quella che si riferisce alla delimitazione della frontiera tra la nostra colonia Eritrea e il possesso francese di Obok. Il negoziato si conduce a Roma tra l'Ambasciatore di Francia e il Generale Dal Verme che ci rappresenta. Desidero informarla intorno al punto a cui sono ora le cose. I due negoziatori si posero, senza troppa difficoltà, di accordo nel porre il confine a Ras Dumeirah seguendo la linea di displuvio di questo promontorio e proseguendo questa linea per circa sessanta chilometri all'interno sino ad un punto da determinarsi. Sorse allora quasi d'improvviso la questione di un'isola, o meglio isolotto, ·credo disabitato, che sta di fronte al Capo Dumeirah e che, può dirsi, prima non era stata quasi avvertita. Questo isolotto è, in certo qual modo, la continuazione del capo da cui è diviso da breve tratto e la soluzione naturale era di dividerlo proseguendo la linea che divide il promontorio. Ma il Ministero francese delle colonie aveva sollevato delle difficoltà, sostenendo la tesi che l'isola poteva diventare un punto militare nel Mar Rosso e che quindi la Francia dovesse reclamarne l'inte·ro possesso, bene interso senza alcuna servitù che impedisse di fortificarla. Il Generale Dal Verme veramente non crede a questa reale importanza militare. Ella vede che la riuscita delle trattative incontra qui un grave ostacolo. Noi abbiamo creduto di fare una concessione portando il confine al promontorio Dumeirah; questo promontorio è diviso per metà, secondo il displuvio, sino alla sua estremità; che cosa diventerebbe il nostro territorio se avesse immediatamente di fronte, un isolotto che non è se non un'appendice del capo, una fortificazione francese? Frattanto e poichè noi avevamo un rilievo esa·tto della Isola e l'Ambasciatore di Francill non aveva che uno schizzo informe, il Generale Dal Verme convenne che anche le autorità francesi si procurassero un loro rilievo. Per spirito di conciliazione ho detto al Signor Barrère ·che per ora, ma senza troppo ritardo, egli ed il Gene

rale Dal Verme avrebbero potuto firmare un processo verbale che stabilisse quello che era già eoncordato tra l'Italia e la Francia per la reciproca delimitazione dei loro possedimenti nel Mar Rosso. Nello stesso processo verbale si direbbe che il negoziato ora continuerà in quanto concerne l'isola. Credo che l'Ambasciatore abbia chiesto delle i,struzioni in proposito. Ella conosce le ragioni per le quali ho sempre vivamente desiderato che i confini fossero, una volta per sempre, fissati. Questo punto insoluto lascia, in parte almeno, la questione aperta, non solo perchè l'isola fa parte dell'ancoraggio del capo, ma perchè non preclude la via alle competizioni ·territoriali e fors'anche a qualche disegno d'altre potenze di ·CUi volevamo liberarci. Ella può nei suoi colloqui col Signor Delcassé mostrarsi conscio di questo stato di cose.

Ma la più importante questione è quella della Tripolitania.

L'Italia non può ora desiderare di essere chiamata ad esercitare un'azione a Tripoli. Ma, dopo quanto avvenne a Tunisi e altrove, per un complesso di ragioni politiche e morali, essa non potrebbe tollerare di essere esclusa dalla Francia anche da quest'ultimo lembo delle coste mediterranee dell'Africa. La Tripolitania è una causa perenne di diffidenza verso la Francia. Non lo sarà oggi cogli uomini che vi sono al potere. Ma, nell'ultima crisi orientale, quando il Signor Hanotaux era al potere, Ella stesso, a un dato momento, credette obbligo suo di manifestarmi qualche inquietudine. Più tardi potrebbe questa essere la causa delle più pericolose complicazioni. Prevenire questa minaccia sarebbe certo un atto di saviezza, un vero servizio reso alle relazioni tra i due paesi ed alla causa stessa della pace.

Ho letto colla maggiore attenzione non solo l'ultimo Rapporto che Ella mi diresse, ma anche gli altri importanti Rapporti del marzo e dell'aprile.

* Una ragione mi rendeva in passato, e quando vi fu un principio di trattative col Signor Hanotaux, esitante dinanzi all'idea di firmare col Governo francese qualche atto segreto ma formale relativo alla Tripolitania. Non era solo il dubbio che ad un dato momento si volessero associare a questo accordo altri scambi di idee intorno a cui noi non potevamo accettare la discussione. Ma era sopratutto il pensiero che, come Ella sa, la Tripolitania (non il suo Hinterland come oramai risulta da più di un precedente) è per noi coperta da un'altra garanzia positiva. Un altro atto concluso colla Francia assumeva l'aspetto di uno di quei Trattati di contro assicurazione, la cui correttezza è dubbia e che hanno l'inconveniente e il pericolo di diminuire moralmente ed anche contrattualmente il valore del trattato principale. Sarebbe stato difficile per la lealtà della nostra condotta, il non dare notizia di questo atto al nostro alleato il quale poteva vedervi una diminuzione notevole dei suoi impegni, una precauzione contro eventualità ch'esso certo non desidera, nelle presenti condizioni europee, hla poteva anche più vedervi una ragione di sospetto verso le nostre intenzioni e la nostra politica e un allentamento nei vincoli dell'alleanza.

Ora, però, la situazione mi sembra diversa da quella in cui avvennero nel 1897, i primi colloqui del Signor Hanotaux, presto interrotti, e da quella stessa in cui si trovava il mio predecessore. Oggi non si tratterebbe più, da quanto parmi risultare dai di Lei Rapporti, di un vero atto bilaterale * (1). E se il mio pr"e

decessore aveva bisogno per calmare l'opinione in Italia, dopo l'accordo anglofrancese, di dichiarazioni o di atti che si potessero rendere noti, io posso non preoccuparmi che del solo interesse politico della questione e riconosco il valore delle ragioni per le quali il Signor Delcassé credeva che un'intesa o un documento che si riferissero alle previsioni dell'avvenire nella Tripolitania dovessero avere un carattere strettamente segreto. Le sollecitudini per gli interessi che l'Italia ha nella Tripolitania furono sollevate, dixei quasi, ufficialmente dall'accordo anglo-francese del 2.1 marzo. Esse diedero luogo a uno scambio di comunicazioni tra il Governo italiano e il francese. Il Gabinetto di Parigi ci fece allora col mezzo del suo Ambasciatore le comunicazioni verbali che Ella conosce, le sole che il Signor Delcassé riteneva opportune nelle circostanze di allora e per l'uso parlamentare che al mio predecessore poteva occorrere di farne. Ma queste dichiarazioni verbali, anche nel pensiero del Signor Delcassé. non esauriranno l'argomento. E per la verità esse lasciano la questione della Tripolitania presso a poco allo stato in cui era prima, più l'aggravante dell'accordo anglo-francese. Esse potevano secondo la chiara allusione che le fece il Signor Delcassé, essere poi, a cose calme, seguite da spiegazioni dirette tra l'Italia e la Francia, e destinate a rimanere segrete intorno a quanto concerne l'interesse italiano nella Tripolitania. Il programma fu tracciato dallo stesso Ministro francese; dare ogni sicurezza all'Italia per l'avvenire della Tripolitania, considerare la questione della libertà della via di penetrazione necessaria al commercio della costa tripolina coll'interno.

Io .credo che a noi non convenga lasciar cadere nel silenzio l'invito contenuto nel linguaggio tenutole dal Signor Delcassé. Questo linguaggio, Ella scrive, ci può dar ragione di credere che il Signor Delcassé sia anche disposto a fare una forma unilaterale agli impegni presi verso l'Italia.

Questa forma è per noi grandemente preferibile. Si tratterebbe in questo caso della continuazione di quello scambio di spiegazioni e di trattative che fu incominciato dal mio predecessore dopo l'accordo del 21 marzo. Il documento da cui risultasse l'accordo non sarebbe che l'aggiunta di dichiarazioni segrete e scritte, più concrete e più soddisfacienti a quelle dichiarazioni verbali che già ci erano state fatte e che, per la loro natura, non erano tali da chiudere lo scambio delle idee tra i due Governi, in vista di giungere a un resultato più soddisfacente. In questo modo, sarebbero tolte di mezzo quelle obiezioni e quelle difficoltà che le accennavo poc'anzi. Ella può dunque, nell'indirizzo che Le ho ora esposto, riprendere la conversazione col Signor Dekassé. Ella lo farà colla sua abituale prudenza. Si tratta di avventurarsi su un terreno ancora incerto dal quale, se avvertissimo l'ombra di qualche pericolo, ci conviene poter ritirarci, senza andare incontro a una formale rottura di trattative. Conviene, innanzi tutto, evitare che all'accordo si vogliano associare altri argomenti di portata diversa intorno alle relazioni dei due paesi. Le debbo, di più aggiungere che il mio predecessore nutriva il dubbio che, a proposito delle vie interne del commercio, il Governo francese volesse, nell'interesse delle proprie vie di comunicazione, formulare delle riserve o assicurarsi delle facoltà che diminuirebbero la integrità riconosciuta della Tripolitania propriamente detta.

È per inteso che quando si parla della TripoLitania si intende con essa anche la Cirenaica.

Quanto al contenuto delle dichiarazioni che il Governo francese sarebbe disposto a farci, varrà meglio, per ora, che Ella cerchi di indagare il pensiero del Signor Delcassé.

Luzzatti mi disse, qualche tempo fa, che, a Parigi, il Signor Delcassé lo aveva assicurato che la Francia non aveva disegni su Tripoli, ma che altrettanto non poteva dirgli pel Marocco, dove forse qualche evento poteva verificarsi. Secondo le mie informazioni tutto è ora tranquillo al Marocco. Solo lo stato di salute del Gran Vizir faceva temere vicina la sua morte che poteva essere seguita da torbidi.

In questo stato di cose si può pensare agli antichi prog-etti della Francia sulle oasi del Tuat. Ma non so farmi, nelle condizioni politiche presenti, un concetto di quali altre questioni possano farsi. Una spartizione del Marocco non parmi possa essere ora un fatto, probabile o prossimo. Ad ogni modo, La prego di cercare a che cosa potevano alludere le parole tenute al nostro amico Luzzatti. Le questioni del Mediterraneo toccano intimamente alle nostre relazioni, gli interessi non sono inconciliabili ed è assai desiderabile che si possa procedere con fiducia e senza sorpresa.

(l) Cfr. n. 235.

(l) Il brano fra asterischi, ed. in E. SERRA, Camille Barrère e !'intesa ita!o-trancese, Milano, 1950, pp. 83-84.

(l) Il brano fra asterischi, ed. parzialmente in E. SERRA, Camme Barrère, cit., pp. 85-86.

311

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1134/446. Berlino, 25 luglio 1899.

In obbedienza agli ordini impartitimi col pregiato Dispaccio, in margine segnato (1), ho intrattenuto oggi questo Sotto Segretario di Stato per gli Affari Esteri intorno a quanto era stato riferito dal R. Console in Gerusalemme nel Rapporto di cui l'E. V. -ebbe la compiacenza d'inviarmi una copia. Dissi al Barone Richthofen come il Cavaliere Scaniglia fosse stato informato da fonte attendibilissima di nuove ed insistenti pratiche che il Governo francese starebbe facendo presso il Vaticano per ott-enere che l'attuale patriarca latino di Gerusalemme venisse innalzato alla dignità cardinalizia ed in sua vece nominato un prelato di nazionalità frances-e. Aggiunsi esser stato del pari risaputo da quel R. Console che passi nello stesso senso erano già stati fatti l'anno scorso dal Gabinetto di Parigi e che questi già .stavano per approdare, allorquando l'intervento di un'altra potenza, che si ha luogo di ritenere sia stata la Germania, ne impedì la riuscita. Omisi però di fare il nome di Monsignor Piavi come di colui che av-eva al Cavalier Scaniglia fornito quelle informazioni, onde non compromettere inutilmente quell'ecclesiastico nel caso in cui esse non fossero qui riconosciute com-e interamente esatte, ovvero, se esatte, qualora non fosse per garbare al Governo Imperiale che tale sua intromissione fosse ad altri divulgata. Dichiarai finalmente al barone di Richthofen che il

Governo del Re, interessato esso pure a che nessun cambiamento avesse luogo in Palestina il quale fosse per risolversi in un predominio della Francia e delle

sue congregazioni religiose, avrebbe visto di buon occhio se il Governo Imperiale avesse continuato ad efficacemente intromettersi, come già avrebbe fatto in passato, per il mantenimento di Monsignor· Piavi nell'attuale sua sede e, quando un mutamento dovesse presto o tardi avvenire, si fosse adoperato acciocchè la scelta del Vaticano cadesse sopra un italiano e possibilmente un francescano.

Il Barone di Richthofen, il quale parve ascoltare con vivo interesse le mie parole, mi disse che, sebbene al corrente delle .aspirazioni e dei maneggi del Governo francese per assicurare la prevalenza delle sue congregazioni in Terra Santa, ignorava però che nuove insistenze siano fatte presentemente alla Curia dal Gabinetto di Parigi per l'allontanamento di Monsignor Piavi da Gerusalemme. Mi pregava perciò di vivamente ringraziare l'E. V. per quella comunicazione che il Governo Imperiale avrebbe saputo tenere nel debito conto. Egli mi ·Confermò inoltre l'assoluta esattezza delle informazioni fornite dal Cavalier Scaniglia riguardo all'intervento della Germania, verificatosi l'anno scorso a favore del mantenimento a Gerusalemme dell'attuale Patriarca, ed aggiunse che il Governo Imperiale era, ora come prima, interessato a che Monsignor Piavi rimanesse a capo del Patriarcato latino di Gerusalemme, ed avrebbe per conseguenza continuato ad adoperarsi a tal fine.

(l) Si tratta del dispaccio n. 26652/310 del 7 luglio. non pubblicato.

312

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1931. Pechino, ... luglio (l) 1899, ore 1,30.

Chiesi udienza Tsungh-Yamen; sarà mio attento studio evitare con cura fornire occasione favorevole risposta risolutiva e conto riuscire. Cercherò presentare domande gradatamente in forma vaga, onde facilitarne discussione amichevole senza impegnare R. Governo. Sarebbe opportuno agenzia telegrafica am;mnciasse invio «Carlo Alberto» tacendo per ora richiamo «Marco Polo». Prego telegrafare se nulla si oppone che io accenni colleghi Inghilterra Germania appoggiare indirettamente nego~iati e presentandosi il destro, consigliare Governo cinese intendersi amichevolmente con noi. Ministro del Giappone ciò offerse spontaneamente. Se l'E. V. consente che io ne parli con altri due, pure sarebbe desiderabile che nuovo ministro di Germania ricevesse istruzioni dal suo Governo, come già ebbe scorsa primavera suo predecessore. Probabilmente ministro di China a Londra cercherà mettersi in comunicazione con codesto ministero. Scopo Governo cinese tentare trovare contraddizione fra V. E. mie conversazioni. Mi permetto perciò pregare volere serbéllre con lui massimo riserbo non precisando mie istruzioni. Non sono mosso in ciò da alcuna preoc

cupazione personale, ma da desiderio felice, completo esito questo negoziato, non probabile, ma non impossibile.

(l) Il t el. è registrato fra quelli arrivati il 28 luglio.

313

IL MINISTRO A BUENOS AIRES, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2399/490. Buenos Aires, 29 luglio 1899.

Ricciotti Garibaldi sbarcava il 24 corrente in questa capitale, preceduto da

numerosi telegrammi che ne pubblicavano sulla stampa locale i vasti progetti di

colonizzazione e le dichiarazioni fatte al suo passaggio per Rio Janeiro e Mon

tevideo.

Egli venne a vedermi l'indomani del suo arrivo, lagnandosi meco degli ap

prezzamenti attribuitigli dai corrispondenti che lo avevano intervistato e dichia

randomi essere suo proposito di studiare l'argomento della immigrazione ita

liana nell'Argentina, non solo, ma altresì di chiedere a questo Governo la con

cessione della «Patagonia » (così disse testualmente), verso la quale i nostri con

nazionali potrebbero essere avviati, con maggior vantaggio che non al Brasile

od al Venezuela, sotto gli auspici e mediante ampi mezzi forniti da un gruppo

di Egregie persone capitanato dal Principe Baldassarre Odescalchi, Marchese

Medici e da altri capitalisti romani. Affermava inoltre che questa sua idea con

tava coll'approvazione e coll'appoggio di S. E. l'Onorevole Signor Presidente

del Consiglio.

Mi limitai a rispondere che ogni studio di una regione così vasta e così poco

conosciuta come la Patagonia non poteva che riuscire utile e giovevole per l'av

venire della immigrazione in genere e della italiana in ispecie, ma che conveniva

anzi tutto circoscrivere e ben precisare la zona verso cui gli studi sarebbero di

retti, le sole Valli e territori immediatamente adiacenti al Rio Colorado ed al

Rio Negro rappresentando una superficie doppia di quella dell'Italia.

Prima di accomiatarsi Ricciotti Garibaldi mi disse che si sarebbe recato a

visitare il Presidente della Repubblica per isvolgergli il suo piano e che sarebbe

poscia entrato senz'altro in comuni.cazione coi Ministri Argentini.

Mi risulta infatti ch'egli è stato ricevuto dal Generale Roca, dal Ministro della Guerra e dal Ministro dell'Agricoltura.

Potendo da un momento all'altro essere interpellato dal Presidente o da membri del Governo circa la serietà dei propositi ed i mezzi d'azione di Ricciotti Garibaldi, quale rappresentante di un sindacato italiano di colonizzazione, ho stimato opportuno di chiedere all'E. V., con mio telegramma del 26 corrente (1), quale dovesse essere eventualmente il mio linguaggio.

La risposta dell'Onorevole Signor Presidente del Consiglio, che è piaciuto a

V. E. di comunicarmi telegraficamente il giorno appresso (2), mi ha confermato nell'atteggiamento di stretto riserbo che fin dal primo momento io mi era imposto.

(l) -Te!. 1917 del 26 luglio, ore 8,15, per. ore 7 del 27, non pubblicato. (2) -Te!. 2737 del 27 luglio, ore 20, non pubblicato, che comunica il te!. di Pelloux dello stesso giorno, ore 18,35.
314

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 7, fasc. 5-6/D; ed. in SERRA, L'Intesa Mediterranea, pp. 223-226) (l)

L. P. Parigi, 29 luglio 1899.

Ho trovato nei giornali nostri la notizia della improvvisa di Lei partenza per il Piemonte e la causa ne sarebbe la malattia d'un figliuolo suo. Vivrò in grande angustia finchè non avrò saputo che Ella è pienamente rassicurata.

Le sono gratissimo di avermi scritto a lungo il 25 di questo mese relativamente alle nostre relazioni ed agli affari in corso con la Francia (2). Per verità io non dubitava che, nelle linee generali, ci-trovassimo pienamente d'accordo; ma mi occorreva, prima di muovere altri passi, conoscere più chiaramente il pensiero di Lei intorno alla situazione di cui l'intesa commerciale e la ripresa degli affari sono la espressione e sovra la opportunità di profittarne per risolvere possibilmente le questioni che tengono vive certe diffidenze e che in talune circostanze potrebbero diventare per noi soggetto di inquietudine.

Convengo assolutamente con Lei che non gioverebbe alla solidità dell'opera della diplomazia seria il moltiplicare le dimostrazioni chiassose. Della nuova situazione dei due paesi., ne' reciproci loro rapporti, mi pare che l'uno e l'altro abbiano ormai acquistato la convinzione che basta senza che ne accorrano altri segni esteriori. Al quale proposito noterò che, con una certa insistenza, i giornali hanno recentemente parlato dell'invio che il governo nostro si proporrebbe di fare di una squadra a Marsiglia in occasione di feste che colà avranno luogo nel corso di quest'anno. Il presidente della Repubblica pare abbia declinato di assistervi. Non vi sarebbe dunque alcuna ragione per mandare in quel porto una squadra italiana. Oltre alla mancanza di una indicazione per ciò fare, vi sarebbero poi non pochi inconvenienti che bisognerebbe evitare nella esecuzione di un siffatto progetto di cui del resto parlo qui inddentalmente soltanto per non arrivare troppo tardi con le mie obbiezioni se veramente qualcuno vi avesse pensato.

Ed ora vengo alle due questioni che come Ella ben dice possono essere causa di sospetti presenti e di complicazioni future.

La questione della delimitazione dell'Eritrea verso Obock mi pare in buona via. Il punto più importante era di non lasciare discontinuità di possesso lungo la costa affinchè una terza potenza non ne approfittasse col pericolo di suscitare una complicazione grave nella quale ci saremmo trovati impigliati in una misura eccedente probabilmente gli effettivi nostri interessi in quelle regioni. Quanto più presto un atto diplomatico metterà in sodo la parte dell'accordo già stabilito, tanto meglio sarà; poichè, ridotta l'incertezza del possesso al solo isolotto, mi pare che sarà difficile che una terza potenza formi il progetto di impossessarsene.

A mio avviso se l'opinione del Genel'ale Dal Verme circa la scarsa importanza militare dell'isolotto prevalesse anche in Francia, l'intesa anche sovra questo ultimo punto non dovrebbe riuscire difficile. Quando fosse convenuto che sull'isola non si faranno fortificazioni e che e.sso non potrà essere ceduto ad altro

Stato, il !asciarne il possesso alla Francia mi sembra possa toccare assai poco ai nostri interessi. Mi varrò della facoltà datami per esplorare qui le intenzioni e poi ne riferirò con rapporto ufficiale.

In uno degli ultimi miei rapporti, a proposito della notizia di un concentramento di Musulmani che minaccerebbero la via fra Gibuti ed Harrar, ho fatto cenno dell'opportunità di regolare la questione della frontiera del nostro possedimento della costa dei Somali nel punto in cui esso si estende dietro il possesso inglese di Berbera sino al punto di congiunzione della colonia francese di Gibuti col territorio abissino. Non converrebbe allacciare questa delimitazione, o per lo meno il riconoscimento da parte della Francia della delimitazione che abbiamo fatto con l'Inghilterra per quella regione, con la definitiva risoluzione della questione dell'isolotto di Dumeira?

La questione della Tripolitania, per gli interessi morali sopra tutto che mette in giuoco nel nostro paese, non potrebbe prudentemente essere lasciata aperta indefinitamente. Per risolverla occorre però il concorso di molte circostanze che forse non sarà sempre facile trovar riunite.

Nell'ultima fase (aprile di quest'anno) si era fatto un gran passo poichè Delcassé avea accettato l'idea della dichiarazione unilaterale di cui Barrère gli avea trasmesso lo schema di Roma (1). Non si condussero le cose a termine perchè da parte nostra .si sarebbe voluto allora avere una dichiarazione pubblica per iscopi parlamentari e Delcassé invece opinava che per l'indole sua l'atto che si trattava di fare dovea rimanere segreto. Sovra questo punto del segreto

V. E. mi avverte che il pensiero suo non differirebbe da quello di Delcassé, sicchè per questo rispetto non vi sarebbe difficoltà a ripigliare la trattativa. Nè io stimo che le disposizioni personali di questo Ministro degli affari esteri siano mutate. Egli ancora recentemente mi dichiarava il suo fermo proposito di seguire verso tutti i paesi una politica che assicuri alla Francia delle simpatie e delle amicizie e mi palesava il suo desiderio di avere l'occasione, alla ripresa dei lavori parlamentari, di difendere questa sua politica in confronto di quella dei illazionailisti. Ma il Signor Delcassé nell'aprile faceva parte di un Ministero che si trovava nelle condizioni normali di vita. L'omogeneità che esisteva fra i componenti del Gabinetto Dupuy era una forza sovra la quale il Signor Delcassé poteva allora, meglio che ora, contare. Nell'attuale Gabinetto composto di elementi disparati potrà il Ministro degli affari esteri trovare il consenso che gli è necessario per addivenire con l'Italia ad un atto che chiamerei di diplomazia pura, impegnativo per l'avvenire, non reso indispensabile da circostanze presenti?

Dovrò necessariamente accertarmi anzitutto se il mutamento della posizione del Ministero francese rispetto alle cose interne non sarà di ostacolo alla ripresa di una trattativa l'esito della quale dipenderà sostanzialmente dalla presenza della persona del Signor Delcassé nell'attuale suo ufficio. A questo riguardo vi sarebbe urgenza a conchiudere. Traversiamo qui un periodo di profonda agitazione. È sperabile che non si producano violenti sconvolgimenti. Ma alla riunione delle Camere, in Ottobre, le forze del Ministero saranno esauste prin

cipalmente se il compito, per il quale si è costituito, sarà terminato. Malgrado l'incontestabile autorità che Delcassé ha acquistato, potrà egli ancora rimanere in carica se il Gabinetto Waldeck-Rousseau si dissolve? Se dunque le trattative possono essere ripigliate nelle condizioni attuali con sufficiente probabilità di buon esito, converrà venirne a capo entro un paio di mesi al più tardi.

Un ostacolo io temo e procederò cauto per non andarmici ad urtare. V. E. sa che quando noi proponemmo alla Francia la dichiarazione unilaterale di cui l'idea fu accettata da Delcassé, una uguale od analoga proposta fu fatta da noi all'Inghilterra che ricusò in modo categorico di assumere l'impegno che le domandavamo. Le due pratiche furono fatte a Roma per mezzo dei due Ambasciatori Barrère e Sir Ph. Currie. Ignoro completamente se qui si sia saputa la domanda da noi fatta a Londra e l'accoglienza che essa ebbe colà. Se cosi fosse, una tale informazione avrebbe potuto modificare le idee del Gabinetto francese il quale, nelle ipotesi alle quali quello di Londra sembra aver voluto accennare rispondendo all'Italia, ha principalissimo interesse a non precludersi la via della Tripolitania per portare le poderose sue forze africane contro l'Egitto. lo mi avvedrò, spero, senza troppa difficoltà se lo aver saputo alcuna cosa della nostra trattativa con Londra, abbia modificato il modo di vedere di Delcassé. Però se di nessun mutamento io dovessi qui accorgermi e potessi quindi avviare di nuovo il negoziato, stimerei necessario all'esito di esso che a Londra nulla se ne sapesse almeno fino a cosa conchiusa.

Terrò presenti le savie avvertenze contenute nella di Lei lettera. Anzi intorno ad una di esse mi pare utile che le dica il pensiero mio. Ella accenna al dubbio che il di Lei precedessore nutriva che, a proposito delle vie interne del commercio, il Governo francese volesse formulare delle riserve o assicurarsi delle facoltà le quali diminuirebbero la integrità riconosciuta della T,ripolitania propriamente detta. Forse fui io stesso a far nascere nell'animo dell'Ammiraglio Canevaro tale dubbio; poichè, contemplando le varie linee di penetrazione che potrebbero venir adottate per la costruzione della ferrovia transahariana, ho dovuto necessariamente tenere presente quella che dovrebbe appoggiarsi alle oasi di Ghat e di Ghadamez di cui la costruzione, se si dovesse effettuare, interesserebbe grandemente i paesi del bacino orientale del Mediterraneo. Mi ricordo di avere a tale riguardo emesso il pensiero che tale interesse per l'Italia supererebbe forse quello di conservare Ghadamez e Ghat all'integrità ottomana. Purtroppo noi non saremo mai in grado di fare la dispendiosa follia della linea ferroviaria che dovrebbe portare al Mediterraneo il movimento commerciale del centro dell'Africa. La Francia invece lo farà e noi ne profitteremo dippiù o di meno secondo la linea di penetrazione che verrà prescelta. Se la testa di linea sarà in Tunisia, ne avremo un profitto assai maggiore che se essa sarà nella provincia di Orano.

Se quest'ultimo tracciato dovesse essere preferito, rinascerà la questione delle oasi del Touat. Sebbene la cura con cui qui si coltivano le relazioni con la Spagna possa far supporre anche l'esistenza di maggiori e più vasti progetti, stimo tuttavia che per il momento una complicazione dalla parte del Marocco si limiterebbe alla questione del possesso di quelle oasi. È una questione nella quale ci siamo impegnati negli anni decorsi quando ci pareva di poter mantenere integro il princ1p1o della assoluta conservazione dello statu quo nel Me

diterraneo. Se la potenza territoriale del Marocco dovesse soffrire nessun'altra

diminuzione che quella delle oasi predette, bisognerebbe andar guardinghi, a pa

rer mio, nel metterei in prima linea per impedirne alla Francia la presa di pos

sesso. Se non erro l'ultimo atto nostro in quell'affare fu la comunicazione che

abbiamo fatto insieme alla Spagna ed alla Germania al Sultano marocchino

per esortarlo a rifiutare concessioni territoriali alla Francia. Ed a quella comu

nicazione il Marocchino rispose: «difendetemi e poi io rifiuterò». Non credo

che le tre potenze si siano impegnate a guarentire il Sultano e questi conservò

la sua libertà di azione. Ad ogni modo dalla parte del Marocco converrà vegliare

per evitarci sorprese. Però gli interessi inglesi e quelli stessi della Germania ven

gono in quel paese assai prima dei nostri e mi pare logico che ognuno si muova

nell'o,rdine assegnatogli dall'importanza degli interessi propri.

Questa lettera sarà portata fino a Torino dal corriere di Gabinetto che mi ha

recato il piego da Lei direttomi.

(l) -Riprodotta m PASTORE, op. cit., pp. 276-279. (2) -Cfr. n. 310.

(l) Cfr. n. 229.

315

IL MINISTRO A TOKIO, ORFINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2057. Tokio, 16 agosto 1899, ore 10,55 (per. ore 9 del18).

Questo ministro esteri mi fece sapere che, ri:guardi verso Cina, gli impediscono attualmente ,appoggiare nostre domande commerciali. Quanto a queste domande mi fece intendere non interessare Giappone quelle riguardanti concessioni fum-i provincia Ce-Kiang, e assicura non avere obiezioni concessioni due miniere presso San Mun, nonchè ferrovia dal lago Panian alla costa, nei limiti riferitigli dal ministro del Giappone a Pekino. Soggiunge però Giappone farebbe obiezione qualche altra eventuale domanda per es. di inalienabilità di terreni. Tutto ciò prova situazione cambiata, nonchè mire Giappone a tale riguardo.

316

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. RACCOMANDATO 32086/229. Roma, 17 agosto 1899.

Circa il grave argomento cui si riferivano i dispacci del mio Onorevole Predecessore del 1° e del 7 maggio u. s. n. 18344 (2) e 18379 (3), ai quali, per verità, non è stato finora risposto in modo da eliminare le nostre preoccupazioni sulla questione dell'Harar, mi giunge ora dal Capitano Ciccodicola un rapporto che voglio, senz'altro, integralmente comunicare all'E. V.

La questione di Harar è vitale per l'Etiopia, di cui quella regione è la chiave orientale, e delicatissima per l'Italia la quale, per salvaguardare la sua posizione in Abissinia, ha bisogno che l'Inghilterra mantenga gli impegni assunti col protocoilo del 5 maggio 1894.

Dalla E. V. nulla ci è stato scritto che lasci trasparire la possibilità di sorprese a nostro danno. Ad ogni modo, Ella ha nelle istruzioni del mio Onorevole predecessore la chiara enunciazione delle conseguenze che da un accordo anglofrancese per 1l'Harrar potrebbero derivare all'Italia. È quindi superfluo che io Le raccomandi ogni maggior vigilanza.

La prego di accusarmi ricevimento del presente dispaccio.

ALLEGATO

CICCODICOLA A VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 10. Addis Abeba, 6 luglio 1899.

Ho l'onore di trasmettere copia dello studio fatto dagli ingegneri della ferrovia Gibuti-Harrar riguardante il tracciato della linea ora in costruzione.

Chiedo perdono se ardisco presentare all'E. V. la suddetta copia su pezzetti d1 carta, e disegnata malamente a lapis, ma la ristrettezza del tempo che mi era disponibile per delucidarla non mi ha permesso di fare un lavoro più accurato e meglio presentabile. D'altra parte, ritenere ancora con me tale lucido per trasportarlo su carta migliore, mi avrebbe costretto a dilazionare ancora la spedizione di questo documento che m'interessava invece di farlo pervenire all'E. V. nel più breve tempo possibile.

La linea ferroviaria che sarà costruita è tracciata sullo schizzo in inchiostro. I lavori, quantunque continuamente interrotti e disturbati, sembra che procedano abbastanza bene, se non celermente.

Ora sembra (con qualche ritardo, è vero) che il Governo francese comprende quale vatore politico può acquistare detta ferrovia che tanto è contrastata dall'Inghilterra che anche essa solamente ora ne vede l'importanza.

La ferrovia di Harrar segnerà la conquista morale di quella unica splendida regione dell'Etiopia. E se non apporterà lucri pari alle spese, rappresenterà sempre una vera influenza francese dando maggiore impulso alle aspirazioni di questo Governo per lo Harrar e fornendo un addentellato di serio valore per reclamare in seguito l'effettivo possesso dell'intera regione.

Q;.ti per la questione dell'Barrar il Negus è bene al corrente e perfettamente infonnato di tutto. Egli certo si opporrà ad ogni richiesta od occupazione ma credo che non sarà in Etiopia, e tanto meno nel Ghebi imperiale che si cercherà di risolvere tale probabilità. E se mai qualche cosa avverrà, credo che solo troppo in ritardo ne potrò informare V. E., ritenendo appunto che la questione, allorch.è entrerà in un campo più pratico, sarà già stata regolata in Europa. In ogni modo, con tutta coscienza e con ogni possibile diligenza, terrò dietro a questa quest'lane, come da V. E. mi è stato ordinato.

(l) -Il documento risulta firmato dal Sottosegretario Fusinato. (l) -Cfr. n. 248. (3) -Non pubblicato.
317

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2076. Pechino, ... agosto 1899, ore 12,30 (per. ore 1,45 del 21).

Ieri Tsung-li-Yamen mi ha riferito osservazione sulle domande da me accennate. In sostanza, conclude ·COn un rifiuto ma non definitivo, limitandosi sollevare obiezioni e mi ha spontaneamente pregato riflettere sulle sue poi ritornare per proseguire discussione. Tale insolita cortesia, almeno nei modi, dipende dal timore, da me con mezzo indiretto mantenuto vivo, Italia sia disposta agire energicamente qualora scontentata. Sono persuaso che, qualora notizie telegrafiche confermassero esistenza tale pericolo, Governo chlnese accorderebbe almeno parte delle nostre domande. Crederei perciò utile se l'E. V. volesse far sa

pere ministro di China Londra: « mostrarsi arrendevoli circa domande commerciali essere unico mezzo per Governo chinese evitare gravi complicazioni »; sembrerebbe meglio non dettagliare domande. Rettifi.cherò col collega di Giappone inesattezze circa nostre domande, benchè non credo ciò modifichi suo atteggiamento. Del resto, incaricato d'affari di Inghilterra non ebbe ancora risposta per appoggiarci e il ministro di Germania è ancora in campagna. Credo che sia probabile non possiamo .contare troppo loro appoggio, perciò comunicazione al ministro di China Londra diviene assai utile, forse decisiva. Continuerò discussione con lo Tsung.li-Yamen, sempre evitando discussione, rifiuto decisivo.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. RACCOMANDATO URGENTE 32699/237, Roma, 22 agosto 1899.

Mi riferisco al suo telegramma del 27 luglio u. s., e Le comunico un interessante rapporto del R. Agente al Cairo circa il confine abissino-sudanese già in massima concordato tra Menelick e Harrington, salva l'approvazione del G~verno britannico. Secondo riferisce il Commendator Tugini, il tracciato proposto dal Negus lascia alla Inghilterra Matemma e Fazoglo, e all'Abissinia Beni Sciangul, volgendo, poi, verso il Sobat in modo da conservare agli inglesi la parte bassa del corso di quel fiume fino a un punto da determinarsi. A giudicare da queste indicazioni generali, dando uno sguardo alla carta della regione delimitata dal protocollo anglo-italiano del 15 aprile 1891, la confinazione anglo-abissina modificherebbe a nostro danno il tracciato stabilito da quel protocollo dalla parte del Gallabat, che è compreso nella sfera di influenza dell'Italia. Fino a che si è trattato di operazioni militari anglo-egiziane, rese necessarie da esigenze di difesa, il Governo del Re, non volendo creare difficoltà, neanche di ordine politico, all'Inghilterra impegnata in una grossa guerra contro il Madismo, si è tenuto pago della notificazione, fatta dal Comandante delle forze Anglo-egiziane al Governo di Massaua, della occupazione del Gallabat. Ma, ora, la situazione militare è mutata, e la questione del Gallabat è entrata nel campo di negoziato diplomatico col Negus: ragione per cui la Gran Bretagna, nelle sue trattative col Sovrano di Etiopia, non potrebbe, senza mancare ad un dovuto riguardo verso l'Italia, non tener conto degli impegni derivanti dal protocollo del 15 aprile 1891 che è un patto contrattuale che non può essere mutato senza reciproca intesa. Le assicurazioni dateci dall'Inghilterra, nel marzo 1897, quando fu inviata la missione Rodd ad Addis Abeba, che nulla si sarebbe stipulato con l'Abissinia che potesse diminuire i diritti derivanti all'Italia dai protocolli del 24 marzo e 15 aprile 1891 e 5 maggio 1894 (vedi dispaccio 1° maggio u. s. n. 132) (1), e il fatto

che la delimitazione anglo-abissina verso il Golfo di Aden del 14 maggio 1897 fu effettivamente stipulata, rispettando scrupolosamente il tracciato del protocollo

anglo-italiano del 5 maggio 1894, poichè l'Inghilterra cedette a Menelick territorio, al di qua di quel tracciato, che dall'Italia le era stato riconosciuto come di sua sfera di influenza, ci: lasciavano credere che il Gabinetto di Londra non avrebbe mancato di provocare un amichevole scambio di idee con l'Italia circa l'eventualità che le trattative con Menelick per determinare il confine tra Etiopia e Sudan, potessero condurre a modificare, come sembra oramai certo, la situazione di fatto e di diritto stabilita tra Italia e Inghilterra dal protocollo del 15 aprile 1891, nei riguardi del Gallabat.

Senonchè, date le nostre relazioni con l'Inghilterra, noi crediamo che ciò non abbia potuto avvenire, contrariamente alle assicurazione dateci, se non in forza di altre considerazioni che hanno indotto il Gabinetto di Londra a credere mutata ipso iure la situazione di diritto e di fatto dell'Italia in quella regione dopo il trattato di Addis Abeba, basandosi, per il ritorno del Gallabat all'Egitto, sul protocollo separato se.greto stipulato il 15 aprile 1891 a Roma contemporaneamente a quello della stessa data per la delimitazione verso Ras Casar.

Il protocollo segreto, di cui ignoro se esista traccia presso codesta Legazione, è così concepito: «Se référant au protocole qu'ils viennent de signer aujourd'hui meme, à ce diìment autorisés, déclarent ce qui suit:

Il est entendu que, si jamais le gouvernement italien voulait réduire sa sphère d'infl.uence dans une partie quelconque du territoire entre la frontière actuelle de l'Ethiopie et la ligne de démarcation indiquée à l'art. I du dit protocole, le gouvernement italien n'aurait pas d'objection à ce que le territoire ainsi abandonné par lui soit stablement occupé par le gouvernement egyptien.

Fait à Rome, en double exemplaire, ce 15 avril 1891. Signé Rudini. Dufferin

andAva:~>.

La mia supposizione è avvalorata da questo che Lord Cromer, parlando col Commendator Tugini del Gallabat, a proposito del negoziato per il regime doganale tra Eritrea e Sudan, disse che Metemma, per l'abbandono fatto dalL'Italia dell'altipiano abissino, era ritornata all'Egitto (dispaccio lo maggio u. s., n. 132).

Come è evidente, questa asserzione non ha alcun fondamento in diritto, poichè quanto si riferisce alla posizione dell'Italia in Etiopia, dopo il trattato di Addis Abeba, è cosa affatto estranea ai noti protocolli con l'Inghilterra, che, come abbiamo detto, costituiscono un patto contrattuale da non poter essere modificato se non per reciproca intesa; non ha alcun fondamento in fatto, poichè l'eventualità contemplata nel protocollo segreto del 1891, se a questo si vuoi riferirsi, non ha avuto luogo, continuando l'Italia, rispetto all'Inghilterra, ad avere ora sull'altipiano abissino la stessa posizione che aveva prima del trattato di Addis Abeba.

Noi non vogliamo creare difficoltà all'Inghilterra nelle sue relazioni con la Etiopia, ma non vogliamo neanche pregiudicare l'avvenire con una acquiescenza che sarebbe, certo, interpretata a nostro danno.

Desideriamo, pertanto, che l'E. V., sulla base delle considerazioni svolte in questo dispaccio e in quelli del 1° e 7 maggio u. s. n. 18344 (l) e 18379 (2), ai

quali, per verità, non è stato finora risposto in modo da eliminare le nostre preoccupazioni, parli amichevolmente e francamente a Lord Salisbury della cosa, invitandolo a studiare d'accordo il modo che, senza porre ostacoli all'azione britannica nel suo negoziato con l'Etiopia, salvi i diritti e gli interessi dell'Italia in Eritrea e in Etiopia nelle sue relazioni con l'Inghilterra, quali risultano e dai protocolli con essa stipulati, e dalla identità di interessi nell'Africa Orientale, e dal desiderio reciproco di procedere d'accordo, come finora è avvenuto, in Egitto, nel Sudan e in Etiopia.

Al suo tatto e alla sua perspicacia affido la trattazione di questo delicato affare alla cui soddisfacente soluzidne il Governo del Re annette grande importanza.

(l) Cfr. n. 248.

(l) -Cfr. n. 248. (2) -Non pubblicato.
319

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2244. Roma, 27 agosto 1899, ore 13,30.

Lord Salisbury mi ha fatto chiedere quali siano precisamente le domande da noi presentate al Governo cinese. Prego far conoscere a S. S. che le domande da noi ora presentate consistono nella riproduzione di due domande di concessione già presentate nello scorso anno, e cioè: l) Una miniera di carbone con piccola ferrovia nel Petchilì presso Pekino chiesta dall'ingegnere de Albertis; 2) Una miniera nel Quantung presso Canton chiesta dal signor Nervegna. Inoltre nelle attuali conversazioni collo Tsung-li-Yamen fu accennato, senza formale presentazione, ad una concessione di miniera e ferrovia nel Cekiang chiesta da un regio suddito dopo gli ultimi avvenimenti. Lo Tsung-li-Yamen ha dato sinora risposte evasive. Noi continuiamo a negoziare senza precipitazione. Quanto al senso in cui dovrebbero, secondo il nostro desiderio, essere concepite le istruzioni da telegrafarsi all'incaricato d'aff,ari britannico in Pekino, mi parrebbe esser questo il momento opportuno perehè il Governo britannico ci desse il suo appoggio, facendo giungere alla Cina consigli ed ammonimenti per impedire complicazioni gravi, che il Governo italiano, nel comune interesse, non desidera, ma a cui si troverebbe costretto di fronte ad un prolungato e persistente rifiuto, mentre la Cina potrebbe oggi facilmente evitarle senza alcun sacrificio. In questo medesimo senso mi sono espresso con ambasciatore inglese che scrisse analogamente a lord Salisbury. Questi ci darebbe gradita prova di amicizia se fa-, cesse giungere all'incaricato d'affari britannico a Pekino istruzione precisa di esporre allo Tsung-li-Yamen questa .situazione nel modo che crederà più efficace per rr,ggiungere effetto. Sarebbe anche opportuno che ella, senza compromettersi direttamente, trovasse modo di far giungere al ministro cinese a Londra notizia

dell'attitudine ,che il Governo italiano non potrebbe a meno di assumere di fronte alla dimostrazione di un persistente malvolere della Cina.

320

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2250. Roma, 29 agosto 1899, ore 12,30.

Tenendo conto suoi suggerimenti (1), ho fatto giungere e farò giungere ancora, per mezzo di giornali e di agenzie telegrafiche, notizie opportune a preoccupare Governo cinese. Ho anche officiato Governo britannico perchè dia istruzioni suo incaricato di affari Pekino di ammonire seriamente la Cina delle complicazioni a cui si esporrebbe, opponendo persistente rifiuto nostre modeste domande (2) . Ella potrà informarsi se tali istruzioni vennero ricevute, concertando col suo collega britannico la condotta più opportuna. Debbo peraltro confermarle istruzioni di continuare negoziati ·con longanimità, e, pur facendo comprendere non essere noi disposti a desistere dalle nostre domande, di non affrettare, tenendo questioni aperte ed evitando la possibilità di un rifiuto, che, qualora dovesse essere inevitabile, preme al R. Governo per molte ragioni di ritardare quanto più è ,possibile. Ella poi si limiterà per ora ad insistere sulle concessioni già chieste anno passato. Pregola specificarmi domanda miniera e ferrovia Ce-Kiang, se trattasi tratto Ningpo-Nombrod, aggiungendomi nome serietà capitali concessionari e la nazionalità dei capitali. Nel corso delle sue trattative ella potrà, se lo crede conveniente, far conoscere il nostro proposito di ampliare il nostro servizio consolare in Cina e di aiutare in ogni modo lo svolgimento dell'azione commerciale e industriale italiana in codesto impero.

321

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2276. Roma, 1 settembre 1899, ore 19,15.

Ricevutv .suo telegramma (3J circa disposizione men favorevole mostrata dallo T.sungh-Yamen nell'ultimo convegno. Osservo che mentre domande da Lei presentate possono, se accolte, offrire modo di cònsiderare chiusa la fase attuale, non sono d'altra parte tali da giustificare nel momento presente una crisi ed una azione militare. In tale stato di cose, ed anche in considerazione delle nostre pratiche precedenti a Londra importa più che mai dare al negoziato un c1arattere dilatorio evitando ad ogni costo l'eventualità di un rifiuto, sospendendo piuttosto di fatto, se fosse necessario, le trattative senza comprometterle.

322

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2291. Roma, 4 settembre 1899, ore 19.

Incaricato d'affari di Germania mi dà notizia d'un rapporto trasmesso al Governo imperiale dal suo ministro a Pekino nel quale si parla d'una domanda di

una concessione mineraria presso Pekino fatta dal Governo italiano e alla quale aspirerebbero anche degli interessati tedeschi che possederebbero in quel luogo delle proprietà fondiarie. Mi pare che non potrebbe trattarsi che della domanda De Albertis. La prego di informarmi del vero stato delle cose, non avendomi ella mai fatto allusione a questo possibile conflitto di interessi.

(l) -Cfr. n. 317. (2) -Cfr. n. 319. (3) -Tel. 2136 del 30 agosto, ore 14,45, non pubblicato.
323

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2165. Parigi, 5 settembre 1899, ore 4,15.

Questa mattina la difesa di Dreyfus ha presentato al consiglio di guerra due domande. La prima consiste nella citazione di Schwarzkoppen e Panizzardi come testimoni necessarii. La seconda consiste nella domanda da farsi dal Governo francese in via diplomatica della restituzione dei documenti enumerati nel borderaux. Questa seconda domanda non ci concerne. Esterhazy mai non ebbe diretta relazione con agente italiano. Se per caso alcune note da costui emananti fossero rimaste o nelle carte dello stato maggiore italiano od in quelle che io non conosco e che sono chiuse nella cassa forte dell'addetto militare di questa ambasciata troverei corretto che le medesime fossero restituite a Berlino. A tale proposito ringrazio sotto-segretario di stato della lettera portatami ieri sera dal marchese Durand de la Penne. Circa l'altra domanda, quella cioè di citare come testimonio Panizzardi, premetto due cose: l) Che il caso di Panizzardi è molto diverso da quello del suo collega tedesco e che, conseguentemente, non esiste ragione che imponga ai due una identica condotta. 2) Che la considerazione dei rapporti dell'Italia con la Francia esclude che il nostro ufficiale si presenti personalmente. In caso di invio di una rogatoria non vedo invece come si potrebbe ricusare il corso ordinario della medesima. Abbiamo il precedente del caso Chapuis 1893, e Panizzardi avendo deposto allora, mentre era addetto militare e risiedeva a Parigi, mi pare impossibile ricusare la sua testimonianza, ora che ha cessato di ricoprire quella carica ed ha abbandonato la sua residenza in Francia. Le domande che nella rogatoria potranno essere formulate riguarderanno o le relazioni avute con Dreyfus; e, sopra queste, Panizzardi non può deporre altrimenti che conforme alla verità, che esse non hanno mai esistito; oppure, le relazioni avute coll'Esterhazy; e, siccome la testimonianza indiretta non ha valore giuridico, dove la testimonianza è possibile, io 'Sono d'avviso che Panizzardi dovrebbe: l) negare di aver avuto relazioni dirette con Esterhazy; 2) dichiarare che, non potendo, intorno a costui, ripetere altro che cose udite dire da terzi, ma non udite e vedute personalmente, egli non è in grado di illuminare la giustizia. Una deposizione in questi termini sarebbe corretta sotto tutti i punti di vista, onorerebbe l'uomo ed il' paese al quale appartiene. Certamente la rogatoria fornirebbe l'occasione di ribattere con efficacia le accuse che·, con la divulgazione dei pretesi documenti segreti, sono state portate contro Panizzardi. Ma, sebbene nei rapporti da me già spediti ed in quelli che V. E. riceverà siano state messe in evidenza tali accuse, tuttavia reputo incauto difendersi ·contro documenti dei

quali s'ignora il testo. Stimerei opportuno inserire nella risposta di Panizzardi alla rogatoria una protesta generica, con la quale venissero respinte con ener

giche parole le accuse stesse, che si pretesero dedurre da scritti e rivelazioni di cui si celano le origini e non si controllano i testi con la persona del cui nome si è abusato fino a adoperarlo in atti falsificati, dei quali fu fatto uso pubblico e delittuoso.

324

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2167. Parigi, 6 settembre 1899, ore 0,10.

Avvocato Labori, che io personalmente non conosco, mi telegrafa da Rennes di avere telegraficamente invocato da S. M. il re, in nome della giustizia e della verità, l'autorizzazione per Panizzardi, acciocchè venga a deporre davanti il consiglio di guerra. Mi riferisco al mio telegramma d'oggi (l) e confermo essere mio parere che la cura dei nostri rapporti colla Francia impedisce di esporre il colonnello Panizzardi alle insolenze delle quali egli potrebbe essere fatto segno in questo paese. Il Tempo di questa sera lascia credere che il ministero degli affari esteri darà corso alla rogatoria. In tal caso V. E. è già, dal precitato mio telegramma, informata del mio modo di vedere. Il nostro rifiuto di lasciare corso alla domanda della testimonianza di Panizzardi ci alienerebbe la parte sana della opinione pubblica francese, la quale vi vedrebbe un deliberato proposito nostro di prolungare ed aggravare l'anarchia morale nella quale oggi la Francia si dibatte. Dell'altra parte della opinione pubblica, che non poteva palesarsi più brutalmente e più cinicamente ostile a tutto ciò che è straniero, non conviene in questo momento occuparci. Se i suggerimenti, che mi sono permesso dare, persuaderanno, la condotta nostra sarà perfettamente corretta, e ci assicurerà l'approvazione e la simpatia di tutti coloro che pensano sanamente in Francia ed in tutto il mondo civile.

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTERO DEGLI ESTERI (2)

T. s. N. Torino, 8 settembre 1899, ore 9,15 (per. ore 10,45).

Prego incaricare Toxnielli ringraziare Delcassé per la dichiarazione fatta dal ministro di Francia a Pechino e per la prova di amicizia dataci dalla Francia in questa occasione. Le faccio osservare a questo proposito essere per noi dovere di lealtà ottenere assoluta guarentigia che l'impresa rimanga italiana e che l'atto di condiscendenza della Francia a nostro riguardo non vada a beneficio di altro paese,

la onde conviene che Salvago riceva a questo proposito delle istruzioni positive prima che sia autorizzato a cominciare le trattative.

(l) -Cfr. n. 323. (2) -A Malvano?
326

IL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 670/144. Zanzibar, 25 settembre 1899.

Il Cavalier G. E. Elia, ex tenente di vascello della R. Marina e attualmente Direttore delle Torpedini della Ditta Gio. Ansaldo e C. di Genova, ·che ho qui conosciuto in principio di questo mese, al suo passaggio, diretto per il Transval e imbarcato sul piroscafo Herzog della Deutsch Ost Afrika Line, mi scrive da Mozambico quanto segue: « in questi .giorni ho sorpreso e letto un manoscritto appartenente ad un alto personaggio tedesco, dal quale risulta essere imminente un'azione della Germania per impossessarsi del Marocco. L'Imperatore di Germania andrebbe ora in Inghilterra per combinare il colpo con l'approvazione della Regina Vittoria. Io spero che l'Italia saprà ottenere la sua parte».

Trasmetto la notizia all'Eccellenza per quello che può valere, certamente è verosimile...

327

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2350. Londra, 2 ottobre 1899, ore 13,12.

Times pubblica seguente telegramma Pechino:

«La politica indecisa del Governo italia.no desta qui molta critica avversa. Opinione è che sola via aperta all'Italia è rassegnarsi a quanto China vuol dare,

o dire, definitivamente, quello che vuole avere insistendo per una soluzione ad ogni costo. Chinesi sono convinti che presenti proposte italiane sono fatte solo per riguadagnare prestigio perduto nella questione San Mun. Il rinforzo della squadra non ha altro scopo».

328

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2548. Roma, 5 ottobre 1899, ore 12.

Ritardo invio istruzioni cagionato necessità nettamente chiarire questione interessi germanici più grave di quanto a lei risulta. Discutendosi pertanto tale questione direttamente due gabinetti, voglia astenersi trattarne ministro Germania a Pekino. Attendo altresì risposta camera che suppongo favorevole. Reputo utile dirle confidenzialmente che ministro marina non assumerebbe responsabilità azione energica da lei consigliata senza invio tre nuove navi, oltre «Liguria»; «C. Alberto» in viaggio, quattro trasporti senza obbiettivo militare concreto, tempo spesa indeterminabili. Avvenuta .rinunzia San Mun tali gravissimi imuegni apparirebbero ingiustificati qualità, quantità affari puramente privati cui trattasi, urterebbero contro difficoltà politiche interne che nè io nè altri

potrebbe superare. Seguito calcolare sua cooperazione intelligente devota aiutare Governo uscire meno male attuali difficoltà.

329

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2527/47. Addis Abeba, 6 ottobre 1899 (1).

Harrington scrisse a Menelik Governo britannico aver preso in benevola considerazione proposta per frontiera Sudan però, esistendo trattato con Italia e mancando carte per aver conoscenza territorio ove dovrà segnarsi confine non è possibile subito prendere una deliberazione. Saranno intanto inviate due spedizioni, una nei Beni Sciangul, altra sud Rodolfo per compilare carte. Si domanda appoggio Menelik per facilitare compito. Menelik è sorpreso di questo temporeggiare; mi pare che inglesi, più che per riguardo a noi, vogliono prima bene studiare linea più conveniente per ferrovia, modificando al caso, proposta confine, per averla tutta nel proprio territorio. Ras Darghiè è gravemente ammalato, si teme prossima fine. Una nuova missione, sotto il nome di Croce Rossa Russa, viene sostituire medico che qui dirige ospedale (2).

330

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 1185. Parigi, 10 ottobre 1899.

L'eco di qualche giornale inglese, ripercosso in alcune gazzette francesi, farebbe credere che l'opinione pubblica in Italia si pronunzia in favore della causa dei Boers nel loro conflitto con l'Inghilterra. Un nume·ro considerevole di veterani garibaldim avrebbe offerto i suoi servizi al presidente Kriiger.

La notizia, data in questa guisa, mi pare non poter essere esatta. Siccome però grave sarebbe la ripercussione sovra lo spirito pubblico inglese di siffatte novelle se esse avessero qualche fondamento nella verità dei fatti, credo cosa utile il segnalare a V. E. che Amilcare Cipriani avrebbe cercato di annodare trattative con il rappresentante del Transwaal a Bruxelles per conseguire il concorso peetiniario necessario alla formazione di una legione di volontari italiani che si recluterebbe fra i legionari che andarono in Grecia.

La questione nostra del confine è questione di vera e seria importanza per noi, ma non è, credo, tale da farci temere da un istante all'altro una completa rottura di relazioni. Nè l'Imperatore vuole la guerra, nè l'Italia la desidera; sarà questione di tempo e di pazienza, ma non tale, mi sembra, da impedire che speculazioni private agiscano, a modo d'esempio, come quelle inglesi. Oggi siamo ancora in tempo perchè la piazza è ancora libera, ma se domani capitali del signor Lane riusciranno veramente ed utilmente a trovare l'impiego, quanto più cara ci costerà la concorrenza con essi? •.

Mi si dice che se la sovvenzione fosse data dal Transwaal insieme al Cipriani sarebbero pronti a partire di Francia parecchi altri italiani ascritti al partito sovversivo. Nel programma, appena è mestieri di dirlo, figura il ritorno della legione vittoriosa, con sbarco in Italia e proclamazione della repubblica sociale.

(l) -Il tel. fu spedito ad Aden, da dove fu trasmesso a Roma il 27 ottobre, ore 14. (2) -Cfr. quanto lo stesso Ciccodicola aveva scritto il giorno precedente (R. 20, ACS, Carte Martini, b. 12, fase. 66): Intanto queste misere concorrenze, che superficialmente considerate non meriterebbero di essere poste in rilievo, a me pare che possano acquistare qualche importanza pel fatto che esse accentuano la lotta di influenza, che in ogni seliso e sotto ogni forma le altre Potenze esercitano. E se ardisco parlarne rul'E. V. ciò è perchè mi sento in dovere' di segnalarle anche· i minimi particolari per additare il lavoro deile altre Potenze, che, con Ospedali, Poste, Ferrovie, Armi ed altri occulti espedienti, cercano di insinuarsi in questi Paesi ~r ritrarne in tempo, forse non lontano, tutti gli utili possibili e compatibili con le risorse locali. Noi, è vero, ci siamo arrestati innanzi alla questione frontiera, ma credo sarebbe bene distinguere tra questo obbiettivo del Governo e quelli privati commerciali.
331

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2442. Berlino, 15 ottobre 1899, ore 17,08.

Tutte le mie premure tendenti ad ottenere una comunicazione scritta nel senso indtcato nel mio telegramma de~ 13 corr. (1), furono inutili. Governo germanico crede che sia assolutamente necessario lasciare ai rappresentanti italiano -e tedesco a Pechino il compito dello intendersi fra loro sulla base che nessuno dei due abbia a sostenere domande che ledano interessi dei sudditi dell'altro. Governo tedesco è bensì persuaso che siano fondati i diritti dei suoi nazionali nella speciale concessione delle miniere e ferrovie a ovest di Pechino, perchè così afferma ministro Germania colà, ma non può assumersi responsabilità di farne dichiarazione formale e vorrebbe, ripeto, che i due rappresentanti, i quali sul sito possono meglio giudicare, provvedere essi di pieno accordo fra loro. Tanto meno poi Governo germanico stimerebbe conveniente dichiarare in una nota scritta, la quale, per avvertenza [sic] può venire pubblicata, le riserve e opposizioni che sarebbe nel caso dover fare a domande italiane. Una tale nota potrebbe essere dai nemici della triplice alleanza, non al corrente dei fatti, usufruita per accusare Germania poco disposta a curare interessi dell'Italia. Tale fatto essere di ben maggiore portata della questione in discorso la quale, secondo il parere di questo Governo può e deve essere risolta a Pechino stesso dai rappresentanti dei due paesi senza ulteriori speciali ingerenze dei Governi centrali. In tale stato di cose, non saprei che ulteriormente insistere, e mi limiterei ad osservare, che se apprezzo le considerazioni di alta politica le quali guidano la condotta del gabinetto di Berlino, non posso a meno però di lamentare che, con qualche parola più precisa, esso non ci abbia dato il mezzo, che, del resto, detto in confidenza, noi desideriamo, di troncare la questione col ritiro della domanda italiana. Un ultimo telegramma del ministro Germania a Pechino ripet-e che Salvago è nl corrente di ogni cosa, e lascia traveder la probabilità che sudditi tedeschi e italiani aspiranti alle concessioni, di cui è questione, stiano per accordarsi fra loro.

332

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, DE RENZIS

D. RISERVATO URGENTE 46446/434. Roma, 16 ottobre 1899.

Mi pregio di trasmettere all'E. V. in via confidenziale la acclusa copia di un rapporto del R. consolato in Zanzibar in data 25 scorso n. 670/14 (2) nel quale è riferito che, secondo informazioni degne di fede, la Germania aspire

rebbe ad impossessarsi del Marocco: e l'imperatore Guglielmo nella sua pros

sima visita alla regina Vittoria, si proporrebbe di trattare con S. M. di questo

affare e di attenerne l'approvazione.

Per quanto la notizia giunga affatto nuova e sembri priva di fondamento

credo tuttavia opportuno di comunicarla all'E. V. per quelle indagini che cre

desse utile di far al riguardo.

(l) -Tel. n. 3426-bis, del 13 ottobre, ore 6,10, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 326.
333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2746. Roma, 2.2 ottobre 1899, ore 19.

Dalle spiegazioni direttamente scambiate col gabinetto di Berlino risulta che veramente esistono, rispetto all'oggetto della concessione chie.sta da De Albertis, interessi tedeschi coi quali i nostri potrebbero venire in contrasto. In tale stato di cose, ed anche a prescindere dalla costante resistenza dello Tzung-liYamen, io penso che non ci ·conviene, persistendo nell'appoggiarla, aggiungere nuove complicazioni d'altra natura a quelle già esistenti. Ella può quindi dichiarare allo Tzung-li-Yamen, nel riprendere con esso il negoziato, che noi intendiamo oramai limitare la nostra azione alle concessioni Camera e Nervegna, entrambe m massima già consentite. Per la concessione Nervegna ella può condurre la trattativa fino a suo termine. Per la concessione Camera ella dovrà intanto avvertire Tzung-li-Yamen che interessato, prima di decidersi di fronte alle condizioni in .cui la concessione gli verrebbe fatta, desidera fare studii sul luogo. Ella può quindi chiedere necessario permesso per visitare provincia alla persona incaricata. Avverto però che questa non potrebbe essere Manzi ufficiale in servizio attivo. Mi sembra che, trattandosi ormai di affari semplicemente privati, non suscettibili di dichiarazione d'ordine generale, non dovrebbe riuscirle malagevole, col procedimento qui sopra indicato, di eliminare la questione di una formale rinuncia che mancherebbe di ogni ragione di essere. Confermo che anche in questa fase ella deve condurre trattative, occorrendo con opportune dilazioni, in guisa da escludere l'eventualità di una crisi politica che non sarebbe giustifi

cata da interessi d'ordine puramente privato e che noi vogliamo assolutamente evitare.

334

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

(Eredità Nigra)

T. s. n. Roma, 22 ottobre 1899.

Ricevo dal primo Ajutante di Campo Generale di S. M. il Re seguente telegramma: «Lasciata Eritrea S. A. R. Conte di Torino proseguirà viaggio per Egitto

Grecia Turchia Stati Balcanici Ungheria Vienna. In questa città ha chiesto autorizzazione visitare Imperatore d'Austria che già conosce personalmente. Prima di accordada S. M. il Re prega fargli conoscere se nulla osta ». Prima di rispondere desidero sapere circa eventuale visita all'Imperatore il parere di Lei. Prego

V. E. di telegrafarmi al più presto.

335

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Eredità Nigra)

T. CONFIDENZIALE RISERVATO. Vienna, 22 ottobre 1899.

Il mio avvi,so non è favorevole alla visita del Conte di Torino all'Imperatore per due principali ragioni: prima perchè nessun Arciduca andrà a Roma a far visita al Re; secondo perchè credo utile ai due paesi evitare salvo casi di urgente necessità ogni fatto che richiami l'attenzione dell'opinione pubblica sulla que

stione delle visite. È poi possibile che l'Imperatore sia fuori di Vienna all'epoca dell'arrivo del Principe.

336

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATISSIMO 2718/1237. Parigi, 23 ottobre 1899.

Non mi pare sia necessario che in questo rapporto io riassuma lo stato delle cose relativamente alla Tripolitania quale apparve nei colloqui da me avuti con questo Ministro degli Affari Esteri dopo la pubblicazione dell'intesa anglo-francese per effetto della quale il Gabinetto di Londra si è disinteressato della règione situata al sud della Tripolitania e della Cirenaica. Lo scambio delle idee che ebbi con il Signor Delcassé porta infatti sovra un soggetto troppo importante perchè occorra ricordarne i particolari che certamente sono ancora presenti alla memoria di V. E. Mi preme però mettere qui in sodo una volta di più che l'idea di una dichiarazione francese che assicuri una buona volta l'Italia contro il pericolo di certe eventualità nella Tripolitania, fu espressamente emessa dal Signor Delcassé nel colloquio che io ebbi con lui il 19 aprile ultimo dopo che mi era stato trasmesso da Roma, con dispaccio del 14 dello stesso mese, il progetto di nota (l) che tale dichiarazione avrebbe dovuto contenere. Questo Ministro per gli affari esteri, mentre riteneva allora che la comunicazione verbale fatta dall'Ambasciatore francese al Ministro Ammiraglio Canevaro dovesse essere bastante per calmare la emozione che nella stampa e nel parlamento nostro si era prodotta in seguito all'accordo franco-inglese, esprimeva contemporaneamente il desiderio che l'Italia potesse trarre da una formale dichia

razione della Francia ogni sicurezza per l'avvenire della Tripolitania e per la libertà delle vie di penetrazione che alimentano i porti di quella contrada. Inten

deva però il Signor Delcassé che questa dichiarazione dove.sse avere carattere

segreto e non potesse servire a pubblicazioni parlamentari.

Il ritiro dell'Ammiraglio Canevaro dal Ministero lasciò in sospeso la pratica

che tuttavia importava coltivare. E tosto ehe io ebbi notizia che in tal senso erano

le intenzioni di V. E., mi proposi di continuare con prudenza e calma l'azione che

mi sembrava poter condurre ad esito soddisfucente.

Le incertezze nelle quali fu posto dagli eventi interni il Ministero francese,

la sostituzione, sotto la presidenza del Signor Waldeck Rousseau, di un Gabinetto

di cui seguita ad essere Ministro degli Affari Esteri il Signor Delcassé, ma al quale

manca l'omogeneità della composizione che avea il Ministero del Signor Charles

Dupuy furono ragioni di dover procedere .con grande ·circospezi-one. Però in nes

sun momento io ho avuto l'impressione che il Signor Delcassé volesse ritirarsi

dai passi fatti benchè gli occorresse evidentemente qualche indugio per accertarsi

di ciò che con il nuovo Gabinetto egli sarebbe in grado di intraprendere nei rap

porti con l'Italia.

Negli ultimi tempi, egli mi esternò il desiderio di ripigliare la conversazione

soltanto dopo di aver potuto consultarsi con S. E. Barrère, che era atteso in Parigi

alla fine del suo congedo. Questi infatti fu qui negli ultimi giorni scorsi e mi disse

che sarebbe partito per Roma ieri a sera.

Il colloquio che il Signor Delcassé voleva avere con il Signor Barrère ebbe luogo e quest'ultimo me ne ha reso conto prima di partire. Il Signor Delcassé è pronto a prendere impegno verso l'Italia e ad impegnare formalmente la Francia nei termini della dichiarazione di cui furono già ventilati i due punti sostanziali e che potranno essere meglio precisati nelle trattative, tanto riguardo ai territori della Tripolitania e della Cirenaica quanto riguardo alla libertà delle vie di penetrazione; ma egli desidererebbe che dal canto suo l'Italia gli facesse conoscere gli intendimenti suoi per la eventualità in cui occorresse alla Francia una espansione verso il Marocco. Al Signor Barrère che mi annunziava questi propositi del Signor Delcassé, risposi che a prima vista mi pareva sussistere una sostanziale differenza fra ciò che noi desideravamo fosse dalla Francia dichiarato ed il desiderio che il Signor Delcassé si proponeva di formulare. Noi tendevamo ad assicurare lo statu quo; la Francia vorrebbe assicurarsi il disinteresse nostro in vista di una alterazione dello stesso statu quo in un'altra zona d'Africa.

Non mi pronunciai altrimenti poichè le decisioni che il Governo di S. M. è chiamato a prendere ora che il terreno è completamente esplorato, non doveano essere da me pregiudicate.

Vorrà tuttavia permettermi V. E. di manifestare al R. Governo in pochissime parole il mio pensiero.

Negli accordi da me conosciuti, non trovo alcun ostacolo a che l'Italia dichiari disinteressarsi anticipatamente nel caso in cui la Francia fosse, dalla necessità delle sue imprese coloniali al Sud dell'Algeria, costretta ad estendersi sovra una regione interna di cui il Marocco rivendicasse la Sovranità. Quando, or sono parecchi anni, •si attribuiva alla Francia il progetto di una espansione di tal genere, il Governo nostro unitamente ad altri esortò il Sultano marocchino a resistere alle domande francesi. S. M. Sceriffiana rispose allora a noi ed agli altri: guarentitemi l'integrità del mio territorio ed io resisterò. In caso diverso quel Sovrano si riservava di agire secondo i propri interessi. Penso che se una situazione analoga si producesse, troverebbe ancora le potenze più disposte a dare ·consigli che a resistere .con le armi. Inoltre la politica che vegliava gelosamente sovra qualunque espansione :kancese nell'Africa settentrionale ed alla quale abbiamo fatto non pochi indiretti sacrifizi, non fu mai mantenuta con la necessaria energia dagli altri. Non lo fu per le fortificazioni della Tunisia, non lo fu neppure nella questione dell'hinterland tripolitano.

Io non dubito che, se fosse nelle convenienze nostre di spingerei fino a chiedere alla Francia il disinteresse per l'eventualità di una espansione italiana nella Tripolitania e nella Cirenaica, noi otterremmo in questo momento una dichiara. zione in tal senso che compenserebbe quella relativa alla espansione francese in Marocco. Ma a me sembra che non ci gioverebbero impegni cosi vasti e precisi mentre lo scopo che ci importa raggiungere è di eliminare dalle preoccupazioni costanti della politica italiana il timore di un'impresa francese sulla Tripolitania che ci getterebbe improvvisamente in una guerra.

L'attuale Ministero pare essersi ·consolidato alquanto; ma la sua durata è tuttavia incerta. Esistono in Francia elementi pericolosi che turberebbero, con le esagerazioni di un sentimento nazionale esclusivo ed intransigente, molto facilmente le normali relazioni con gli altri paesi. Un accordo che impegni la Francia a rispettare la Tripolitania e lasci le mani libere a noi in quel paese, sarebbe pagato ad alto prezzo se dal canto nostro c'impegnassimo a lasciar libere le mani della Francia verso talune regioni interne del Marocco?

Non bisogna prescindere dalla considerazione che alla difesa del territorio del Marocco e particolarmente delle sue coste marittime hanno maggior interesse di noi a vegliare altri Stati e questi basterebbero da soli a tute·lare tale loro interesse quando veramente e di serio proposito ne avessero l'intenzione. Il metterei in compagnia loro per rimanere, come altre volte, a metà cammino, non è cosa seria nè giovevole alla politica di un paese che ·come il nostro vuole ed ha bisogno di pace sicura.

P. S. -Potendo occorrere che Delcassé mi parli presto di questo affare,

V. E. vorrà forse farmi conoscere per telegramma le sue intenzioni dopo la lettura di questo rapporto.

(l) Non pubblicato, ma cfr. n. 230.

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. n. Roma, 28 ottobre 1899, ore 20.

Decifri ella stessa. Prendendo in questi giorni maggiore consistenza le voci di possibili novità nel Marocco le ricordo il desiderio che le avevo espresso a tal riguardo, che cioè ella vedesse di conferirne confidenzialmente col conte Biilow per conoscere quello che se ne sa a Berlino e quali sarebbero eventualmente le vedute di codesto Go

verno. Sarei grato a V. E. se potesse quanto prima telegrafarmi in proposito adoperando questo stesso cifrario.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. s. n. Roma, 28 ottobre 1899, ore 20.

Decifri ella stessa.

Ricevuto suo rapporto 23 ottobre (l) circa Tripolitania e Marocco. V. E. comprende che non mi è possibile darle risposta immediata in così grave argomento, ignorando tra l'altro quali sarebbero gli eventuali disegni della Francia rispetto al Marocco. Se Delcassé Le ne riparla V. E. può dire che me ne ha riferito e che attende istruzioni.

339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE

D. 48003/55. Roma, 28 ottobre 1899.

Ho rkevuto i suoi rapporti in data dell'8 e 11 settembre e 9 di ottobre N. 85, 86 e 97 (2), e Le sono particolarmente grato delle diligenti e precise informazioni che mi procura in ordine alla situazione interna di codesto Vilayet ed alla crescente influenza austriaca nella Bassa Albania.

Le considerazioni che Ella svolge hanno non dubbio valore, e mostrano quale conoscenza profonda Ella abbia acquistata ormai delle cose del paese dove risiede da lunghi anni. È però sembrato che (3), nella situazione politica generale del momento, non sarebbe prudente nè opportuno qualsiasi mutamento nel ·contegno riservato che abbiamo finora tenuto.

Continui pertanto la S. V. a regolare la Sua condotta in conformità delle Istruzioni che in passato ebbi ad impartirle e che le ripetei anche a voce al suo passaggio per Roma, e continui anche a riferire con la consueta esattezza tutti i ragguagli .che su questo argomento Le sia dato di raccogliere e che possa interessare al R. Governo di conoscere (4).

La ringrazio in questa occasione anche dell'altro Suo rapporto del 9 di ottobre N. 96 (5) relativo alle scuole rumene di codesto Vilayet, e La informo che di quello contrassegnato col N. 97 ho mandato copia, secondo il desiderio di Lei, al

R. Ambasciatore a Costantinopoli.

340

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 831/323. Londra, 28 ottobre 1899.

A suo tempo ebbi il foglio riservato (6) dell'E. V. insieme con la copia d'un rapporto (7) del nostro Console a Zanzibar riguardante la possibile azione della

Germania al Marocco. Di questo fatto, avutone l'occasione, ho parlato con Sir Thomas Sanderson, usando la maggiore circospezione e solo come uno studio sull'azione delle Potenze sovra Marocco, qualora avvenimenti preveduti od impreveduti potessero verificarsi. Ho accennato alle mire francesi e soltanto come un'eventualità possibile a quelle di cui parlava il Cavalier Elia al nostro Console Pestalozza. Sir Thomas Sanderson, che a menadito conosce i problemi di politica estera, i quali s'impongono all'attenzione dei Governi, mi è parso assai stupito dell'idea, che agli appetiti germanici, per quanto grandi, facesse gola il Marocco. Certamente questo forte paese, che ha spinto i suoi commerci in tutti i mercati del mondo ed ha già messo solidamente il piede anche nell'Impero marocchino, non sarà indifferente a quanto potrà accadervi; e vorrà la sua parte nel caso che se ne dividano i brandelli. Ma il pensiero d'una esclusiva azione, in contrasto con quella della Francia, della Spagna, della Russia, dell'Italia non troverebbe mai l'Inghilterra favorevole, qualunque fosse il compenso promesso. Per tanto se qualcuno ne avesse il dtsegno, esso ·sarebbe vano.

Queste le teorie svolte dal mio interlocutore. Confesso di non dissentire da questo parere. Il possesso della costa africana minacciante Gibraltar, è affare di troppo grave peso, perchè sia devoluto a chicchessia, senza una guerra disastrosa per l'Inghilterra. Io ignoro quale sia t'alto pe1·sonaggio tedesco di cui il Cavalier Elia ha sorpreso il segreto; ma il credere che una cosa di cosi grave interesse, si discuta in una rapida visita di tre giorni a Windsor, mista di pranzi e di concerti, o tra le successive caccie di Sandringham, mi sembra cosa improbabile. L'Inghilterra, in questi giorni per l'appunto in cui trovasi impegnata nella guerra al Sud Africa, si addimostra più gelosa che mai della sua preponderanza marittima. E la Germania, non possiede, nè può offrire alcun compenso, che ripaghi la diminuita forza britannica all'ingresso del Mediterraneo (1).

(l) -Cfr. n. 336. (2) -Non pubblicati. (3) -Nella minuta il testo anzichè: c È però sembrato che • era c ma purtroppo •. (4) -In un primo momento il Visconti Venosta aveva scritto anche: c Vedremo in seguito se convenga e se si potrà seguire una condotta politica differente •. Questo periodo fu poicancellato. (5) -Non pubblicato. (6) -Cfr. n. 332. (7) -Cfr. n. 326.
341

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2801. Roma, 29 ottobre 1899, ore 20.

Rispondo al suo telegramma del 26 (2). Quando le indicai col telegramma 5 ottobre (3) quali forze il ministro della marina credeva necessarie per un'azione militare in China non esprimevo il dubbio che noi potessimo avere in breve costì queste forze. Voleva constatare la gravità degli impegni che una politica di formale minaccia e quindi di probabile coercizione ci obbligava ad assumere. La ragione della nostra condotta sta in dò che un'azione militare colle sue compli

cazioni e coi suoi sacrifici mentre non sarebbe giustificata dagli interessi puramente privati commerciali ai quali si riferisce esclusivamente la nostra azione

mancherebbe di uno scopo concreto non volendosi da noi procedere ad atti di occupazione e ci trascinerebbe fatalmente ad una situazione pericolosa di cui dobbiamo prevedere le conseguenze. Osservo, a questo riguardo, che la aggressione e cattura di una nave da guerra cinese sarebbe un vero e proprio atto di ostilità e non di semplice rappresaglia derivandone tra noi e la Cina uno stato di guerra pieno di imbarazzi e di pericoli che il paese severamente riproverebbe. Diverso è il nostro intendimento. Noi abbiamo presentate al Governo cinese le note domande di concessione a titolo di affari puramente privati e senza connessione alcuna coll'incidente di San Mun. La trattazione deve conservare questo carattere, cioè il carattere di negoziazioni ordinarie e non di una politica azione propriamente detta. Certo è desiderabile che, almeno alcuna di quelle domande, possa avere effetto ed a ciò deve mirare l'opera di lei curando sopratutto di girare la difficoltà suscitata dalla pretesa di una nostra formale rinuncia ad ogni altra concessione, il quale scopo sembra poter.si ottenere colla volontaria limitazione delle nostre domande alle due concessioni Nervegna e Camera. Se però, malgrado ogni suo sforzo ella fosse per prevedere un reciso rifiuto fin da ora la avverto che in tal caso ella dovrebbe, prima che il rifiuto diventi un fatto compiuto, lasciare la trattativèt in sospeso.

(l) -Sulla questione marocchina, cfr. anche il colloquio Visconti Venosta-Currie del 1o novembre, in British Documents cit., I. pp. 235-236, n. 288. ' (2) -Tel. n. 2521, pervenuto il 26 ottobre, ore 18,45, non pubblicato: considerazioni circa la possibilità di attuare delle misure coercitive verso la Cina, valendosi della divisione navale italiana di imminente arrivo nelle acque cinesi. (3) -Cfr. n. 328.
342

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 2896. Roma, 9 novembre 1899 (1).

Ricevuto telegramma n. 47 (2).

Risposta dilatoria inglese a Menelik circa confine per quanto riguarda invocazione protocollo 1891 se da una parte può giovarci lasciando credere al Negus che Italia ha modo di influire su negoziato con Inghilterra, può, dall'altra, suscitare nell'animo di lui dubbio che noi facciamo doppio giuoco. E.Ua saprà .con ac-corgimento trarre profitto presente .situazione, senza però perdere di vista necessità che Menelik rimanga convinto fermo nostro proposito dspettare clausola trattato Addis Abeba relativa indipendenza Etiopia. A ciò deve tendere azione d1 lei, valendosi sopratutto effetto prodotto in Menelik atteggiamento Inghilterra per convincerlo urgente necessità anche per lui uscire da presente incerta situazione concludendo subito con noi accordo per confine.

Questo ambasciatore francese mi dichiarò Lagarde avere istruzioni non ostacolare azione Italia in Eiiopia. Non ho ragione di dubitare presente atteggiamento Francia a nostro riguardo, desidero, ad ogni modo di essere informato, suo tempo, contegno rappresentante francese costì.

~21

(l) -Il te!. fu trasmesso via Aden. (2) -Cfr. n. 329.
343

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 2870/1300. Parigi, 12 novembre 1899.

Oggi soltanto, col ritorno del periodico corriere di Gabinetto, mi trovo in grado di ·confermare il telegramma che ho avuto l'onore di spedire a V. E. il 30 ottobre circa la soppressione degli Addetti militari di Germania in Francia (1). Il principe Miinster che, dopo il soggiorno dell'Aja, dove rappre.sentò il suo Governo al Congresso, avea dimorato soltanto pochi giorni in Parigi, vi fece ritorno da un prolungato congedo negli ultimi giorni di ottobre. Appena qui giunto, egli mi visitò e mi disse di avere intavolato, fin dal suo primo incontro con il Signor Delcassé, una amkhevole trattativa per la reciproca soppressione

degli addetti militari. Il Gabinetto di Berlìno gli avea impartite precise istruzioni a tale riguardo ed era questo un soggetto al quale personalmente si interessava

S. M. l'Imperatore.

Si desiderava evitare provvedimenti i quali avessero per conseguenza di suscitare polemiche di stampa. A tal fine era intenzione del governo tedesco di cogliere la prossima opportunità della promozione dell'attuale suo addetto militare Barone SUsskind, per richiamarlo ed al medesimo non sarebbe dato un successore. Lo stesso procedimento si seguirebbe per il richiamo dell'Addetto navale. Nel partecipare queste decisioni del governo imperiale il Principe MUnster avea ricevuto incarico di assicurare che ogni volta che il Governo francese avesse desiderato mandare in Germania uffiziali suoi per eseguire particolari studi o per assistere a grandi manovre, ai medesimi sarebbe fatta la migliore accoglienza. L'Imperatore ed il suo Governo erano fiduciosi che uguale trattamento rkeverebbero i militari tedeschi che fossero mandati in missione in Francia.

Il mio collega di Germania avea conversato di questa ·COsa non solamente col Signor Delcassé che si era dimostrato un poco impressionato della comunicazione, ma anche col Generale di Galliffet, Ministro della Guerra, il quale si era invece immediatamente palesato favorevole alla proposta abolizione.

Pare ·che il signor Delcassé non rimanesse troppo persuaso della possibilità di prendere un provvedimento dì tale importanza senza ·Che la stampa periodica avesse ad oc·cuparsene in un senso che non avrebbe contribuito al miglioramento dei rapporti fra la Francia e la Germania. Egli si sarebbe espresso in guisa da lasciar intendere che la cosa avrebbe avuto un diverso colore se il provvedimento avesse preso un carattere generale ed il richiamo simultaneo degli addetti militari presso altri Stati, fosse venuto a togliere l'aspetto di una misura speciale ed eccezionale diretta contro la Francia, alla soppressione degli addetti militari in Parigi.

Il principe Miinster che, in occasione dei disturbasi incidenti cagionatigli dall'affare Dreyfus e dalla condotta dei vari addetti militari che si succedettero nella sua Ambasciata, avea a più riprese conversato con me sovra la convenienza di sopprimere la rappresentanza militare in Parigi, mi manifestò la speranza che

l'Italia seguirebbe ora l'esempio della Germania tanto più facilmente che egli sapeva che 'SU questo proposito io pensava ·come lui. Di tutto ciò V. E. fu da me diggià informata telegraficamente. Ora restami ad esprimerle il mio modo di vedere in relazione con quanto in proposito io ebbi l'onore di scrivere a V. E. nel mio rapporto del 21 settembre 1899 n. 2454/1116 (1).

Proposi allora che, senza entrare in difficili spiegazioni relativamente alle rivelazioni del processo di Rennes, si facesse conoscere da parte nostra al governo francese la soppressione degli uffizi di addetto militare e di addetto navale presso la R. Ambasciata in Parigi e si facesse risultare al tempo stesso che, in conseguenza di tale nostro provvedimento, veniva 'a cessare la condizione di reciprocità che sta a base delle rappresentanze ufficiali che ·si scambiano dagli Stati fra di loro. Trattavasi, a giudizio mio, di dimostrare a questo Governo che il modo di agire delle Autorità militari francesi verso l'addetto militare irtaliano, non ci era stato indifferente e che da parte nostra non consideravamo conforme agli interessi delle buone relazioni fra i due paesi lo esporre ulteriormente la nostra rappresentanza militare in Francia al trattamento di cui Uffiziali francesi d'ogni grado aveano potuto impunemente menare pubblico vanto. Mi preoccupava una questione che era insieme di decoro e di convenienza per gli interessi politici nostri in questo paese. Ma allora io 'avea in vista un atto nostro spontaneo oppure un atto collettivo, simultaneo, con altri paesi.

Mi sembra che ora le cose sono sensibilmente mutate. L'iniziativa presa dalla Germania che, per l'indole stessa dei fatti venuti in luce, avea di fronte alla Francia una posizione assai diversa dalla nostra, ha modificato' siffattamente la condizione delle cose, che io ritengo non sia più possibile per noi di aggiungere alcunchè a ciò che abbiamo già fatto prima d'ora.

Il posto di addetto militare è vacante dopo la partenza del Colonnello Panizzardi e potrà rimaneTe vacante indefinitamente. Il Gomandante Bianco addetto navale risiede a Londra e può ricevere facilmente istruzione di astenersi di comparire a Parigi. La durata delle missioni affidate agli addetti navali non suoi eccedere ùn limitato numero di anni. Quando gli si darà un successore a Londra, questi non sarà nominato contemporaneamente per la Francia. Il richiamo del Colonnello Pinsonnière è ormai da considerarsi come un fatto imminente. Suppongo che non si nominerà da qui subito un successore all'addetto militare richiamato. Ma anche se una contraria ipotesi si verificasse, in presenza della nostra astensione di nominare il successore del Colonnello Panizzardi, la Francia, a breve scadenza si vedrebbe costretta a richiamare il suo addetto militare da Roma.

Prego V. E. di voler considerare che l'impressione .che qui avrebbe prodotto un atto nostro spontaneo sarebbe stata molto meno dispiacevo~e di quella che qui si riceverebbe da un atto che sembrasse invece suggerito unicamente dal desiderio di seguire la condotta di cui la Germania ci avrebbe dato l'esempio. Sarebbe stato consentaneo alla ,situazione nostra e dei governi alleati di dimostrare concordemente e simultaneamente lo stesso risentimento dopo le rivelazioni del processo Dreyfus; ma dappoichè il Gabinetto di Berlino ha stimato meglio di precederei e direi quasi di dare al provvedimento che intende prendere il carattere di una misura amichevole, destinata ad eliminare il sospetto che incidenti simili a quelli

ripetutamente verificatisi possano riprodursi, io stimo che, sotto nessuno rapporto, convenga all'Italia di assumere l'atteggiamento di imitatrice del governo tedesco. Le ·condizioni di fatto sono d'altronde totalmente diverse per i due :paesi. La Germania deve richiamare i suoi addetti, mentre per noi l'abolizione di fatto già esiste e può continuare indefinitamente.

Mi lusingo che V. E. troverà fondato questo mio modo di vedere. In ogni caso mi asterrò dal fare qui alcuna pratica, intorno a questo affare, la quale non mi sia dettata da precisa tstruzione del R. Governo.

(l) Te!. n. 2544, del 30 ottobre, ore 5,35, non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

344

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(A VV, mazzo 7, fasc. 5-6/D)

L. P. Parigi, 13 novembre 1899.

Le porgo molte grazie per le lettere che Ella mi diresse il 4 di questo mese (l). All'una di esse -quella relativa ·alla soppressione degli Addetti militari risponde il rapporto uffiziale (2) .che Le annunziai ·con il telegramma del 30 ottobre (3).

Mi lusingo che Ella sarà d'accordo con me che il miglior partito che ci resta da prendere, dopo l'iniziativa che la Germania si è attribuita, consiste nel procedere all'abolizione per via di fatto senza entrare, per ora almeno, con il Governo Francese in alcuna spiegazione.

Non sono in grado di scriverLe oggi ufficialmente circa il grave e complesso negozio di Tripoli. Bisogna sovra tutto evitare di fare in esso mosse inopportune e le circostanze attuali, nelle quali non appariscono ben ·chiari i propositi delle singole Potenze, mi rende perplesso nei passi che qui occorrerebbe muovere per venire in chiaro delle intenzioni della Francia rispetto al Marocco. Spedisco intanto oggi stesso un rapporto d'uffizio relativo appunto agli affari franco-marocchini. La posizione del Gabinetto di Parigi rispetto a quello di Pietroburgo non permette più al primo di questi due la libertà di mosse e l'iniziativa direttrice ehe erano altre volte le note caratteristiche della politi.ca estera francese. Ne deriva che quando la situazione generale si eomplica, questo paese si sente costretto ad una riserva ·che altre volte non gli era abituale.

Naturalmente qui si tiene d'occhio principalmente la condotta della Germania di cui le mosse sembrerebbero contradittorie se non si ammette che gli aggruppamenti ricercati dall'Inioeratore tedesco sono diversi secondo che si tratta dell'Africa, dell'Asia, o dell'Europa. Assecondare l'Inghilterra in Africa, parteggiare con la Russia in Cina, tener ferma la Triplice Alleanza in Europa può sembrare uno sforzo di cui la durata non può essere indefinita. Si capisce che un simile spettacolo renda attoniti gli spettatori. Mi pare comprendere che i Francesi siano nel numero di questi e che il Governo qui si domanda a quale meta ignota tutto ciò può condurre. Accenno a questa ·condizione generale· di cose perchè essa presentemente domina evidentemente tutto il resto e mi giova tenerne conto nel trattare col Signor Delcassé.

Essa basterebbe for,se a spiegare il dispiacevole mutamento verificatosi nelle sue disposizioni, per effetto del quale alla progettata dichiarazione, unilaterale egli ora si proporrebbe di sostituire un impe~no bilaterale. * Io mi domando se il pensiero di questa sostituzione gli è stato suggerito dalla considerazione che potrebbe ·essere prossimo il momento per la Francia di dover prendere posizione al Marocco, oppure soltanto inspirato dal Signor Barrère che deve aver trovato negli Archivi di Palazzo Farnese con che sospettare l'esistenza di segreti a·ccordi italo-britannici rispetto al: Marocco "' (1). Se la se,conda ipotesi fosse la vera, le difficoltà da vincere non sarebbero molto gravi. Evidentemente il Signor Delcassé si dovrebbe accontentare di acquistare la ,certezza che, quando alla Francia occorressero limitate espansioni all'interno verso il Marocco per istabilire le linee di congiunztone fra l'Algeria ed i suoi nuovi possedimenti transahariani, non incontrerebbe l'opposizione organizzata per iniziativa italiana che altre volte si è prodotta.

Ma se invece le circostanze odierne avessero fatto nascere nel Signor Delcassé il pensiero di tali possibili complicazioni fra le Potenze le quali favorirebbero l'esecuzione da parte della Francia di un più vasto disegno sul Marocco, il momento attuale non potrebbe essere più inopportuno per intavolare qui fra noi ed il Governo Francese una trattativa nella quale già sappiamo essere intendimento del Signor Delcassé di far entrare, in una misura che non conosciamo, l'avvenire del Marocco. Pur troppo sia per effetto delle forze morali della opinione pubblica europea che le si voltarono contro, sia per i primi insuccessi militari sofferti, la posizione dell'Inghilterra sorte diminuita dalla fase presente della sua politica. Questo è un danno grave per noi nei rapporti nostri ·con la Francia. La nostra posizione per trattare qui era molto migliore pochi mesi or sono di quanto non lo sia al presente.

Però io non credo che convenga all'Italia di abbandonare il progetto di una intesa diretta con la Francia per assicurarsi contro una eventuale sorpresa nella Tripolitania. Mi adopererò pertanto a scandagliare cautamente il terreno procedendo però nei rapporti col Si~or Delcassé con la franchezza necessaria per non far nascere in lui dubbi e sospetti che sarebbero infondati.

La conversazione che Ella ebbe col Signor Barrère e •Che questi avrà certamente qui riferito, ha intanto messo la questione nei suoi veri termini. Essa si presenta sotto due forme: l'una, diremo così, negativa e può essere risoluta con la dichiarazione unilaterale del Governo Francese di voler rispettare la Tripolitania e la libertà delle linee commerciali interne che la alimentano; l'altra positiva che contemplerebbe l'avvenire della Tripolitania e contemporaneamente quello di altrl territori africani. Se si entra in questa seconda forma l'impegno diventa necessariamente bilaterale.

A me pare che il partito più desiderabile per noi sarebbe che l'intesa si stabilisse per guisa da mantenere lo statu quo e da assicurare l'avvenire contro le eventuali sorprese senza nulla pregiudicare prima che si producano le situazioni nuove e definite sulle quali i due Governi potrebbero intendersi a tempo debito. Un accordo di questa natura urterebbe contro preesistenti impegni nostri?

Ove da noi fosse assunto, rischierebbe l'Italia di trovarsi posta, in certe eventualità, in una situazione contraddittoria?

Non tema, Signor Marchese, che queste considerazioni sfuggano alla mia attenzione; ma La ringrazio di avere sovra le medesime insistito nella di Lei lettera delli 4 corrente. Benchè le mosse della politica del principale nostro alleato non mi sembrino sempre moderate dalla cura di non pregiudicare gli interessi nostri, comprendo perfettamente tutta l'importanza di mantenerci noi stessi in una linea correttissima di condotta. Non mi pare però che ciò che da noi si potesse fare per rendere meno probabile, od anche imprevedibile il casus foederis che nascerebbe da un'impresa francese sovra la Tripolitania, potrebbe essere considerato come contrario allo spirito delle nostre alleanze attuali. Finchè la Germania insieme all'Italia coltivavano il concetto dell'unione degli interessi e della necessaria cooperazione dell'Inghilterra per il caso di alterazione nello statu quo dei paesi del Mediterraneo, noi ne avevamo una guarentigia che attualmente più non esiste. Questo mutamento di situazione è la conseguenza della politica tedesca verso l'Inghilterra, nè può esserci in alcuna misura attribuito. Esso è sufficiente per legittimare da parte nostra un'azione diplomatica diretta a rendere improbabile la necessità di impor:re con le armi alla Francia il rispetto del territorio tripolino. Dippiù l'esperienza ha dimostrato che quando fu da noi sol'levata la questione dello hinte1·Zand di Tripoli, fummo lasciati soli. La Germania compromise anzi la questione a Costantinopoli e l'Inghilterra la sacrificò più ·recentemente n~i suoi accordi con la Francia. In verità non si comprenderebbe che ora, presentandosi l'occasione per noi di mettere in salvo da noi stessi quello che rimane dei sacrificati interessi, d dovesse trattenere lo scrupolo di agire contro lo spirito delle nostre alleanze. Ciò che maggiormente importa e di cui mi preoccupo è che non si perda una assicurazione esistente, qualunque ne possa essere il valore pratico, senza avervi sostituito qualche cosa .che abbia per lo meno uguale peso e non minore efficacia. Ora, da questo punto di v1sta, debbo dire che io preferirei un'intesa bilaterale con la Francia, limitata, ben s'intende, come ho detto sopra, ad una dichiarazione unilaterale di questa Potenza.

Ho stimato, Signor Marchese, che non Le riuscirebbe dispiacevole che profittando delle lentezze che l'oscurità della situazione generale impone alle mie moss·e, Le esponessi ancora una volta il mio modo di vedere in questo affare che reputo di sommo interesse per il nostro paese.

(l) -Non rinvenute. (2) -Cfr. n. 343. (3) -Cfr. nota l a pag. 222.

(l) Il passo fra asterischi, ed. in SERRA, Camille Barrère, cit., pp. 86-87.

345

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 2959/1344. Parigi, 23 novembre 1899.

Sono partiti di qui quasi simultaneamente per Roma il Signor Nisard ambasciatore della Repubblica presso la Santa Sede e l'Eminentissimo Mathieu che lascia definitivamente la sua sede arcivescovile di Tolosa per risiedere in Curia. Forse si sarà voluto che i due personaggi si trovassero nella loro residenza al

momento in c:ui verrà discussa davanti alla Camera dei deputati di Francia la mozione che il Ministero sosterrà per il ristabilimento in bilancio dei fondi neces

sari per l'Ambasciata presso il Sommo pontefi·ce. La Commissione del bilancio ha radiato il credito ed è probabile che la radiazione venga sostenuta nel pubblico dibattimento, ma tutte le previsioni sono nel senso che la proposta ministeriale perchè siano lasciate le cose come furono finora, trionferà con grande maggioranza di voti.

Il cardinale Mathieu, alla vigilia della sua partenza per Roma, si incontrò con me in ·casa di persona di comune nostra conoscenza e l'incontro non fu da parte sua fortuito. Egli tenne ad esprimersi con me nei termini della più viva simpatia per la nazione italia:na e della maggiore soddisfazione per lo ristabilimento delle migliori relazioni fra i due paesi nostri. Se l'opera sua potrà contribuire al mantenimento di esse, egli ne sarà felice (1).

Il nuovo cardinale di curia francese mi parve uomo nel vigore pieno della vita ed atto ad esercitare un'azione non indifferente per gli interessi francesi. Stimo che uno dei principali intenti che si voJ.essero raggiungere insistendo per la nomina di un cardinale di curia francese, sia quello di avere in Vaticano un soggetto capace di raccogliere la successione dell'attuale prefetto della propaganda. Non mi sorprenderebbe di sapere che qualche intelligenza a tale riguardo fosse già precorsa ed il R. Governo farà bene di stare a tale riguardo sull'avviso. Gli interessi generali degli altri paesi, se fossero sempre stati ben intesi, avrebbero dovuto bastare a tenere lontano da quell'alto uffizio ecclesiastico i prelati stranieri. La competizione fra ·Cardinali non italiani per presiedere alle cose di propaganda non può essere desiderabile ed agli interessi nostri gioverebbe che essa fosse eliminata ritornando alla buona tradizione che la curia rimanga affidata ad un prelato di nostra nazionalità.

346

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, marzo 7, fasc. 5-6/D)

L. P. Parigi, 23 novembre 1899.

Le scrivo particolarmente intorno ad un affare che considero come molto delicato. Con il dispaccio ufficiale del 31 luglio (2) fui richiesto di esprimermi circa la convenienza di tener parola al Governo Francese del rilascio, da parte della sua Ambasciata presso il Papa, di passaporti a missionari di nazionalità italiana. Un passaporto rilasciato collettivamente nel 1897 da detta Ambasciata a due Monaci Missionari, di nazionalità italiana, era stato ritirato dal R. Console a Gerusalemme e stava a prova dell'irregolarità dell'operato dell'Ambasciata francese.

Non mi parve opportuno fare qui, presso il Signor Delcassé praUche irrimediabili ed avrei considerate come tali quelle che impegnassero in guisa da non

i~g· 1~g,i)~5 (4 maggio 1899); p. 303, n. 182 (22 maggio 1899); pp. 324-326, n. 194 (30 mag

poterle abbandonare senza prima averne conseguito l'esito desiderabile. Si può infatti prendere questo affare sotto due aspetti diversi e secondo che l'uno o l'altro prevale, diversa pure mi sembrerebbe dover essere la conclusione.

Non può spettare all'Ambasciata francese presso il Papa di fornire a cittadini italiani un recapito di cui questi possano valersi nel Regno. Ed è disputabile se sia regolare che fuori del nostro territorio l'Autorità francese possa dare ad un cittadino nostro un passaporto solo pel'lchè questi è ascritto ad un ordine religioso.

Se nella emissione del passaporto si considera un vero atto di giurisdizione, la risposta non può essere dubbia, a parer mio. L'Ambasciata presso il Papa non ha alcun titolo per compierlo. Ma se invece si tengono presenti le circostanze abbastanza frequenti per le quali si rilasciano passaporti anche a cittadini stranieri sen2:a che ne nasca la pretesa di sottrarli alla giurtsdizione delle Autorità del loro paese, si può essere condotti ad opinare diversamente. Non è d'altronde detto, nè il passaporto incriminato lo dice, che questo recapito non possa essere fornito anche a persone non presenti nel luogo dove risiede l'uffizio emittente.

Se a due frati missionari i quali, appunto perchè sono due, sembrano rappresent&re la collettività ecclesiastica di cui fanno parte, un Console francese in Lev11nte avesse rilasciato il passaporto non saprei se le rimostranze nostre per tal fatto sarebbero fondate. Lo sono forse perchè, invece d'essere emesso da un Console il passaporto collettivo è stato rilasciato dall'Ambasciatore presso la Santa Sede?

Ho voluto anzi tutto indagare come stanno le circostanze di fatto.

I ca,si di emissione di passaporti da parte dell'Am,basciata francese presso il Vaticano sono rari e quasi sempre motivati da speciali circostanze. Si danno passaporti ai Nunzi di Sua Santità ai Legati che vengono a compiere missioni in Francia. Probabilmente così praticheranno nei ·casi uguali anche le altre Ambasciate estere presso la Santa Sede. Bisogna rovistare gli Archivi per trovare qualche caso isolato di passaporti rilasciati a monaci missionari. Se veramente le ·Condizioni di fatto sono queste, io inclinerei a non impegnarci qui in una discussione di massima nella quale nè potremmo dimostrare che in nessun caso sia lecita l'emissione di un passaporto in favore di uno straniero; nè potremmo sostenere che il fatto di rilasciare il passaporto costituisca un atto di vera e propria giurisdizione, e non invece una cortesia consacrata dalla consuetudine. Ad ogni modo bisogna renderei conto che non sarebbe possibile trattare di questo affare col Governo Francese senza sollevare noi stessi deille questioni spinose che dall'emissione di un semplice passaporto nessuno può credere pregiudicate. Io aspetterò pertanto prima di fare delle pratiche ufficiali che V. E. mi manifesti le sue intenzioni perchè in sostanza si tratta di un affare di piccola mole; ma che una volta messo in strada non saremmo più padroni di fermare se ci imbattessimo in una resistenza che pur fosse irragionevole.

Ho fatto verbalmente cenno al Signor Deicassé di un passaporto capitato fra le mani del Console nostro a Gerusalemme e da questi trattenuto ·come era di dovere ed ho espresso il desiderio nostro che il fatto non si dovesse ripetere. Ma se si trattasse di conseguire che siano date istruzioni perentorie all'Ambasciatore presso il Vaticano, la cosa piglierebbe ben diverse proporzioni.

(l) Cfr. quanto aveva comunicato lo stesso Tornielli, con r. riservato 2593/1179 del 9 ottobre 1899: • L'opera del Pontefice che avrebbe voluto associare l'azione del clero francese al consolidamento delle istituzioni rep~bblicane, se già non è totalmente compromessa, ha perduto certamente molto della efficacia che essa ebbe negli ultimi anni deco.rsi » Ma cfr. anche, per la preoccupazione manifestata dalla Santa Sede alla Francia in relazion~ all'avvicinamento ita~o-francese, Documents dipLomatiques jrançais, serie I, vol. XV, pp. 265

(2) Non pubblicato.

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3044. Roma, 29 novembre 1899, ore 22,30.

Era veramente nostro pensiero che potesse, pe:r il momento, essere conveniente soluzione della difficoltà cinese ottenere qualcuna almeno di quelle concessioni che già trovavansi in corso. Però, visto l'andamento della trattazione, non sarei ora alieno dall'accogliere il concetto da lei espresso nel rapporto 7 ottobre (1), consistente nel lasciare il negoziato al punto in cui si trova, evitando così ogni rinuncia, in attesa che dagli studii di cui Ella parla emerga l'indicazione di interessi più rilevanti da promuovere. Tali studii potranno essere fatti per opera principalmente degli interessati stessi, ai quali la legazione e i consolati vorranno prestare ogni desiderabile assistenza, non parendo opportuno l'invio di una missione governativa. Ritengo di avere, col procedimento qui sopra segnato, in'l:erpretato il pensiero di lei. Desidero che Ella mi telegrafi sua impressione in proposito. Avverto, però, fin d'ora, che non potrebbe entrare nelle viste del R. Governo il concetto di una occupazione territoriale. Osservo che l'ultima comuni

cazione De Albertis era concepita in termini che non posso ammettere. Se il fatto si ripetesse ella dovrebbe respingere la comunicazione.

348

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 3089/1406. Parigi, 8 dicembre 1899.

Nel corso di un privato colloquio, il mio collega di Turchia mi parlò spontaneamente della spedizione armata che il Sultano ha mandato oltre il confine del Fezzan verso il paese situato al Sud della Tripolitania. Era questo, mi diceva egli, il migliore di tutti i modi per preservare le ragioni dell'Impero ottomano fin qui inefficacemente affermate nelle comunicazioni diplomatiche fatte a Parigi ed a Londra. Il Signor Delcassé se ne era commosso e gli avea domandato a quali paesi si dirigevano le milizie turche, perchè la Francia teneva, dai suoi accordi con l'Inghilterra, certi diritti territoriali anteriori a quelli che da una occupazione materiale oggi potrebbero nascere. L'Ambasciatore di Turchia ,si era limitato -così egh mi disse -a ri~spondere a tale discorso allegando la insufficienza delle sue cognizioni geografiche dellla regi:one che forma l'hinterland della Tripolitania, ma egli era però sicuro che l'occupazione effettiva per parte delle truppe ottomane non si estenderebbe a paesi non contemplati nelle formali ed ufficiali rivendicazioni fatte dalla Porta in tempo anteriore agli accordi seguiti da pochi mesi fra i gabinetti di Parigi e di Londra e mantenute dopo gli accordi stessi.

Non ho stimato cosa prudente lo estendermi, nelle risposte che questi discorsi comportavano, oltre il limite strettamente necessario per invitare il mio interlo

cutore a proseguire in essi. Mi dissi informato della spedizione e dei suoi primi buoni ,successi per avere trovato nell'Havas le notizie tolte in proposito da un giornale turco di Costantinopoli. Era probabile che quella pubbHcazione avesse risvegliato l'attenzione della diplomazia francese e che le osservazioni del Signor Delcassè in proposito ne fossero state la conseguenza.

Nel giornale il Temps che porta la data del 3, si trova un telegramma da Liverpool che importa qui testualmente registrare. Esso è così concepito: « Le correspondant de Londres de la Birmingham Post, qui passe pour étre en relations constantes avec le Colonia! Office, affirme que la nouvelle est parvenue de source officielle à Londres que les Gouvernements turc et italien sont en négociations suivies au sujet de la Tripolitaine. On peut s'attendre, dit ce correspondant, à des développements intéressants dans cette partie du monde, développements dans lesquels l'Angleterre prendrait sa part ».

È facile spiegarsi -se veramente le informazioni della Birmingham Post emanano dal Colonia! Qffi.ce -in quale spirito esse furono dettate e con quale intento vennero divulgate. Ma in verità non è agevole rendersi ugualmente conto a quali eventi l'autore di quelle notizie abbia voluto alludere. A meno che, nella fervida sua fantasia, egli non abbia già scontato gli effetti della dichiarazione di guerra che sola potrebbe annullare il vincolo obbligatorio delle Convenzioni che il Gabinetto di: Londra ha stipulato nel 1890 e nell'anno corrente con la Francia a danno delle ragioni della Turchia sovra l'hinterLand di Tripoli, non si arriva a comprendere a quale titolo e con quali scopi l'Inghilterra potrebbe oggi intervenire in favore delle ragioni ·stesse contro la Francia.

Ma sebbene le cose dette dal precitato giornale inglese non reggano al più semplice esame di chi conosce lo stato vero delle cose quale è risultato dagli accordi franco-britannici, tuttavia le informazioni di quel diario non potevano passare inosservate nella stampa di Parigi ed alcune gazzette ne colgono l'occasione per segnalare le viste dell'Italia sovra la Tripolitania e gli intrighi dell'Inghilterra per favorirle.

Stimo, Signor Ministro, necessario il segnalare all'attenzione del R. Governo queste cose perchè esse dimostrano che sussiste tuttora la deplorevole tendenza ad abusare d.1 ciò che si stima costituire, per il paese nostro, un principale interesse onde far supporre ·Che noi saremmo pronti a gettarci in qualunque avventura contro la Francia e dare così alimento alle diffidenze che con ·sforzi e sacrifici che poco importa ora ricordare, siamo riusciti quasi a spegnere. Ciò che a tal fine si fece ed ancor ora si tenta di fare, non è opera amichevole a riguardo nostro; ma costituisce un indizio che il sistema di sfruttare le tendenze naturali della nostra politica a vantaggio altrui non è abbandonato.

Al R. Governo non occorre che una volta dippiù io esponga il concetto che mi guidò a ricercare l'intesa diretta fra il nostro paese e la Francia nel doppio intento di assicurarci contro il pericolo di espansioni francesi pregiudizievoli per la integrità territoriale della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan e di guarentire al movimento commerciale di questi paesi la libertà delle vie di penetrazione verso il Tchad. Ritenni sempre e ritengo ancora che, dopo il ripristinamento delle relazioni normali con la Francia, il modo più sicuro e pratico di giovarcene e di conservarle consista nel fare scomparire dalle preoccupazioni dei due paesi il piccolo numero di questioni le quali tengono vive le reciproche diffi denze. Nè credo esagerare giudicando che, da buon numero d'anni in qua siffatte questiorti servirono, più che ad accrescere la posizione dell'Italia, ad avvantaggiare quella di altri Stati nel sistema internazionale prevalso dopo il 1870 in Europa.

Duolmi perciò il vedere sorgere, sul camm1no faticosamente percorso, ostacoli nuo~i tutte le volte che la meta sembra vicina.

Sovra la spontanea offerta di una formale dichiarazione unilaterale, quale noi ebbimo dal Signor Delcassé, sotto la sola ·condizione del segreto, subito dopo la stipulazione dell'ac,cordo franco-britannico del 21 marzo di quest'anno, non possiamo presentemente far conto. Ignoro d'onde nacque nella mente del Signor Delcassé la diffidenza circa i propositi dell'Italia rispetto alle cose del Marocco. L'idea di collegare la dichiarazione sua circa la Tripolitania ,con la nostra riguardo a tali cose non mi venne fin qui da lui palesata. Ma V. E. sa ch'io ne fui preventivamente informato dal Signor Barrère quando, verso il finire di ottobre, egli era in procinto di ritornare a Roma. Di poi mi limitai a ripetere di quando in quando e di sfuggita a questo Ministro degli Affari Esteri che presto converrebbe ripigliare le conversazioni nostre relative alla Tripolitania per condurle a conclusione. Egli mi rispose invariabilmente essere a ciò disposto. Ma nessun accenno mi fece di voler estendere la trattativa ad altro soggetto. La posizione del Ministero francese all'avvicinarsi dell'apertura della Sessione parlamentare, quella particolare creata al Signor Delcassé dai vivaci quotidiani attacchi della stampa di opposizione d'ogni colore, giustificavano, senza che occorressero spiegazioni, l'indugio mio nel ripigliare uno scambio di idee per H quale abbisognava ancora parecchio tempo. Ma ormai una maggioranza costante, ripetutasi in frequenti ed importanti votazioni, ha consolidato la posizione del Ministro degli Affari Esteri e dell'intero Gabinetto siffattamente che di un aggiornamento che da parte nostra si continuasse, non potrebbe trovarst la ragione nella situazione parlamentare del gabinetto francese. Una risoluzione pertanto è più ·Che mai necessaria.

Senonchè, al momento di muovere un nuovo ;passo, con la cautela ·che le circostanze impongono, mi si affaccia l'inattesa difficoltà nascente dall'esito che si afferma sia stato dalla Turchia conseguito mediante le sue spedizioni e missioni nei paesi circostanti al Tchad e dalla supposizione che si cerca di propagare, che l'opera del Governo ottomano sia stata suggerita dall'Italia e con essa concertata. Si tratta, è vero, di notizie propagate dalla stampa ufficiosa di Costantinopoli e di voci tendenziose raccolte da un offi.cioso giornale inglese. Le informazioni che pervennero al R. Governo circa l'azione ottomana nella ·regione situata al sud dell'Espalet di Tripoli, mi pare manchino fin qui di precisione. Ognun deve però comprendere che, se fosse vero che l'azione della Turchia riuscì ad intralciare l'esecuzione futura del progetto agognato dalla Francia; assecondato dalla Germania e dall'Inghilterra, di congiungere i suoi possedimenti del Congo con i sudanesi inchiudendo gradatamente nella sua zona i paesi ·che giacciono all'Est ed al Nord del Tchad, sarebbe di tutta improbabilità che il gabinetto dt Parigi tolleri

il compimento dell'opera della Turchia senza opporvi le ragioni che, negli accordi presi con le due Potenze sovra nominate, gli furono concedute. È prevedibile dunque una questione che a questo riguardo potrebbe sorgere fra la Francia e la Porta ottomana. Il colloquio del Signor Deolassé con l'Ambasciatore del Sultano potrebbe essere stato una prima avvisaglia. Una siffatta questione altererebbe la situazione nella quale furono fin qui condotte le pratiche mie in Parigi. Dovremmo noi tenerne conto ed in quale misura?

Le spedizioni e missioni delle quali oggi a Costantinopoli si vanta il successo non datano evidentemente da poche settimane. L'esecuzione del disegno di cui fanno parte, deve aver incominciato presso a poco quando, dopo le dichiarazioni verbali fattemi in aprile di questo anno dal Signor DeJ.cassé, il gabinetto di Parigi diede al Governo del Sultano la risposta evasiva di cui ho riferito nel mio rapporto del 30 giugno (1). Fin d'allora si era cercato di mettere in giro la voce che la Turchia nello spiegare un'azione al Sud della Tripolitania avea ceduto agli eccitamenti promossi dall'Italia. V. E. con il dispaccio del 19 giugno (l) mi avea fatto sapere che invece il predecessore di Lei, in seguito alle soddisfacenti as·sicurazioni avute da Londra e da Parigi, avea avvisato il R. Ambasciatore a Costantinopoli che i nostri passi presso la Turchia non avrebbero potuto giovarci (2). Non è dunque dal punto di vista dei sospetti-d'altronde infondati-che qui si fossero concepiti circa la condotta nostra in questo affare, ch'io considero la difficoltà nuova nascente dall'operato del Governo ottomano; bensì mi pongo innanzi la questione se convenga all'Italia lo spingere a conclusione l'intesa sua con la Francia limitata alla integrità territoriale della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan ed alla libertà ·commerciale delle vie di penetrazione, mentre pare che l'azione della Turchia si sia spinta e fatta di già direttamente sentire nei pa·esi circostanti al Tchad e diventa conseguentemente probabile una contestazione di diritti fra la Turchia stessa e la Francia.

Secondo la consuetudine mia, non però ·Con la pretesa di pregiudicare decisioni che non mi spettano, esporrò in proposito il mio modo di vedere.

Non credo ·contestabile la possibilità per il Sultano di esercitare un'influenza pan islamitica nella regione che contorna il Tchad. Nè credo facile ed ancor meno probabile un'imminente azione militare della Francia per penetrare più avanti in quella regione dove già ha incontrato resistenze armate. Vedo però il pericolo grave che sovrasta alla opera di espansione francese dalla propagazione nel centro dell'Africa dell'influenza religiosa pan islamitica. A questo pericolo non possono essere indifferenti l'Inghilterra e la Germania la quale ultima, con le concessioni fatte alla Francia, nelle stipulate delimitazioni, ha reso possibile la congiunzione del possedimento del Congo francese con quello del Sudan come avea dischiuso il passaggio alla spedizione francese nel Bar-el-Gazal. Le considerazioni che emergono dal complesso di queste cose mi persuadono che il fare scomparire nei rapporti dell'Italia con la Francia le diffidenze connesse con la situazione della Tripolitania costituisce più che mai un interesse primario della politica pacifica del nostro paese. Lo aggiornarne l'assestamento non potrebbe essere senza inconvenienti. Difficilmente infatti il Governo del Re troverà in Francia una situazione più favorevole per l'intesa, nè giovamento alcuno gli può derivare dal lasciare sorgere od ingrandire sospetti circa i motivi del suo indugio nel proseguire le trattative predisposte da parecchi mesi. A me sembra che non

sia cosa indifferente che ognuno sappia ·che l'Italia, senza dipartirsi di una linea dalla posizione che le è tracciata dalle sue alleanze, provvede agli affari propri guidata dai suoi pacifici interessi.

Ma se questo, come dissi, è il mio modo di vedere, io mi rendo conto puranche delle necessità che potrebbero nascere da circostanze a me non note le quali potrebbero indurre il R. Governo a prendere una diversa decisione. Io non potrei pertanto senza imprudenza muovere qui altri pa,ssi prima di conoscere il pensiero di V. E. in ordine alla situazione che in que,sto rapporto mi sono studiato di riassumere. Mentre non mi dissimulo tutti gli inconvenienti dell'indugio che mi premerebbe abbreviare il più possibile, sento la necessità di essere sorretto dalle istruzioni della E. V. per proseguire con sicurezza un'azione la quale, ancorchè condotta con le massime cautele, ci potrà tuttavia mettere in presenza non più solamente della opportunità di disinteressarci di certe espansioni francesi al Sud dell'Algeria verso il Marocco, ma anche di una nostra implicita rinunzia a sostenere le rivendicazioni della Turchia in quella zona attraverso la quale ci limiteremmo a chiedere che la libertà delle vie commerciali sia assicurata dalla Francia.

(l) Non pubblicato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 239.
349

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3302. Roma, 31 dicembre 1899, ore 19,40.

I giornali paruano della possibilità che l'Italia presti all'Inghilterra un con

corso delle sue truppe. Non ho d'uopo di dirle che in queste voci non v'ha sillaba di vero.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BOTTESINI

T. P. RISERVATO S. N. Roma, 2 gennaio 1900, ore 19,20.

Con dispaccio di serie ordinaria (l) le scrivo circa progettata società di beneficenza in Susa. Desidero però fin da ora porla in avvertenza sulla necessità di evitare, nel presente momento, tutto ciò che possa dare alimento al sentimento di gelosia che, per l'incremento della nostra colonia in Tunisia e per il suo sviluppo economico, si viene da alcun tempo accentuando presso l'elemento francese nella reggenza ed anche in Francia e che potrebbe influire sull'atteggiamento dell'autorità locale. Certo noi dobbiamo e vogliamo provvedere ad ogni nostro legittimo interesse; però importa usare, a tal riguardo, di molta cautela e moderazione. Mi affido interamente al tatto di lei ed allo sperimentato patriottismo di codesti nostri notabili.

(l) Non pubblicato.

351

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 208/1. Addis Abeba, 6 gennaio 1900 (1).

Azione nostri avversari politici è più efficace della nostra, perchè, mentre nulla chiedono, offrono difendere indipendenza Etiopia. Mi occorre distruggere insinuazioni che fanno contro noi, mostrando a Menelik nostro proposito finire questione frontiera perciò ritengo che se Menelik ci dà linea Mareb-Addi-SadiCoatit-Adi-Caiè sarebbe buon consiglio accettarla. Intanto nessuna risposta miei telegrammi 56 (2) e 57 (3) mi obbliga penoso silenzio, mentre altri efficacemente lavorano forse anche per dissuadere Menelik nella concessione fattaci.

Situazione politica Europa parmi grave, dai dispacci qui pervenuti, perciò converrebbe assestare questione Eritrea: iniziative private per sviluppo colonia che oggi si destano, occorre incoraggiarle con un'accertata sicurezza al confine. A quest'ora Menelik offre sorpassare di molto nostre prime ri:chieste limitate ad Adi-Caiè. Altre miniere carbone sono state trovate nord Addis-Abeba a Selalé.

352

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 75/34. Parigi, 9 gennaio 1900.

Quando il Signor Perrier propose alla società geografica di Algeri il voto che il Governo francese abbia ad estendere il suo protettorato sovra gli intieri Stati ùel Sultano del Marocco, lasciando intendere che alla Corte Sceriffiana una preparazione era stata fatta ed una a,ccoglienza favorevole era prevedibile, scrissi a V. E. il mio rapporto dell'8 dicembre ( 4). Contemporaneamente chiesi al R. Console in Algeri quale importanza ,si potesse attribuire alla persona che di quel voto avea preso l'iniziativa e che pareva far pompa di informazioni in una materia tanto delicata. Mi rispose il Signor Cavalier Marazzi che il Signor Perrier è un impiegato della Prefettura il quale, nell'interesse del Signor Lutaud, attualmente prefetto ed aspirante al posto di Governatore generale, potrebbe avere presentato la mozione sia per mettere in imbarazzo iii Signor Laferrière di cui il programma, già in corso di attuazione, è assai più limitato, sia per cattivare a sè ed al suo superiore gerarchico le simpatie degli espansiontsti algerLni.

Di poi ebbi a chiamare l'attenzione dell'E. V. sovra il discorso tenuto dal Governatore Generale al Consiglio Superiore (rapporto 23 dic. n. 3230/1474) (5). Vi si trovava indicato il programma di cui le recenti notizie telegrafate da Algeri il 6 di questo mese, annunzierebbero la cominciata esecuzione.

Dell'importanza della occupazione d'In Salah non importa ch'io intrattenga ora V. E., poichè non si conosce ancora se essa sia da considerarsi come scopo finale della missione Flamant, oppure se in essa si debba vedere una mossa preparatoria per penetrare più addentro nella regione contestata dal Marocco alla Francia. Se si badasse soltanto alle parole del Signor Laferrière quando egli espose la necessità di occupare qualche punto geografico e strategico e di portare più al Sud la linea di frontiera per assicurare la zona francese contro le scorrerie dei predoni, si potrebbe essere inclinati a pensare che l'occupazione di In-Salah basti al compimento del programma tracciatosi dall'attuale Governatore generale. Ma sia percnè l'occupazione ora eseguita ha per effetto di mettere i Francesi in più immediato e vicino contatto con popolazioni indigene bellicose, sia perchè il partito espansionista riceve dal successo facilmente ottenuto, un incitamento a spingere il Governo a proseguire, bisogna prevedere che l'occupazione di In-Salah potrebbe essere ben presto seguita da altre imprese.

L'E. V. conosce come, a parer mio, non ci converrebbe, nelle circostanze presenti dei nostri rapporti con la Francia, di prendere la iniziativa di coalizioni diplomatiche tendenti a preservare l'integrità territoriale del Marocco nella regione dove questo viene ad incontrarsi con L'hinterland Algerino. Non ho aspetta.to che l'Inghilterra si impegnasse nelle sue difficoltà presenti per manifestare questa mia opinione fondata sovra tutto .sulla esperienza di tentativi fatti in passato. Ma ·mi pare certo che se l'ora presente può essere •sembrata propizia ai francesi per compiere un'impresa alla quale il Gabinetto di Londra non potrebbe forse prestare tutta la sua attenzione, anche a noi le circostanze attuali impongono una riserva maggiore di quella usata in altre occasioni.

Ora però ci .si pone innanzi un'altra e ben diversa questione.

Potremmo noi con l'assumere un contegno completamente indifferente lasciar nascere nel Governo francese la supposizione che delle sue espansioni verso il Marocco ci disinteressiamo ora, ci disinteresseremmo .sempre?

Se l'E. V. mi consente di manifestarle il mio pensiero, io non esiterei a dirle che il silenzio nostro potrebbe essere qui interpretato erroneamente e che gli interessi dell'Italia nelle questioni mediterranee non può permetterei di lasciare che siffatto errore si radichi in questo paese. Già troppo si è qui inclinati a ·credere che l'azione nostra si spiega soltanto quando il muoverla giova all'uno, o all'altro degli amici nostri, ma che l'Italia rimane inerte quando si tratta degli interessi propri quasi avesse la convinzione che per tali interessi non troverebbe in quegli amici alcun appoggio. Io credo di non ingannarmi nel fare osservare che questa opinione che si è venuta formando intorno a noi, è la principale causa della nostra debolezza e della poca efficacia della nostra azione diplomatica.

Il Signor Barrère nel suo discorso alla Colonia francese in occasione del primo d'anno ha segnalato pubblicamente l'esistenza di assicurazioni date dal suo Governo al nostro dopo che fu conchiuso l'accordo anglo-francese di delimitazione in Africa del 21 marzo 1899. Ma da quali atti quelle di:chiarazioni ri; sultano? in quali termini sono esse concepite? quali interessi italiani ne sono guarentiti? A queste domande non trovo soddisfacente risposta.

Lo stesso Signor Barrère, allorquando egli era in procinto di partire di qui per ritornare a Roma nell'ottobre passato, mi fece presentire che, se io avessi spinto il Signor Delcassé a dare forma concreta alle verbali sue dichiarazioni rerelative alla Tripolitania ed alla libertà delle vie di penetrazione che ne alimentano il commercio, io dovea aspettarmi alla domanda che da parte •SUa l'Italia abbia a far conoscere alla Francia gli intendimenti proprii per la eventualità in cui a quest'ultima occorresse di espandersi verso il Marocco. N el mio rapporto del 23 ottobre (n. 2718/1237) (l) ho reso conto al R. Governo della fase in cui la questione entrava in conseguenza dell'avviso datomi da codesto Ambasciatore francese. Evidentemente la questione si spostava. Alla dichiarazione unilaterale francese ·rispetto alla Tripolitania ed alle sue vie di penetrazione, si voleva congiungere una dichiarazione unilaterale italiana relativa al Marocco. Non si diceva però entro quali limiti la libertà di azione francese dovrebbe essere anticipatamente consentita. Vi erano ragioni per proseguire il negoziato. Le esposi a

V. E. Ma nell'attesa delle istruzioni formali che la gravità della cosa parevami richiedere, non mi stimai autorizzato a far altri passi qui che quelli destinati a ricordare di quando in quando che la questione era da me considerata tuttora come aperta. Giustamente V. E., appena ricevuto il mio rapporto del 23 ottobre, mi avea notificato per telegrafo che una risposta immediata era impossibile in argomento di tanta gravità; ·che gli eventuali disegni della Francia rispetto al Marocco ci erano sconosciuti; che, ove il Signor Delcassé mi avesse parlato di questo affare, mi conveniva prendere tempo per rispondergli (2).

La occupazione di In-Salah getta in mezzo a questa trattativa un fatto compiuto di cui non è possibile misurare tutte le conseguenze, ma che, a parer mio, ci mette nella necessità di rompere il silenzio a meno che si voglia lasciar qui supporre che l'Italia si disinteressa completamente delle eventuali espansioni

francesi nel ·sud ovest oranese.

Le notizie che furono messe in giro principalmente da Costantinopoli e che non sono finora accertate circa l'esito felice che l'azione del Governo ottomano avrebbe conseguito presso i Capi dei paesi che circondano a Nord e ad Est il lago Tchad, non potevano evidentemente sfuggire alla nostra attenzione. Esse potevano anche avere qualche influenza sovra le determinazioni che ci conveniva prendere rispetto alla prosecuzione della nostra trattativa con la Francia. Ma il carattere di quelle notizie mi pare incerto quanto sarebbe quello delle conseguenze che noi ne potremmo ritrarre, mentre invece il fatto positivo dell'azione francese, incominciata al Sud-ovest dell'Algeria, oggi ci sta dinnanzi ed, a parer mio, c'impone una risoluzione sotto pena di perdere l'occasione di ricavarne almeno qualche compenso.

(l) -Il documento fu trasmesso telegraficamente da Aden il 26 gennaio, ore 6,50. (2) -Non rinvenuto. (3) -Tel. n. 2960/57, spedito da Addis Abeba 1'8 dicembre 1899 e ritrasmesso da Aden il 31 dicembre 1899, ore 10,15, non pubblicato: trattative con Menelik sulla questione della frontiera con l'Etiopia. (4) -Cfr. n. 348. (5) -Non pubblicato. (l) -Cfr. n. 336. (2) -Cfr. n. 338.
353

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

(AVV, mazzo 13, fase. 9/9)

L. P. Roma, 14 gennaio 1900.

Non voglio lasciar partire il Corriere senza mandarle una riga. Non ho nulla a dire di nuovo a V. E. per quanto pe~sonalmente La concerne. Sua Maestà mi parlò di una lettera che ricevette da Lei esprimendosi con grande simpatia e per la sua persona e pel contenuto della lettera stessa. Il Re tiene in sospeso la Sua deliberazione, senza averla, io credo mutata, e la tiene in sospeso a cagione delle attuali circostanze politiche, degli inconvenienti gravi che avrebbe per noi un improvviso cambiamento della nostra rappresentanza a Berlir.o, in un momento in cui ci può diventare tanto necessario l'avervi un Ambasciatore che gode, presso l'Imperatore e il suo Governo, d'una situazione tanto privilegiata come è la Sua. Dinnanzi a questa difficoltà prendiamo qualche mese per potere intenderei e per potere provvedere e forse, verso la fine dell'inverno, una sua venuta. in Italia, ·con un pretesto o coll'altro, potrà essere opportuna. Da tutte le di Lei informazioni risulta che, nello stato di cose creato dalla Guerra del Transvaal, il Governo germanico mantiene un'attitudine di aspettativa e che la sua politica, insieme colla tutela dei •suoi particolari interessi, è guidata dall'intento che la impresa in cui si è malauguratamente impe.gnata l'Inghilterra, non sia la origine e la causa d'altre complicazioni. Questo è anche il nostro intento, per quanto può dipendere da noi, ed il nostro interesse. La polhica della Germania sarà certo un aiuto potente per raggiungere questo scopo. Noi pure lo desideriamo e lo cerchiamo e non sarà da parte nostra che quest'opera sarà turbata, nè per nostra iniziativa. * Ella sa che io non amo le avventure pel nostro paese, credo che esso abbia bisogno di alcurii anni di tranqulllità interna ed estera e ·Che quindi a noi convenga che quelle questioni su cui l'Italia non può disinteressarsi, siano frattanto differite. Ma gli avvenimenti non dipen· dono soltanto da noi * ed è impossibile il dire oggi che cosa la situ~zione presente possa covare nel suo seno. Se lo scacco delle armi inglesi nell'Africa del Sud diventa definitivo, la diminuzione di prestigio e di forza dell'Inghilterra può dare delle grandi tentazioni alle Potenze che avrebbero interesse a profittarne. Che se invece le armi inglesi finiranno coll'avere ragione dei Boeri, gli stessi enormi sacrifici della guerra obbligheranno il Governo britannico a volere una soluzione definitiva colla annessione pura e semplice delle repubbliche SudAfricane e questo importante mutamento territoriale nell'Africa meridionale potrà far sorgere per qualche Potenza interessata una questione di compensi in altre regioni dell'Africa. Sono eventualità' non immediate lo ammetto; l'Esposizione di Parigi ci potrà offrire, solo per qualche mese, una tal quale guarentigia. Ma queste eventualità non si possono escludere dalle nostre previsioni, come non si può escludere che esse sieno tali da alterare le condizioni presenti del

Mediterraneo e quindi da toccare direttamente gli interessi dell'Italia. Ora, dopc Tunisi, dopo le fortificazioni di Biserta e l'accordo anglo-francese dell'anno scorso, se avvenisse una nuova alterazione nello Stato del Mediterraneo l'Italia non potrebbe rimanere inerte.

* Noi ci troviamo dunque in presenza di una situazione dinanzi alla quale bisogna tenere aperti gli occhi e farci un concetto chiaro e positivo dell'azione che, in certi casi l'Italia potrebbe essere chiamata ad esercitare, pure desiderando che non si presentino e astenendosi dal provocarli. Io non vorrei, in questo caso, ripetere quella politica negativa, anche troppo praticata dal Governo italiano, e che consisteva nel voler impedire quello che non potevamo impedire, nell'intavolare delle azioni diplomatiche destinate a rimanere a mezza strada, senza altro risultato che quello di dare una prova d'impotenza.

Dobbiamo, a mio avviso, rimanere calmi, ma anche essere preparati. E, sul terreno diplomatico, la prima delle preparazioni deve consistere nell'avere, in una occasione opportuna, una franca e completa spiegazione colla Germania, colla quale, oggi più che mai, tutto ci consiglia d'intenderei, per poter procedere di accordo. Se si verificano nuovi avvenimenti sulle coste del Mediterraneo, e i nostri interessi fossero un'altra volta sacrificati, ne andrebbe di mezzo il prestigio della Monarchia e quello della Triplice Alleanza, due cose che oggi, in Italia, non si devono separare * (1).

S. M. l'Imperatore Guglielmo aveva l'anno scorso manifestata l'intenzione di una visita in Italia, ma il progetto fu, in seguito, differito. Le considerazioni generali che Le ho accennate in questa lettera mi farebbero credere cosa desiderabile e opportuna che questo progetto potesse essere ripreso e attuato.

La prego di dirmi a questo proposito la Sua opinione personale. Per ora non può trattarsi che di questo, poichè io non ne ho ancora parlato a S. M. il Re ed è dal Re che, in ogni caso, dovrebbe partire l'iniziativa.

354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 173. Roma, 17 gennaio 1900, ore 11,30.

Riferendomi al suo rapporto riservato del 7 gennaio (2) prendo nota con compiacenza di quanto Le fu detto dal Ministro degli Affari esteri circa il Signor Barrère, e la prego di dire al signor Delcassé alla prima occasione che questi adempie il compito suo con piena nostra soddisfazione e non possiamo che lodarci dell'opera sua rivolta al consolidamento dei buoni rapporti tra i due paesi.

355

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 8, fasc. 5-7 /C; ed. in SERRA, L'Intesa Mediterranea, pp. 227-228)

T. RISERVATISSIMO S. n. Berlino, 20 gennaio 1900, ore 23,40.

L'Imperatore mi ha fatto poco fa, chiamare a Palazzo, e mi ha fatto la seguente importante comunicazione. S. M. mi ha detto anzitutto aver seguito atten

tamente le recenti manifestazioni dell'opinione pubblica, in Italia, circa l'eventuale sostituzione di truppe italiane a truppe inglesi in Egitto. Mettendo in connessione con queste manifestazioni le tristi condizioni degli inglesi nel Sud Africa, ove stanno per mandarsi le ultime riserve in uomini di cui l'Inghilterra dispone (egli pensa pure) aveva dovuto prendere in esame l'eventualità di un appello dell'Inghilterra all'Italia per poter allontanare dall'Egitto ed inviare nel sud Africa le truppe che ivi mantiene. Per quanto l'Inghilterra abbia agito poco benevolmente verso la Germania in questi ultimi tempi, alla Germania non conviene che essa esca troppo indebolita dal presente conflitto sud africano, e ciò tanto meno conviene all'Italia. All'Italia, inoltre, sia per l'amicizia che giustamente le preme di serbare coll'Inghilterra, sia per riguardo all'opinione pubblica, sia finalmente per acquistare una posizione saliente nel Mediterraneo, può ,convenire di non opporre un assoluto rifiuto ad eventuali proposte inglesi circa l'Egitto. Potrebbero invece trattenerla scrupoli di doveri verso le Potenze alleate. S. M. si astiene da giudizi o consigli, ma vuole che io faccia sapere al Re ed al suo Governo che se solo questi scrupoli trattengono il R. Governo,

S. M. prega di non preoc~cuparsene, giacchè !la Germania nulla avrebbe da osservare a che truppe italiane fossero distaccate per occupare l'Egitto.

Dissi a S. M. ~che non ~constavami che fossero state fatte proposte od accenni inglesi all'eventualità in questione, che in ogni modo rtngraziavo S. M. per le importanti sue dichiarazioni, le quali consideravo come prova della costante sua amicizia per l'Italia.

Queste dichiarazioni fattemi in forma insolita, cioè non dal Conte Biilow, col quale ne conferirò appena potrò, acquistano in fatti maggiore importanza, e suonano, a parer mio, come un delicato consiglio in caso di proposte inglesi avvenire.

S. M. mi congedò annunziandomi di aver dato ordine a Biilow di spedire un dispaccio a Wedel nel senso delTa comunicazione fatta a me.

(l) -I due brani fra asterischi, ed. in SERRA, Camille Barrère, cit., p. 89. (2) -Non pubblicato.
356

L'AMBASCIATORE A BERLINO. LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 8, fasc. 5-7/C; ed. in SERRA, L'Intesa Mediterranea, p. 228)

T. RISERVATISSIMO S. n. Berlino, 22 gennaio 1900, ore 11,15.

Faccio seguito al telegramma del 20 (1), dopo conversazione con Btilow. Questi mi conferma, se posso usare la parola, la dichiarazione del suo Sovrano, che la Germania nulla avrebbe da osservare se truppe italiane sostituissero le inglesi in Egitto. L'Imperatore non intese dare consigli, nè fu mosso da

alcun fatto speciale; lo guida solo un senso di vera amicizia verso S. M. il Re ed il R. Governo, alle cui deliberazioni nell'interesse del paese e della monarchia

S. M. non vorrebbe neppure indirettamente (poichè in Egitto la nostra azione è libera)... [manca] se rapporti anglo-tedeschi, pel rinnovarsi di fatti simili a quelli della cattura di navi tedesche, fossero per diventare meno amichevoli. Del resto Biilow opina che l'eventualità accennata dall'Imperatore non si verificherà e l'Inghilterra è troppo fiera per ricorrere all'aiuto altrui. Avendo io

fatto allusione alla Francia, Biilow mi disse ignorare suo pensiero nella questione dibattuta dalla stampa italiana, ma essere propenso a credere che la Francia non farebbe seria opposizione, preoccupata come è, in questo momento, dall'esito della Esposizione.

(l). Cfr. n. 355.

357

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO S. n. Roma, 24 gennaio 1900, ore 23.

Ho comunicato i due telegrammi (l) a S. M. e ne ho preso gli ordini. S. M. incarica V. E. di far giungere all'imperatore i suoi più cordiali ringraziamenti poichè egli ha veduto innanzi tutto nel linguaggio tenuto a V. E. da S. M. l'imperatore una nuova prova di vera amicizia per la sua persona e per l'Italia. Aggiungo a V. E. che il Governo inglese non ci ha mai fatto cenno neppure per lontana allusione della proposta in discorso. Divido io pure l'opinione del conte di Biilow nel considerare questa eventualità come improbabile. Dirò anche confidenzialmente a V. E. che pel caso si verifi,casse, il: che, ripeto, non credo, l'opinione di S. M., alla quale mi associo, è che il Governo, prima di impegnarsi,

dovrebbe assai maturamente considerare quali ne sarebbero le conseguenze e quali vantaggi ci sarebbero offerti. Frattanto dalla comunicazione fatta a V. E.

S. M. il Re ha rilevato con viva soddisfazione che S. M. l'imperatore si rende conto della situazione dell'Italia nel Mediterraneo nel caso che le conseguenze dello stato di cose creato dalla guerra attuale dovessero toccare direttamente i suoi interessi. Confermo quanto già scritto a V. E. Le parole dell'Imperatore potrebbero essere un punto di partenza per far sentire che non possiamo escludere dalle nostre previsioni queste eventualità intorno a cui vorremmo innanzi tutto avere in una occasione opportuna, un leale scambio di idee col nostro alleato.

358

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 9, fase. 5-14/A)

L. P. RISERVATISSIMA. Pietroburgo, 26 gennaio 1900.

Vi rispondo per mezzo dello stesso corriere che mi portò la vostra lettera carissima, della quale sentitamente vi ringrazio -e vi ringrazio particolarmente di quanto mi rispondete relativamente a Berlino, che mi permette di considerare quel pericolo, se mai vi fu, come pienamente svanito. Più ci penso, più mi convinco che se un trasloco personalmente non può convenirmi, esso non può maggiormente convenire al Governo. La mia carriera diplomatica non può essere lunga: alla mia età non si possono più rendere molti servizii al paese, e se posso

aspirare a renderne qualcuno ciò è maggiormente possibile (non dico probabile) qua dove già sono affiatato ed, ho ragione di credere, abbastanza stimato che in

un paese a me nuovo, di cui per di più non conosco la lingua. Reputo, come già

vi dissi, la conoscenza della lingua tedesca in un paese come la Germania e col

l'Imperatore attuale, assolutamente indispensabile pel rappresentante dell'Italia.

Scusatemi, caro Ministro, se mi sono dilungato sopra un argomento che dovrei considerare come esaurito, ma qui ad ogni momento sono ancora interpellato in proposito dai miei colleghi -e quindi ci ,penso forse più del necessario.

Prendo atto di quanto mi dite in riguardo alla visita all'estero che quest'Imperatore potrebbe fare durante l'anno. Le pratiche condotte nel tempo fra il Principe Lobanoff e il Conte Nigra non mi erano ignote e lo stesso Nigra me ne aveva allora parlato. Procurerò di tenermi il più possibile al corrente dei progetti che ·si hanno e delle decisioni che si andranno prendendo.

Io spero che il fatto di una visita in Spagna senza la corrispettiva in Italia, non accaderà: ciò sarebbe un colmo!

Tempo fa al ritorno dell'Imperatore, allora ancora Gran Duca Ereditario, dal suo viaggio al Giappone, si trascurò d'invitarlo a passare per Roma mentre attraversava l'Italia sbarcando a Brindisi per rendersi in Austl'ia. Io credo che sia stato un errore.

Pochi anni prima il Principe di Napoli si recava privatamente al Caucaso e nel Transcaspio non avendo nessuna intenzione di spingersi al Nord. L'Imperatore Alessandro III fece sentire al Re il piacere che avrebbe avuto di vedere il Principe a Pietroburgo: tale desiderio fu preso in considerazione -venne l'invito e, malgrado che già si fosse in viaggio, si ·cambiò itinerario andando dopo le pl'ovincie asiatiche russe ad Odessa d'onde cominciò un viaggio ufficiale durante il quale furono usate al nostro Principe le maggiori cortesie.

Il precedente era ottimo per invitare a sua volta il Cesarevitch. lo, che avevo accompagnato il Principe nostro in quel viaggio parlai della cosa, benchè punto ciò mi riguardasse, tanto al Ministero che in Alto: mi risulta che anche Nigra ne parlò -ma non se ne fece nulla, fu un peccato, perchè essendovi il precedente di una visita dell'Imperatore, per quanto allora solo Gran Duca, a Roma questa benedetta difficoltà del Vaticano sarebbe a priori già quasi eliminata.

Certo non può avere l'Imperatore di Russia gli stessi motivi dei Sovrani di paesi cattolici per evitare Roma; ma molte sono le nazioni che in questa questione speciale cercano di aiutare il Vaticano. Austria, Francia, Spagna, Belgio, Portogallo ed altre ancora, fanno di tutto· per rendere al Papa un simile servizio, il quale non pregiudica nessuna loro questione interna e qualche volta anzi per compenso ne facilita la soluzione, mentre d'altra parte dà soddisfazione ai non pochi ultra-cattolici.

Anche qui, suppongo, si rifuggirà dal far cosa poco gradita al Vaticano: se ne ha troppo bisogno per tutto ciò che tocca le provincie cattoliche. D'altronde si fu poco contenti dell'attitudine nostra nella questione della rappresentanza del Papa alla Conferenza per la pace.

Aggiungete che il partito intransingente ortodosso con alla testa il Procuratore Generale del Santo Sinodo Pobedonostzew, farà di tutto, io credo, perchè l'Imperatore non vada a Roma, e ciò non già per far dispetto al Vaticano, ma anzi per evitare che egli vada ad inchinarsi al Papa. A lui già si deve, a quanto si dice, se la missione di Monsignor Tarnassi, finora non si sia effettuata.

Queste considerazioni, che mi permetto di sottoporvi, possono· valere a

spiegare il ritardo di una visita ai nostri Sovrani. Si capisce, suppongo, che la

visita deve essere fatta a Roma e si preferisce evitare qualsiasi questione.

Il problema quindi è un po' complesso e, mentre da parte mia non trala

scierò occasione per sentir come spinge il vento e riferirvene, mi permetto di

pregarvi di tenermi per parte vostra al corrente di tutto ciò che può avere atti

nenza alla soluzione desiderata {1).

Qui si è molto anglofobi: ve ne parlo in un mio breve rapporto (2).

(l) Cfr. nn. 355 e 356.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. PER CORRIERE 3482/84. Roma, 27 gennaio 1900.

In relazione ai preziosi suoi rapporti del 22 dicembre p. p. e 8 corrente

(n. 1471 e 23) (3) credo opportuno di far noto a V. E. come recentemente avendo avuto occasione di chiamare tn via confidenziale l'attenzione del R. console generale in Tunisia sul fatto che parevano colà accentuarsi i sentimenti di gelosia verso la nostra colonia ( 4), il cavalier Bottesini, con fettera particolare (5), mi fornì categoriche assicurazioni che non .solamente la situazione non accenna a farsi come che sia più difficile, o dilicata, ma che anzi i rapporti dei nostri nazionali colla popolazione francese sono ottimi ed i legami comuni si vanno vieppiù stringendo. Una riprova di questo soddisfacente stato di cose si ebbe anche recentement·e a Susa, dove, come rilevo da un rapporto di quel R. vice console, trasmessomi dal cavalier Bottesini, in occasione del ricevimento per il capo d'anno affluirono alla sede del vice consolato, oltre le numerose associazioni italiane e le autorità locali, anche molti francesi.

Il R. console generale non esclude che nella classe dei funzionari, nella amministrazione generale, perdurino tuttavia vieti rancori e pregiudizi contro la nostra colonia; le personali sue relazioni col signor Millet e colle autorità superiori della reggenza sono però cordiali e tali da affidare che l'applicazione ai nostri nazionali della legislazione colà vigente, punto favorevole allo espandersi delle energie italiane, non verrà aggravata da eccessive durezze.

Intanto, interpretando le istruzioni ripetutamente impartitegli, il cavalier Bottesini non procura di favorire il troppo frequente ripetersi di feste e di riunioni pubbliche che meno opportunamente attraggono la attenzione generale ed assicura di poter contare su ogni ordine di nostri concittadini perchè la maggior moderazione e misura governino ogni manifestazione della loro attività.

All'occasione, presentandosene una qualsiasi o facendola nascere se lo giudico utile, rion mancherò di fare col maggior tatto che mi sarà possibile, quel poco che p.otrò in vista di una visita a Roma. E vi prego caldamente di tenermi al corrente circa quanto venisse a vostra conoscenza, o poteste concertare coll'Ambasciatore russo costì. [Nota del documento].

Ho risposto al cavalier Bottesini compiacendomi per quanto egli mi ha riferito ed esprimendo la fiducia che col proseguire nella via che ci siamo tracciata per il pacifico e normale svhluppo dei legittimi nostri interes~Si colà, l'opera ed il concorso dei nostri nazionali non mancherà di essere sempre meglio apprezzata dalla popolazione e dalle autorità della reggenza per l'utilità generale della Tunisia.

(l) Nulla di positivo ha ancora fatto capolino circa l'epoca della visita dell'Imperatore e se si cerca di indagare vi si pone avanti un programma dei progetti già formulati fin dQPO le manovre cioè fino a settembre inoltrato, nel quale non figura nessuna gita all'estero. Non è dubbio però che le Loro Maestà andranno a Parigi. Ed a me, per le ragioni svolte nell'altra mia lettera, è assai difficile entrare in materia.

(2) -Non rinvenuto. (3) -Non pubblicati. (4) -Cfr. n. 350. (5) -Non pubblicata.
360

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. Berlino, 28 gennaio 1900, ore 23.

Non avendo, a causa del lutto di corte, occasione di vedere l'Imperatore, ho comunicato a Biilow, con preghiera di portarne a conoscenza di S. M. la prima parte, il telegramma di V. E. in data del 24 corrente (1). Biilow si è mostrato lieto che le parole del suo Sovrano e le sue, da me trasmesse a V. E., siano state rettamente interpretate ed apprezzata l'intenzione che le dettava, di dare, cioè, una nuova prova dell'amicizia dell'Imperatore per il Re e del conto che il Governo Imperiale si rende della situazione speciale dell'Italia nel Mediterraneo.

361

L'AMBASCIATORE A BERLINO. LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 8, fase. 5-7 /C; ed. in SERRA, L'Intesa Mediterranea, pp. 228-230)

L. P. Berlino, 28 gennaio 1900.

Mi valgo del ritorno del Corriere per rispondere alla gradita lettera di

V. E.•in data 14 corrente (2). Per quanto riguarda la mia persona V. E. sa ch'io mi rimetto interamente, com'è mio dovere, e qualunque siano le mie aspirazioni e miei interessi, a quanto S. M. il Re degnerà di decidere d'accordo con Lei. Per la prima volta, a Capo d'Anno S. M. mi fece cenno delle sue intenzioni per mezzo di una lettera confidenziale scrittami dal Generale Ponzio Vaglia.

S. M. pensa, tuttora di chiamarmi presso di lui e vuole ch'io lo sappia, ma non può ancora dirmi quando ciò avverrà. Risposi come meglio seppi a tale graziosa comunicazione con lettera diretta a Ponzio Vaglia, ed è probabilmente a questa lettera cui S. M. fece allusione parlando con Lei. Certo, sopratutto finanziariamente, sarebbe per me desiderabile che una decisione in un senso. o nell'altro venisse presa, ma non insisto, trattandosi di ·cosa dipendente dal Re, e, come Ella mi scrive ne riparleremo più tardi quando se solo V. E. me lo concederà, potrò venire per pochi giorni in Italia al principio della primavera.

Ma veniamo a cose più importanti che non la mia per-sona. Della parte politica della lettera di V. E. alla quale rispondo, ho pensato, dopo maturo esame, di dare qua8i testuale lettura al Conte Biilow, mitigando solo, per le

ragioni che dirò in seguito, sorvolando quasi sulle parole colle quali Ella considererebbe necessario avere un'o-ccasione per intendersi chiaramente col Governo Imperiale sulle cose del Mediterraneo. Il conte Biilow ascoltò con viva attenzione e palese compiacimento la lettura della lettera, ch'io ebbi cura rilevare essere a me diretta per mia orientazione e non destinata ad essergli comunicata. Egli condivide interamente le idee di Lei sulla gravità delle conseguenze della malaugurata impresa in cui si è sì imprudentemente gettata l'Inghilterra. Se le armi inglesi soccomberanno il contraccolpo non mancherà di far.si sentire in Asia. Biilow non sa precisamente quali siano i progetti della Russia, s'essa tenda solo a Herat o al Golfo Persico, ma ch'essa si prepari, si tenga pronta ad agire non vi ha dubbio. In Africa qualunque sia l'esito della guerra che vi si combatte, la Francia non farà nulla finchè non sia passato il periodo dell'e•sposizione. Dopo tutto è possibile e certo conviene fin d'ora tener gli occhi aperti. Biilow li terrà mi disse, aperti anche per noi e non mancherà d'informarmi di tutto ciò che possa giungere a sua conoscenza. Intanto egli non saprebbe dare altro consiglio che quello di tenerci in buoni termini coll'Inghilterra. Biilow mi parlò poscia di Lei, lodando la saggezza della sua politica, delle sue vedute, delle prevenzioni che si avevano qui contro di Lei e ch'egli è lieto d'aver contribuito a dissipare. «La lettera stessa che mi avete letta, concludeva il conte Biilow, mi prova sempre più che abbiamo a fare con un uomo di Stato calmo, saggio e prudente nel quale anche la Germania può avere ed ha piena fiducia. Anche l'Imperatore ha ormai la stessa opinione; se ciò non fosse S. M. non vi avrebbe certo fatto la comunicazione relativa all'Egitto ch'Egli per mio consiglio, vi ha fatto in questi giorni». Di ciò sono persuaso ancor io, ma sono del pari convinto che per ora più in là non si andrebbe, e anche •COn V. E. alla direzione della politica estera italiana, Biilow eviterebbe ogni accordo, ogni scambio di idee sull'azione eventuale dell'Italia nel Mediterraneo, e ciò per il semplice timore che un improvviso cambiamento di Ministero possa portare alla Consulta persona meno prudente di Lei, la quale abusi delle parole scambiate e provochi qualche casus foederis che oltrepassi le intenzioni della Germania. Questo è sempre stato e sarà sempre il timore di questi Signori, compreso Biilow; ed è perciò ch'io mi sono limitato ad un semplice accenno del di Lei desiderio di avere una franca e chiara spiegazione. Insistendovi mi sarei certamente urtato ad una di quelle risposte di Biilow che tolgono la possibilità di ritornare sull'argomento. Questo, secondo me, potrebbe solo essere trattato fra ilei: personalmente, e Biilow a quattr'occhi, senza intermediari di un Ambasciatore, che può (speriamo di no) restare in funzione anche dopo la caduta di un Ministero. Del resto mi pare che ciò appunto Ella abbia in mira quando, nell'ultima sua

lettera, allude alla possibilità di un viaggio dell'Imperatore in Italia nel corrente anno. ·Disgraziatamente nè io, nè Bii1ow, al quale ne chiesi in via affatto confidenziale, siamo ora in grado di conoscere i progetti di S. M. Biilow però è di parere -e il suo parere val molto -che S. M. non 1si allontanerà da Berlino nella primavera e nell'estate. In quel periodo di tempo le gravi questioni interne, e specialmente la nuova legge sulla marina, alla quale l'Imperatore dedica personalmente tutta la sua attività, non permetteranno al Sovrano o ai suoi Ministri di assentarsi dal paese.

Non ho bisogno di assicurare V. E. che non perderò di vista la grave questione del Mediterraneo sulla quale Ella ha chiamato la mia attenzione e m attesa di qualche occasione la quale permetta la spiegazione da Lei desiderata, non mancherò di insistere sul fatto generico ·che noi non potremmo rimanere inerti dinanzi a qualche nuovo mutamento dello stato attuale nel Mediterraneo.

(l) -Cfr. n. 357. (2) -Cfr. n. 353.
362

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. (1). Vienna, 29 gennaio 1900.

Una questione, di natura assai delicata, è sorta da qualche tempo, ed è pendente tuttora, tra le potenze della triplice alleanza. Voglio parlare degli addetti militari delle tre Potenze alle rispettive Ambasciate a Parigi, e quindi degli addetti militari francesi presso le Ambasciate di Francia a Berlino, Vienna e Roma. Come V. E. sa, l'Imperatore di Germania ha richiamato l'addetto militare germanico da Parigi. L'Austria e l'Italia non hanno, da parte loro, ancora sostituito i loro rispettivi addetti militari nelle stesse città. Ma il Governo Austriaco desidera mandarne uno, in sostituzione dell'antico che fu richiamato, e che ora è defunto, e vorrebbe che questa sostituzione non tardasse troppo, cioè non più di 3 mesi circa. Credo che in questo suo desiderio non conti soltanto la considerazione, ben naturale, di non far atto ostile alla Francia, ma possano esservi considerazioni personali, essendo probabile che il Conte Goluchowski brami conservare a Vienna l'attuale addetto militare francese, marchese de la Guiche, apparentato per mezzo della moglie a varj membri dell'aristocrazia viennese, e beneviso al MinisterD degli affari esteri, come all'Ambasciata di Francia a Vienna. Ora, secondo che pare, l'Imperatore di Germania, mentre non dividerebbe, per ora almeno, un tal desiderio, vorrebbe d'altra parte che si evitasse di dare all'Europa la mostra apparente di una scissione tra le potenze della triplice alleanza in una questione d'indole militare. Sono corse, a questo riguardo, tra Berlino e Vienna, osservazioni reciproche. Ma la questione non è risolta.

Siccome anche noi siamo necessariamente coinvolti in questo affare, è utile che io conosca l'intenzione precisa del R. Governo in quanto ci riguarda. Io finora tenni in proposito molta riserva, !imitandomi ad osservare che era di una certa importanza che le tre Potenze si mettessero d'accordo per agire d'accordo. Ma avrei bisogno di sapere positivamente, nel caso in cui Vienna e Berlino non vadano· d'accordo, se noi ci metteremo dall'uno o dall'altro lato. Ed a mio avviso sarebbe bene che la nostra opinione fosse conosciuta .fin d'ora dai due Governi alleati, poichè essa potrebbe avere qualche peso nella soluzione ·finale. Ad ogni modo sembra anche a me, che il fatto da evitarsi sarebbe principalmente quello di un aperto dissidio tra i membri della triplice in una tale questione.

(l) Questa è la minuta. Nelle carte dell'Eredità Nigra ne è conservata copia.

363

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 476/6. Addis Abeba, 3 febbraio 1900 (1).

Ho ricevuto il telegramma del 7 gennaio (2). Non sono andato da Menelik in attesa istruzioni d.i V. E. Menelik da Bulga è andato ad Ankober: dice ritornare presto, ma se prosegue a nord, senza che egli abbia fino ad oggi intenzione ostile, pure con questa mossa minaccerebbe libertà nostre decisioni cosa che volevo evitare con una pronta soluzione della questione Eritrea. È bene che io dica francamente che Menelik intende rispettare statu quo a modo suo; cioè, crede di aver troppo atteso finora, non immaginandosi che trattato Nerazzini dovesse obbligarlo ad un'attesa non voluta per tempo indefinito, ed è persuaso da tempo che col !asciarci fino oggi al Mareb ci ha dato una grande dimostrazione di amicizia e ci ha fatto una concessione meritevole di compenso. Mie sollecitazioni per avere istruzioni derivavano da conoscenza pensiero Menelik che si dimostra stanco, sfiduciato, sospettoso. Egli è evidentemente pentito delle promesse fatteci che lo hanno compromesso in modo che una uscita decorosa gli è difficile e credo che perciò voleva finire subito. L'arco sembrami teso abbastanza; ne sarei afflitto se un incidente qualsiasi permettesse a Menelik di ritirare le sue offerte per ritornare alle sue primitive pretese territoriali.

364

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 140. Parigi, 3 febbraio 1900.

Nel mio rapporto delli 9 gennaio ultimo (3) ho informato l'E. V. di ciò che io mi proponeva di fare per mettere sotto gli occ.hi del Governo francese certe pubblicazioni della stampa relative a pretesi spionaggi militari de' quali il Consolato Generale di S. M. a Nizza sarebbe il centro direttivo. Scrissi allora entro quali termini era mio proposito contenere le osservazioni che avrei fatte a' tale riguardo al Signor Delcassé e del limite entro il quale avrei mantenuto il mio linguaggio ho dato la ragione. Conviene infatti evitare di domandare formalmente ai Governi stranieri cose che, non chieste, si conseguiscono più agevolmente. E, nel caso pratico presente, questa regola ebbe applicazione poichè il R. Console Generale a Nizza mi ha informato che il Commissario di Polizia Renucci, autore principale dell'incidente Giletta ( 4) e presunto inspiratore delle pubblicazioni sovracitate, fu richiamato da Nizza senza, per ora, altra destinazione.

Gioverà, a mio avviso, il dimostrare di non avvederci affatto che tale provvedimento abbia potuto essere stato suggerito da considerazioni che ci

riguardano. I nazionalisti ferventi ne profitterebbero per iscagliare in maggiore copia le contumelie loro abituali contro il Signor Delcassé ed il Signor Waldeck Rousseau. Ma converrà che del desiderio manifestatoci col fatto da questo Governo di allontanare il pericolo di altri disgustosi incidenti dallo intempestivo zelo di un Agente di Polizia, da parte nostra si .tenga il maggior 'conto. Ed è principalmente per questo motivo che con questo rapporto ritorno una volta dippiù sull'increscioso soggetto degli .spionaggi militari, della utilità de' quali difficilmente riuscirò mai a persuadermi, mentre del pregiudizio che essi recano nelle relazioni internazionali non vi è chi non possa fornire testimonianza.

(l) -Il telegramma fu trasmesso tramite MartinL (2) -TeL n. 78, del 7 gennaio, ore 19,20, non pubblicato: istruzioni di mantenere uno stretto riserbo in attesa dell'esame da parte del R. Governo delle ultime proposte di Menelik per la definizione del confine con l'Etiopia. (3) -Rapp. n. 25, non pubblicato. (4) -Il processo Giletta si era iniziato nel giugno 1899.
365

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 318. Parigi, 6 febbraio 1900, ore 8,01.

Uno dei più violenti nazionalisti annuncia una interpellanza sulle mene dell'Italia con la Inghilterra, particolarmente rispetto all'Egitto ed alla Tripolitania. Dovendo io conferire domani con Delcassé procurerò conoscerne le disposizioni circa la risposta che egli dovrà fare. Prego telegrafarmi se posso fare uso di nuovo del telegramma del 31 dicembre (l) per smentire di nuovo le notizie insussistentemente divulgate dell'invio di .truppe nostre in Egitto, e nel caso Delcassé Ìne ne richiedesse se io possa autorizzarlo a valersi di tale nostra smentita, sarei d'avviso di fare sentire qui chiaramente che fino a tanto che nessuno solleverà la questione egiziana, Italia si asterrà da qualunque atto di natura a provocarne il risveglio. Negli ultimi giorni la situazione è entrata in un periodo

di tensione di cui non gioverebbe esagerare l'importanza; ma che neppure potrebbe essere prudentemente negletta.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 360. Roma, 7 febbraio 1900, ore 12.

La notizia di domanda rivoltaci dall'Inghilterra per invio di truppe italiane in Egitto non ha mai avuto, nè ha ombra di fondamento. V. E. può confidenzialmente ed esplicitamente ripeterlo a Delcassé. Questi potrà quindi, se lo crede, dichiarare che le sue informazioni lo mettono in grado di ritenere insussistente quella pretesa notizia. Però sarebbe evidentemente cosa non conforme alla nostra dignità ed anche alla verità se le parole del ministro potessero lasciar supporre che la Francia abbia creduto di chiedere spiegazioni alla sola Italia, il che non è affatto avvenuto, o che l'Italia abbia preso l'iniziativa di giu

stificazioni rispetto a voce a cui nessuno ha potuto seriamente prestar fede. A lei poi osservo che le spiegazioni avrebbero dovuto, eventualmente, essere chieste.

non all'Italia, ma all'Inghilterra, o quanto meno ad entrambe. Aggiungo ancora che, qualora il signor Delcassé nel rispondere all'interpellanza credesse di alludere anche alla Tripolitania sarebbe altamente desiderabile che le sue dichiarazioni per il rispetto dello statu quo da parte della Francia fossero esplicite.

(l) Cfr. n. 349.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. P. (1). Roma, 7 febbraio 1900.

Rispondo alla lettera (2) colla quale V. E. richiama la mia attenzione sulla

delicata questione degli addetti militari accreditati presso le rispettive Amba

sciate a Parigi dalle potenze della triplice alleanza.

Le esporrò quale è, a questo riguardo, la condizione delle cose, per quanto

riguarda l'Italia.

Alla fine dello scorso autunno, quando l'Ambasciatore di Francia fece ritorno a Roma, io ebbi l'occasione di dirgli che ·il governo italiano non aveva nè per allora, nè per un tempo indeterminato, l'intenzione di sostituire il suo addetto militélre a Parigi.

Questa dichiarazione fu fatta assai prima che l'Imperatore di Germania richiamasse il suo addetto militare da Parigi e quando ignoravamo che egli avrebbe presa questa risoluzione. E la nostra decisione era stata presa per due motivi: per mostrare che non eravamo rimasti indifferenti alla condotta tenuta verso il Colonnello Panizzardi e ai fatti che il processo Dreyfus aveva rivelati -e perchè, nell'interesse stesso delle nostre buone relazioni colla Francia, sinchè non si fosse dissipato quello stato morboso messo in chiaro e inasprito da quel governo, non volevamo esporre un uffiziale italiano agli incidenti sempre possibili d'una situazione difficile. Non potevamo avere la garanzia che non si fossero rinnovati, a suo riguardo, i procedimenti scorretti usati verso il Colonnello Panizzardi. Non ho chiesto, per riguardi facili a comprendersi, il richiamo dell'addetto francese da Roma, lasciando questa misura all'iniziativa del governo della repubblica. Ma la reciprocità era implicita. E per desiderare che così fosse, si aggiungeva per noi il fatto che il Colonnello De Pinsonnière, addetto militare francese, già da molti anni residente in Italia, era fortemente sospettato dal nostro Stato Maggiore di aver cercato di esercitare e di avere esercitato degli atti di spionaggio. Il Ministro della guerra me ne aveva parlato più volte. Questi: sospetti ed il trattamento usato in Francia al Colonnello Panizzardi avevano contribuito a renderlo maleviso nei nostri circoli militari e a creare uno stato di cose che non avrebbe potuto, a lungo prolungarsi. In una conversazione amichevole, di cui lo stesso signor Barrère prese l'iniziativa, fu convenuto che il Colonnello Pinsonnière sarebbe partito in congedo, sino a che non avesse ricevuto un'altra destinazione, e che questo si sarebbe fatto in modo da evitare i commenti dei giornali e dopo

12) Cfr. n. 362.

aver preso parte al ricevimento a Corte delle rappresentanze diplomatiche pel

Capo d'anno.

Di tutto questo non ho creduto di dare comunicazione a Berlino ed a Vienna,

perchè non avevo pensato di voler promuovere una manifestazione collettiva delle

potenze della triplice alleanza, ma di provvedere alla nostra situazione speciale

per le risultanze del processo Dreyfus e alle nostre particolari circostanze.

Questo era lo stato di cose per noi, quando l'Imperatore Guglielmo fece conoscere a Parigi la sua decisione pel richiamo dell'addetto militare. All'Ambasciatore di Germania, che me ne diede comunicazione, io non ebbi che riferire i fatti per quanto ci concernevano. E quando più tardi per non so quali notizie ·avute, l'Ambasciatore stesso venne, non senza una certa inquietudine, a domandarmi se era vero che noi ci proponevamo di nominare un nuovo addetto militare, gli riconfermai le decisioni già prese.

Tale è la nostra situazione, la quale è venuta a coincidere con quella dei nostri alleati, più che non sia con essi concertata. Noi non abbiamo creduto necessario di sopprimere il posto di addetto militare a Parigi in modo formale, ma ci asteniamo di fatto dal coprirlo. Noi non pensiamo a fare questa nomina, perchè non sono ·scomparse le ragioni che, per quanto ci riguarda, hanno consigliato la nostra decisione. Credo io pure con Lei che varrebbe meglio che le tre potenze agissero d'accordo. Non nego però che i fatti messi in luce dall'Affare Dreyfus hanno riguardato non tanto l'addetto austriaco come il germanico e Io italiano, e forse peggio quest'ultimo. Se il governo austro-ungarico, anche per una sensibile differenza di situazione in questi precedenti, credesse di nominare il suo addetto militare a Parigi, noi ci asterremmo dal farne osservazione. Quanto a noi, in tale eventualità, e quand'anche il Governo germanico ritornasse sul partito preso, lasceremmo probabilmente passare qualche tempo e saremmo, in ogni caso, gli ultimi. Queste sono, almeno per ora, le nostre disposizioni.

(l) Questa è la minuta. Copia della lettera, nell'Eredità Nigra.

368

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 323/161. Parigi, 8 febbraio 1900.

Il 13 Gennaio ultimo ebbi l'occasione di segnalare a V. E. la recisa smentita che l'Agenzia Havas avea pubblicato per procurare di far cessare la voce relativa ad un'intesa itala-britannica per effetto della quale guarnigioni italiane sarebbero prossimamente spedite in Egitto. Quella smentita avea la forma di una nota officiosa di questo ministero degli affari esteri voglioso certamente di togliere di mezzo un soggetto di disturbose pubblicazioni da parte dei giornali parigini che hanno sposato la causa dei nazionalisti (rapporto n. 120/60) (1). La previsione da me formata allora circa l'astensione da parte del Signor

Delcassé di prendere con me l'iniziativa di una formale conversazione sovra questo soggetto si è verificata. Né dal canto mio io mi sarei dipartito dal si

lenzio che mi proponeva di mantenere, se le circostanze che sto per esporre non mi avessero indotto a mutar consiglio.

La pubblicazione ufficiosa dell'Agenzia Havas avea prodotto un solo effetto. Coloro che già erano persuasi che un ministero di cui fa parte V. E. non nutre il progetto di intervenire militarmente in Egitto col solo accordo con l'Inghilterra, trovarono in quella pubblicazione la conferma del loro proprio pensiero. Quanto agli altri neppure vi badarono e, spinti da un'azione alla quale sembrerebbero non essere state completamente èstranee le suggestioni di una parte della stampa italiana e di alcune gazzette egiziane, continuarono a valersi delle voci dichiarate false per intorbidare lo spirito pubblico ed eccitarlo nel senso che non si possa ritardare senza pericolo la riapertura della questione eu:ropea dell'Egitto.·

Una campagna condotta quotidianamente in questo senso da oltre un mese in numerosi diarii parigini, ancorchè questi siano tra i meno serii ed autorevoH, non può rimanere senza effetti. Io avea saputo da Colleghi miei che gli Ambasciatori di S. M. il Re presso alcune Corti aveano smentito, fin dal principio di Gennaio, la notizia di un preteso accordo nostro con l'Inghilterra per un concorso armato. Mi risultava che nelle private conversazioni del mio collega di Russia ritornava spesso il tema della situazione dell'Inghilterra in Egitto la quale, acconsentita tacitamente dalle Potenze, perchè i presidii britannici erano sembrati necessarii al mantenimento dell'ordine nella valle del Nilo, non avrebbe più ragione di essere conservata quando quei presidii dovessero essere totalmente o quasi :ritiratL Anche parlando con me H principe Ouroussow, diplomatico co:rretto che assai poco aggiunge del suo al concetto inspiratogli dalle comunicazioni: del .suo Governo, ebbe ad osservare che l'indole europea della questione egiziana non fu mai compromessa od alterata dall'occupazione di fatto di un ·contingente di truppe inglesi mandato in Egitto per ristabilirvi e conservarvi l'ordine materiale.

Nel giornale il Matin comparso il 6 febbraio fu pubblicato un articolo in. titolato l'Egypte al quale, sia per essere quel giornale venuto recentemente in credito di servire a comunicazioni ufficiose, sia perchè l'opinione pubblica era predisposta dai rumori con i quali si era cercato di tenerla sveglia, si è dato una specialissima importanza. In sostanza l'arti-colo del Matin dice essere venuto il tempo di dare esecuzione alla convenzione relativa alla neutralità del canale di Suez la quale deve ricevere la sua efficacia quando l'Inghilterra ritirerà le sue truppe dall'Egitto. Nè per la difesa delle frontiere, nè per la guarentigia della potestà del Khedivé ciò che attualmente rimane del corpo di occupazione britannico può bastare. L'evacuazione è quasi totale. La notizia di sommosse fra le milizie indigene permette di dubitare che l'ordine materiale sia assicurato. Se l'Inghilterra, distratta da altre cure, non basta a provvedervi, le altre Potenze potrebbero essere costrette d'intervenire per fare rispettare i loro connazionali e le istituzioni miste poste sotto la loro guardia. La Francia, rinunciando al condominio non ha abdicato ai suoi diritti. Essa considera che la questione d'Egitto è divenuta internazionale. Intanto gli interessi della Germania nella questione della neutralità del canale di Suez, sono aumentati in ragione degli acquisti territoriali che essa ha fatto dal 1881 in poi. Qui il Matin pone l'invito formale all'Impero tedesco di prendere in mano la questione, e l'invito prende quasi la forma di ingiunzione nel momento in cui gli avvenimenti ancor più che la volontà delle Potenze, mette in prima linea la questione d'Egitto. La Germania non ignora, dice l'articolista del Matin, che la duplice alleanza, cioè la Francia e la Russia non la lascierebbero isolata nella ,sua iniziativa. Per la forma e fors'ancor più per la sostanza, l'articolo del Matin apparisce non essere l'opera di un ordinario estensore di giornali quotidiani. Il concetto di richiamare alla memoria la stipulazione relativa al Canale di Suez, di provocare la Germania a prendere l'iniziativa degli accertamenti destinati a farla entrare in vigore ed infine la dichiarazione, con cui l'articolo conchiude, che se la triplice alleanza si disinteressasse della questione, la duplice basta ase medesima e rimane vigile, non potevano passare inosservati. L'articolo era destinato a produrre e produsse infatti una sensibile emozione. La mia attenzione fu particolarmente risvegliata nel trovarvi posta la questione dell'occupazione inglese in Egitto nei termini stessi nei quali la pone, nelle private sue conversazioni, l'Amba,sciatore di Russia. Simultaneamente alla comparsa dell'articolo del Matin i giornali nazionalisti rinforzarono la nota della necessità per la Francia di premunirsi contro l'intervenzione italiana in favore dell'Inghilterra.

È in queste circostanze ,che si è prodotta la domanda di interpellanza annunziata pubblicamente dall'on. Firmin Faure, deputato di Orano, antisemita nazionalista militante, già conosciuto per altre manifestazioni di sentimenti astiosi verso l'Italia. In un'intervista con un estensore della Patrie il Signor Firmin Faure rendeva simultaneamente di pubblica ragione la tessitura della sua interpellanza. Unisco lo stralcio del giornale perchè, consultandolo V. E. avrà modo di formarsi un'idea di ciò che si pensa nel campo nazionalista dell'Italia e della sua politica. Non credo affatto alla buona fede di coloro che gettano quotidianamente da oltr·e un mese il sospetto a piene mani contro l'Italia nella stampa di questo paese; ma sarebbe inesplicabile illusione il credere che l'opera loro riesca completamente innocua.

Io dovea visitare il dì 7 corrente il Signor Delcassé. Il tacere con lui della interpellanza dell'on. Firmin Faure avrebbe avuto carattere di una significativa affettazione da parte mia. Perciò la sera delli 6 corrente, nello scopo di premunirmi per il caso in cui il mio colloquio col Signor Delcassé avesse a pigliare qualche sviluppo, ho domandato istruzioni telegrafiche (l) a V. E. sovra i due seguenti punti: poteva io far uso di nuovo della smentita trasmessami da V. E. il 31 dicembre scorso (2) circa il rumore di un concorso militare dell'Italia in favore dell'Inghilterra? -poteva io, se richiesto, autorizzare il Signor Delcassé a valersi della nostra smentita?

L'E. V. sa che della smentita contenuta nel di Lei telegramma del 31 dicembre io avea fatto uso soltanto in occasione di un privato colloquio con il Signor Delcassé. In presenza della insistenza dei falsi rumori, io gliene avea indicata l'inanità (rapporto 13 gennaio 1900 n. 120/60). Era fra le cose prevedibili che questo Ministro degli affari esteri, provocato a rispondere ad un'interpellanza parlamentare, mi domandasse di precisare il senso ed il valore di un discorso che non avea avuto carattere formale. Era d'altronde presumibile che al

pari di me egli avesse saputo che presso altri governi analoghe smentite erano ;;tate date dalla diplomazia italiana.

M.a nel mio telegramma del 6 corrente mi spinsi più oltre. Avendo sotto gli occhi una situazione di cui nessuno può nascondersi la gravità, poichè la tensione esistente fra la Francia e l'Inghilterra ingrandisce ogni giorno, dovendo io tener conto della spinta che si e·sercita qui sul Governo per la riapertura della questione egiziana, non vedendo infine molti uomini in Francia che, come il signor Delcassé, saprebbero resistere a tale spinta, mi parve che fosse nel compito mio di indicare essere forse venuto il momento di far sapere qui che fino a tanto che nessuno solleverà la questione egiziana non sarà dall'Italia che incominceranno gli atti di natura a provocarne il risveglio. Una pacata dichiarazione in questo senso fatta in tempo opportuno, destinata a mettere in guardia lo stesso governo francese contro coloro che cercano di strascinarlo in una via pericolosa per la pace di tutti, non mi parrebbe poter riuscire lesiva degli interessi morali e materiali del nostro paese. Fatta in modo spontaneo, non provocata in alcuna guisa da richiesta di spiegazioni da parte di chicchessia, essa affermerebbe null'altro che il desiderio nostro che nessuno cerchi di riaprire una pericolosa questione e la riserva nostra di prendere, in caso diverso, la posizione che le circostanze e gli interessi ci possono dettare. Naturalmente io non posso vedere le cose altrimenti che come esse si presentano nel campo di osservazione che sta sotto i miei occhi e le indicazioni che posso fornire sono ·inspirate dal giudizio che delle cose stesse mi posso formare.

Il tenore della risposta telegrafica (l) che ricevetti il mattino del 7 corrente dr. V. E., mi pare indicare che forse la soverchia brevità della mia comunicazione telegrafica impedì che il mio pensiero fosse rettamente compreso. Non ci furono infatti mai domandate spiegazioni; si trattava soltanto per me di sapere più precisamente il linguaggio· che conveniva tenere al signor Delcassé affinchè quello che egli poteva essere intenzionato di tenere alla tribuna, non dissona·sse con gli intendimenti nostri.

Di ritorno dalla visita che feci ieri a questo Ministro per gli affari esteri, ho segnalato a V. E. per telegramma (2) l'intenzione in cui io l'ho trovato di non accettare l'interpellanza. Del rifiuto non motivato il signor Firmin Faure fu avvisato con una lettera del Ministro pubblicata subito nei giornali. La formola del rifiuto e la pubblicità data alla lettera che lo contiene, hanno un non so che d'insolito che soltanto si spiega nella risoluzione ferma del Signor Delcassé di non lasciarsi vincere la mano da coloro che vorrebbero spingere la politica della Francia in una via da lui ritenuta pericolosa. Egli, benchè si sforzi di negarlo·, si rende perfettamente conto delle ·condizioni di sovr'eccitamento che sembrano estendersi a buona parte dell'opinione popolare francese. «Se io dovessi rispondere al Signor Firmin Faure » -dicevami ieri il Ministro -« dovrei invitarlo ad andare lui a domandare delle spiegazioni a Roma. Se si porterà la questione

alla Camera questa dovrà votare preliminarmente sul mio rifiuto di rispondere e se mi desse torto, me ne andrei subito». Riferisco il meglio che posso le parole

testuali del Signor Delcassé perchè mentre esse danno il giusto colore del monologo che egli ebbe con me sovra questo soggetto, valgono anche ad indicare quanto questo Ministro degli affari esteri senta il bisogno di procedere cauti. Io trascurerei a torto questa nccasione per dire a V. E. che la presenza del Signor Delcassé ci può rassicurare. Ma nello stesso tempo mi sento in obbligo di conchiudere questo rapporto con la medesima avvertenza da me già trasmessa telegraficamente al R. Governo. Non gioverebbe esagerare la gravità della situazione entrata in un periodo di incontestabile tensione fra la Francia e l'Inghilterra, ma non sarebbe cosa prudente il non rendersene conto (2).

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 365. (2) -Cfr. n. 349. (l) -Cfr. n. 366. (2) -Con tel. n. 326, del 7 febbraio, ore 19,07, non pubblicato.
369

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. RISERVATO. Berlino, 12 febbraio 1900.

In una recente visita a quest'Ambasciatore d'Inghilterra, l'Imperatore gli parlò, fra le altre cose, della comunicazione fattaci circa l'eventuale occupazione dell'Egitto con truppe italiane. Credo doverne informare V. E. In quella visita l'Imperatore tenne coll'Ambasciatore d'Inghilterra, come di consueto, un linguaggio franco, ma improntato a sensi di vivo interessamento per le sorti delJ.'Inghilterra, confermando le dichiarazioni già fatte a me anche da Biilow sulle buone disposizioni del Governo Imperiale in senso contrario all'opinione pubblica tedesca in questo momento.

Le parole dell'Imperatore fecero, come mi assicura l'Ambasciatore d'Inghilterra, ottima impressione a Londra, e l'Ambasciatore ebbe ordine telegrafico di esprimere i più caldi ringraziamenti a Sua Maestà.

L'Imperatore segue con grande attenzione gli avvenimenti del Transvaal. Egli stesso fece compilare una critica delle operazioni militari fatte sinora e di ciò che dovrebbesi nra fare. Egli mandò il tutto al Principe di Galles, a cui l'atto di Sua Maestà, mi disse l'Ambasciatore d'Inghilterra, riuscì molto gradito.

370

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. P. RISERVATO S. n. Roma, 14 febbraio 1900, ore 9.

Non posso nasconderle che mi ha fatto una certa impressione lo avere l'Imperatore fatto conoscere all'Inghilterra il passo fatto presso di noi (3).

Assicuro, per sua notizia, che da Londra non abbiamo ricevuto domanda alcuna o sintomo di futura domanda. Ed aggiungo altresì, per lei solo, dopo ulterio·re riflessione, che della combinazione a cui ha alluso l'Imperatore non vedo, per l'Italia, i vantaggi, e ne vedo invece le quasi sicure complicazioni a cui darebbe luogo.

(l) Cfr. n. 365.

(2) Sulla questione, cfr. Documents diplomatiques français, serie I, vol. XVI, n. 81. pp. 127-128.

(3) Cfr. n. 369·

371

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 121/75. Londra, 15 febbraio 1900.

È stato qui segnalato come di origine officiosa e rappresentante le tendenze

del R. Governo, un articolo del giornale l'Italie sul1la possibilità che l'Italia faccia

delle proposte all'Inghilterra in vista di tentare un accordo tra i belligeranti nel

Sud-Africa. Credo mio dovere di sollecitamente informare l'E. V. della poca

buona impressione qui fatta dall'articolo in questione, essendo generalmente ri

tenuto come prova di poca amicizia (unfr'iendly) ogni atto di tal natura nei mo

menti attuali.

Io ignoro quali siano state le ragioni che hanno potuto far supporre all'Italie

che una siffatta proposta potesse riuscire qui accetta; ma sia in questa occasione,

sia in un'altra, allorchè svolse certe sue idee sulla eventualità di un nostro aiuto

in Egitto, il giornale non ha reso al nostro paese, quel servizio che evidente

mente si proponeva, riguardo alle relazioni amichevoli con l'Inghilterra, dal

l'E. V. con tanta prudente riserva proclamate, in una recente tornata del

Senato (1).

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

(AVV, mazzo 14, fase. 9/7; ed. in PASTORE, op. cit., pp. 279-281) (2)

L. P. Roma, 18 febbraio 1900.

Ho assai tardato a scriverLe intorno alla continuazione dello scambio di

idee, tra il Governo francese e noi, sulla questione della Tripolitania principal

mente per due ragioni. In primo luogo, per la estrema incertezza della situa

zione politica generale la quale non mi permetteva di molto aggiungere a quanto

già Le avevo scritto sulla convenienza, per ora, di limitarsi a tener-e aperta la

conversazione, e ad indagare quali fossero le vere intenzioni del Governo fran

cese. In secondo luogo, da quando si firmò la Convenzione pei Confini dei pos

sedimenti nel Mar Rosso, il Signor Barrère mi fece comprendere, più di una

volta, ch'egli si riservava di avere con me un colloquio per altre questioni in

torno alle quali avremmo potuto intenderei. E lo fece in termini che rendevano

chiara l'allusione.

Infatti, qualche giorno fa, il Signor Barrère (3) mi disse ch'egli si credeva in misura di ave;.·e con me qualche spiegazione preliminare, un primo scambio confidenziale di idee, intorno a cui ci siamo personalmente promesso, e in mcdo

Sulla base di questo appunto venne redatta la risposta all'ambasciatore a Londra, De Renzis, in data 24 febbraio 1900.

formale, il più assoluto segreto. La nostra conversazione riassumo le parole dell'Ambasciatore ·-non era, in alcun modo, provocata dalle circostanze politiche presenti, ma doveva intendersi come la continuazione di quelle che avevano avuto la loro origine dall'accordo anglo-francese per l'hinterland della Tripolitania. Di più, non si trattava, per la Francia, e si supponeva anche che non si trattasse per l'Italia di avvenimenti immediati o prossimi, ma di eventualità per le quali poteva giovare, fin d'ora l'eliminare dalle relazioni tra i due paesi le cause di diffidenza reciproca e di conflitto. La politica francese, mi diceva il Signor Barrère, intende rimanere in disposizioni pacifiche nè vuole sollevare quelle questioni che potrebbero creare una situazione internazionale. Così, se fosse chiamata dai suoi interessi sulla frontiera algerina a spiegare un'azione nella re,gione del Marocco, essa lascerebbe fuori di causa la questione di Tangeri e quella del presidio spagnolo. Il Governo francese, dunque, continuando l'antico scambio di idee, era disposto a dichiararci che esso avrebbe lasciato libere le vie del

commercio interno della Tripolitania, a rinnovarci ]!'assicurazione formale che, da parte .sua, ne sarebbe rispettato lo statu quo (compresa la Cirenaica), e ad aggiungere anche che la Francia non avrebbe fatto opposizione a quella azione eventuale che l'Italia avrebbe potuto esercitare per estendere la sua influenza sulla Tripolitania. Ma il Governo francese, per reciprocità, desiderava sapere che non avrebbe, alla sua volta, incontrato al Marocco l'opposizione dell'Italia. Per conseguenza, il Governo francese, poichè si trattava di conciliare l'interesse dei due paesi nelle regioni africane del Mediterraneo, avrebbe domandato all'Italia di non opporsi all'azione della Francia per estendere la sua influenza nel Marocco, esclusa la questione di Tangeri e dei pre,sidi spagnoli. Queste assicurazioni reciproche avrebbero potuto essere date in una forma da determinarsi ed anche con un semplice 'Scambio di note.

Le ho riassunto in breve il discorso assai più esteso, e accompagnato da maggiori considerazioni, del Signor Barrère, ma credo di averne riprodotta esattamente la sostanza.

Io risposi al Signor Barrère con quella piena serenità che era giustificata dall'indole cordiale e assolutamente segreta del nostro colloquio. Gli dissi che, nel fondo e nella realtà delle cose, i nostri interessi non erano in disaccordo. La questione del Marocco era soprattutto, per noi, una questione di principio, perchè un'azione della Francia colà poteva essere considerata come la prosecuzione di un piano diretto ad occupare tutte le coste mediterranee dell'Africa, escludendone l'Italia. Ma, una volta posti al riparo i nostri interessi, e assicurato quello che può essere eventualmente il nostro compenso e la parte dell'Italia, la situazione muta d'aspetto. I nostri interessi nel Marocco (nei termini in cui la questione è posta dallo stesso Governo francese, vale a dire esclusa Tangeri) sono meno importanti e diretti di quelli che abbiamo nella Tripolitania e nella Cirenaica. Non è dunque probabile che l'Italia voglia opporsi a quell'azione dalla quale potrebbe trovare, dove più Le importa, il compenso. Questa sarebbe, secondo il corso naturale delle cose, la conseguenza di quella dichiarazione unilaterale di cui il Signor Delcassé ci aveva lasciato intravedere la possibilità e che noi avremmo ricevuto e riceveremmo con animo grato. Ora invece, soggiunsi all'Ambasciatore, si tratta di concludere un accordo segreto bilaterale. Le mie obiezioni venivano, non dal fondo stesso della questione,

ma da una certa repugnanza a impegnare il paese, non in vista di avvenimenti

pros-simi o determinati, ma per una situazione ancora lontana e non calcolabile.

Credevo, per esempio, che allo stesso Governo francese sarebbe stato difficile

il definire, nei suoi limiti, l'azione che poteva essere condotto ad esercitare nel

Marocco. Questa azione sarebbe stata esercitata per estendervi l'influenza della

Francia, esclusa Tangeri e i presidi spagnoli. Questo programma poteva riferirsi

alle sole regioni interne del Marocco. Ma poteva anche estendersi a una occu

pazione di parte della costa, e non escludeva neppure il concetto d'una muta

zione, non solo del territorio ma anche delle condizioni politiche, come sar·ebbe

un protettorato.

L'Ambasciatore mi disse che egli non poteva precisarmi le idee del suo

Governo su questi punti, ma che credeva di trovarsi presto in grado di farlo.

Ci siamo dunque riservati di riprendere il colloquio.

A me sembra che, allo stato delle cose, ci convenga di lasciare la conversa

zione aperta. Le spiegazioni ulteriori che forse il Governo francese ci potrà dare

ci serviranno a poterei fare una idea più esatta della situazione internazionale

che potrà corrisponde~·e ai progetti che probabilmente si stanno ora preparando.

Se l'azione della Francia, per esempio, si limita alle regioni interne, non è pre-

sumibile che ella incontri una ser:ia opposizione da parte di alcun'altra Potenza.

Non è però escluso che questa azione sia più vasta, anche lasciando Tangeri

fuori causa. Se ne derivasse quello che potrebbe chiamarsi un nuovo mutamento

neltl.e condizioni politiche del Mediterraneo, la mia opinione, lo dico confidenzial

mente, e solo per Lei, sarebbe sempre che, invece di fare una politica negativa

di opposizioni o di proteste, ci converrebbe prendere risolutamente il nostro

compenso. Ma bisognerebbe che i fatti fossero tali da giustificare la decisione

dell'Italia.

Aspetteremo dunque di avere questi schiarimenti o di sapere almeno se ci potranno essere dati. Di più Ella riconoscerà ·che, prima di prendere un partito, è necessario di avere un altro elemento di informazione. Io non mi prevarrò mai, in alcun modo, nemmeno per via di allusioni indirette, di quanto ci potrà essere detto dal Governo :francese. Ma ho bisogno di poter indagare le disposizioni del Governo germanico sulreventualità a cui può dar luogo la situazione attuale, e di avere con esso qualche spiegazione in pl'oposito. Questo mi permetterà di giudicare il grado di libertà di azione che noi potremmo avere da questo lato.

La prego intanto di volermi dire, in una lettera particolare, tutta intera la sua opinione (1).

(l) Appunto marginale autografo di Visconti Venosta: • rispondere che l'articolo dell'Italie non ha punto espresse. le idee del Governo, ed in genere !'Ita!ie non è da ritenersi organo officioso ».

(2) -Citata parzialmente in SERRA, Cami!!e Barrère, cit., pp. 87-89. (3) -Per questi scambi di opinioni fra Barrère e Visconti Venosta, cfr. anche Documents dip!omatiques français, serie I, vol. XVI, n. 72, pp. 112-114; e anche ibid., n. 79, pp. 123-125, che riassume la questione.
373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. URGENTISSIMO 536. Roma, 24 febbraio 1900, ore 13 (2).

Indugio istruzioni dovuto aver solamente ora ricevuto duplicato telegramma 56 (3). Desidero Menelik ne sia informato.

S. -M. il re, che ml Incarica manifestarle suo alto gradimento per opera da lei prestata, riconosce in offerta Menelik deferenza buon volere e vivamente ringrazia Negus, fa presenti gravi ragioni che impediscono accettarla.

Retrocessione territorio, dopo cosi lunga occupazione, riesce moralmente,

materialmente impossibile, e ,sarebbe al re personalmente troppo dolorosa. Par

lamento, spirito pubblico potrebbero accoglierla come contraria dignità nazio

nale. Faccia comprendere ciò Menelik, ricordandogli come egli medesimo lo

abbia riconosciuto nei suoi colloqui con lei, ponendolo come base sua antecedente

proposta. Gli faccia altresì riflettere che un accordo su qualunque altra base

fuorchè riconoscimento stato attuale di fatto lascerebbe germi 'ControV'ersie

avvenire che noi vogliamo assolutamente evitare.

Insistiamo quindi confine Mareb-Belesa-Muna. Come segno gradimento R. Governo disposto costruire tutte sue spese linea telegrafica Scioa-Eritrea, nonchè strada da Eritrea sino Adua, e fare eseguire, se richiesto, ricerche minerarie Tigrè per conto Menelik con personale tecnico da noi pagato. Questa forma compenso, riguardando opera reciproca utilità ed escludendo anche apparenza vendita, sembrami possa essere gradita Menelik e non avversata Scioa.

Essendo reciproca convenienza non protrarre oltre negoziato, la interesso adoperarsi ogni modo definirlo secondo nostro desiderio, fiducioso sperimentata abilità di lei riesca vincere ultime resistenze Menelik.

Se ella non riusci-sse, ciò che al massimo potremmo consentire sarebbe linea Mareb-Belesa-Edaga Robò, Mai Adi Hummil, Zeban Aualeh sull'orlo ciglione altipiano, ramo meridionale torrente Aghir fino incontro nota linea parallela alla costa, rimanendo a noi Tzonorà, conca Senafè e Amba Debrà, e al Negus Scimezana, Uod Oculè Acram, e Ghelebà.

I punti indicanti detta linea sono stati presi sulla carta al 400.000 istituto geografico militare 1898.

Rimarrebbero ferme suaccennate offerte telegrafo, strada, miniere. Ella dovrebbe peraltro condurre negoziato in modo che tale combinazione venisse proposta da Menelik. Infatti proponendola noi e abbandonando cosi terreno fermo dello statu quo, indeboliremmo nostra argomentazione, riaprendo discussione che vogliamo evitare. Se Menelik si induce a tale proposta, ella faccia in modo che egli si ritenga impegnato, dichiari opinione che Governo accetterà e riferisca col mezzo più rapido per avere nostra immediata risposta.

Voglia sempre mandare per posta duplicati suoi telegrammi e non si serva telegrafo Gibuti (1).

(l) -Cfr. n. 376. (2) -Il telegramma fu trasmesso via Aden. (3) -Non rinvenuto.
374

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 100. Londra, 28 febbraio 1900.

All'E. V. è certamente noto come la Curia Romana fin dal principio dell'attuale guerra sud Africana nutrì una mal celata simpatia per i Boeri. Ciò, non

m~;no che per altri governi all'Inghilterra apertamente ostili fu spiacevole a

questo Governo, ed in varie conversazioni avute in proposito con Lord Salisbury

ebbi campo di convincermi che l'attitudine del Vaticano era qui notata sebbene

non impensierisse in modo alcuno il Governo Britannico.

«La Curia Romana non potrà mai far dimenticare ai cattolici inglesi i loro

doveri verso la patria. La devozione di essi verso la Santa Sede non andrà fino

al punto da persuaderli a seguire la politica Vaticana in una campagna anti

patriottica ».

Tale il pensiero del nobile Lord, ora pienamente avveratosi.

L'Unione Cattolica della Gran Brettagna tenne ieri infatti una delle sue

semestrali riunioni per prendere in esame le lettere scambiate dal suo presidente,

il Duca di Norfolk, col cardinale Rampolla appunto su tale argomento.

Il duca di Norfolk diresse il 6 Febbraio una lettera al Cardinale Rampolla nella quale espresse il rammarico dei Cattolici Inglesi per la politica antibritannica della Corte Papale e specialmente per i violenti articoli pubblicati dall'Osservatore Romano, il quale essendo sussidiato dal Vaticano può essere considerato come organo ufficiale.

Gli attacchi reiterati di questo giornale che ripetutamente tentò dimostrare essere l'attuale guerra causata dai più bassi motivi e dai più vergognosi appetiti, hanno prodotto in questo paese penosa impressione. Si considera qui come non saggia ed ingrata la politica vaticana che colla sua condotta ostile offende un popolo il quale sebbene in maggioranza non Cattolico ha dimostrata sempre grande deferenza per il Papa ed accordata ai Cattolici la massima possibile libertà religiosa. «Questa politica, soggiunge il duca di Norfolk, non solo nuoce al partito Cattolico, ma produce una reazione e ci aliena tutti coloro, che non cattolici: erano proclivi a considerare con simpatia la Comunione Romana».

Il Cardinale Rampolla il 13 febbraio si affrettò a rispondere che l'Osservatore Romano, quantunque sussidiato dalla Santa Sede, non è Organo Ufficiale se non per la colonna intitolata: «Nostre Informazioni» che Sua Santità ama l'Inghilterra e che come Vicario di pace nessuno più di lui desidera la cessazione dell'attuale stato di cose che costa tante vittime alla nazione Bl'itannica.

Queste spiegazioni sono qui considerate come poco sufficienti da poi che anche ammesso che l'Osservatore Romano non sia organo ufficiale della Curia si pensa che a questa sarebbe stato assai facile costringere il giornale ad una attitudine più benevola od almeno più imparziale di quella addimostrata.

(l) Cfr. quanto scriveva il Martini a Ciccodicola, in data 27 febbraio: • Non vi ha dubbio alcuno circa la malafede dell'ufficiale telegrafico di Gibuti; mi induce in questo convincimento il considerare che le cifre del suo telegramma n. 56 sono tutte quante errate e che nella più parte di tali errori è impossibile incorrere per sola distrazione e negligenza • (ACS, Carte Martini, b. 12, fase. 67).

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 621. Roma, 3 marzo 1900, ore 13 (1).

Ho ricevuto i suoi telegrammi 3 ed 8 febbraio n. 6 (2) e 7 (3). Riconosco la gravità delle sue osservazioni.

geno:rale 476.

E sopratutto di capitale imtlortanza di evitare che Menelik faccia alcuna mossa la quale abbia apparenza che le nostre trattative pel confine si svolgano sotto una attitudine di minaccia da parte sua. L'impressione in Italia sarebbe funesta. Rinnovi all'imperatore la più esplicita dichiarazione del nostro sincero desiderio di giungere presto ad una conclusione. Ma nello stesso tempo non perda occasione se lo crede necessario, di far sentire quanto sia indispensabile perchè queste trattative giungano ad un felice e prossimo risultato che esse si compiano in condizioni reali ed apparenti di reciproca amicizia e di reciproca sicurezza.

Le mie ultime istruzioni sono state dettate dal vivo desiderio anzi dal dovere di esaurire tutti i mezzi per evitare una importante retrocessione di territorio che sarebbe penosa al sentimento pubblico in Italia e che sarebbe sopratutto dolorosa ai sentimenti che ella ben conosce di S. M. il re. Ma rimane inteso che queste istruzioni le lasciano la latitudine necessaria per impedire in primo luogo che le trattative giungano ad una crisi e in secondo luogo per ricevere ad referendum e trasmetterei delle ulteriori proposte di Menelik nella certezza che esse non siano meno favorevoli di quelle già fatte e nelle quali ella confidava di far comprendere Coatit.

(l) -Il telegramma fu trasmesso via Aden-Harrar. (2) -Cfr. n. 363. (3) -Il tel. n. 7, non pubblicato, è stato ritrasmesso da Aden il 28 febbraio, alle ore 9,20, unitamente al tel. n. 6 e recano quindi ambedue lo stesso numero di protocollo
376

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. 33. Parigi, 8 marzo 1900.

Con la lettera particolare del 18 febbraio (1), per la quale molto La ringrazio, Ella mi chiede di manifestarLe, nella stessa fo·rma, la mia intiera opinione circa il grave soggetto di una nostra intesa con la Francia relativamente ad avvenimenti nè immediati, nè prossimi, i quali comprenderebbero l'avvenire della Tripolitania e del Marocco. Il riassunto di ciò che venni in proposito esponendo nel lungo carteggio ufficiale, riuscirebbe superfluo e fastidioso. Tuttavia alcuni capi-saldi sono da ritenersi affinchè l'espressione del mio pensiero attuale riesca chiara. Questo nostro interesse è passato, negli ultimi tre anni, per tre fasi. All'origine la quale risale al marzo 1897, io ho pensato che quando la politica italiana e la francese, cessata che fu per noi la ragione di seguirne un'altra, si fossero reciprocamente messe sovra la via di una buona intelligenza sincera e fiduciosa, due questioni bisognava eliminare perchè esse erano di natura a tenere viva fra i due paesi la diffidenza che quandochessia avrebbe potuto essere portata di nuovo a1lo stato acuto a solo benefizio d'altri. Per l'una di queste due questioni -frontiere dell'Eritrea --non mi risultavano es~stere considerazioni che dagli elementi della questione stessa non iscaturissero. Noi eravamo liberi di risolverla indipendentemente da qualunque considerazione relativa agli impegni che stanno a base della posizione dell'Italia nella polìtica generale. Un passo decisivo è stato fatto mediante l'accordo recente

per la frontiera verso Raheita. Ma la questione non sarà intieramente risoluta e non scomparirà dal numero delle nostre legittime inquietudini finchè, determinati

i 'confini con l'Etiopia tanto verso l'Eritrea, quanto verso la regione dei Somali, non avremo ottenuto dalla Francia il riconoscimento, in opportuna forma, di ciò che fu già fra noi e l'Inghilterra ben definito.

L'altra questione -quella della Tripolitania -non poteva essere considerata prescindendo dalla nostra posizione nella triplice Alleanza. L'invasione della Tripolitania da parte della Francia costituisce infatti (se sono esattamente informato) un casus foederis in favore dell'Italia. Esso si limiterebbe però al solo vilayet dell'Africa ottomana, nè si estenderebbe allo hinte1·land del medesimo, poichè noi ebbimo, nelle trattative del 1891, l'occasione d'imparare che a Berlino, sotto il nome di: Tripolitania, non si intende comprendere i territori sui quali l'autorità sovrana del Sultano di Turchia non si esercita in modo continuo e permanente. Anche così ristretta, la garanzia che la Germania ci ha dato contro l'eventuale invasione francese, ha un reale valore. Ma, puta il caso, di un'azione militare francese, favorita, od almeno non contrastata dalla Germania e diretta verso l'Egitto, la quale comportasse l'invasione temporanea della Tripolitania, consenziente o non la Turchia, quale valore pratico avrebbe la precitata garanzia? Comprendo che, nel vasto campo delle congetture, se ne potrebbero immaginare altre nelle quali la guarentigia risultante per l'Italia dai patti della sua alleanza, conserverebbe un apprezzabile valore. D'altronde un impegno che la Francia prendesse direttamente verso di noi di rispettare l'integrità della Tripolitania non potrebbe avere peso maggiore di quello attribuibile all'impegno preso dalla Germania verso l'Italia di fare rispettare dalla Francia quel territorio. Però se il Governo francese si decideva a darci la formale assicurazione di nulla volere tentare contro la Tripolitania; se a noi fosse riuscito allora, nel 1897, a conseguire questa dichiarazione in termini che si estendessero aWhinterland necessario per la vita commerciale della Tripolitania e della Cirenaica, all'Italia sarebbero derivati incontestabilmente due vantaggi: 1° diminuita la probabilità di dover impedire con le armi la jattura di un nostro interesse; 2° estesa la guarentigia ad una zona terrìtoriale che l'impegno preso dalla Germania a nostro riguardo non comprende.

La dichiarazione reciproca di rispettare lo statu quo non costituiva fra l'Italia e la Francia in alcuna guisa un contratto di contro assicurazione. Essa diminuiva il peso, ed anche l'importanza, dell'obbligo assunto a Berlino di tutelare un interesse nostro. La Germania che nella presente sua politica non pare ricercare cause o pretesti d'inasprimento dei suoi rapporti con la Francia, non avrebbe potuto ragionevolmente dolersi di un atto nostro tendente a rendere meno probabile un conflitto col Governo della Repubblica per la tutela di un interesse sostanzialménte se non esclusivamente italiano.

Tutto ciò si svolse prima di Fascioda e costituisce la prima fase della trattativa.

La seconda fase si è aperta quando fu conosciuta la Convenzione anglofrancese del 21 marzo 1899 e sotto gli effetti della emozione che l'opinione pubblica in Italia ne ha risentito. Io pensai allora che, sebbene la questione dell'hinterland non fosse più integra, in seguito alle nuove concessioni fatte dall'Inghilterra alla Francia al Nord ed all'Est del lago Tchad, potesse convenire tuttavia ancora all'Italia di conseguire una dichiarazione francese di rispetto della integrità territoriale della Tripolitania e della libertà commerciale delle vie di penetrazione che dalla medesima si diramano. Vi fu un momento (aprile 1899) in cui questa dichiarazione, in forma unilaterale, ci sarebbe stata fatta dal Signor Delcassé sotto la sola condizione dell'assoluto segreto. Era questa .condizione per noi accettabile? Era dessa compatibile con le clausole delle nostre convenzioni segrete con la Germania?

La seconda fase della trattativa fu chiusa fra le pause e gli indugiosi silenzi. A parer mio, durante la medesima, la posizione della que·stione era rimasta la stessa che essa avea avuto nel primo periodo. Non vi era perciò stato per me motivo di mutare pensiero. Dal punto di vista territoriale l'impegno che avrebbe preso la Francia riusciva assai meno vasto del precedente; ma ne era lar.go compenso la unilateralità della dichiarazione francese, nella quale riusciva naturalmente sottintesa la eventuale libertà di azione dell'Italia sovra i territori che la dichiarazione avrebbe contemplati.

La terza fase si è aperta in ottobre ultimo ed, a mio credere, a modificare le disposizioni del Signor Delcassé contribuirono allora forse, non meno che le circostanze della politica generale, i suggerimenti personali del Signor Barrère. Ne ebbi il primo accenno nel colloquio in cui questo diplomatico francese, al momento di ritornare a Roma, mi disse che avrei trovato il Signor Delcassé sempre disposto a prendere gli impegni sovra i due punti ventilati nel precedente scambio di idee; ma che io dovea essere preparato, dal canto mio, a sentirmi domandare in compenso la dichiarazione degli intendimenti dell'Italia nella eventualità che alla Francia occorresse di espandersi verso il Marocco. Posta così, la questione riusciva completamente spostata dalla sua base. Noi non avevamo mai, in nessun momento, domandato alla Francia l'eventuale suo consenso alla nostra occupazione della provincia ottomana d'Africa, coperta dalla guarentigia europea dell'integrità dell'Impero. Le nostre entrature tendevano ad assicurare lo statu quo nell'Africa settentrionale. Il Signor Delcassé ci parlava invece di nuove alterazioni del medesimo; ci invitava quasi a mettere la mano sovra ciò che non è in sua sola facoltà di !asciarci pigliare e ci chiedeva di disinteressarci, a nostra volta, dell'avvenire del Marocco. Tuttavia, nel rapporto che indirizzai: il 23 ottobre 1899 (l) al R. Ministero non ho esitato a manifestare il mio pensiero nel senso che noi dovremmo prendere consiglio unicamente dall'interesse nostro nella risoluzione da pigliarsi. Non potevamo dimenticare che, mentre l'Italia avea fatto molti sacrifizi indiretti in vista di una politica di gelosa vigilanza contro le espansioni territoriali francesi nell'Africa settentrionale, nessuno degli amici nostri avea spiegato l'energia che sarebbe stata necessaria per opporvisi. Le fortificazioni della Tunisia, l'hinterland tripolitano erano stati per noi degli esempi del conto che ci era lecito di fare sovra il concorso degli amici nella tutela dei nostri interessi.

D'altronde a me non risultava che gli impegni derivanti dalla nostra alleanza costituissero un ostacolo alla manifestazione anticipata del disinteresse nostro in vista di eventuali ingrandimenti della zona francese nell'Africa occidentale verso il Marocco. Ma, premesse queste considerazioni, le quali si applicavano alla

completa nostra libertà di risolverei in conformità dell'interesse nostro esclusivo, io scrissi allora, che, quando pure la Francia, in compenso della libertà di azione che ci chiedeva verso Pinterno del Marocco, ci offrisse il suo disinteresse per la eventuale nostra occupazione della Tripolitania, io avrei stimato non giovevoli per l'Italia impegni così vasti e precisi, mentre lo scopo che c'importa raggiungere è assai più modesto e si limita ad eliminare dalle preoccupazioni della politica italiana H timore di una impresa francese sovra la Tripolitania, cosa questa che ci precipiterebbe improvvisamente in una guerra.

E, dappoichè-Ella mi invita a dirle tutto ciò che penso, aggiungerò a questo riguardo che, ove una mossa della Francia sovra la Tripolitania si effettuasse, nessuno potrebbe ora prevedere le circostanze nelle quali ciò si produrrebbe e l'influenza delle medesime sovra le risoluzioni dei nostri alleati. Non vorrei vedere il mio paese posto nell'alternativa di tollerare una nuova jattura dei suoi interessi, o di correre senza indugio alle armi contro la Francia.

Mi consenta una digre,ssione che spiegherà il mio concetto.

Quando l'Italia entrò nell'alleanza Austro-germanica, la politica del Principe di Bismark avea il merito, nella sua brutalità, di essere semplice. Essa avea una sola mira. Il por1·o unum era impedire la ricostituzione delle forze francesi; non !asciarle .sviluppare in guisa da poter divenire aggressive. In quella politica, qualunque fosse la opinione del gran cancelliere nell'avvenire coloniale dei vari pae·si di Europa, lo sforzo dei Francesi per costituire il loro impero asiatico ed africàno non avea importanza. Il giorno ·in cui la necessità di una nuova guerra per rintuzzare il risveglio della forza e dell'orgoglio francese si sarebbe imposto, il lavoro della Francia fuori di Europa avrebbe giovato ad altri poichè la perdita delle colonie sarebbe stata imposta alla conclusione della pace. Ma la politica dell'Imperatore Guglielmo II è ben diversa. Dal giorno in cui la Germania si avviò essa stessa alla politica coloniale i complicati interessi la sviarono dai propositi semplici che non poco aveano sedotto gli uomini che aveano governato l'Italia. Presentemente esiste l'antagonismo degli interessi della Germania con l'Inghilterra sul quale certamente non vi era da calcolare finchè perduravano i criteri della politica bismarchiana. Mentre, questa perdurando, non era prevedibile alcuna situazione in cui la Germania e la Francia si sarebbero trovate associate per comuni intenti, per tutela d'interessi identici, dopo .che la nuova politica tedesca ha esteso gli interessi diretti della Germania in Africa ed in Asia, ad ogni tratto vediamo aprir:si davanti i due paesi il campo di una identica azione. Non voglio da queste considerazioni dedurre che gli interessi della Germania al mantenimento delle condizioni attuali del Mediterraneo siano sostanzialmente mutati; ma ne è necessariamente cambiato il valore relativo. A mio avviso oggi sono possibili circostanze nelle quali, in vista d'altri interessi stimati più urgenti, o maggiori, la Germania potrebbe trascurare un interesse speciale relativo al Mediterraneo. In una parola la nuova politica della Germania assimila ognor più la sua posizione a quella dell'Inghilterra, le crea nuove necessità e rivalità imprevedibili, od almeno imprevedute al tempo in cui il sistema dell'alleanza delle potenz.e centrali è stato eretto. A che cosa gioverebbe il recriminare, il dolerci impotentemente di non avere saputo impedire questa evoluzione? Il nasconderei le conseguenze di essa sarebbe puerile indifferenza.

Negli ultimi mesi una circostanza di fatto gravissima ·si è prodotta di cui gli effetti incominciano a rivelarsi. Il prestigio dell'Impero britannico è affievolito e di altrettanto si è ingrandita la posizione degli altri Stati europei che hanno interessi mondiali. Non conosco abbastanza gli e1ementi determinanti della presente situazione per poter permettermi le previsioni che sovra di essi dovrebbero unicamente fondarsi. La maggiore incognita è a Berlino. In Russia la volontà personale dello Czar non pare sia •stata guadagnata finora dalla corrente che vorrebbe trascinarla ad approfittare degli imbarazzi che l'Inghilterra ha creato a sè stessa. Il mto collega tedesco mi ha detto ripetutamente che però in aprile un'azione russa verso Herat si produrrà di certo e la main mise sovra la Persia apparisce un fatto compiuto. In Francia la presenza del Signor Delcassé ci ha finora guarantiti da incomode novità. Egli pel"Siste a dichiarare che non dipenderà da lui che sorgano questioni fra la Francia e l'Inghilterra; ch'egli non ha menomamente l'intenzione di fare cosa alcuna che possa ragionevolmente dispiacere a Londra. Ma nelle disposizioni .che si manifestano presentemente nello spirito pubblico inglese, egli vede la necessità imprescindibile per la Francia di prepararsi alla difesa acciocchè la relativa sua debolezza non serva di eccitamento a coloro che in Inghilterra sembrano pensare ad una prossima guerra con i francesi.

Gli interessi mondiali dell'Europa si complicano per la comparsa in Asia di due importanti fattori extra-europei. Gli Stati Uniti ed il Giappone.

Può convenire agli interessi della politica coloniale tedesca il cozzo nel quale l'Inghilterra o la Francia uscirebbe vinta? La previsione dell'indomani mi sembra dovrebbe imporsi anche a Berlino. Ma ciò che fin qui si è veduto non lascia indovinare la stabilità delle line·e generali sovra le quali si muoverebbe eventualmente la politica tedesca.

Il maggior malanno per noi si è che se gli interessi coloniali delle Potenze verranno in conflitto, le battaglie si combatteranno in Europa e gli impegni nostri ci costringeranno a parteciparvi benchè a quegli interessi noi siamo quasi totalmente estranei.

In una .condizione di cose cosi incerta e piena di oscurità può convenirci di dare ascolto alle suggestioni di cui il Signor Barrère si è fatto recentemente il porta-voce presso V. E.?

Si capisce che dal momento in cui non si voleva più qui proseguire lo scambio di idee sulla base della dichiarazione unilaterale francese, il Signor Delcassé abbia preferito trasportare a Roma la trattativa. Ma io non giungo -mettendo a raffronto quanto Ella mi scrive del linguaggio tenutole da codesto Ambasciatore francese, con le conversazioni recenti avute da me col Signor Delcassé circa le intenzioni sue verso il Marocco, -a comprendere ciò che in quel linguaggio è personale del Signor Barrère e dò che invece si deve ritenere inspirato direttamente dall'attuale Ministro degli affari esteri francese. Non ci conviene dimenticare che Barrère è della scuola alla quale appartiene Hanotaux e che lo spirito di quest'ultimo aleggia tuttora negli uffizi politici del Quai d'Orsay.

Non sarei pertanto alieno dallo credere che, quando Barrère ci chiede di non opporci all'azione della Francia per estendere la sua influenza sul Marocco, esclusa la questione di Tangeri e dei presidii spagnuoli, egli aggiunga non poco del proprio nel dare siffatta proporzione alla sua domanda. Noi dobbiamo tuttavia

contemplare questa nei termini nei quali essa viene presentata. Dal momento

che non si tratta soltanto di occupazione da parte della Francia di una zona di

territorio interno sul quale il Marocco rivendica una sovranità incerta e che può

essere invece indispensabile al compimento delle imprese coloniali al Sud del

l'Algeria, V. E. ben disse che allo ,stesso Governo francese sarebbe difficile il

definire, nei suoi limiti, l'azione che potrebbe essere indotto ad esercitare sovra

il Marocco. La stessa eccezione, fatta da Barrère, di Tangeri: e dei presidii spa

gnuoli che cosa vorrebbe precisamente significare?

L'Italia ed i paesi che si valgono dei suoi porti mediterranei hanno un inne

gabile interesse a mantenere libere le bocche del nostro unico mare. Per noi

questo interesse è da considerarsi come vitale. Nelle previsioni lontane un

Governo italiano non può desiderare che sul canale di Suez ed allo stretto di

Gibilterra imperi una sola potenza. Neppure potrebbe convenire all'Italia che

sovra le due rive dello stretto si esercitasse la sovranità dello stesso paese.

La Francia, m?.lgrado la spinta che sovra di essa presentemente si esercita, non pare disposta, anzi, finchè il Ministero attuale dura in carica, non è disposta a risvegliare la questione d'Egitto. Il Signor Delcassé che, nella intimità della conversazione, qualificò con me la politica che condusse la bandiera francese a Fascioda, come infantile, ha in vista di evitare il cozzo del suo paese con l'Inghilterra. Malgrado l'alleanza con la Russia e le necessità che questa gli impone, egli si guida in guisa da non giungere sempre a nascondere il recondito suo proposito. Egli s'indispettisce della mancanza di chiaroveggenza del gabinetto inglese che sembra non comprendere tutto l'interesse di non offendere l'amor proprio francese, che pare conservare tutta la sua ,sensibilità per gli oltraggi di una parte minima della stampa parigina mentre si dimostra indifferente alle manifestazioni ben altrimenti violente del sentimento pubblico tedesco, ecc. In sostanza il concetto che l'Inghilterra, alla fine della guerra sud-africana, possa trovare maggiore profitto ad intendersi con la Francia che a dar di cozzo ~antro di essa, è qui segretamente accarezzato pur preparandosi alle necessità di una contraria eventualità. Ella mi scrive, Signor Ministro, che il Signor Barrère non si trovò in grado di precisare le idee del suo Governo circa l'avvenire del Marocco. Ciò non mi sorprende. Tutta la condotta del Signor Delcassé dinota il desiderio di non urtare gli interessi britannici nell'Africa orientale ma di riservare alla Francia qualche maggior compenso nell'Africa occidentale. La nostra azione diplomatica presso Berlino e Londra in favore del rispetto assoluto della integrità del Marocco, quale si manifestò rumorosamente in passato, riproducendosi ora gli riuscirebbe disturbosa. Egli cerca di eliminarla. Ma gli eventi non sono ancora entrati in quella fase del loro svolgimento la quale permetta una sola previsione.

Anche da parte nostra è impossibile nella torbida, complicata ,situazione presente, so.ffermarci ad esaminare una piuttosto che un'altra ipotesi. La politica congetturale è di sua natura incerta. L'impreveduto smentisce troppo spesso le più accurate deduzioni della logica dei fatti. D'altronde non gioverebbe il dimenticare che, nella odierna costituzione della Francia, alla base di ogni previsione relativa alla linea politica che seguirà questo paese all'estero, sta la

persona di un Ministro che, per l'indole delle sue funzioni, è frequentemente

mutabile.

Non vorrei dire con ciò che un impegno preso dal Signor Delcassé, non sa

rebbe mantenuto da un successore suo. Ma se l'impegno non fosse chiaro e pre

ciso, se esso dovesse dipendere più che da ùno speciale accordo, dall'intelligenza

risultante fra i due Governi da uno scambio di idee fra di loro avvenuto, stimerei

che non si dovrebbe sovra un siffatto impegno fare assegnamento.

Stringendo dunque l'argomento io credo anzi tutto che, se vogliamo fare

alcun che di serio c di efficace, bisogna essere pronti a conchiudere un formale

accordo.

Contemplando le difficoltà estrinseche del medesimo, quelle che oggi mi

si affacciano sono le stesse di altre volte. Possiamo noi stipulare con la Francia

un accordo segreto?

Suppongo di sì e, passando in rivista le diverse situazioni che potrebbero risultare dalla crisi presente .che attraversano il prestigio dell'Inghilterra e le sue relazioni con l'estero, non riesco a scorgerne una in cui ci potrebbe essere di danno lo avere conseguito dalla Francia il rispetto del territorio e la libertà delle vie commerciali della Tripolitania ed in più il riconoscimento anticipato della nostra libera azione sovra quel territorio. Del pari non vedo il detrimento che ci potrebbe risultare dalla anticipata nostra rinuncia a continuare, rispetto alle regioni interne marocchine, quella politica sterile, di proteste e di infruttuose opposizioni per la quale nè lei, nè io abbìamo simpatia.

Non le potrei dire, Signor Mar·chese, quale valore pratico, effettivo io attribuisca all'acquisto della Tripolitania. Il pochissimo che ho studiato circa le condizioni geografiche ed etnografiche di quella regione rende perplesso il mio giudizio.

Mi accontenterò dunque di tener nota, a tale riguardo, dello stato attuale dell'opinione pubblica italiana la quale vede nella Tripolitania il compenso per noi di qualunque nuova espansione francese nel Nord dell'Africa. Se, nel caso, ad esempio, della dichiarazione di annessione della Tunisia alla Francia e della completa soppressione dell'ombra di governo beilicale, il sentimento pubblico del nostro paese spingesse il Governo a provvedersi, chi potrebbe porre ostacolo ad un nostro sbarco a Tripoli od a Bengasi se non la Francia con i corpi di esercito che tiene nel territorio limitrofo?

Lo assicurarci da parte della Francia la non opposizione per simili eventualità, pare a me, sotto ogni aspetto, anche di politica interna, atto di somma prudenza.

Comprendo bene che il «non discutio » della Francia non basterebbe mai da solo; ma intanto bisogna riflettere che, per la posizione sua territoriale, la Francia è la Potenza che ci potrebbe con maggiore efficacia opporre un «veto ».

Il punto vero da risolvere in questa questione resta pertanto uno solo. Quale è la nostra libertà di azione rispetto ai nostri alleati? Sovra siffatto punto non ho gli elementi che bastano per pronunciarmi. Osserverò soltanto che il Gabinetto di Berlino sarebbe male inspirato se, dopo la evoluzione che si è prodotta ne!la sua politica generale, pretendesse applicare ai suoi rapporti con

l'Italia i criteri che solo trovavano la loro ragione nel .sistema che chiamerei « bismarchiano ~.

Finirò, se Ella me lo consente, con un suggerimento. La nostra astensione, nel caso di un'azione francese verso il Marocco, anche se contenuta entro certi limiti, co·stituirebbe una concessione immediata e certa. Il non discutio della Francia rispetto alla Tripolitania sarebbe un compenso per noi soggetto ad eventualità lontane. Non potremmo, collegando le questioni nostre d'interesse afri.cano, procurare di ottenere da1 Governo francese, in questa stessa occasione, il riconoscimento esplicito della nostra situazione territoriale nella Somalia rendendo quella situazione più sicura e tranquilla?

Eccole, Signor Marchese, tutto ciò che al presente mi pare si possa ragionevolmente pensare intorno al grave soggetto sul quale Ella mi ha interrogato. Mi lusingo di averle manifestato senza reticenza H mio modo di vedere sovra i punti che conosco sufficientemente. Il conoscere in seguito quali saranno i divisamenti di Lei e quale continuazione potrà avere l'iniziata trattativa con il Signor Barrère, mi potrà essere non solamente utile ma necessario, affinchè dal canto mio possa tenere qui la linea di condotta più confacente agli scopi del nostro Governo.

(l) Cfr. n. 372.

(l) Cfr. n. 336.

377

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 744/10. Addis Abeba, 14 marzo 1900 (1).

Ho ricevuto telegrammi 536 e 621 (2).

Menelik arrivato e gli ho parlato. La situazione era veramente un poco tesa, ma con grande cautela gli ho fatto comprendere intenzioni del Governo. Temevo che dal nostro rifiuto trovasse argomento per ritirare sue promesse, fortunatamente ho potuto rassicurarlo calmarlo riuscendo a niente compromettere. Menelik mi ha detto che rifletterà e mi darà una risposta. Per dimostrare a V. E. la verità e la giustezza delle mie preoccupazioni ripeto le parol.].e di Menelik «Il .silenzio del Governo mi ha fatto sospettare tante cose perfino che ti volessero richiamare per rompere trattative. La tua partenza costituiva per me una minaccia ed io sarei stato obbligato ad avvicinarmi al Tigrè per precauzione. Ora vedo che pensavo male, vedo le buone intenzioni del Governo con l'amicizia, con la buona volontà aggiusteremo tutto; !asciami pensare e ti risp"onderò ». Io, intanto, non tralascio lavorare per predisporre Menelik a proposte più favorevoli e spero poterle presto far sapere a V. E. Invio con la posta copia di questo telegramma e rapporto conferenza avuta con Menelik.

Grato, felice espressioni nostro augusto sovrano a mio riguardo ne esprimo riconoscenza illimitata, devota. Viva il re.

(l) -Il documento fu trasmesso telegraficamente da Martini (Asmara) il 2 aprile. ore 10,20. (2) -Cfr. nn. 373 e 375.
378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 740. Roma, 16 marzo 1900, ore 22,30.

L'ambasciatore di Russia mi ha detto che il Governo imperiale, desideroso di contribuire a ogni opera di pacificazione è disposto ad unirsi a qued passi che le altre potenze fossero disposte a fare collettivamente o simultaneamente presso il Governo Britannico in favore della pace. Ho risposto che se tutte le potenze a cui si era rivolto il Governo di Pretoria avessero creduto di offrire a Londra i loro buoni uffici, il Governo italiano si sarebbe associato ad esse in un tentativo di mediazione, ma che dopo la risposta data dal Governo germanico e dall'austroungarico, e dopo che l'Inghilterra aveva declinato l'offerta fatta dagli Stati Uniti,

non credevo, nè che vi sarebbe stata l'unanimità delle Potenze, nè che gli uffici da farsi a Londra avrebbero avuto alcuna probabilità di riuscita.

379

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 777. Roma, 24 marzo 1900, ore 12 (1).

Ilg, al quale avevo avuto occasione di far conoscere che mi sarei volentieri incontrato con lui, venne in questi giorni a Roma. Ho avuto con lui un lungo colloquio. Gli ho dato le più esplicite assicurazioni del costante proposito del re e del Governo di mantenere le relazioni di pace e di amicizia coll'Etiopia. Quando anche in avvenire l'imperatore Menelik avesse delle difficoltà con altre nazioni, l'Italia non si metterebbe coi suoi nemici e conserverebbe una benevola neutralità. Aggiunsi che per conservare questa situazione di reciproca fiducia e togliere ogni incertezza era necessario risolvere definitivamente la questione dei confini. Ho esposto ad Ilg l'attuale fase della questione e le gravi diffìcc.ltà che ci avevano impedito di accettare quelle proposte che implicavano una vera e propria retrocessione territoriale. Ho messo sopratutto in evidenza quanto questa retrocessione di territorio era contraria ai sentimenti di S. M. il re. L'arrendevolezza dell'imperatore gli avrebbe fatto dell'Italia un amico sicuro, poichè nei non avevamo altre viste, né altre pretese. Ilg parvemi soddisfatto delle mie dichiarazioni; ma disse che sull'animo di Menelik poteva influire più di ogni altro argomento quello dei sentimenti di S. M. il re. Mi si mostrò disposto, basandosi su questa considerazione e sulle mie dichiarazioni, ad adoperarsi presso l'imperatore per giungere ad una soluzione soddisfacente. Ho fatto consegnare ad Ilg il cifrario di cui egli rimise a lei un esemplare prima di lasciare Addis Abeba. Ho motivo di sperare che il nostro colloquio non sarà senza effetto e credo che,

per farsi un'idea più sicura delle disposizioni di Menelik, sarà bene attendere le impressioni che potranno produrre su lui i telegrammi che gli saranno mandati

da Ilg. Avendomi Ilg interrogato sulle nostre intenzioni per l'Aussa, per la frontiera del Benadir e per Lugh gli risposi che ora ci importava sopratutto concludere pei confini verso il Tigré e che eravamo disposti a sospendere le altre trattative accontentandoci di un modus vivendi coll'imperatore per la sicurezza della stazione comerciale di Lugh e per la via del commercio.

Le ho inviato per posta il testo dell'accordo italo-francese 24 gennaio per la delimitazione verso ras Dumeira. La autorizzo ad informarne Menelik, come atto di cortesia da parte nostra facendogli notare come fissando una linea che partendo da ras Dumeira non si prolunga verso l'interno oltre 60 km. abbiamo avuto cura di non ledere alcun interesse abissino e di lasciare impregiudicata la questione della frontiera tra l'Eritrea e l'Etiopia.

Per manomissione casa, giardino Harrar faccia opportuni uffici per reintegro stabili, ponendovi guardiano fiducia (1).

(l) Il telegramma. redatto il giorno 23, venne trasmesso via Aden.

380

IL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 94/33. Janina, 2 aprile 1900.

Nei miei passati Rapporti quando l'opportunità e la materia me ne presentava il destro, non ho mai tralasciato di sottomettere a V. E. come Austria facesse ogni suo possibile con tutti i mezzi per acquistare influenza in questo paese, con obbiettivo specialmente diretto su Valona. Un fatto succeduto ultimamente in quella località e che mi fu confidenzialmente comunicato da un mio amico colà pel tramite del nostro agente Consolare, assoda viemaggiormente che le mie informazioni non erano affatto infondate. Suria Bey uno dei più influenti personaggi di Valona pregò il nostro Agente Consolare di portare alla mia conoscenza, sotto la più stretta confidenza, quanto in appresso. Che il giornale La Tribuna del 6 marzo al n. 61 avendo pubblicato un articolo nel quale si diceva, parlando dell'agitazione Albanese, che se la bandiera Albanese non avesse potuto sventolare a Valona, l'Italia non avrebbe in verun modo permesso che vi sventolasse verun altro vessillo, il quale potesse far dell'Adriatico un lago Jugo-Slavo, quel console d'Austria Signor Petrovich, col giornale in tasca si recò difilato da lui (Suria Bey) dandogli da leggere quel foglio. Non appena che egli lesse quell'articolo, il Petrovich esclamò subito, che idee, che pretenzioni; voi ben sapete o bey, che il governo di Austria non solo ha a cuore le sorti dell'Albania, ma che queste fanno la speciale predilezione del nostro Imperatore il quale non tralascia occasione per dimostrare ad esse il suo affetto. Che in fatti quando ultimamente Monsignor Bianchi Vescovo di Derbinisti (Durazzo) si recò nella capitale di Austria l'Imperatore d'Austria come Vescovo albanese perchè Monsignor Bianchi è di quella razza, lo ricevette con tutta la distinzione possi

bile e gli conferì di mano propria una gran croce di Francesco Giuseppe e gli concesse inoltre un nuovo sussidio. Che lo pregava di far conoscere queste cose

ai suoi patriotti, e fare ad essi comprendere che per avere realmente la loro indipendenza era a-ssolutamente indispensabile che la bandiera d'Austria sventolasse su quei luoghi e non badassero alle chiacchiere di giornali inspirati da persone insensate.

Il bey mostrando~i lusingato da quelle sue parole gli soggiunse però; che pel momento l'Albania era fedele al suo governo e che per massima generale, egli non si immischiava di politica. Il Petrovich raccomandò allora la più stretta confidenza sul discorso passato.

Il Suria bey che è il fratello di Ferit bey attuale Vali di Yania, invece mi ha fatto subito riferire quel colloquio (1).

(l) Analogo telegramma venne trasmesso a Martini il giorno 24, ore 12,30.

381

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 933/16. Addis Abeba, 6 aprile 1900 (2).

Menelik con ultima definitiva proposta ci lascia frontiera Mareb-BelesaMuna, dietro compenso, segreto più assoluto, di cinque milioni lire italiane, ma solo chiede assicurazione che non cederemo, venderemo ad altri territorio che egli ci lascia. Menelik spera che dopo questa palese sua dimostrazione amicizia nostro augusto sovrano vorrà ricambiargliela con uguale cordialità. Prego

V. E. di volermi inviare formula trattato e formula convenzione segreta per compenso.

382

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 7, fase. 5-6/D; ed. in PASTORE, op. cit., pp. 281-282)

L. P. Parigi, 10 aprile 1900.

Il mio rapporto ufficiale d'oggi circa il Marocco (3) mi sembra richiedere una breve appendice alla mia lettera delli 8 marzo ( 4). Uno dei punti che a me sembravano allora non abbastanza elucidati era quello· che si riferiva alla estensione che il Governo Francese intendeva dare alle sue espansioni nel Nord Ovest africano. Il linguaggio di Barrère mi pareva non corrispondere con sufficiente precisione a quello che, sovra tale soggetto, io avea udito qui dal Signor Delcassé. Ormai sovra di ciò la luce si va facendo poichè dalla fase dei progetti si è entrati in pieno in quella dell'azione e non vorrei ·Che ben presto ci avessimo a trovare in quella del fatto compiuto.

In tal caso, quale valore potrebbe ancora avere per la Francia la prosecuzione delle sue trattative con noi rispetto alla Tripolitania? Ho cercato nel rapporto ufficiale che Ella riceverà contemporaneamente a questa lettera, di dare

all'ultimo e recente colloquio mio col Signor Delcassé relativamente alla occupazione del Touat, il colore preciso che esso ebbe. Fu piuttosto un monologo di questo Ministro tendente a mettere ben in chiaro fin dove l'azione francese si estenderà e fin dove questa crede di potere legittimamente estendersi senza incontrare opposizione dalle altre Potenze.

Stimo che ormai il soprassedere a prendere da parte nostra una risoluzione relativamente alle intelligenze di cui fu parlato così lungamente fra Roma e Parigi, ci esponga in ultimo a rimanere con un pugno di mosche in mano. Non dobbiamo dissimularci che più si va innanzi, più scema l'interesse francese a prendere degli impegni fermi a nostro riguardo.

Aggiungerò ancora una considerazione.

Gli agenti nostri segnalano una attività insolita di preparazioni guerresche in Tunisia. Sono opera dei servizi militari e sono persuaso che non rispondono ad alcun progetto attuale del Ministero presente di creare novità verso la Tripolitania. Ma l'azione del Governo in Francia non è sull'elemento militare abbastanza forte e decisiva da dare guarentigia assoluta che quest'ultimo abbia sempre ed in ogni circostanza a rispettarne il freno.

Intanto si assegneranno alle fortificazioni ed all'arsenale di Biserta i molti milioni che a Lord Salisbury, pochi anni or sono, sembrava impossibile che si volessero spendere dai Francesi per creare quel porto militare dall'Ammiragliato inglese giudicato inutile.

Quando tutto ciò che può mutare nelle circostanze d'oggi sarà mutato, troveremo noi ancora l'occasione propizia di assicurarci per la Tripolitania?

Mi perdoni questa aggiunta non chiesta alla mia lettera particolare delli 8 dello scorso mese. Ma nel breve periodo decorso le cose al Touat hanno progredito rapidamente. Gioverà aspettare che esse siano compiute?

(l) -Nota marginale: «Copia del presente rapporto è stata inviata alla R. Ambasciata a Costantinopoli •. (2) -U documento fu trasmesso telegraficamente da Martini (Agordat) il 24 aDrile. <3) Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 376.
383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. 13431/74. Roma, 12 aprile 1900.

Faccio seguito a mie precedenti comunicazioni, partecipando a V. E., giusta informazioni pervenutemi dal Governatore del Benadir, che lo Sceik Mohamed Abdullahi (il quale pare abbia assunto il titolo di Sceik dei Dalbahanta, forse, per aver fatto uccidere il capo di quelle tribù), avrebbe diretto una lettera ai Capi Bimal per annunziar loro che, fra poco, andrà nel Benadir ad imporvi la nuova credenza e ad espellere dal paese gli infedeli ordinando a tutti di essere pronti a riceverlo. Il R. Console Generale in Zanzibar, poi, pensa essere probabile che, con questa mossa, Mohamed Abdullahi cerchi di rialzare il suo prestigio, rivolgendosi a popolazioni fra le quali spera di trovare più favorevole accoglienza.

Le riferisco ciò a conferma di quanto le scrivevo nel mio dispaccio del 6 aprile corrente n. 68 (1).

So, inoltre, dal Commendator Dulio che le autorità inglesi di Kisimajo continuano ad agire presso i capi a noi soggetti sulla riva sinistra del Giuba, per deviare il commercio dei Boran, in ispecie l'avorio, dal Benadir, ed attirarlo a Kisimajo. Lo Sceik Abdio, capo di Bardera e nostro protetto, ricevette la seguente lettera dalle autorità di Kisimajo, le quali stanno aprendo una nuova via, attraverso la boscaglia: « Viene da te un inglese con 400 ascari: questi è partito da una località nominata Gheila, seguendo un'altra via, non quella percorsa prima.

Inglesi, americani, italiani e tedeschi sono amici ed alleati: noi inglesi abbiamo stabilito per te uno stipendio mensile di 30 rupie ». Il capo di Bardera rispose di essere suddito fedele all'Italia e di non poter ricevere gli inglesi. Questi gli spedirono una seconda lettera, di cui, sinora, si ignora il contenuto dal Governatore del Benadir.

Ora, se le autorità di Kisimajo riuscissero nel loro intento, pretenderebbero certamente di sottoporre lo Sceik Abdio ed i suoi dipendenti al doppio controllo che vigeva prima per Nasib Bunda di Goscia, e che è stato causa di tanti incon7 venienti. Questo modo di procedere delle autorità britanniche non è compatibile con i buoni rapporti che esistono fra. l'Italia e l'Inghilterra, e fa strano contrasto con la correttezza del Commendator Dulio, Governatore del Benadir, il quale non 'si è mai rivolto ai capi della sponda destra del Giuba, se non in circostanze di estrema necessità e previo consenso delle autorità britanniche.

Prego, pertanto, V. E. di voler fermare su questo argomento l'attenzione del Gabinetto di Londra, affinchè le autorità di Kisimajo siano richiamate all'osservanza dei doveri di buon vicinato e non ci creino imbarazzi che potrebbero poi dar luogo a spiacevoli incidenti.

(l) Non pubblicato.

384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. P. Roma, 13 aprile 1900, ore 19,15.

Il Signor Barrère arriverà in questi giorni a Parigi. Gli ho detto che Ella era stata da me avvisato della conversazione da me avuta con lui nel febbraio (l) intorno all'ordine di idee dallo stesso Signor Barrère esposte a V. E. nello scorso autunno a Parigi, ma che avendomi egli chiesto un segreto assoluto non ero entrato in particolari. Questo per sua norma. Ho avuto prima della sua partenza coll'Ambasciatore francese un altro colloquio collo scopo ch'egli possa procurarmi una più precisa indicazione delle viste del suo Governo e metterei così in grado di giungere ad una conclusione. Gli ho anche detto che questa tratta

tiva poteva farsi sia a Parigi sia a Roma.

(l) Cfr. n. 372 e la nota 2 allo stesso.

385

L'ONOREVOLE SONNINO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Firenze, 14 aprile 1900.

Innanzi tutto la prego vivamente di scusarmi se ho l'aria di voler dare suggerimenti a lei, che non ne ha certamente bisogno. Mi valga di scusa il grandissimo desiderio che ho di veder coronati di successo i suoi sforzi di migliorare la nostra posizione nel Mediterraneo. Non le sembra strano e suggestivo che Biilow, dopo i tentativi fatti (e apparentemente senza frutto) per indurlo a venire in Italia, sia ora capitato a visitare il fratello ammalato a Pallanza o Lugano (fin qui la cosa potrebbe spiegarsi), ma faccia anche delle gite a Milano (l)? Non ha egli forse voluto con ciò indicare che potrebbe anche essere libero per un incontro con lei, durante le vacanze di Pasqua, quando una di lei gita a Milano non darebbe nell'occhio a nessuno? E anche se tutto questo non nasconde un mezzo pentimento del Bii.low, o una mezza « avance », non le pare che lei ne potrebbe comunque profittare per cercare di combinare un convegno? Finora la ragione principale che

egli dava per non venire era l'impossibilità di assentarsi da Berlino, e questa pel momento non esiste più.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1020. Roma, 23 aprile 1900, ore 11.

Il Popolo romano annunzia come probabile la venuta del principe di Napoli a Berlino per la festa del 6 maggio. Questa è notizia del giornale raccolta non

so dove. Non è punto modificata la situazione che ella conosce e che io ho lasciato ai suoi apprezzamenti e eventuali suggerimenti.

387

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. s. n. Roma, 23 aprile 1900, ore 19,40.

Sono informato di una conversazione avuta a Baveno dal Principe di Camporeale con suo cognato il Conte di Biilow. Il Principe di Camporeale non aveva avuto alcun mio incarico, (ignoravo anzi sua visita Baveno). In questa conver

sazione si parlò di Tripoli. Senza dare ad essa troppa importanza vi fu questo di notevole che Biilow mostrò rendersi conto della nostra situazione nel Mediter

raneo e che concluse col dire che il Governo poteva incaricare il Generale Lanza di parlargli di queste questioni. Naturalmente Ella non deve mostrarsi menomamente conscio di questo colloquio fra Biilow e Camporeale. Però dopo di esso, credo che Ella può alquanto modificare il linguaggio che si proponeva tenere. V. E. può, come eravamo intesi, esporre le nostre preoccupazioni su un ulteriore svolgimento di fatti nel Mediterraneo, la situazione che ci sarebbe fatta per il sentimento nazionale in Italia per lo stesso prestigio della Monarchia, e l'impossibilità quindi di rimanere inerti. Ma oltre questo credo che V. E. può fare, nel corso del colloquio, un'allusione a Tripoli come alla sola regione che potrebbe formare il nostro compenso e la parte fatta agli interessi italiani. Questa allusione però dovrà essere fatta con la sua abituale prudenza, nella misura del suo apprezzamento e delle disposizioni che crederà ravvisare presso il suo interlocutore. Ritengo che non sia il caso di fare alcuna allusione alla Francia, nè alle sue disposizioni, nè all'ipotesi di alcuna possibile intelligenza con essa.

(l) È annesso un ritaglio di giornale che dà notizia dell'arrivo di Biilow in Italia.

388

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 925. Berlino, 23 aprile 1900, ore 15,38.

Giunto qui ieri mattina, ho trovato S. M. l'imperatore assente ed il BUlow non ancora arrivato. Nella sera ho saputo .che dall'Inghilterra verrà qui per festa 6 maggio duca di York e dalla Russia verrà un granduca. Ciò stante stamane nella mia prima visita ministero affari esteri, ho creduto interpretare intenzioni di S. M. il re e R. Governo, dicendo al sotto segretario di stato garbatamente «Era incaricato esprimere a S. M. l'imperatore, al mio ritorno di licenza appositamente anticipato, desiderio di S. M. il re associarsi a quella festa, inviando qui un principe casa reale, e pregava a far conoscere a S. M. l'imperatore tale desiderio ». Il sotto segreta·rio di stato per gli esteri rispose garbatamente: « Era già autorizzato dirmi riservatamente gradita assai tornerebbe venuta a Berlino principe reale d'Italia». Nel seguito conversazione sotto segretario di stato per gli esteri mi parlò della venuta dell'imperatore Austria-Ungheria delle polemiche dei giornali e mi confermò tale venuta non aveva carattere speciale politico; essa era stata annunziata da imperatore d'Austria-Ungheria per il mese di maggio in generale in restituzione visita imperatore Germania a Vienna particolarmente in occasione funerali imperatrice e fu per accordo reciproco stabilita dal 4 al 6 maggio per far coincidere con festa 18° ·compleanno principe imperiale; tenuto conto delle polemiche dei giornali suddetti e per .confermare sempre più solidarietà Italia nell'incontro due imperatori, sotto segretario di stato non mi nascose che qui non tornerebbe sgradita la venuta di un principe italiano di alta posizione, che potesse avere posto più elevato, per così dire, distinto tra rappresentanti esteri. Associandomi tali idee, io non esito a ritenere atto di buona politica inviare tale principe e non esito pregare V. E. proporre a S. M. il !re

invio principe di Napoli. Ove S. M. sia per accogliere tale proposta, e qualunque sia, in ogni caso, principe designato da S. M. il re, io prego V. E. a farmi cono

scere, al più presto, il nome per dare quel carattere di spontaneità che occorre a designazione. Mi farò dovere indicare in seguito, giorno ed ora più convenienti per arrivo qui. Imperatore di Austria-Ungheria arriva il 4 maggio e riparte sera 6.

389

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1038. Roma, 24 aprile 1900, ore 12.

Ricevuto suo telegramma di ieri (1). Concordo nella sua opinione circa venuta costì del principe di Napoli. Ho tosto comunicato il suo telegramma a

S. M. che parte ora per Napoli e che da Napoli mi farà conoscere, spero questa sera stessa, dopo avere conferito col principe, la sua decisione che non dubito sarà favorevole. Sarò dunque in grado di telegrafarle domattina.

390

L'AMBASCIATORE A PARIGI. TORNIELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV, mazzo 7, fase. 5-6/D)

L. P. Parigi, 24 aprile 1900.

Ho veduto Barrère e, rispettando naturalmente la consegna, lo ho condotto per indiretta via a manifestarmi quanto mi bastava per poterle scrivere questa lettera. Si parlò della posizione del Ministero in Italia ed in Francia. Barrère si dichiarava felicissimo dei rapporti, che non potrebbero essere migliori per la Francia, ch'egli ha con V. E. Gli pareva che io dovessi essere in grado di dirne altrettanto nell'interesse dell'Italia dappoichè nel Signor Delcassé io avea sempre continuato a trovare un amico franco del mio paese. A conclusione di questo discorso stava naturalmente che se qualche cosa giovava si facesse per consolidare la buona intelligenza dei due paesi, le circostanze odierne erano delle più favorevoli perchè si poteva calcolare dalle due parti 'sovra il concorso sincero della buona volontà dei Ministri dirigenti. Per questo motivo, diss'io, ho veduto con dispiacere abbandonare dal Signor Delcassé la conversazione dell'anno passato circa le cose di Tripoli. Poi parlai della attività dello Stato Maggiore francese che prepara la guerra dappertutto, anche in Tunisia. Accennai alla prospettiva di inquietudini che naturalmente susciteranno le grandi opere militari deliberate per Bi,serta ed altri punti della costa settentrionale africana. Sarebbe stato bene, conchiusi, aver fatto qualche cosa prima del risveglio di nuove inquietudini, di nuovi sospetti. Naturalmente io esprimeva le mie idee personali. Il Signor Barrère stava a sentirmi in atteg

giamento di chi cercava scoprire se io fossi informato o non delle pratiche da lui eseguite e dei discorsi da lui avuti a Roma. Ma su di ciò egli non può avere avuto

alcuna impressione. Accettando il mio punto di vista, egli m'indicava che la

difficoltà di dare una forma concreta alle conversazioni dell'anno passato avea

evidentemente fermato V. E. Si trattava di trovare una formula che fosse indu

bitatamente compatibile con la situazione dell'Italia nelle sue alleanze. Nella

ricerca di que,sta formula Ella riuscirebbe certamente ad un esito favorevole.

Il Signor Barrère indicò in modo vago di aver qualche volta conversato in pro

posito con V. E.; ma dal canto mio non mostrai di accorgermi di tale indicazione.

Noterò che egli più nulla mi disse circa il collegamento delle cose di Tripoli con

quelle di Marocco benchè anche di queste io gli avessi espressamente parlato

facendogli osservare che dalla grande vicinanza al Figuig e ad altre terre maroc

chine, nella quale si sono spinte le spedizioni militari francesi, possono scaturire

ad ogni momento pericoli di conflitti armati dei quali è impossibile precisare le

conseguenze trattandosi di popolazioni indigene indomite sovra le quali la so

vranità del Marocco si esercita debolmente.

In un rapporto che Le spedisco oggi circa la situazione interna della Francia

conchiudo alla convenienza di non perdere l'occasione presente per dare assetto

prontamente a tutto ciò che potrebbe servire ad alterare ed inasprire le rela

zioni nostre con la Francia. Non ripeto dunque qui le cose stesse le quali vorrei

tuttavia permettermi di raccomandare alla di Lei attenzione benevola (1).

(l) Cfr. n. 388.

391

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATISSIMO S. n. Berlino, 27 aprile 1900.

Biilow, rientrato di congedo, tenne ieri il suo primo ricevimento ebdomadario, a cui non mancai d'intervenire.

S. E. mi ,comunicò, in via confidenziale, i telegrammi scambiati fra S. M. il Re e S. M. l'Imperatore cir,ca il mio richiamo, e rilevò, a tale proposito, i sentimenti di vera amicizia che legano i due Sovrani. Mi parlò, poi, delle grandi difficoltà che circondano, in Italia, l'esercizio del potere regio.

L'occasione mi si presentava favorevole per rilevare l'importanza che ha, per noi e per la Triplice, il mantenere sempre più alto il prestigio del principio monarchico, e le preoccupazioni che, a tale riguardo, ci ispirano gli avvenimenti che vanno via via compiendosi nel Mediterraneo. Giunto a tal punto, non ho nascosto a Biilow che ebbi recentemente, su questo oggetto, lunghi colloqui con

Per l'ulteriore sviluppo delle trattative, sulle quali non si sono rinvenuti documenti, cfr. Documents diplomatiques français, serie I, vol. XVI, n. 136 (con l'annesso), pp. 214-218;

n. -148, pp. 237-238, n. 160, pp. 253-254. E cfr. più avanti, n. 431. V. -E., e che ero stato vivamente impressionato dai timori che udii esprimere da persona, come V. E., non facile a lasciarsi trascinare ad esagerazioni, e tanto aliena da ogni politica avventurosa; e terminai dicendo che ero convinto non poter noi assistere indifferenti ad ulteriori mutamenti nell'assetto territoriale nord-africano.

Mi sono astenuto, naturalmente, da ogni allusione a possibili intelligenze colla Francia, ma ho insistito sulla fatale posizione che si sarebbe creata ove la Francia, già padrona di fatto, se non di diritto, di Tunisi si impadronisse anche del Marocco senza che noi potessimo impedirlo, od ottenere un compenso che soltanto a Tripoli potrebbe oramai trovarsi.

Biilow mi ha ascoltato con marcata attenzione. Mi ha chiesto se noi avevamo indizio ·Che la Francia intendesse avanzarsi nel Marocco; ha ammesso con me che, nelle condizioni attuali, se non vien toccata Tangeri è possibile che l'Inghilterra non si muova. Mi ha incaricato di dire a V. E. che egli me ne avrebbe riparlato, e avrebbe anche scritto a Wedel perchè possa, a suo tempo, intrattenerne V. E.

Ciò non è molto; nè mi faccio illusioni sul risultato futuro delle riflessioni di Biilow. Tuttavia ritengo, per ora, abbastanza notevole il fatto che Biilow si mostrò realmente preoccupato dell'importanza della questione da me sollevata, e non cercò di eluderla, come altra volta. Anzi, pur rilevando che la triplice alleanza non aveva soltanto per iscopo di salvaguardare la nostra posizione nel Mediterraneo, e che essa aveva avuto ed ha tuttora, per noi, altri grandi vantaggi che noi, del resto, non disconosciamo, Biilow mi assicurò che, nè siffatta circostanza, nè le stipulazioni contenute neì Trattato circa il Marocco, potevano da loro essere invocate come motivo di dare minor peso alle nostre preoccupazioni circa i territori nord-africani.

(l) Nel rapporto cui allude (r. riservato n. 902/434 del 24 aprile del 1900, non pubblicato) il Tornielli suggeriva che • i Governi i quali stimano nell'interesse delle loro relazioni pacifiche con la Francia il dare assetto finale a questioni che più tardi potrebberocagionare attriti ed inasprimenti, faranno bene di profittare della durata in carica del presente ministero francese per condurre a compimento le trattative. È accaduto ben spesso che Governi i quali forse non avrebbero preso essi stessi la diretta responsabilità di certi accomodamenti, si stimarono ben contenti di trovare le difficoltà composte per opera altrui. Coloro stessi che non si presterebbero a certe transazioni internazionali, le rispettano quando le trovano compiute. E di questa considerazione io stimo debba tener conto il Governo di S. M. se. come io credo, è nella convenienza dell'Italia di non lasciare sussistere nei suoi rapporti con la Francia motivi di sospetti incessanti e reciproci sul suolo africano •.

392

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA (l)

T. URGENTE 1094. Roma, 28 aprile 1900, ore 23,55.

L'accettazione da parte dell'imperatore Menelik della linea Mareb-BelesaMuna come confine tra l'Etiopia e l'Eritrea ha cagionato la più viva soddisfazione al re e al suo Governo. Il re mi dà il gradito incarico di ringraziarla. Egli è grato all'imperatore di questa sua risoluzione che consacra definitivamente e mette fuori d'ogni pericolo le buone e amichevoli relazioni che egli intende mantenere coll'Etiopia. Ella può affermare all'imperatore che con questo accordo egli si assicura per ogni circostanza avvenire un amico fedele sulla frontiera dei suoi stati. Quanto alle condizioni domandate da Menelik, noi non solleviamo difficoltà alcuna nè sull'obbligo di non cedere nè vendere ad altri il territorio che Menelik ci abbandona, nè sulla cifra del compenso che egli ci chiede. La sola difficoltà

proveniente da condizioni di fatto superiori al nostro volere è quella relativa al segreto assoluto. Ella infatti ben sa e bisogna che si sforzi di far comprendere

a Menelik che coi nostri ordinamenti amministrativi e contabili riuscirebbe estremamente difficile al Governo di procurarsi segretamente una somma così notevole, e gli riuscirebbe poi impossibile di rimborsarla senza che ciò appaia in un modo o nell'altro nei nostri bilanci; il che ci esporrebbe al rimprovero da parte di Menelik di avergli mancato di parola e di aver violato i patti contrattuali.

Rimanendo quindi fisse le basi dell'accordo proposto da Menelik e da noi accettate, bisogna trovare qualche espediente opportuno che, dando al Governo il modo di procurarsi la somma nelle forme legali, in pari tempo soddisfi intenti e acqueti le preoccupazioni di Menelik. A tale· scopo si potrebbe convenire tre separate e contemporanee convenzioni, le prime due pubbliche e la terza segreta. Con la prima si converrebbe la linea di frontiera Mareb-Belesa-Muna. Colla seconda l'Italia si obbligherebbe a regolare, d'accordo con Menelik, le pendenze finanziarie esistenti fra l'Italia e l'Abissinia. Inutile osservare che con ciò non si vogliono indicare pendenze finam:iarie veramente esistenti, ma soltanto trovare una formula per giustificare la nostra domanda di fondi al parlamento. La terza convenzione, segreta, dovrebbe contenere la stipulazione che la somma per il regolamento delle pendenze si intenderebbe fissata in cinque [milioni di] lire. Quando ella lo creda opportuno, può fare rilevare a Menelik che con l'espediente da noi proposto, mentre per il modo come la cosa viene presentata è tolta ogni apparenza di vendita di territorio, dall'altro si assicura una pubblicità molto relativa e limitata.

Qualora poi l'avere una parte della somma a libera disposizione con assoluto ségreto fosse per Menelik una condizione dell'accordo, noi potremmo dargli in questa forma e con quelle condizioni un milione, perchè sino a questa cifra ci è possibile di trovare la somma senza renderne conto a nessuno. Naturalmente questo milione andrebbe in diminuzione della somma complessiva dei cinque milioni. Quanto alle modalità del versamento della somma, procuri di ottenere che il pagamento intiero dei cinque milioni debba compiersi entro un anno dalla stipulazione del trattato, convenendo con Menelik le modalità delle rate e dei versamenti; disposti in caso di necessità a ridurre il termine anche a sei mesi.

Sulle basi esposte io l'autorizzo fin d'ora a negoziare e anche a firmare un

accordo preliminare. Spedisco per posta i testi definitivi delle convenzioni da

firmarsi concepiti nel senso di questo telegramma.

Confido in lei colla piena fiducìa giustificata dal modo con cui ha saputo

disimpegnare sino ad oggi il diffie:ile mandato assicurandosi la riconoscenza del

Governo del re.

(l) Trasmesso via Aden.

393

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO. Roma, 3 maggio 1900, ore 9,10.

Ho ·creduto opportuno di informare sommariamente il Principe di Napoli del nostro scambio di idee con Biilow circa possibili ,contingenze politiche. In vista, poi, delle eventualità che l'Imperatore ne parli col nostro Principe, si

rimase intesi che S. A. R. concorderà con Lei il linguaggio che in tale ipotesi dovrà tenere.

394

L'AMBASCIATORE A PARIGI. TORNIELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 473. Parigi, 6 maggio 1900.

Del viaggio che in questi giorni compie il principe ereditario d'Italia a Berlino, qui nessuno mi ha detto una sola parola. Il silenzio è indubbiamente più significativo che non lo sarebbero state forse le conversazioni che, sovra questo soggetto, meco avessero impegnate questi Mintstri e lo stesso Presidente della Repubblica che, in questi ultimi tempi, ebbi occasione d'incontrare più volte. Non credo che qui si sia disposti a pensare che alla dimostrazione di Berlino l'Italia abbia contribuito più del necessario impostole dalla sua situazione politica internazionale. Ma un .certo riflesso del dispetto che le feste di Berlino hanno suscitato in Francia, si riversa anche sovra di noi. Nè in verità le cose potevano andare altrimenti. Il pubblico francese si era avvezzato, fino a quest'ultimi mesi, all'idea che, in occasione della Esposizione universale, i Sovrani e Principi degli Stati che alla medesima sono ufficialmente intervenuti, avrebbero visitato Parigi. Molti, fra i più savii, vedevano in questa circostanza una prova di più in più manifesta deUe disposizioni sicuramente pacifiche dell'Europa. Ed il Governo presente si felicitava del concorso che ne sarebbe derivato dall'opera sua di cui le tendenze sono messe in evidenza dal contrasto con quelle che animano la parte della opposizione che s'intitola nazionalista. Quando qui si parlava nei ritrovi sociali della venuta dei Sovrani e dei Principi, :Le< interrogazioni non si ponevano sovra l'ipotesi della visita, ma sulla data in cui questa si verificherebbe. Certamente nessuna .circostanza, almeno per ciò che riguarda l'Italia, venne a giustificare siffatte illusioni le quali erano tuttavia accolte generalmente e da aLcuni accarezzate anche per iscopi di politica interna. Se si fosse saputo da molti mesi che, compiendosi nei primi di maggio la maggior età del principe imperiale di Germania, sarebbero convenuti a Berlino Sovrani e principi stranieri, il .convegno che oggi •si compie colà non avrebbe prodotto in Francia gli effetti che ora si vedono. Bisogna agg~iungere che la Stampa della fazione nazionalista non lascia passar giorno senza insistere sovra la considerazione che se invece del presidente Loubet e degli attuali Ministri, si fossero trovati al governo della Francia il Signor Faure ed i Ministri del tempo suo, a quest'ora tutti i paesi sarebbero qui rappresentati dai loro Principi e Sovrani e dallo Czar in prima linea, il quale invece non sembra egli stesso disposto a fare la visita altre volte promessa per l'epoca della Esposizione. Il contegno ed il linguaggio privato del principe Ouroussow non sono tali da togliere ogni credito alle voci che, verso il presente governo della Repubblica, la Russia non abbia tutte le simpatie che parve altre volte prodigare a Ministri francesi meno fermi nei propositi di conservare la pace e di astenersi da una politica che questa potrebbe mettere in pericolo. Se a queste cose si dà l'attenzione che meritano, si giunge ad intendere il sentimento di cui è compresa in questo momento l'opinione pubblica francese la

quale trova un motivo di mortificazione nel fatto che principi e Sovrani non soltanto s'astengono dal venire a Parigi, ma si riuniscono altrove, a Berlino,

per una circostanza non improvvisa e che fin qui non avea mai dato motivo a simili convegni internazionali. Un senso di dignità suggerisce naturalmente il silenzio a questi governanti; ma di ciò che pensano mi pare facile il darsi conto. Nelle visite ,che, insieme a

S. E. Salandra, ho. fatte al Presidente della Repubblica ed ai principali Ministri francesi, il di Lei collega avrà certamente potuto notare che qui persistono le migliori disposizioni verso il nostro paese. Ma a me fu facile l'osservare che le conversazioni mancarono di una certa impronta di ufficiale cordialità che le medesime avrebbero avuto certamente anche soltanto poche settimane addietro.

Non occorre, Signor Min1stro, che io mi soffermi lungamente sovra le deduzioni che l'esposizione di ciò che venni fin qui dicendo comporta. Mi 'sono a più riprese preoccupato del momento in cui potrebbe accadere che le simpatie sostenute da importanti interessi fra la Francia e l'Italia non cesserebbero di progredire pur arrestandosene il naturale, fiducioso svolgimento fra i governi dei due paesi. Agli ordinamenti costituzionali nostri interessa molto, a parer mio, che una siffatta situazione venga evitata. Epperò io mi sento in dovere di mandare a V. E. questi a·ccenni sia perchè finora non iscorgo altro che sintomi ed indizi di uno stato d'opinione che potrebbe essere corretto, sia perchè trattandosi di una condizione di cose creata dal sentimento e dalle impressioni e non da mutati interessi, giova che il governo del Re conosca in tempo utile quanto sarebbe desiderabile che l'uno e l'altre si avessero prontamente a modificare.

395

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 594/269. Vienna, 6 maggio 1900.

Le circostanze entro cui si svolge la visita dell'Imperatore Francesco Giuseppe a Berlino formano, com'è naturale, il principale soggetto dei ragionamenti della stampa e del pubblico a Vienna. Il sentimento che predomina è quello di una gradita sorpresa nel vedere cosi ·solennemente .confermata, per la bocca dei due Imperatori, l'amicizia loro e quella dei loro popoli, e l'alleanza a cui partecipa l'Italia. Nel fatto· stesso della visita, e nelle parole pronunziate dall'Imperatore Francesco Giuseppe si vuoi vedere l'abbandono, che si spera definitivo, della politica anti-tedesca del Conte Thun, e una vittoria dello elemento Germanko nella Cisleitania. Non vi è dubbio che queste speranze dei partiti tedeschi, per quanto si può giudicare dalle pre.senti tendenze degli uomini che hanno in mano il governo dell'Impero Austro-Ungarico, hanno un fondamento reale. È anche possibile, e sarebbe sperabile che il risultato della visita a Berlino, rianimando la fede di tutti i Tedeschi di questo Impero, l"iescisse a rendere meno ardua l'impresa di un componimento circa la questione delle lingue e facilitasse il governo parlamentare normale. Ma alle ·Solenni manifestazioni di Berlino i Cechi di Boemia ·si affrettano a rispondere annunziando nuovi tentativi d'ostruzione parlamentare.

Nei rapporti colla politica estera, la visita dell'Imperatore Francesco Giuseppe a Berlino e le dimostrazioni a cui diede luogo ha pure un'importanza

considerevole, poichè non si può dissimulare la conferma fatta così pubblicamente e così calorosamente della triplice alleanza, in un momento così pieno di incertezze, quale è il presente, riveste l'apparenza d'un monito, in verità avente scopo pacifico, ma che potrà forse essere rilevato con altre dimostrazioni, come sarebbe per esempio la visita dell'Imperatore di Russia alla esposizione di Parigi. Finora una tale visita non era punto nelle previsioni della Corte di Pietro. burgo, e se essa fosse ora decisa, il che ancora non è noto, sarebbe difficile di non collegarla ·colla visita di Berlino, a cui farebbe riscontro.

Gli amici della Triplice Alleanza in Italia, che costituiscono la maggioranza della Nazione, saranno certo soddisfatti del rilievo dato dai due Imperatori al concorso del terzo alleato, S. M. il Re Umberto. Essi vedranno con piacere che questo fatto fu con calorosa simpatia commentato dalla •stampa liberale dei due paesi. È specialmente notevole il tono dei principali giornali berlinesi nel commentare in termini di viva simpatia la presenza nella loro città del Principe di Napoli.

Ma una seria preoccupazione ci rimane. L'accusa dei nemici della triplice alleanza in Italia circa il poco profitto che il nostro paese avrebbe tratto da questa alleanza nel campo economico è senza dubbio esagerata, e fino ad ora può essere combattuta con buoni argomenti. Ma se le previsioni circa il peggioramento del trattamento da ac·cordarsi ai prodotti italiani in Germania e in Austria-Ungheria nei futuri trattati di commercio dovessero verificarsi, è assai probabile che le attestazioni d'amicizia politica dateci nei due brindisi imperiali non basterebbero a disarmare gli oppositori della tripHce alleanza in Italia. Per quanto concerne l'Austria-Ungheria è mio dovere il ripetere ancora che la clausola sui vini italiani non sarà più ammessa, e che questi prodotti si vorranno sottoporre per l'introduzione in Austria ad un trattamento che non è ancora fissato, ma che dovrà essere identico a quello che sarà accordato ai prodotti identici di tutti gli altri paesi •Che avranno ottenuto -convenzionalmente il trattamento della nazione favorita, e specialmente della Francia, che ha sempre protestato contro la clausola di favore che era stata accordata ai vini italiani nell'Impero Austro-Ungarico.

396

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1278/23. Addis Abeba, 10 maggio 1900 (1).

Sono accettate tutte le proposte di V. E. (2). Pel pagamento Menelik è contento sia fatto entro un anno e preferisce che denaro gli sia spedito via Zeila. Egli attende formola convenzione per firmare accordo. Per ora si può considerare finita questione Eritrea, ma è bene che sia resa pubblica solo quando sarà firmato accordo. Ras Maconnen era stato richiesto da Lagarde per condurlo Parigi. Menelik ha rifiutato: se ras Maconnen viene qui sarà per solo motivo nostre lagnanze sua condotta.

ore 4,10.

(l) -Il documento fu trasmesso telegraficamente da Martini (Asmara) il 28 maggio, (2) -Cfr. n. 392.
397

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 14 maggio 1900.

Non ho bisogno di dirle che, dopo il mio telegramma del 27 aprile (1), ho cercato più volte di mettere di nuovo, col Conte Btilow, il discorso sulla questione Marocco-Tripoli che ci sta a cuore. Le sue risposte furono sempre evasive e dilatorie. Ieri egli stesso prendeva l'iniziativa di parlarmene, ma solo per ripetermi e pregarmi di far ·sapere a V. E. ch'egli non tralasciava di studiare la questione, di cui comprendeva tutta l'importanza. «Fin'ora, egli soggiunse, tutte le notizie che ho potuto raccogliere mi indurrebbero a ritenere che la Francia non pensi per ora ad avanzare nel Marocco; ma queste notizie no:1 sono abbastanza sicure e ne aspetto altre. Del resto la Francia ci penserà due volte prima d'impartronirsi del Marocco». Queste parole del Conte Biilow, congiunte a quel poco di conoscenza che ho potuto acquistare della politica Imperiale, m1 fanno credere che dopo le nostre comunicazioni, il Conte Biilow francamente e sinceramente convinto della necessità per noi che non avvengano nuovi mutamenti nell'assetto territoriale Nord-africano, .si adoprerà, forse anche verso la Francia, per impedirli, salvo a non opporsi a quel che noi crederemo di fare se -lo statu quo non potesse assolutamente essere mantenuto. In fondo questo, meglio accertato ~::d affermato, potrebbe bastarci, se più che al mantenimento dello statu quo in Italia non si aspirasse all'occupazione di Tripoli a breve scadenza. E qui sta il guaio! Io credo impossibile, io almeno non mi sento capace di ottenere che la Germania ci dica: « Se ;}a Francia va nel Marocco, andate pure a Tripoli, la Germania vi appoggierà ». Qui si sa benissimo, o s'intuisce che pronunciate quelle parole, il caso sarebbe presto provocato, e la Germania non vorrà mai aiutarci a provocare uno stato di cose che, per lo meno, condurrebbe ad un'azione armata tra la Turchia e l'Italia. Che la Turchia possa essere indotta a lasciarsi tranquillamente spossessare di Tripoli, è un'illusione ch'io non divido.

Comunque sia non mancherò di riferire tosto a V. E. ogni altra mia conversazione con Biilow su questo vitale argomento che non p·erderò di vista, pur procedendo, salvo ordini in contrario, senza soverchia insistenza, la quale potrebbe essere più dannosa che utile.

398

IL CONSIGLIERE D'AMBASCIATA A LONDRA, BOTTARO COSTA (2), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1169. Londra, 16 maggio 1900, ore 19.

Alla seduta d'oggi conferenza (3) plenipotenziarii francesi hanno prevenuto che al momento di firmare dichiareranno che il Governo francese ratificherà solamente quando risulti che i due stati indipendenti compresi nella zona definita dall'art. 1° dello stesso schema di convenzione vale a dire Etiopia e Liberia

vi aderiscano egualmente. Debbo fare osservazioni o riserve circa Etiopia? Ed eventualmente in quali termini? Prego V. E. di favorirmi risposta possibilmente per dopodomani venerdì mezzogiorno.

(l) -Non rinvenuto, ~a cfr. n. 391. (2) -Il telegramma porta il visto di De Renzis. (3) -Nel testo dell'Ambasciata di Londra: • africana •.
399

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO S. n. Berlino, 16 maggio 1900.

Le mie previsioni, per le quali, e per le considerazioni che seguono, mi riferisco alla lettera particolare (l) speditale ieri l'altro per corriere, si sono avverate. Biilow mi ha detto avere, in seguito al nostro colloquio del 27 aprile (2), incaricato Miinster di parlare con Delcassé sulle cose del Marocco, senza, naturalmente, alludere alle nostre preoccupazioni. Miinster ora riferisce avere Delcassé dichiarato essere la Francia fermamente decisa a non oltrepassare, nel Marocco, i limiti del Trattato del 1845, e considerare l'oasi di Tuat come territorio francese.

Biilow mi soggiunse essere questa la prima volta che la Germania tocca, a Parigi, la questione del Marocco. Egli crede perciò, come lo constata Miinster, che il fatto abbia impressionato Delcassé e serva, per ora almeno, a frenare i movimenti della Francia, la quale non si deciderà, forse, ad occupare Tuat. Per Tuat, in ogni •caso, Biilow sarebbe « naturalmente » d'avviso che non converrebbe all'Italia di ,sollevare questioni mostrando l'Inghilterra grande indifferenza per quel territorio. Oggi, secondo Biilow, l'essenziale è di ritardare il regolamento delle questioni più importanti, nel Marocco, fino a che l'Inghilterra sia uscita dalle presenti difficoltà, e questo scopo Biilow crede per ora raggiunto.

Ho ringraziato Biilow della sua cortese comunicazione e del suo interessamento. Non gli ho nascosto, però, che la occupazione di Tuat, per quanto d'importanza discutibile per noi, farebbe impressione in Italia, e di questo il Governo del Re deve tener conto.

Biilow informa Wedel di quanto precede, e V. E. potrà parlare con queBt'ultimo.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 1319. Roma, 17 maggio 1900, ore 20,15.

Se riserve francesi non daranno luogo discussione in ·seno conferenza, nostro rappresentante dovrà astenersi da qualsia•si osservazione. Se esse, invece, dessero luogo discussione circa interpretazione articolo sei se cioè debba rivolgersi anche all'Etiopia ed alla Liberia invito Governo britannico aderire convenzione, conte Bottaro Costa è autorizzato pronunciarsi per conclusione affermativa.

(l) -Cfr. n. 397. (2) -Cfr. n. 391
401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO. Roma, 22 maggio 1900, ore 18,30.

Il Conte Wedel mi fece, circa il Marocco, la comunicazione da Lei comunicatami (1). Gli ho risposto nello stesso senso delle dichiarazioni di cui Ella era stato incaricato. Le scrivo il sunto del colloquio (2). Io penso che basta oramai lo avere avviato e tenuto vivo il discorso su questo argomento, e che non è il caso, almeno per ora di insistervi, l'insistenza potendo, secondo l'opinione di V. E., riuscire più dannosa che utile.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. P. Roma, 22 maggio 1900.

L'Ambasciatore di Germania mi lesse un telegramma del Conte di Biilow contenente la comunicazione annunciatami da V. E. (1).

In questo telegramma era detto che in ·seguito alle apprensioni manifestate da V. E., il Principe Miinster era stato incaricato di chiedere al Ministro francese degli Affari Esteri informazioni intorno all'azione francese nel Marocco. Il Signor Delcassé gli aveva dichiarato che il Governo francese intendeva riconoscere il Trattato del 1845 e che la sua azione era diretta a proteggere le vie commerciali e a reprimere il brigantaggio delle tribù occupando le oasi al sud del Marocco. Il Signor Delcassé aveva particolarmente insistito sulle intenzioni pacifiche del Governo francese e sulla sua risoluzione di non sollevare questioni che fossero causa di complicazioni europee. Il Conte Biilow concludeva che specialmente dopo la dichiarazione del Governo britannico di disinteressarsi per quanto avveniva in quei territori interni egli non avrebbe creduto opportuno da parte nostra l'intraprendere allo stato attuale delle cose un'azione diplomatica come quella tentata nel 1891 e rimasta senza risultato.

Ho risposto al Conte di Wedel che quando V. E. ritornò a Berlino, io La incaricai, ·come era conforme aUe intime relazioni tra i due Governi, di avere col Conte Biilow uno di quegli scambi di idee che si riferiscono al presente ed all'avvenire e di esporgli la nostra preoccupazione che gli avvenimenti attuali potessero avere delle ripercussioni e delle ·conseguenze ·che si estendessero alle quistioni del Mediterraneo. Ora dopo l'occupazione di Tunisi, le fortificazioni di Biserta, la spartizione dell'hinterLand tripolino noi non avremmo potuto più oltre assistere passivi ad un fatale processo di espansioni e di occupazioni per cui l'Italia rimarrebbe esclusa da tutte le coste mediterranee dell'Africa. Ne sarebbero stati troppo gravemente ·compromessi il nostro avvenire, la nostra sicurezza e quello ,stesso prestigio della Monarchia che è sempre connesso colle

questioni che toccano il sentimento nazionale. L'Italia, in questo caso, non avrebbe

potuto rimanere inerte. Era questa la dichiarazione che avevo incaricato V. E.

di fare, aggiungendo che facevamo, in tale eventualità, assegnamento sull'atti

tudine amichevole della Germania.

Quanto all'azione esercitata ora dalla Francia al sud del Sultanato del Marocco e nei limiti indicati dal Signor Delcassé all'Ambasdatore di Germania, dissi al Conte di Wedel che io pure credevo che non fosse il caso :oer noi di sollevare una quistione e che tale non era il nostro intendimento. Gli aggiunsi anche francamente che, sopratutto nell'ordine delle quistioni che formavano l'oggetto del nostro colloquio, io non ero partigiano di quei tentativi diplomatici destinati a rimanere a mezza strada, come quello a cui il Conte di Bi.ilow aveva fatto allusione e preferivo quella politica che si proponeva per determinate eventualità, uno scopo positivo e cercava un compenso a quello che non si poteva impedire dove questo compenso poteva essere trovato.

Ho creduto opportuno di rendere conto a V. E. di questo colloquio nel quale ho confermato il lingilliggio che V. E., in conformità delle sue istruzioni, aveva tenuto a Berlino.

(l) -Cfr. n. 399. (2) -Cfr. n. 402.
403

IL MINISTRO A CETTIGNE, BIANCHI DI CASTELBIANCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. RISERVATA. Cettigne, 22 maggio 1900.

Il Conte Goluchowski, rispondendo ultimamente, nella Delegazione Ungherese, a varie domande che gli erano state indirizzate in occasione della discussione del bilancio degli affari esteri, dichiarava che nessun accomodamento diplomatico esisteva fra l'Austria-Ungheria e l'Italia a riguardo dell'Albania, ma che tutte le Potenze erano perfettamente d'accordo su questo punto: che in nessun paese della penisola balcanica possa essere provocato un cambiamento unilaterale dello statu quo, senza il consenso di tutte le potenze interessate. Sebbene le parole, potenze interessate prese in senso generico possano ugualmente significare « Stati interessati ~ vuolsi però che il Conte Goluchowski abbia inteso di riferirsi con quell'espressione alle sole Grandi Potenze interessate nella quistione ad esclusione dei piccoli Stati, le cui sorti verrebbero così regolate senza il loro consenso, e forse a loro insaputa. Propende per quest'ultima interpretazione il Principe Nicolò, e si mostra assai preoccupato dell'eventualità per quanto forse ancora lontana, di un rimaneggiamento territoriale della penisola a danno dei piccoli Stati. Invitatomi stamane a Palazzo, dopo avermi manifestato l'impressione che le parole del conte Goluchowski, poste in relazione colle recenti polemiche giornalistiche sull'avvenire dell'Albania, aveano prodotto sull'animo suo, S. A. mi chiedeva di far conoscere a V. E. che, qualora la temuta eventualità si verificasse, egli cre

deva di poter fare assegnamento sulla benevolenza e sull'amicizia del Governo italiano delle quali avea ricevuto ripetute assicurazioni.

S. A. soggiungeva che, per Io passato, avea avuto occasione d'interessare personalmente S. M. il Re alle sorti del Principato, e che era sicuro che S. M.

non avrebbe dimenticato quanto egli gli avea allora confidato dei suoi propositi e delle sue vedute.

Mi sono limitato a rispondere a S. A. che non poteva dubitare dei sentimenti di cordiale amicizia di S. M. il Re e del suo Governo verso il Montenegro, dei quali V. E. mi aveva rinnovata ancora l'espressione, e che non avrei mancato di ottemperare al desiderio che mi avea manifestato.

Nel riferire a V. E., quasi con le ,stesse parole di S. A., il colloquio da me avuto stamani col Principe Nicolò, posso aggiungere ·che un passo analogo è stato fatto presso il mio Collega di Russia che si è affrettato ad informarne il proprio Governo.

404

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 21916/292. Roma, 24 maggio 1900.

Credo non inutile l'informarla di alcuni colloqui avuti da me in questi ultimi tempi coll'Ambasciatore d'Austria-Ungheria. Il Barone Pasetti, in discorsi, del resto, affatto confidenziali, mostrò meco una qualche meraviglia per la persistenza delle voci sparse da alcuni giornali italiani intorno a supposti progetti del suo Governo riguardo l'Albania. Convenendo con lui sul nessun fondamento di quelle voci, io gli ricordai che, nell'occasione in cui il Conte Goluchowski si recò a Monza per far visita ai nostri Sovrani, noi avevamo avuto, nelle nostre conferenze, l'opportunità di accertare l'uniformità di vedute esistente tra i due Governi per quanto riguardava non solo i paesi della penisola balcanica in generale, ma anche specialmente l'Albania, la quale tocca, in modo più diretto, alla sfera degli interessi italiani. Questo accordo di idee, rispetto all'Albania, poteva riassumersi in tre punti: l) I due Governi si sarebbero, innanzi tutto, proposto il mantenimento dello statu qua. 2) Se questo non fosse stato possibile, i due Governi avrebbero cercato di favorire quelle soluzioni che fossero apparse pratiche ed opportune a beneficio delle autonomie locali. 3) Se infine malgrado ogni intenzione contraria qualche intervento diretto fosse reso necessario da interessi politici superiori, i due Governi si porrebbero prima di accordo, conformemente agli impegni che già intercorrono tra di loro. Nel corso di questo colloquio, io notai al Barone Pasetti che le false voci che si erano 'sparse in taluni giornali italiani avevano avuto probabilmente la loro origine in voci giunte dalla stessa Albania dove forse qualche zelo eccessivo di funzionarii aveva potuto far credere tra quelle popolazioni naturalmente inquiete e sospettose di novità a dei progetti politici contrarii alle reali intenzioni del Governo Imperiale. Alcuni giorni dopo, il Barone Pasetti venne a dirmi di avere riferita la nostra conversazione a S. E. il Conte Goluchowski il quale lo aveva autorizzato a

dirmi che egli aveva sempre presente lo scambio di idee da me ricordato e che riteneva che esso rispondesse anche alla situazione presente.

S. E. il Conte Goluchowski aggiungeva che se fosse giunto a mia notizia alcuno dei fatti a cui si riferiva l'allusione da me accennata al Barone Pasetti, gli avrei fatto cosa grata, in un comune interesse, passandolo in grado di potere accertarlo.

Ho risposto all'Ambasciatore Austro-Ungarico che credevo inutile ritornare su incidenti passati, ma che se qualche nuovo incidente mi fosse in avvenire segnalato che mi paresse degno di attenzione, avrei, con pari franchezza, risposto all'invito che mi era fatto, ritenendo che queste comunicazioni non potranno che consolidare la reciproca fiducia e le buone e intime relazioni tra i due Stati.

405

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. RISERVATA 6904. Roma, 26 maggio 1900.

In relazione alla mia nota del 23 corrente n. 6750 (1), comunico alla E. V., per sua opportuna notizia il seguente rapporto del Prefetto di Roma: « Come ebbi ad accennare alla E. V. il Generale Ricciotti Garibaldi diresse in data 22 aprile p. p. da Riofreddo una lettera all'avvocato Miceli dell'Italia Nuova colla quale, a proposito della insurrezione dell'Albania vagheggia la idea di un lavoro di preparazione degli italiani per future lotte da combattersi per la patria e per tutti gli oppressi». « A tale scopo in tutte le principali città d'Italia sarebbero dovuti sorgere dei comitati " Pro Patria " per servire alla propaganda del programma nazionale avente per significato: "La libertà in Italia l'aiuto fraterno a tutti i popoli insorgenti per la giustizia e l'educazione della gioventù per essere pronta all'azione ". « L'idea del Generale Ricciotti Garibaldi è stata discussa in senso contrario dal professore Ghisleri Arcangelo residente a Lugano, come risulta dalla lettera pubblicata dall'Italia Nuova del 13 andante e dal giornale Crepuscolo per cui il Generale Ricciotti Garibaldi in data 14 corrente diresse altra lettera all'avvocato Miceli, pubblicata dall'Italia Nuova del 17 corrente ». «La sera del 17 andante nella sede della Società "Giuditta Tavani Arquati" in via della Lungaretta si riunirono alcuni volontari garibaldini reduci dalla Grecia i quali costituirono un Comitato Centrale provvisorio " Pro Patria " di cui fanno parte i colonnelli garibaldini Mereu Luciano, Martinotti Gustavo e Gattorno ». «Il suddetto comitato ha in animo di promuovere altri comitati simili in tutta Italia secondo le norme tracciate dal Generale Ricciotti Garibaldi, e non appena Comitati simili sorgeranno nelle altre città del Regno si procederà alla elezione di un Comitato Centrale permanente ». « Il suddetto comitato provvisorio ha fissato la sua sede in Roma piazza Madama numero trentuno ».

«Nel riferire quanto sopra alla E. V. per intelligenza, mi riservo comunicarle ulteriori notizie ».

(l) Non pubblicata.

406

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Parigi, 26 maggio 1900.

Le sono infinitamente grato della comunicazione fattami del rapporto, in data 9 corrente, con cui S. E. il Conte Nigra ha fatto conoscere a V. E. la proposta di S. M. l'Imperatore d'Austria circa il ristabilimento a Parigi degli addetti militari (1). Le varie rivelazioni che emersero in recenti circostanze, se sono ben conosciute a Vienna ed a Berlino, dovrebbero persuadere che l'invio a Parigi di Addetti militari degli Stati della Triplice Alleanza, avrebbe, fino dal primo giorno, gli stessi inconvenienti che hanno costretto quei singoli governi a ritirarli. Non sono cessate le pratiche di spionaggio intorno alle rappresentanze estere in Francia. Si riprodurrebbero senza alcun dubbio le arti degli agenti provocatori intorno agli uffiziali stranieri che ne facessero parte. Inoltre mi permetta, Signor Ministro, di manifestarle il timore che, come qui nulla sarebbe mutato nel sistema di sospetti e di indiscre;z:ioni intollerabili, così da parte degli addetti militari che qui verrebbero non si rinuncierebbe alle antiche pratiche perchè queste in verità sono favorite indirettamente se non espressamente ordinate dai rispettivi Stati Maggiori anche all'insaputa dei Ministri responsabili e certamente di nascosto dagli Ambasciatori qui residenti. Non voglio dire ,con ciò che il Colonnello Panizzardi che impegnò con me la sua parola nel 1895 di non farmi sotterfuggi, vi abbia mancato. Ma prima della mia venuta qui quanti pasticci che poi sono venuti a giorno, non s'erano fatti! E come pretendere dopo tante e così deplorevoli pubblicità che il ricordo di esse svanisca in pochi mesi e mentre il paese è ancora qui in preda alle agitazioni di cui l'A:ffaire è stato causa? Ancorchè i fatti siano ormai di data antica, la loro rivelazione è recente e l'impressione che essi hanno prodotto è tutt'ora vivissima. Aggiungerò che un Addetto militare italiano non potrebbe, senza gravi inconvenienti, sottrarsi alla intimità del collega tedesco e dove questa intimità lo condurrebbe è facile il prevedere. La decisione presa da V. E. di aspettare la preannunziata comunicazione del Governo francese e di conformare in seguito la nostra condotta a quella degli altri due Governi, ci si imponeva di fronte alla proposta dell'Imperatore d'Austria; ma io vorrei, per il bene nostro che tale comunicazione non ci pervenisse e che le cose rimanessero inalterate come ora sono. Intanto qui l'Ambasciatore d'Austria nulla sa di tutto ciò e se dei passi saranno stati fatti, questi probabilmente avranno avuto un tramite diverso. Credo

che fra il Conte Goluchowsky ed il Generale di Galliffet esista personale, antica amicizia.

(l) Non pubblicato.

407

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A CETTIGNE, BIANCHI DI CASTELBIANCO

D. 23294/14. Roma, ... maggio 1900 (1).

Con la lettera particolare del 22 di questo mese (2) Ella mi ha riferito un colloquio da Lei avuto con S. A. il Principe Nicola a proposito delle recenti dichiarazioni del Conte Goluchowski, in seno alla Delegazione ungherese, circa l'Albania, e in genere circa la penisola balcanica.

Approvo il linguaggio che Ella tenne a S. A. in tale circostanza, e La autorizzo a porgerne la conferma in nome del R. Governo.

Le dichiarazioni del Ministro austro-ungarico degli affari esteri non mi sembrano tali da suscitare giustificate preoccupazioni. Esse esprimono, sostanzialmen~ te, il comune proposito delle Potenze aventi nella penisola balcanica più diretti interessi, di adoperarsi a mantenere, in quelle regioni, lo statu quo presente, ed eventualmente ad escludere il pericolo di azioni individuali che potrebbero mettere a repentaglio la pace europea.

Per quanto più particolarmente ci concerne, S. A. ha previa ragione di fare, anche in avvenire, assegnamento .sulla benevolenza ed amicizia del Governo italiano, ferme rimanendo le reiterate assicurazioni che, in più di una circostanza, ne ebbe.

408

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, PELLOUX

N. 22529/1323. Roma, 2 giugno 1900.

Segno ricevuta e ringrazio V. E. della nota in data 22 corrente n. 6750 (3), con cui mi ha cortesemente comunicato le informazioni fornite dal R. Prefetto di Livorno circa la ·COstituzione di un comitato tendente a raccogliere fondi per una eventuale spedizione di combattenti in Albania.

Sarà bene che l'Autorità politica continui ad esercitare la più attiva sorveglianza, e qualora i procedimenti del comitato accennino ad atti concreti od a preparazione di atti concreti dovrà provvedersi tosto, a norma di legge, allo scioglimento del sodalizio.

409

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 739/344. Vienna, 4 giugno 1900.

Ringrazio V. E. della comunicazione fattami con dispaccio confidenziale del 2 corrente n. 22542/303 della lettera del 26 maggio scorso di S. E. il conte Tornielli (4).

La condizione di cose a Parigi, in relazione alla questione degli Addetti militari esteri, è ben nota al Gabinetto di Berlino, il quale non mancò d'invocarla .con perseverante insistenza presso il Gabinetto di Vienna. Al Conte Goluchowski sono ugualmente note le obbiezioni esposte dal Conte Tornielli. Stimo quindi inutile di farne oggetto di una nuova comunicazione. Noi siamo in presenza di un fatto compiuto. L'Imperatore Francesco Giuseppe chiese personalmente all'Imperatore Guglielmo il ristabilimento degli addetti militari pre·sso le Ambasciate r1spettive a Parigi. L'Imperatore Guglielmo consenti alle condizioni che V. E. conosce, e il Gabinetto di Vienna s'incaricò di partecipare la proposta al Governo del Re, il quale l'accettò nelle stesse ·condizioni accettate dal Go· verno Germanko.

Stando così le .cose, e tenendo conto delle osservazioni di S. E. il Conte Tornielli, a me pare che al Governo del Re non rimanga a far altro che questo, cioè: aspettare l'invito della Francia; regolarsi in ·Conformità di ciò che sarà fatto dai governi alleati; fare una buona nomina che risponderà a quella d'un nuovo addetto francese a Roma (essendo e1scluso, ben inteso, il ritorno del Colonnello Pinsonnière); e per buona nomina intendo quella d'un ufficiale discreto e prudente; far impartire dal R. Ministero della Guerra l'ordine positivo al nuovo Addetto militare, di sottoporre all'Ambasciatore del Re, e prima che sia spedita, tutta la corrispondenza, anche la ·confidenziale, tra l'Addetto militare e lo Stato Maggiore generale italiano, e di non fare alcun ;passo di qualche importanza senza prima consultare l'Ambasciatore predetto, come si fa in altre Ambasciate.

Quest'ultimo provvedimento, se eseguito a dovere, e con intera fiducia, com'è naturale ·Che ·sia, basterà, a mio avviso, a rimediare in massima parte agli inconvenienti previsti nella lettera del Conte Tornielli.

Se V. E. concorda con queste idee, spetterà a Lei, dopo aver consultato il

R. Ambasciatore a Parigi, il provocare in proposito una chiara e positiva intelligenza con le L.L. E.E. il Presidente del Consiglio e il R. Ministro della guerra.

P. S. -Tra le istruzioni da impartirsi eventualmente ad un nuovo addetto militare italiano a Parigi, ho pensatamente omesso quella che deve escludere lo spionaggio e ogni tentativo di corruzione presso impiegati e militari stranieri. E l'omisi, perchè so che tali già sono le istruzioni che lo Stato Maggiore Generale del R. Esercito ha per massima d'impartire a tutti gli ufficiali italiani addetti alle RR. Ambasciate all'estero.

(l) -Nella minuta manca il giorno. (2) -Cfr. n. 403. (3) -Non pubblicata. (4) -Cfr. n. 406.
410

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 233. Londra, 6 giugno 1900.

Fin da jeri i colori dell'Union Jack sventolano sulle mura di Pretoria conquistata dalle truppe di Lord Roberts. Strano destino di fortificazioni ·che tanto denaro costarono ai contribuenti

boeri e tanto e più ai possessori di miniere nel Transvaal. Quei forti che inghiottirono somme favolose per saldare i conti del Crensot e della Casa Krupp: quei forti, che a parere dei tecnici facevano inespugnabile Pretoria, essi che furono forse la cagione prima dell'audacia Transvaaliana vennero condannati dalla fatalità degli avvenimenti ad aprire le loro porte al vincitore senza colpo ferire!

La resa della capitale Boera ad ogni modo compie il ciclo delle grandi operazioni militari del fortunato stratega ingle,se e pone termine, checchè se ne dica, alla campagna di guerra destinata a sopprimere le due Repubbliche sudAffricane.

Tre mesi di disillusioni militari colle quali ebbero principio le ostilità da parte britannica, furono seguiti da giganteschi preparativi di guerra, coi quali il Regno Unito ritrovò colla sua energia di razza la ·confidenza nella propria forza. Poscia un ultimo stadio principiato colle inattese mosse del Generalissimo Roberts .che in giorni relativamente brevi, ha potuto liberare le guarnigioni inglesi sopraffatte e condurre le maggiori sue forze a dare il colpo mortale nel cuore delJe due città capitali. Quante cose inattese e quali successi insperati dovuti al1a fermezza d'un Generale di 75 anni in così lontana e inospitale terra! E quali lezioni i guerreggianti ed i popoli testimoni trarranno dai fatti di sopra accennati!

Gli inglesi da lunghi anni non abituati a chiedere sicurezza ad altri che a se stessi diffidano per istinto dalle amicizie e dai legami che da quelle nascono. Dal giorno in cui cominciarono le ostilità nel Sud Africa essi non videro stendere verso di loro alcuna mano amica. Soltanto l'Italia, «rara avis», ha mostrato verso l'Inghilterra la disinteressata sua simpatia. Ma questa amicizia platonica, impotente a tradursi in atto, gli inglesi al ·sentimentalismo poco ·corrivi, malamenti si spiegano e meno si affidano; avviene così per tutte le manifestazioni di sentimenti di non pratica utilità e che non hanno nell'interesse la loro base fondamentale, direbbero l'Hobbes ed il Be.ntham, i quali, non v'è bisogno di farne cenno, nacquero in Inghilterra.

Mancherei alla verità se non dicessi a V. E. che della riconoscenza inglese per le ·simpatie da noi mostrate durante la guerra Sud-Africana, ho avuto prove numerose nella società in cui vivo. Alla palese si=patia italiana mi si è risposto colla riconoscenza dei cuori ben nati; ma nè l'uno nè l'altro di questi nobili sentimenti si traducono politicamente in moneta spicciola. Gli uomini di Stato e quelli che nella stampa ispirano l'azione inglese nel mondo, coi quali ebbi lunghe conversazioni, mai non fecero alcun cenno che si desiderassero vincoli più chiari tra l'Italia e la Gran Brettagna e sopratutto più stretti, capaci di proteggere validamente i comuni interessi! Il solo Ammiraglio Lord Charles Beresford che bordeggia da un anno nel Mediterraneo, fa ,sfoggio talora di latina espansione di affetti: ma quanta grande parte e.gli metta del suo cuore in tali espressioni e quanta poca glie ne vien suggerita dal Gabinetto, non è possibile accertare. A giudicare dai fatti, sinora la politica inglese è tuttora quella delle mani libere. Ma è mio parere che essa a lungo non possa durare.

Ho già detto altravolta per altre occasioni come l'Impero Britannico che dalle vinte battaglie uscendo più forte e potente, di vincoli nuovi avrà bisogno, se non voglia espor,si a pericoli di coalizioni improvvise, ed a sorprese facili nello stato morboso della politica generale d'Europa. Oggi, svaniti i primi entusiasmi per la liberazione delle guarnigioni britanniche, e fidente ormai nella stella del suo generalissimo, il popolo inglese ha ripreso possesso della sua storica calma. La notizia ·così lungamente sperata dell'ingresso delle truppe inglesi a Pretoria, è stata accolta serenamente. L'annunzio della resa della Capitale del Transvaal ·colla necessaria conseguente liberazione di 4.500 prigionieri britannici; la situazione nuova di 100.000 soldati della Regina accampati nel centro di quei tesori destanti la cupidigia della razza umana; la sicurezza d'una prossima pace, parevano dovessero moltiplicare gli entusiasmi e dar cagione di riprodurre nelle vie di Londra quei tumulti di allegria feroce e carnevalesca ad un tempo, onde or non è molto sono stato testimone. E bene. No. quindici giorni SCino stati bastevoli a ridare la calma ai cervelli britannici. Ognuno, per tanto pensa al dimane. E il dimane è oscuro se non pauroso per quanti guardano i pericoli di guerra che da ogni parte si affacciano.

La sistemazione di tutti i territori Sud-Africani si farà più o meno rapidamente, ma lo stato di cose provvisorio non impedirà come poteva fino a pochi giorni or .sono la libera azione britannica nei punti del globo ove essa possa venir minacciata.

V. E. avrà osservato negli affari dell'Estremo Oriente ·come in quelli del Mediterraneo sia costante consiglio del Marchese di Salisbury di stare il più che possa colla maggioranza delle Potenze, sia per amor della pace, .sia per sfuggire a ·responsabilità nuove create dagli avvenimenti. Ciò di solito fino a quando speciali interessi britannici non si mostrino più spiccatamente in al·cun luogo. A1Iora avviene che' l'apparente noncuranza del Primo Ministro della Regina si cambia in una risoluzione chiara, precisa, spesso radicale, di cui amici ed avversarii stupiscono. Così avverrà se gli avvenimenti nell'Estremo Oriente vengano ad aggravarsi pel litigio Russo-Giapponese, o per l'insurrezione Chinese. Converrà allora al Gabinetto britannico guardarsi intorno per sapere con quali Potenze potrà trovarsi in conflitto d'interessi e con quali altre venire a patti. Sarà l'ora psicologica d'onde scaturiranno risoluzioni radicali, capad di interessare la pace del mondo.

Comunque si svolgano gli ulteriori avvenimenti nel Sud-Africa potrà l'Inghilterra in minor tempo che altri, portare su qualunque punto del Globo, e contro chicchessia, centomila uomini, oggi agguerriti dalla recente campagna. Ma da sola nulla potrà. Riluttante, o no dovrà venire a chiarire con altre Potenze ove si trovano quegli interessi comuni che non da scambi di cortesia van cementati, ma da protocolli in buona regola, conducenti a situazioni chiare e ben definite.

La nostra amicizia coll'Inghilterra, onde io sono certamente tra i più caldi fautori, guadagnerà da situazioni meglio chiarite e definite perchè ne risulti vantaggio per tutti. La nostra devozione alla buona intesa con questo gran popolo, assai servigi ha reso alla causa della pace perchè le nostre intenzioni siena travisate e date ambigue mire alla nostra ambizione. Possiamo trarre argomento di gloria l'aver sostenuta l'Inghilterra disinteressatamente nella lunga sua trasformazione dvile dell'Egitto e non sarà essa ·certamente che vorrà accusarci di poco «altruismo».

Ma è bene rammentare eziandio, che il nostro paese in ogni nuova fase della politica, si attende assai più che la sua diplomazia non possa ottenere, specie dall'Inghilterra. È prudenza pertanto, se l'occasione se ne presenti, tradurre in linguaggio pratico e chiaro quelle vaghe formale che si sono prestate a tutte le sorprese; passare cioè a patti che rendano meno oscuro l'avvenire dal quale giustamente gli italiani attendono il premio della saggia politica di V. E.

411

IL MINISTRO DELLA GUERRA, PONZA DI S. MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

RISERVATISSIMO n. 651. Roma, 9 giugno 1900.

In conformità degli accordi verbali presi con V. E., il Generale Saletta, Capo di stato maggiore dell'eser·cito, iniziò col Capo di Stato maggiore austro-ungarico a mezzo del nostro addetto militare a Vienna, le pratiche per addivenire alla convocazione di una Comm1ssione per definire l'impiego delle flotte della triplice alleanza in caso di guerra. Ora, l'addetto militare precitato informa avere il Capo di stato maggiore austro-ungarico notato che « da parte dell'Italia si hanno bensì dichiarazioni esplicite soddisfacenti del Generale Saletta, ma non comunicazioni ufficiali da cui apparisca avere egli proceduto in nome del Governo italiano», e soggiunto: «importa quindi che il Governo italiano, tralasciando particolari circa questione faccia conseguenti comunicazioni ad Ambasciatore d'Italia, conte Nigra, affinchè questi possa a sua volta fare partecipazione ufficiale al Governo austro-ungarico». Interesserebbe pertanto che V. E. volesse provvedere sollecitamente nel senso indicato dal Capo di stato maggiore austro-ungarico, per ottenere che l'importante questione possa avere una pronta soluzione.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A VIENNA, NIGRA, E A WASIDNGTON, FAVA

T. 1586. Roma, 13 giugno 1900, ore 15.

Come le è noto il R. ministro in Pechino ed il comandante delle nostre forze navali in Cina hanno istruzione di agire di concerto ·coi rappresentanti e coi comandanti delle altre potenze per tutti quei provvedimenti che siano richiesti dalla situazione. Desidero, in vista sopratutto dell'eventualità che questa vieppiù si aggravi, che ella mi tenga diligentemente informato degli intendimenti di codesto Governo. Nostro proposito è che l'azione dell'Italia si trovi associata a quella delle altre potenze, in quanto questa si esplica per un intento di solidarietà e di comune sicurezza.

(Per Berlino). A tal fine facciamo particolare assegnamento sulle amichevoli disposizioni di codesto Governo.

413

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1543. Londra, 20 giugno 1900, ore 13,44.

Nel suo ricevimento ebdomadario Salisbury disse a tutti gli ambasciatori non avere notizie ufficiali da Pechino. A me disse aver dato ordine riunire squadra inglese golfo Petcili: ammiragli avere risposto per il momento non abbisognare essi truppe sbarco, bastando tenerle pronte. Salisbury confida, o mostra di confidare, che potenze riusciranno presto liberazione europei Pechino. Io gli chiesi: « Eppoi? ». Egli rispose : « Bisogna domare insurrezione, volere evitare impegnarsi impresa pericolosa». Il pensiero dominante era la diffidenza della intenzione di alcune potenze, nonostante linguaggio amichevole, comunanza interessi. Salisbury vorrebbe neutralizzare attività preponderante alcun'altra, acciò, tutti assieme,

si trovi condizioni a guerra finita. D'altra parte ammiragliato prosegue attivi preparativi e ministro della guerra ha ordinato invio 4000 uomini dall'India.

414

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1551. Parigi, 20 giugno 1900, ore 19,20.

Ho trovato Delcassé molto preoccupato per gli affari di China. Egli non ha altre notizie fuori di quelle ·che, per mezzo di comunicati all'agenzia Havas, sono in dominio del pubblico. Le sue intenzioni si concretano sostanzialmente sopra questi due punti: l) Limitare alle più strette proporzioni po·ssibili l'azione militare. 2) Procurare che il ri.stabilimento dell'ordine in China abbia a farsi da un Governo chinese. A base di tutto, sta la convinzione, in cui è questo Ministro degli affari esteri, della insanità di un progetto che avesse in mira di reprimere, con forze europee, la rivolta chinese e dei pericoli ai quali il contrasto di interessi esporrebbe la pace stessa dell'Europa. Ho motivo di credere che le idee della Francia e della Russia concordano sopra questi due punti. I provvedimenti presi, e già in corso di esecuzione, portano che il corpo di sbarco francese a Taku sarà prossimamente di circa cinquemila uomini e la squadra sarà di otto navi nuove, oltre le minori che già si trovano in quei mari. Russia vi avrà essa pure ·circa cinquemila uomini. Delcassé mi ha domandato se erano vere le

informazioni dei giornali, circa rinforzo di navi e l'invio di truppe di sbarco da parte nostra. Risposi che io era senza notizie.

415

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TOKIO, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1602. Tokio, 23 giugno 1900, ore 12,07 (per. ore 22 del 24).

Ministro affari esteri convocò stamane urgenza rappresentanti grandi po

tenze informando gravissima situazione: anche contingente alleato bloccato attaccato Tiensin Tu-Ku: necessità immediati rinforzi molto maggiori degli annunziati: pregò chiedere subito Governo intenzione in proposito, volendo Giappone agire ponderatamente d'ac,cordo (l); credo Russia, Francia disposte a rispondere molto vagamente. Ritengo più che mai necessarie fin d'ora nostre forze in vista immancabili complicazioni ulteriori.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1739. Roma, 25 giugno 1900, ore 19,40.

Desidero che V. E. possa avere una conversazione ·confidenziale col conte Biilow sugli affari di Cina. Il solo obbiettivo che mi propongo negli avvenimenti di Cina è che l'Italia abbia la sua parte nell'azione solidale che potranno esercitare ~·e potenze anche in avvenire e questo per mantenere il suo posto di grande potenza e procedendo innanzi tutto d'accordo con la Germania. Noi faremo partire prontamente 3 o 4 navi con degli equipaggi rinforzati. Ma mi domando, anche prima di parlarne nel nuovo consiglio dei ministri, se alla nostra cooperazione navale non si possa aggiungere anche un contingente di truppa di terra di circa 900 uomini tutto compreso. Questo contingente anche partendo in brevissimo termine non arriverebbe probabilmente in tempo per l'azione ora impegnata a cui partecipano frattanto le navi che abbiamo colà. Ma è possibile che, una volta ristabilito l'ordine a Pechino, le potenze debbano !asciarvi, almeno per qualche tempo, delle truppe a tutela dell'ordine e per sostegno e controllo dello stesso governo cinese che dovrebbe dare le necessarie guarentigie. In questo

caso si può considerare se non sarebbe opportuno e conforme al carattere attuale dell'azione dei governi che tutte o almeno il maggior numero delle grandi potenze fossero rappresentate da un contingente proprio, senza pregiudizio dei contingenti maggiori delle potenze più interessate e vicine, per proteggere le loro legazioni e mantenere il carattere europeo alla presenza temporanea delle truppe internazionali.

Desidererei, per mia norma, che di questi concetti V. E. parlasse ufficiosamente col conte Biilow per raccoglierne le impressioni.

417

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1633/81. Berlino, 26 giugno 1900, ore 7,10.

Biilow è a Kiel e non si conosce ancora quando ritornerà. Non posso quindi parlargli colla sollecitudine richiesta dall'oggetto del telegramma di ieri notte

di V. E. (l); del resto egli difficilmente si pronunzierà come V. E. desidererebbe in questione così delicata, che riguarda noi. Da una conversazione avuta oggi stesso con questo sotto segretario di Stato per gli affari ·esteri, io mi faccio H poncetto seguente: truppe da sbarco tedesche che partiranno tre luglio sono destinate, nella mente di questo Governo, a proteggere possedimenti tedeschi in Cina; per azione diretta liberare europei in Pekino, Tiensin, esse arriverebbero troppo tardi, e per eventuale ulteriore azione per una vera spedizione contro Cina accorreranno forze più numerose e ac·cordi preventivi fra le potenze che vorranno concorrervi. Quali però saranno le decisioni dei singoli Governi per questo ultimo caso, è ·consigliabile che le navi che colà si mandano possano disporre di truppe di sbarco in misura maggiore del ·consueto ,sia sotto forma di equipaggio, sia sotto forma di piccolo contingente truppe, per provvedere a casi più urgenti a tutela legazioni e nazionali e, nel caso nostro, anche per aver modo di non essere estranei a tutte quelle operazioni e deliberazioni che rivestono carattere comune europeo. Invio di grossi contingenti di sbarco, mentre non abbiamo in Cina possedimenti ove sbarcarli, non avrebbe altro scopo che di azione immediata contro la Cina, il che non è per ora il caso.

(l) Fin qui il tel. fu ritrasmesso dal Visconti Venosta a Parigi. Londra, Vienna, Berlino e Pietroburgo con la seguente aggiunta: • Prego telegrafarmi se a codesto Governo è giunta analoga comunicazione e quali siano a tale riguardo le sue disposizioni • (tel. 1732 del 24 giugno, ore 23,15).

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1767. Roma, 27 giugno 1900, ore 23,30.

Ringrazio per il suo telegramma di ieri sera (2). Concordo pienamente nelle idee da lei manifestate. Non è naturalmente il caso che il linguaggio di lei abbia il carattere di una richiesta di ·consiglio. Esso deve consistere nello esporre le considerazioni che potrebbero spiegare le nostre eventuali deliberazioni, bastandoci che ella mi faccia indi conoscere intorno a quelle considerazioni, le impressioni e gli apprezzamenti del conte di Biilow.

419

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TOKIO, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1652. Tokio, 27 giugno 1900, ore 11,15 (per. ore 10,35 del 28).

Questo Governo vedendo frustrato per opera specialmente della Russia e Francia desiderio avere da grandi potenze incarico azione China, preparasi qualunque eventualità: constami da fonte degna di fede aver noleggiato quindici grandi trasporti.

(l) -Cfr. n. 416. (2) -Cfr. n. 417.
420

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1657/82. Berlino, 28 giugno 1900, ore 14,52.

Btilow continua trovarsi a Kiel presso l'imperatore. Una risposta alla comunicazione giapponese di cui tratta il telegramma di V. E. n. 1732 (l) non è stata ancora data malgrado ripetute domande fatte da questo ministro deJ. Giappone. Sottosegretario di stato esteri si dimostra molto riservato sia nell'apprezzare quella ·comunicazione, sia nel fare congetture sullo svolgimento ulteriore avvenimenti in China. Se ciò dipende in parte mancanza dati positivi per espri. mere giudizi, in massima parte però vi contribuisce, a mio avviso, desiderio Germania non fare atto, pronunziare parola prima di conoscere intendimenti potenze più interessate, Russia ed Inghilterra, colle quali, specie colla prima, Germania non vuole, per avventura, trovarsi in contrasto; è mia impressione che Germania dopo di avere provveduto con sollecitudine invio rinforzi per protezione suoi possedimenti manterrà nelle successive fasi della questione cinese atteggiamento molto riservato evitando mettersi avanti e lasciando agire di preferenza gli altri in tutto ciò che non tocca i suoi interessi immediati o suo onore. Germania non aspira per ora, ad ingrandimenti territoriali in Cina, vorrebbe mantenuta integrità impero celeste e non trovarsi in urto con nessuno laggiù nemmeno, se possibile, colla Cina, per trarre poi più tardi da questa sua attitudine vantaggi per il suo commercio. Queste ,sono impressioni mie personali che credo però dovere ·comunicare

a V. E.; certo è ·Che per ora, e fino a che non sia nota sorte rappresentanti Pekino Germania non prenderà iniziativa di decisioni.

421

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 1785. Roma, 29 giugno 1900, ore 23,15.

In un colloquio coll'Ambasciatore britannico intorno agli affari della China gli dissi che i nostri soldati sarebbero arrivati troppo tardi per quella azione militare che è ora impegnata per liberare Pechino. Facciamo però partire immediatamente delle navi in modo di avere nelle acque chinesi una squadra di sei o sette navi cogli equipaggi rinforzati per ·cooperare colle altre squadre e poter disporre alla evenienza di alcune forze di sbarco. Gli dissi anche che se si fosse riuscito ora a ristabilire l'ordine a Pechino era supponibile che le potenze vi avrebbero lasciato per qualche tempo delle truppe. In questo caso anche l'Italia vi avrebbe tenuto un contingente per la difesa della ·sua legazione e per

rappresentare la sua partecipazione all'accordo delle potenze. Aggiunsi all'ambasciatore che nel caso della presenza di truppe europee a Pechino mi pareva

utile che tutto il maggiore numero delle grandi potenze vi fossero rappresentate e che credevo che ciò potesse entrare anche nelle viste del Governo britannico. V. E. può esprimersi nel senso del linguaggio surriferito.

(l) Cfr. p. 294, nota l.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE RENZIS, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 1786. Roma, 29 giugno 1900, ore 23,30.

Un telegramma da Parigi all'Agenzia Stefani parla di un accordo intervenuto tra le Potenze per una occupazione internazionale in Cina mediante un corpo di 80 mila uomini formato di ,contingenti russi, giapponesi, inglesi, francesi e tedeschi. Quantunque la notizia mi sembri inverosimile, prego, ad ogni buon fine, informarsi e telegrafa:tmi se esistano, in qualsiasi forma, negoziati del genere.

423

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1676. Parigi, 30 giugno 1900, ore 12,30.

N o tizia di un accordo sulla base della conservazione statu quo nella situazione potenze verso la China e della formazione esercito internazionale 80 mila uomini (l) è arrivata ieri qui da Londra nella forma di una nota ufficiosa comunicata alle agenzie telegrafiche. Fino a mercoledì Delcassé non era a giorno di questi negoziati che forse potrebbero essere seguiti fra i soli Gabinetti di Pietroburgo e di Londra. Procurerò di vedere Delcassé e al caso telegraferò di nuovo.

424

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO PEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1686/85. Berlino, l luglio 1900, ore 12,15 (per. ore 13,30).

Ho dato comunicazione Biilow intenzioni del Governo, in questa prima fase questione chinese, quali risultano dai telegrammi di V. E. del 25 (2) e 28 (3) giugno, nonchè considerazioni spiegative in essi contenute. Biilow dimostrò approvarle e si compiace in modo speciale delle idee espresse da V. E. su opportunità di mantenere unita azione potenze europee, alle quali, in questo caso, è da aggiungere Stati Uniti America del Nord e Giappone.

Germania, o, meglio, come si espresse Biilow, S. M. Imperatore desidera, anzi tutto, potenze procedano d'accordo pieno e tutte in comune, senza, cioè, affidare mandato ad una di esse per ristabilire ordine in Cina. Loro azione nel

{l) Cfr. n. 422.

{3) Recte 27, cfr. n. 418.

pensiero di Biilow, deve essere diretta a ristabilire statu quo ante; a ottenere garanzie contro il ritorno fatti come quelli che si compiono ora; a impedire ogni ulteriore strappo all'integrità impero chinese che sarebbe fonte di nuovi guai. Biilow crede aver consenziente in quest'ordine di idee, in primo luogo, la Russia, e poi, l'Inghilterra; cosicchè non riuscirà difficile stabilire modalità con cui dovrà svolgersi futura azione potenze. Avendo chiesto a Biilow quale risposta avesse data alla comunicazione del Giappone, di cui tratta il telegramma di V. E.

n. 1732 (1), Billow mi disse essersi limitato indicare a questo Ministro del Giappone gli scopi surriferiti che Germania si propone.

Germania, come Russia non solleverà obiezione circa quantità delle truppe che Giappone crederà inviare China, ma entrambe desiderano sia bene inteso che esso non dovrà profì.ttarne per ottenere cessioni territoriali, le quali devono essere escluse per tutti.

(2) Cfr. n. 416.

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1803. Roma, 2 luglio 1900, ore 19,15.

Ho avuto ieri e prima di ricevere il telegramma (2) di V. E. l'occasione di parlare degli avvenimenti di China coll'Ambasciatore germanico benchè questi non avesse speciale istruzione. Gli dissi che il nostro intendimento era di tenere l'Italia partecipe all'accordo delle potenze. Non avevamo fatto partire dei soldati perchè non sarebbero arrivati in tempo per l'azione militare ora impegnata per liberare Pechino, benchè avessimo fatto per ogni caso alcuni eventuali preparativi. Facevamo partire immediatamente alcune navi in modo di avere nelle acque cinesi una squadra di ·sei o sette navi cogli equipaggi rinforzati per cooperare colle squadre degli altri stati e disporre, occorrendo, di alcune forze di sbarco. Non si potevano ora prevedere gli avvenimenti. Se, come può sperarsi, l'ordine sarà ristabilito a Pechino è supponibile che le potenze vi conserveranno per un periodo di tempo delle truppe. In questo ca.so noi ci proponiamo pure di tenere un contingente a Pechino per la difesa della nostra Legazione e per rappresentare la nostra partecipazione all'opera delle potenze. Se poi, del che non sono ancora informato, intervengono o stanno per intervenire degli accordi per la regolare .cooperazione presente o futura delle potenze, noi desideriamo conoscerli, disposti, per parte nostra ad esaminarne le proposte. Mi sembra che questo linguaggio concordi con quanto il telegramma di V. E. mi ha riferito. Desidero sapere se esistono o se in vista della gravità crescente della situazione a Pechino diventeranno probabili dei negoziati più concreti intorno alla cooperazione delle potenze cui ho sopra accennato. Aggiungo a V. E. che è lontano da ogni nostra intenzione il voler riprendere in China una politica di occupazione territoriale. Desideriamo solo il mantenere senza esagerazioni il nostro posto nell'accordo delle grandi potenze portandovi le stesse idee esposte nel telegramma di V. E. e provvedere al nostro decoro nel caso di tristi eventualità che

•le ultime notizie possono far temere.

(l} Cfr. p. 294, nota l. (2} Cfr. n. 424.

426

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 1813. Roma, 3 luglio 1900, ore 14,20.

L'avverto confidenzialmente che contrariamente a quanto le fu costì fatto supporre, il gabinetto di Londra ha proposto a qualche gabinetto (l) di incaricare il Giappone di intervenire in Cina per mandato delle potenze.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1819. Roma, 3 luglio 1900, ore 23,55.

L'ambasciatore di Francia mi ha fatto, circa le cose di Cina, la comunicazione di cui qui riassumo la sostanza. Il signor Delcassé constata che le potenze sono concordi in questi tre punti: salvezza dei loro rappresentanti e connazionali, statu quo territoriale, guarentige serie per l'avvenire. Fallito il tentativo Seymour occorre un più grande sforzo per non esporci a nuovo insuccesso. Lo scopo immediato da raggiungere è d'ordine troppo umanitario e d'interesse troppo generale perchè siano da temersi suscettibilità. Non importa che non siano assolutamente eguali le forze di cui le potenze dispongono nel golfo di Petchili, bensì importa ·che queste forze non agi,scano isolatamente e ricevano un unico impulso. È del pari urgente .che le potenze mandino ai comandanti delle rispettive forze istruzioni identiche acciocchè essi indichino la cifra totale delle truppe indispensabili per la loro missione. I ·concetti espressi dal signor Delcassé e qui sopra riprodotti coincidono sostanzialmente con quelli in base ai quali noi ci proponiamo di mantenere l'Italia partecipe all'accordo delle potenze di fronte agli avvenimenti in Cina. V. E. può quindi dichiarare che se, quei concetti venendo accolti dalle potenze, saranno iniziati a tale riguardo negoziati concreti, noi siamo disposti a partecipare ad essi, pronti ad esaminare le proposte che in proposito fossero presentate.

428

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1708/89. Berlino, 3 luglio 1900, ore 17,20.

Mentre mando per posta testo completo discorso pronunziato iersera imperatore a truppe partenti per la Cina trascrivo di nuovo passo più importante nel testo più esatto di quel che potei di memoria nel mio precedente telegramma (2), che viene ora pubblicato da agenzia Wolf: «La bandiera tedesca fu insultata (3).

Io vi mando a vendicare l'offesa e non riposerò fino a che la bandiera tedesca,

unita a quelle delle altre potenze, non sventolerà vittoriosa sulle mura di Pe

kino per dettare pace ai chinesi. Ciò che speravo poter essere risoluto coll'aiuto

della sola fanteria marina esigerà ora concorso contingente truppe di tutti gli

stati civili».

Come V. E. vede que,sto è un programma di cui attenderei lo sviluppo.

(l) -Al gabinetto di Berlino, che rispose con un rifiuto. Cfr. tel. 1812, trasmesso dal Visconti Venosta al Lanza in pari data, non pubblicato. (2) -Tel. 1706, del 3 luglio, o.re 13,50, non pubblicato. (3) -Si riferisce all'assassinio del ministro tedesco a Pechino.
429

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1612/720. Parigi, 19 luglio 1900.

In vari successivi dispacci ministeriali di date recenti mi furono segnalate le informazioni pervenute al R. Governo circa taluni preparativi d'indole militare osservati in Tunisia i quali potrebbero essere ,sintomi della esistenza di un progetto di espansione francese nell'Hinterland tripolitano. In uno dei rapporti consolari comunicatimi si indica anzi Gadames come l'obbiettivo verso il quale mirano tali preparativi. Ebbi diggià a far osservare al R. Governo che taluni provvedimenti d'indole militare presi negli ultimi tempi in Tunisia, fanno parte di quelli che per la generale difesa territoriale delle colonie sono stati decretati e che con ingente spesa, ricevono la loro applicazione. Anche dell'inscrizione dei cammelli e cammellieri, segnalata da Gabes, si potrebbe trovare la spiegazione nel fatto che, in conseguenza della straordinaria mortalità di tali animali da soma' sofferta dalle colonne che operano nel sud oranese, l'Autorità militare ha dovuto prendere dei provvedimenti preparatori e precauzionali per potersi eventualmente rifornire. Non è cosa impossibile che tali provvedimenti prescritti a tutti i comandi dell'Algeria, siano stati estesi anche ai paesi tunisini confinanti con la 'l'ripolitania. Malgrado che da queste spiegazioni possa considerarsi come attenuata l'importanza delle informazioni segnalatemi, tuttavia non mi parve di poter considerare le informazioni stesse di così scarso valore da non meritare di prenderne argomento per una conversazione amichevole con questo Signor Ministro per gli affari esteri. Ne parlai dunque ieri con il Signor Delcassé evitando naturalmente tutto ciò che, per precisare troppo, avrebbe potuto indicare la origine delle notizie. Non metteva io, così mi espressi, in dubbio il valore delle dichiarazioni più volte qui da me udite ed a più riprese espresse dal Signor Barrère in Roma. Era fuori di questione la sincerità delle medesime. Ma in mezzo a tanto rumore di armi e di armati, poteva succedere che qualche comandante eccedesse le istruzioni sue, pigliasse provvedimenti imprudenti, si prefiggesse scopi non pensati, non voluti dal Governo. Mi pareva questo il momento di vegliare più che mai per prevenire le iniziative individuali e la previsione di queste era in qualche misura autorizzata dalle informazioni che si aveano circa taluni prov

vedimenti che sembravano accennare al progetto di una espansione verso Gadamès.

Scattò il Ministro degli affari esteri quando io pronunciai il nome di questa località ed esclamò: «Moi ici, on n'ira pas à Gadamès. Vous pouvez. en donner la certitude à votre gouvernement ».

Poi, continuando a svolgere il .suo pensiero, mi disse ·che, ancora recentemente il Signor Barrère avea dato a V. E. la formale assicurazione che la Francia, dopo l'ultimo suo accordo con l'Inghilterra, nulla più cercava di avere nella plaga africana che tocca ai territori ottomani. Soggiunse che nessun motivo di malcontento esisteva nei rapporti di vicinato fra la Francia e la Turchia in quella regione. Ricordò che nell'esercito non si era perduta la memoria che da :ui semplice « pekin » erano stati mandati per disposizione telegrafica agli arresti e rinviati alla costa due generali per aver oltrepassato le istruzioni loro impartite dal Dipartimento delle Colonie mentre egli ne era il titolare. Il presente Comandante delle forze stanziate nella Tunisia era persona che dava ogni più seria guarentigia di non dipartirsi da ciò che la semplice disciplina basta ad imporre. Conchiuse che veramente era cosa deplorevole che si cercasse da qualcuno di suscitare diffidenze e sovratutto in un momento in cui la massima reciproca fiducia era condizione indispensabile per una buona politica europea.

Ho naturalmente procurato di attenuare ciò che vi era forse di eccessivo nella importanza data dal Signor Delcassé alle osservazioni mie nello svolgimento delle quali avrei dovuto tenere conto delle recenti dichiarazioni fatte dal Signor Barrère se di queste fossi stato informato. Ho pertanto nelle mie repliche alle cose dette dal Signor Delcassé, insistito in modo speciale acciocchè in lui rimanesse ben chiara l'impressione che il mio discorso avea avuto per unico scopo di rendere attento il Governo acciocchè, per effetto di impazienz·e sempre possibili nei ·comandi militari, non sorgessero incidenti, pregiudicevoli appunto per la .fiducia reciproca sovra la quale a noi pure interessa, ora più che mai, che i rapporti degli Stati Europei abbiano a trovare sicuro fondamento.

430

IL MINISTRO A L'AJA, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 210/112. Aja, 21 luglio 1900.

Avvicinandosi oramai l'epoca in cui avrassi a dare esecuzione all'art. 28 della Convenzione per l'arbitrato, prememi di assicurare l'E. V. che tengo presenti le istruzioni verbali ch'Ella ebbe ad impartirmi sull'argomento quando fui a Roma nell'aprile scorso, essere, cioè, altamente desiderabile che nel Consiglio amministrativo permanente che sarà qui costituito non abbia ad entrare, sotto verun titolo, l'Internunzio pontificio. La massima riserva che mi era naturalmente imposta in sì delicata que~tione, non mi consentì di accertare se questo Ministro degli Affari Esteri coltivi tuttora il desiderio da lui manifestato or fa un anno ai delegati italiani, che, cioè, per un riguardo speciale alla posizione dell'Internunzio, questi avesse ad ammettersi nel Consiglio permanente. Posso però affermare che nelle frequenti

occasioni ch'ebbi d'interloquire, sull'opera della Conferenza internazionale per la pace, col Signor di Beaufort, con altri Ministri di Stato olandesi, e con colleghi, non mi è mai occorso di udire anche alla lontana un'allusione qualsiasi all'eventualità che in seno al Consiglio permanente possa essere chiamato, sia pure a titolo meramente onorifico, un Rappresentante Estero accreditato all'Aja che non faccia de jure parte del Consiglio stesso.

L'assoluto ,silenzio serbato di fronte a me dal Ministro degli Affari Esteri intorno ad un argomento ch'egli stesso aveva provocato l'anno scorso, m'induce a credere che per ora egli alla sua proposta non darà seguito. Ed in questa opinione mi conferma la recente circolare che il Signor di Beaufort indirizzò a questi Rappresentanti Esteri per annunciar loro che il deposito delle ratifiche avrà luogo il 4 ,settembre venturo. Nella circolare (della quale trasmisi copia col rapporto n. 209/111 del 20 corrente) (l) è detto tra l'altro: «Il sera superfiu de vous rappeler qu'aux termes de l'art. 28 ce Conseil sera composé des Représentants diplomatiques des Puissances signataires accrédités à la Haye et du Ministre des Affaires Etrangères des Pays-Bas qui remplira les fonctions de Président ». L'aver voluto ricordare queste disposizioni -ciò che in realtà non era punto necessario -sembra escludere da parte del Signor di Beaufort qualunque intenzione di promuovere l'ammissione dell'Internunzio nel Consiglio permanente, ma ad ogni modo, per la questione che tanto ci interessa, non sarà per noi superfluo che il Ministro degli Affari Esteri Olandese abbia, in una sua circolare ai Rappre,sentanti Esteri, citate e confermate esplicitamente le disposizioni dell'art. 28 che regolano e limitano la composizione del Consiglio permanente.

431

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Camaldoli, 21 (?) luglio 1900.

Je vous félicite de tout mon cceur d'etre enfin délivré de la triste préoccupation que vous inspirait la santé de votre fils. Nous en sommes tous bien soulagés.

M. Delcassé ne fait pas d'objection à la deuxième lettre dont vous m'avez remis le projet sur le sujet dont nous nous sommes occupés. Il demande toutefois qu'en vous accusant réception, je fasse une réserve semblable en ce qui touche la question qui vous intéresse plus particulièrement. Vous ne verrez, je suis sur, aucun inconvénient à cette procédure, qui est conforme à l'esprit de nos entretiens. S'il en est ainsi, je vous proposerais de nous voir à Rome le 27 (vendredi) au matin. Nous pourrions procéder dans cette meme journée à la signature de ces communications respectives. Ayez, je vous pris, la bonté, de m'aviser par un mot si nous sommes d'accord (2).

par-,•iendra ».

P. S. -Je ne sais que penser de la dépéche Conger. Si elle est en chiffre, et si la rédaction est bien authentiquement anglaise, Ies ministres seraient investis et non morts. Mais alors pourquoi Delcassé, qui avait exigé du Ministre de Chine une dépéche semblable, n'a-t-il encore rien reçu de M. Pichon?

(l) -Non pubblicato. (2) -Per i precedenti della questione cfr. Documents dip!omatiques français, serie I, vol. XVI,_ ~· 171, pp. 261-266; n. 226, p. 342; n. 230, p. 348; n. 232, p. 349; n. 236, p. 352; e anche tbtd., nn. 185, 187, 190, 203. Cfr. anche una precedente lettera di Barrère a Visconti VenGsta, in data Roma, 13 giugno 1900 (AVV, cassetta B·l): «M. De:OCassé m'a télégraphié hier qu•une journée d'interpellations à la Chambre l'aV'ait empèché de considérer utilement l'affaire qui nous occupe. Il me promet une prompte réponse. Vous l'aurez dès qu'elle me
432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2065. Roma, 22 luglio 1900, ore 23.

L'Amba,sciatore d'Inghilterra mi ha fatto conoscere la sostanza di un telegramma di Lord Salisbury relativo alla recente circolare del governo russo sugli affari di Cina. Lord Salisbury constata che il Governo della Regina non ha mai suggerito di assegnare al Giappone particolari diritti o privilegi per la sua azione e neppure proposto alla Russia di conferire al Giappone un mandato europeo. Il Governo della Regina non ha mai accettato nè avuto occasione· di di1scutere le basi enunciate nella circolare russa, essendosi esso pronunciato solo sopra le misure intese a soccorrere i Rappresentanti e residenti esteri. Lord Salisbury stima che nella presente ignoranza circa le condizioni ed i poteri delle autorità in Pechino sarebbe prematuro trattare per ristabilire mercè l'azione comune un governo atto a mantenere l'ordine. Il Governo della Regina consente bensì nel desiderio che nulla si faccia che possa condurre alla spartizione deii'Impero cinese, e sarebbe lieto di conoscere il pensiero del Governo italiano circa i principii formulati nella ·circolare russa. Alla fattami comunicazione ho risposto che il R. Governo si propone di mantenere l'Italia associata all'azione comune delle potenze negli affari di Cina. Il R. Governo considera, innanzi tutto, come necessario ed essenziale il mantenimento dell'accordo fra le potenze, sia per giungere ad una soluzione del problema posto dagli avvenimenti cinesi, sia nell'interesse generale della pace. A noi non constava che i principii enunciati nella comunicazione russa fossero stati oggetto di un accordo formale delle potenze. Ma essi risultavano sostanzialmente, sebbene con qualche variante di forma, da una comunicazione e dalle pubbliche dichiarazioni del signor Delcassé, dal linguaggio del Gabinetto di Berlino e dalla circolare del conte di Biilow, ed infine dalla stessa circolare del gabinetto di Pietroburgo. Il governo del re si associa completamente all'opinione espressa da lord Salisbury che nulla sia da farsi che possa condurre ad eventuali spartizioni territoriali dell'Impero cinese. Quanto allo scopo che le potenze dovrebbero fino da ora prefiggersi quello, cioè, di ricostituire a Pechino un governo cinese capace di dare le necessarie garanzie per la sicurezza degli stranieri, il Governo italiano non ha obiezioni a priori contro questa soluzione, che può essere imposta dalla stessa necessità delle cose. In massima, del resto, il Governo del Re è disposto ad aderire a quelle soluzioni che potranno raccogliere l'adesione delle potenze e mantenere la durata del loro accordo. I concetti che, per notizia di Lei, riproduco in questo mio telegramma,

potranno giovarle come norma di linguaggio nel colloquio che Ella si propone di avere martedì, posdomani, con Lord Salisbury.

433

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1987 bis/115. Berlino, 25 luglio 1900, ore 11,33 (per. ore 12,50).

In una conversazione avuta iersera, Biilow mi disse aver riletto, in estenso, dichiarazione di V. E. in senato su spedizione Cina e farvi plauso. Biilow divide interamente idee di lei e crede anch'egli bandiera italiana debba sempre trovarsi là dove sventola quella altre potenze per opera civiltà. Biilow è persuaso, ed è opinione di tutte le persone competenti, consultate, che garanzie serie contro il rinnovarsi di fatti come quelli accaduti non possano ottenersi che a Pechino. Là, checchè avvenga, bisognerà andare, ed a tale proposito Biilow fece un delicato accenno a scarsezza nostro contingente, dicendo aver letto con piacere nei giornali che forse sarà aumentato. Gli osservai che soltanto considerazioni finanziarie, avevano trattenuto R. Governo dal mandare ,subito nucleo forze maggiori, ma chE-aveva infatti ragione di ritenere fossero fatti preparativi per partenza eventuale altro distaccamento con un ufficiale generale. Circa comando truppe europee in Cina, nessun accordo, Bi.ilow mi assicurò, è avvenuto fra le potenze. Germania non si è pronunziata fino ad ora in questione sì delicata. Imperatore stesso, per auanto ne potesse essere ·soddisfatto ,suo amor proprio, non desidera sia fatta proposta affidare a generale tedesco un comando che esige conoscenza luoghi e preparazione che manca anche ai migliori capi dell'esercito tedesco. Dalle parole di Bi.ilow ebbi conferma che astensione Austria dal partecipare a spedizione non ha fatto qui: buon effetto. Sul fine conversazione, avendo io accennato a aiuto amichevole che Germania, che ha già stabilimenti in Cina, potrebbe prestare alle nostre truppe, specialmente al loro arrivo, Bi.ilow mi assicurò tale aiuto non ci

sarebbe mai mancato e mi incaricò dirlo a V. E. Biilow parte questa sera per Bremerhaf~n, ove domani arriva imperatore.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione aZ 1° gennaio 1900)

ARGENTINA

Buenos Avres -MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MACCHI (dei conti di CeHere) nob. Vincenzo, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA S. E. Costantino, senatore, amba:s:cia.tore; N. N., consigHere; euSANI (::ONFALONIERI ffiM"Ch~se Gerolamo, segretario; CARAVADOSSI DI THOET DELLA ScARENA D'AsPROMONTE conte Giulio, segretario; FASCIOTTI barone Carlo, addetto; ARRIVABENE-VALENTI-GONZAGA conte Carlo, addetto; ZANNONI Giacomo, ufficiale d'ordine; NAVA Luigi, colonnello di st;;~to maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -DE FoRESTA (dei conti) nob. Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANCILLOTTO conte Giuseppe, addetto col .titolo di segretario.

BELGIO

Bruxelles -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinaa-io e ministro plenipotenziario; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario; DELLA TORRE DI LAVAGNA conte Giulio, seg.retario; CAPRARA conte Enrico, addetto.

BOLIVIA

La Paz -N. N., ministro residente.

BRASILE

Rio de Janeiro -ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossr-ToESCA Vincenzo, segretario.

CILE

Santiago -GREPPI conte Antonio, ministro residente.

CINA

Pechino -SALVAGo RAGGI marchese Giuseppe, ministro residente; CAETANI (dei duchi di Sermoneta) Livio, addetto; VITALE nob. Guido, interprete.

COLOMBIA

Bogotà -N. N., ministro residente.

COREA

Seoul -SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, ministro residente (residente a Pe·chino).

COSTARICA

S. José de Costa-Rica -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, ministro residente (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenhagen -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e mini,stro plenipotenziario; FERRARA DENTICE Enrico, consigliere.

FRANCIA

Parigi -ToRNIELLI-BRUSATI DI VERGANO S. E. conte Giuseppe, senatore, ambasciatore; POLACCO Giorgio, consigliere; PAULUCCI DE' CALBOLI conte Raniero, segretario; CAHEN Teofilo Rodolfo, mar·chese di Torre Alfina, segretario; SFORZA Carlo, addetto; DI MoNTAGLIARI marchese Paolo, addetto; BIANco Augusto, capitano di vascello, addetto navale; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista capo.

GERMANIA

Berlino -LANZA S. E. conte Carlo, tenente generale, ambasciatore, accreditato pure in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario presso i Regni di Sassonia e di Wurtemberg; presso i Granducati di Assia, Baden, di Mecklemburgo-Schwerin, di Mecklemburgo-Strelitz, di Oldemburgo e di Sassonia Weimar-Eisenach; e presso i Ducati di Brunswick, di Sassonia-Altenburgo, di Sassonia Coburgo e Gotha e di Sassonia-Meiningen; MELEGARI Giulio, consigliere; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, segretario; SERRA Attilio, addetto; CICERo Ca~lo, archivista; PRUDENTE Giuseppe, colonnel,Jo di stato maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -ORFINI ·conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoBIANCHI Vittore, segretario; CASATI Luigi, interprete; GAsco Alfonso, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -DE RENZIS DI MoNTANARO S. E. Francesco, barone di S. Bartolomeo, ambasciatore; BoTTARo-CosTA conte Francesco, ·consigliere; QUARTO DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, segretario; RusiPoLr (dei principi) MaTio, addetto col 'titolo di segretario; SAcERDOTI (dei ·conti di Carrobio) nob. Vittorio, addetto col titolo di segretario.

GRECIA

Atene -AvARNA duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NoBILI Aldo, segretario; SIGNORILE Vittodo, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli); DIMADI Costantino, interprete.

GUATEMALA

Guatemala -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, ministro residente.

HONDURAS

A.mapala -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, ministro residente (residente a Guatemala).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -ZANNINI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente al'Aja).

MAROCCO

Tangeri -MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesi1ao, interprete.

MESSICO

Messico -HIERSCHEL DE' MINERBI co!DJte Oscarre, inviato str•aordinario e mindstro plenipotenziario.

MONTENEGRO

Cettigne -BIANCHI DI CASTELBIANCO marchese France·sco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

NICARAGUA

Corinto -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, ministro residente (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -ZANNINI conte Alessandro, mviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRUNo Luigi, segretario.

PARAGUAY

Assunzione -MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Ayres).

PERSIA

Teheran -MAISSA Felice, ministro residente.

PERU'

Lima -PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PORTOGALLO

Lisbona -GERBAIX DE SoNNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SALLIER DE LA TouR (dei conti) nob. Giuseppe, duca di Calvello, segretario.

RUMANIA

Bucarest -BECCARIA INCISA (dei marche$) nob. Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAROLI nob. Carlo, segretario; OLIVOTTO Teodoro, interprete, archivista; SIGNORILE VtHorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto miUtare (residente a Costantinopoli).

RUSSIA

Pietroburgo-MoRRA DI LAVRIANO E DELLA MoNTÀ (dei conti) S. E. nob. Roberto, tenente generale, senatore, ambasciatore; CALVI DI BERGOLO conte Giorgio Carlo, consigliere; ALIOTTI (dei ba,roni) nob. Carlo, addetto col titolo di segretario; ToMASI DELLA ToRRETTA Pietro, addetto; NASALLI-RoccA conte Saverio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

SALVADOR

San Salvador -RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, ministro residente (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -MAYoR, DES PLANCHEs nob. Edmondo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; N. N., segretario; NAVA Luigi, colonnello di stato maggiore, addetto mtlitare (residente a Vienna).

SIAM

Bangkok -DE REGE DI DoNATO (dei conti) nob. Alessandro, ministro residente.

SPAGNA

Madrid -AVOGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO (dei COIIlti) S. E. nob. Luigi, ambasciatore; FRIOZZI mal'chese Lorenzo, .principe di Cariati, segretall"io; CELESIA DI VEGLIAsco barone Alessandro, segretario; MoNTAGNA Giulio Cesare, addetto; BERZOLESE Carlo, archivista, interprete.

STATI UNITI

Washington -FAVA S. E. barone Saverio, senatore, ambasciator·e; VINCI conte Giulio Cesare, segretario; RoMANo AVEZZANA Camillo, segretario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -GuAsco DI BisiO (dei marchesi) nob. Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SVIZZERA

Berna -RIVA Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE GREGORIO marchese Paolo, segretario; MANZONI Gaetano, addetto col titolo di !Segretario; NEGROTTo CAMBIASO Lazzaro, addetto; KRAUTH Federico, archivista; N. N., addetto militare (.residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -PANSA S. E. Albe!'to, ambasciatore; GALLINA conte Giovanni, segretario; CARLOTTI maTchese Andrea, segretario; 0RSINI BARONI Luca, addetto; CANGIÀ Alfredo, interprete; CHABERT Alberto, interprete; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

URUGUAY

Montevideo -MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Ayres).

VENEZUELA

Caracas -RIVA nob. Giovanni Paolo, ministro residente.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al 1° gennaio 1900)

MINISTRO VIscoNTI VENOSTA S. E. marchese Emilio, senatore del Regno.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO FUSINATO S. E. Guido, deputato a:J. Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE MALVANO Giacomo, consigliere di Stato, senatore del Regno.

SEGRETARIO PARTICOLARE DI S. E. IL MINISTRO BAJNOTTI Paolo, 'COnsole di l a classe.

SEGRETARIO DI S. E. IL MINISTRO BosoARI ,conte Alessandro, segretario di legazione.

SEGRETARIO PARTICOLARE DI S. E. IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO MoRI UBALDINI ALBERTI conte Alberto, segretario nel Ministero degli Affari Esteri.

DIVISIONE I

Affari politici

Direttore capo divisione: BIANCHINI Domenico.

SEZIONE I Europa e colonie, Africa, Asia ed Oceania.

Apertura della corrispondenza -Carteggio in materia rpolitica -Stipulazione e interpretazione dei trattati politici -Pubblicazione di documenti diplomatici -RecLami di carattere politico verso governi stranieri Espulsioni di natura politica -Rettijìcazioni ed accertamenti di frontiera -Rassegna della stampa politica nazionale ed estera -Cifrari coi regi uffici all'estero -Telegrafo e cifra -Tipografia del Ministero.

Capo sezione: FASSATI DI BALZOLA (dei marchesi) nob. Ferdinando. Segretari: KocH Ernesto; VoLTATTORNI Gabriele. Vice segretario: MAESTRI MoLINARI marchese Francesco. Archivista: NEGRI Rodolfo. Uffi.ciali d'ordine: GALLINGANI Augusto; FERRERO Camillo; BONGIOVANNI Emil,io;

ZuccHETTI Pietro. Addetti all'ufficio: TKALAC nob. Emerico, interprete di prima classe; ARTOM Ernesto, addetto onoxario di legazione.

SEZIONE II

America.

Come nella sezione I, nei rapporti cogli Stati d'America.

Capo sezione: SERRA (dei conti) nob. Carlo. Segretario: CANONico Edoardo. V1ce •segretario: LEVI Giorgio (col titolo di segreta.rio di legazione). Addetto all'ufficio: LEccA Giulio, vice console.

UFFICIO COLONIALE

Carteggio politico ed amministrativo in materia coloniale -Possedimenti, occupazioni, pll"otettorati, determinazioni di confini e di sfere d'influenza in Africa -Misure sancite dagli Atti Genemli di Bell"lino e di Bruxelles -Tratta degli schiavi -Pubblìcazione di documenti diplomatici relativi a questioni coloniali -Spedizioni geografiche ed esploll"azioni in Africa -Amministrazione dell'Erit!l"e•a e dei Protettorati -Colonizzazione -Personale coloniale -Prepa.!l"azione delle leggi e dei decreti sull'ordinamento della colonia Eritrea -Bilancio e contabilità coloniali -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Capo dell'ufficio: AGNESA Giacomo, segretario.

Segretari: RANDACCIO Ignazio; CoNTARINI Salvatore.

Uffi•cia.le d'ordine: SoRMANI Gilberto.

Addetto all'ufficio: PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione.

DIVISIONE II Affari commell"ciali, emigrazione e scuole.

Direttore capo divisione: IPucciONI Emilio, consulente diplomatico del Ministero.

SEZIONE I

Affari commerciali.

Carteggio relativo alla stipulazione e interpretazione degli atti internazionali di natura commerciale, industriale, ferroviaria, telegrafica, postale -Studi di politica commerciale -Pubblicazioni d'indole economica -Esposizioni -Sconfinamenti doganali -Sanità pubblica.

Capo sezione: PASSERA Oscarre.

Segretari: ANDREozzr conte Pietro; ANIELLI Lorenzo.

Addetto all'ufficio: N. N.

SEZIONE II

Emigrazione.

Emigrazione e colonie -Associazioni ed istituti all'estero, escluse le scuole -Censimento -Indagini statistiche relative all'emigrazione Bollettino del Ministero degli affari esteri.

Capo sezione: PELUCCHI Carlo. Ufficiale d'ordine: FILIPPINI Garibaldo. Addetto all'ufficio: CoRSINI (dei principi) Andrea Carlo, segretario di legazione.

SEZIONE III

Scuole. Istituti scolastici governativi all'estero, loro ordinamento e direzione didattico-disciplinare -Istituzione e soppressione di scuole -Locali scolastici -Materiale didattico e scientifico -Personale insegnante Deputazioni scolastiche -Concorsi -Ispezioni -Posti gratuiti e semi

gratuiti dall'estero per l'interno -Amministrazione, contabilità, bilanci delle scuole. Istituti sussidiati aLl'estero -Sussidi ordinari e straordinari a scuole

coloniali, private e confessionali -Vigilanza sulle medesime, ispezione

di esse. Palestre ginnastiche -Biblioteche all'estero -Regio istituto orientale di Napoli -Regio istituto internazionale di Torino.

Annuario delle scuole all'estero -Statistiche -Relazioni al Ministro ed al Parlamento -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Ispettore generale delle scuole all'estero: SCALABRINI Angelo.

Segretario: BoccoNI Luigi.

Ufficiali d'ordine: BARBÈRI Francesco; VIGNOLO Edoardo.

Addetti all'ufficio: AVATI marchese Giulio, vice console; FIORETTI Vittorio, vice segretario di ragioneria; SuGLIANI Augusto, vice segretario di ragioneria; FRANZETTI Attilio, vice segretario di ragioneria.

DIVISIONE III

Affari privati.

Direttore capo divisione: VACCAJ Giulio.

SEZIONE I

Europa, Africa, Asia ed Oceania.

Questicmi di affari di nazionalità, di estradizione, di protezione consolare, di successioni, di stato civile e d'ogni altro ordine non politico, nè commerciale -Rogatorie -Pensionati alL'estero-Atti giudiziari-Atti di stato civile -Stipulazione ed interpretazione di trattati relativi a dette materie.

Capo sezione: DE GAETANI Davide. Segretari: RICCI Arturo; SARTORI Francesco. Ufficiali d'ordine: SANDRUCCI Lorenzo; BENFENATI Evaristo; CAMETTI Alberto;

FwccARDI Cesare. Addetto all'ufficio: RossET Giuseppe, vice console.

SEZIONE II

America. Come nelLa sezione I, nei rapporti cogli Stati d'America. Capo sezione: LANDI-VITTORJ Vittorio. Segretario : DuRANO DE LA PENNE marchese Enrico. Addetto all'ufficio: N. N., vice ·console.

DIVISIONE IV

Personale.

Direttore capo divisione: BARILARI Federico.

SEZIONE I

Personale.

Personale d'ogni categoria dipendente dal Ministero degli affari esteri (escluso il personale delle scuole ed iL personale coloniale) -Esami Annuario del Ministero e bollettino del personale -Istituzione e soppressione di posti diplomatici e consolari -Servizio d'ispezione dei regi uffici all'estero -Uffici diplomatici e consolarli. esteri in Italia -Registrazione degli atti pubblici -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Capo sezione: BERTOLLA Cesare. Segretario: DECIANI Vittorio. Vke segretario: SANDICCHI Pasquale. Archivista: ZAVEL DE LOUVIGNY Filippo Antonio. Ufficiali d'ordine: PERROTTI Felice; FANTOLINI Leopoldo.

SEZIONE II

Cerimoniale.

Cerimoniale -Lettere reali -Redazione di pieni poteri, credenziali, lettere di richiamo, ecc. -Decorazioni italiane e straniere -Privilegi ed immunità degli agenti diplO>matici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero ed agli agenti stranieri in Italia -Visite e passaggi di sovoo:ni, principi, oo.pi di Stato e grandi personaggi -Richieste per viaggi irn strada ferrata e per viaggi marittimi degli impiegati.

Capo sezione : BROFFERio Tullio. Segretario : V ALENTINI Claudio. Archivista capo: ALINARI Enrico. Archivista : CERQUETTI Claudio.

SEZIONE III

Legalizzazioni.

Legalizzazione di atti di stato civile provenienti sia dall'estero che dall'interno -Atti di stato civile di stranieri in Italia -Pubblicazioni di matrimonio -Registri di stato civile -Liste di cittadini morti all'estero Passaporti di servizio -Riconoscimenti di firma.

Capo sezione: N. N.

Ufficiali d'ordine: DE GREGORIO Francesco; MoRONE Vittorio.

DIVISIONE V

Ragioneria

Direttore capo div1sione: BELLISOMI Ludovico.

SEZIONE I

Bilancio dell'entrata -Riscossioni e versamenti proventi consolari Cassa ed oggetti di valore -Accettazione ed incasso cambiali -Conti correnti coi regi agenti all'estero -Revisione delle contabilitd degLi uffici diplomatici all'estero -Palazzi all'estero -Tariffa consolare Conto corrente con Za tesoreria centrale -Conti con le societd di navigazione -Crediti su case bancarie estere -Conti giudiziali -Stipendi ed assegni aZ personale consolare, interpreti ed ufficiali d'ordine all'estero -Proventi dell'ufficio di riconoscimento di firme -Decreti, mandati di pagamento -Corrispondenza e relativa copia.

Capo sezione: BoNAMico Cesare.

Segr,etario : CASA DIO Carlo.

Vice segretari: VINARDI Giuseppe (cassie!l"e); MARCONI Alfredo; CRIVELLAR! Quirino; VERDESI Ettore.

SEZIONE II

Bilancio della spesa -Pensioni -Inventari -Contabilitd, viaggi, stabilimenti, missioni -Stipendi aZ personale del Ministero, stipendi ed assegni aZ personale delle legazioni -Copia mandati -Conto articoLi -Situazione decadaZe dei fondi -Sussidi diversi -Decreti, mandati di pagamento, scuole all'estero, economato, biblioteca -ProtocoLlo ed archivio Raccolta e copia dei decreti -Corrispondenza e reLativa copia.

Capo sezione: CALVARI Ludovico.

Segvetari: D'AVANZO Carlo; FANO Alberto.

Vice segretari: CAsONI Enrico; DE SANTIS Paolo; RrNVERSI Romolo; CARDELLINI Lorenzo. "

ARCHIVIO

Distribuzione della corrispondenza ordinaria -Registrazione e sunto deLle carte in arrivo e in partenza -Ricerca dei precedenti -Rubriche per ragione di luogo, di materia e di persone-Trasmissioni -Spedizione -Conservazionè ed incremento delle collezioni manoscritte del Ministero e degli uffici all'estero -Ric~rche storiche -Sunti, memorie, compiLazioni archivistiche -Ricupero di atti e carte di stato -Copie, duplicati e autenticazioni -Conservazione degli originali degli atti internazionali conclusi dal Regno d'Italia e dagli antichi Stati italiani -Raccolta delle circolari ministeriali e delle disposizioni di massima -Archivi degli uffici aLl'estero ed inventari (esclusi i libri ed il mobilio) -Conservazione dei registri di stato civile dei nazionali all'estero -Provvista di stampati agli uffici diplomatici e consolari all'estero per la formazione di detti registri -Statistiche della corrispondenza e degli atti di ufficio.

Direttore: GoRRINI Giacomo, con grado !fisso di capo divisione.

Capo sezione: BARILARI Pompeo.

Archivisti: BoNGIOVANNI Marco Federico; BENETTI Carlo; PASANISI F'lrancesco; SILVANI-LORENI Demetrio.

Ufficiali d'ordine: CIACI Romolo; CLAUs Giuseppe; DE SANGRO Alberto; OsTINI Alessandro; GRAZIOSI Luigi; PANVINr-RosATI Mario.

BIBLIOTECA

Conservazione ed imcremento deLla biblioteca deL Ministero e di queLle dei regi uffici aLL'estero -Inventari, cataLoghi, schedari -Associazioni a giornaLi e riviste -Provvista di Libri e pubbLicazioni agli uffici diplomatici, consolari -Scambi di pubblicazioni con altri Mirnisteri od istituti del Regno o di Stati esteri -Conservazione delle rpubbLicazioni del Ministero.

Bibliotecario: PASQUALuccr Loreto, con grado fisso di capo sezione.

Ufficiale d'ordine: RENuccr Umberto.

ECONOMATO

Inventari degLi oggetti esistenti al Ministero -Contratti -Acquisto di mobiLi -Manutenzione dei LocaLi -Magazzino -Direzione e disciplina deL personaLe di servizio.

Economo: DE ANGIOLI Eugenio (archivista capo).

Ufficiale d'ordine: PETRuccr Carlo.

SPEDIZIONE

Trasmissioni -Spedizioni periodiche -Francatura e franchigia postali Svincoli doganali.

Archivista: MARCONE Gabriele Antonio, corriere di gabinetto.

TIPOGRAFIA DEL MINISTERO

Direttore: ALFERAZZI Giacomo Antonio.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: Il Ministro.

Vicepresidente: BrANCHERI S. E. Giuseppe, deputato.

Consiglieri: ARTOM J,sacco, :senatore del Regno; BoccARDO Girolamo, senatore del Regno, consig!iere di Stato; CANONico Tancredi, senatore del Regno; CAPPELLI marchese Raffaele, deputato; DAMIANI Abele, senatore del Regno; FÈ D'OsTIANI cont,e Alessandro, senatore del Regno; GABBA Cado Francesco, professore nella R. Università di Pisa; INGHILLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato; MESSEDAGLIA Angelo, senato!l'e del Regno; PAGANO GuARNASCHELLI S. E. Giovanni Battista, senatore del Regno, primo presidente della Corte di ca,ssazione di Torino; PIERANTONI Augusto, professore nella R. Università di Roma, senatore del Regno; PoMPILJ Guido, deputato; PucciONI Leopoldo, primo presidente della Corte d'Appello di Roma, senatore del Regno; SAREDO S. E. Giuseppe, senatore del Regno, presidente del Consiglio di Stato.

Segretario: FASSATI DI BALZOLA (dei marchesi) nob. Ferdinando, ~capo sezione nel Ministero degli affari esteri.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al l o gennaio 1900)

Argentina -MoRENO S. E. Enrique B., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAVALIA Carlos E., pri:mo segretario; BENITEZ DE ALVEAR Adamo, secondo segretario.

Austria-Ungheria -PASETTI VoN FRIEDENBURG S. E. barone Marius, ambasciatore; VoN MtiLLER Ladislaus, ·consigliere; RrEDL VoN RrEDENAU barone Franz, segretario; SzAPARY conte Laurent, segretario; LOWENTHAL VoN LrNAU Heinri:ch, segretario; MARENZI DI TAGLIANO E TALGATE conte F!I"ancesco, marchese di Val Oliola, barone di Marenzfeldt e Scheneck, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare; BASELLI VoN StissENBERG barone Victor, capitano di fregata, addetto navale.

Baviera -VoN TucHER barone Rein.rich, !inviato straordtnarro e ministro plenipotenziario; VoN RrTTER ,barone Otto, consigliere.

Belgio -VAN Loo S. E. Augustus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAINCTELETTE Maurice, consigliere; GRENIER barone Alberic, primo segretario; LEJEUNE Jules, •secondo segretario.

Brasile -REGIS DE OLIVEIRA S. E. don Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BARROS MOREIRA Alfredo, primo segretario; REGIS DE 0LIVEIRA Raoul, secondo seg.retario.

Cile -SUBERCASEAUX Ramon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino); PRIETo Vitorio Emanuel, primo segretario; PUELMA BESA Pio, secondo segretario.

Cina -Sir CHIN CHEN Lo Feng Luh, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Londra); TAo-TAr Lo Isong Yaou, segretario; Lou Siu Meng, addetto; LrN Wen-Yu, addetto.

Danimarca -VAN REVEN"I'Low S. E. conte Fer'dinand Julius Gottlieb, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -BARRÈRE S. E. Camille, ambasciatore; BLONDEL Camille, consigliere; TRUMET DE FoNTARCE François-René, secondo segretario; LAROCHE Jules-Alfred, addetto; GATINE Lucien-Jacques-Marie, addetto; GrRARD-PINSONNIÈRE Félix, colonnello del genio, addetto militare; JoussELIN Lucien, tenente di vascello, addetto navale.

Germania -VoN WEDEL S. E. ~conte Karl, ambasciatore; VoN CASTELL·RUDENHAUSEN, ~conte, consigliere; VoN JAGOW Gotlieb, segretario; VoN DoHNALAUCK, conte, addetto; VoN CHELIUS Oscar, luogotenente colonnello, aiutante di campo di S. M. l'Imperatore, addetto militare; WENTZEL Oscar, capitano di fregata, addetto navale.

Giappone -OKYAMA S. E. Tsunaské, inviato straordinario e ministro plenipotenziarrio; lcHIKU Massakata, segretario; KusAKABÈ Sankuro, segretario; OTZIAI Toyosaburo, colonnello del genio, addetto militare; KABURAKI Makoto, capitano di fregata, addetto navale.

Gmn Bretagna -CURRIE S. E. lord Phil:ip, arnbasciat'ore; BoNHAM sir George, primo segretario; FAIRFAX Cartwright L., secondo segretario; LEECH Stephen, secondo segretario; YouNG Alban, secondo segretario; NEEDHAM Charles, colonnello, addetto militare; WrLLIAMS Hugh Pigot, capitano, addetto navale; 0TTLEY Charles, capitano, addetto navale; GAMBLE Douglas A, comandante, addetto navale.

Grecia -CoNDURIOTrs Dimitri, incarkato d'affari.

Guatemala -CRUZ Fernando, inviato ~straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); EsTRADA Domingo, segretario.

Messico -EsTEVA don Gonzalo A., inviato straordinario e ministro plenipotenzial!'io; EsTEVA y CuEvAs 1don Eduardo A., secondo segretario.

Monaco -DucuÉ DE MAc CARTHY Pierre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paesi Bassi -WESTENBERG Bel'IIlhard, inviato straordinario e minis,tro plenipotenziario; MELVIL DE CARNBEE Robert, addetto.

Persia -S. E. MALCOLM Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NÉVROUZ Khan A., consigliere; FREYDOUN MALCOLM, principe, addetto.

Perù -CANEVARO S. E. don José Francisco, duca di Zoagli, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ELSTER don Alfredo, addetto; DE ALTHAUS don Augusto, addetto militare.

Portogallo • DE CARVALHO Y VASCONCELLOS S. E. Mattia, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNTEVERDE Alfredo Achille, primo segretario; DE OLIVEIRA SoAREs Antonio, secondo segretario.

Romania -KATARGI Alexandru, inviato straordinal"lio e miinistro plenipotenziario; ZAMFIREsco Duilius, primo segretario; GarKA Dimitri, secondo segretarie; ARGETOYANO Kostantin, addetto; KATARGI Alexei, addetto.

Russia -NELIDOV S. E. Aleksandr Ivanovic, ambasciatore; KRUPENSKIJ Anatol Nikolaevic, consigliere; KoRFF Modesto, barone, ciambellano di S. M. l'Imperatore, primo segretario; KELLER conte Aleksandr, secondo segretario; DE HALPERT Karl, addetto; BARCLAY DE TOLLI WEIMARN, principe, addetto; NELIDOV Ivan, luogotenente di vascello, addetto navale; TRUBEZKOIJ principe Nikolaj, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

Serbia -CRISTié, inviato straordiinario e ministro plenipotenziario.

Siam -PHYA SURIYA NuvATR, inviato straordinario e milnistro plenipotenzLario; CARRAGIONI D'ORELLI Carlo, consigliere; PHRA SRIDHAMASANA, segretario; PHIRA IAYASURINDR, addetto.

Spagna, N. N. ambasciatore; ALVAREZ y MoYA Miguel, conte di Chacon, primo segretario; FERRAZ Eugenio, secondo segretario; DE LA GANDARA y PLAZAOLA, marchese di Lagandara Josè, addetto; VALLES Y SoLER DE ARAGON Camillo, colonnello, addetto militare.

Stati Uniti -DRAPER S. E. William Franklin, g.eneraJ:e, ambasciatore; IDDINGS Lewis Morris, primo segretario; PARSON Richard Chappel F., secondo segretario; BARBER F. M., comandante, addetto navale.

Svezia e Norvegia -DE BILDT barone Karel Nils Dani,el, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BILDT Harold, addetto.

Svizzera -CARLIN Gaston, inviato. straordinado e ministro plenipotenziario; . DUNAUT Alphons, primo segretario; PROBST Ernst, addetto.

Turchia -S. E. MousTAPHA RÈcHID bey, ambasciatore; PANGIRIS bey, consigli€1I"e; OHANNÉs bey Couyoumgian, primo segreta1rio; RÈCHID SAADI bey, secondo segretario; IBRAHIM SAMIH bey, terzo segretario; HALIL MAURAFAK bey, terZO segretario.

Uruguay -Mu:Noz Daniele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoVIRA Enrique, primo segretario; CASALIA Josè Agostino, addetto; SAEZ Carlos, ufficiale onorario; SosA DIAZ Alessandro, addetto onorario.